domenica 28 febbraio 2021

Amici da leggere, Roberto Piumini e Elisa Paganelli

 

Dopo un po' di tempo, torniamo alle nostre letture di coppia (vi mancavano, vero?). Di che cosa vi parleremo questa volta? 
Per cambiare un po' registro, abbiamo deciso di affrontare un libro per l'infanzia: Amici da leggere di Roberto Piumini; uno dei più noti scrittori italiani per bambini e per ragazzi i cui testi sono stati tradotti all’estero con ottimo successo.
Com'è andata? Leggete e saprete...

Trama: 
Quest'opera ci presenta il ritratto di 40 personaggi indimenticabili della letteratura mondiale: la loro storia, il loro carattere, il romanzo all'interno di cui si muovono e l'autore che li ha ideati.
La piccola donna Jo March e il geniale detective Sherlock Holmes, l'astuto viaggiatore Ulisse e l'enigmatico capitano Nemo, il cucciolo d'uomo tra gli animali Mowgli e la tenace Jane Eyre... tutti protagonisti che prendono forma, pagina dopo pagina, davanti ai nostri occhi incantati (sì, perché è bellissimo, di tanto in tanto, ritornare bambini almeno col pensiero!) e si rivelano amici straordinari al cui seguito si possono vivere fantastiche avventure. 
40 personaggi dai quali è difficile separarsi e che, alla fine del libro, vorremmo continuare ad avere accanto quasi si trattasse di esseri in carne ed ossa!

Mely:
Mi è piaciuto. Si tratta di un libro davvero interessante che, essendo principalmente orientato verso i protagonisti dei classici, aiuta i ragazzi ad avvicinarsi a queste opere spingendoli a leggere testi che probabilmente - senza una piccola spinta - avrebbero lasciato da parte. La presentazione del personaggio in maniera simpatica e moderna fa venire voglia di affrontare questi testi imprescindibili e, magari, permette di conoscerne altri meno noti e pubblicizzati: faccio l'esempio di Alec de Il club dei perdenti che ho incontrato proprio grazie a questo libro. 
Voto: 7/10 

Gio
Considero questo testo come una sorta di vero e proprio invito alla lettura: 40 classici della letteratura per l’infanzia vengono presentati da Piumini proprio partendo dai loro magici protagonisti.
L'intero libro è un inno alla semplicità (che non significa affatto banalità!) ed è esemplare nella sua capacità di tratteggiare - nel giro di una manciata di righe - le figure di personaggi che fanno parte della storia della letteratura: piccoli e grandi eroi, unici nella loro capacità di affrontare il mondo, che sono stati compagni di viaggio nel percorso di crescita di intere generazioni.  
Le immagini di accompagnamento al testo, disegnate da Elisa Paganelli, sono delicate e contraddistinte da colori tenui e gradevoli.
Voto: 7/10

Che dire? Semplicemente incredibile: una volta tanto il nostro giudizio coincide perfettamente.
Non ci resta che consigliarvi questo libro; un testo che può essere utile sia al piccolo lettore che sta muovendo i primi passi nel mondo variegato della letteratura, sia all'adulto che nutre il desiderio di (re)incontrare i personaggi che l'hanno accompagnato nel corso degli anni e l'hanno spinto ad amare i libri e le meravigliose storie che raccontano.
E con questo ci congediamo, augurandovi buone letture. Arrivederci a presto!


Mely & Gio     

domenica 21 febbraio 2021

L'urlo e il furore, William Faulkner

 

Ogni tanto può capitare...
Mi era già successo con Cent'anni di solitudine di non apprezzare per niente un libro considerato un capolavoro dai più.
Ma siccome questo è il mio blog - e pertanto posso scriverci ciò che voglio -, che i miei sono commenti del tutto personali e non dotte recensioni e, last but not least, che sarebbe indice di scarsa onestà intellettuale dare un giudizio positivo su un romanzo che ho detestato solamente per il fatto che è piaciuto alla stragrande maggioranza dei lettori...
...orbene...
...mi sento in dovere di dire che, personalmente, ritengo L'urlo e il furore un libro semplicemente ILLEGGIBILE!     

Il fatto che il grande Philip Roth l'abbia definito con le parole: "Una storia narrata da un idiota. Illeggibile", mi conforta e mi fa sentire meno solo.
Quest'opera è un groviglio verboso e esageratamente confusionario, costruito su una trama (per gran parte) incomprensibile e strutturato - per circa 300 pagine - su una serie di dialoghi tediosi e inconcludenti.
Un lettore parte con le migliori intenzioni, comincia a leggere e, dopo una manciata di righe, comincia  a porsi una serie di quesiti: chi sta parlando? chi è Caddy? chi diavolo sono Luster, Maury, Versh? come mai alcune  parti del testo sono evidenziate con la scrittura in corsivo?

Eppure la storia sarebbe, di per sé, interessante. Il testo racconta le vicende di una famiglia americana sul viale del tramonto lungo tre generazioni, utilizzando due diversi stili narrativi: il flusso di coscienza e la cronaca. Però qualcosa non funziona... 
La narrazione è stratificata su quattro capitoli ed un’appendice esplicativa (che Faulkner voleva inserire all'inizio del romanzo ma che qualche sventurato editore ha preferito mettere in coda).
Il primo capitolo è un lungo flusso di coscienza di uno dei figli, il ritardato Benjamin; oltre sessanta pagine assolutamente indecifrabili, piene di salti temporali e sprovviste della logica più elementare. 
Il secondo capitolo, narrato da Quentin - uno degli altri figli - è il peggiore di tutti: pagine e pagine di farneticazioni senza capo né coda, una scimmiottatura di "scrittura creativa" che in realtà finisce solo con l'indisporre il mal capitato fruitore.
Gli ultimi due capitoli sono di certo più comprensibili anche se producono una noia difficilmente eguagliabile (sicuramente è più divertente leggere l'elenco telefonico).
La scrittura barocca, ampollosa e ridondante, gonfia come un bubbone pronto ad esplodere, di sicuro non aiuta ad appassionarsi alla vicenda.
E il fatto che si parli sempre meno di Faulkner mentre le opere di Steinbeck si dimostrino ancora attuali e efficaci al giorno d'oggi... risponde a un sacco di domande.


Consigliato a: coloro che  vogliono far la conoscenza di uno scrittore/sperimentatore e a chiunque ami abbandonarsi al flusso narrativo senza porsi eccessive domande sul significato di ciò che sta leggendo.  


Voto: s.v.


Gio       

domenica 14 febbraio 2021

Fratello buono, fratello cattivo - Matti Rönkä


Matti Rönkä in Finlandia è considerato un autore di culto; già vincitore di diversi premi - tra cui il Gran premio per la letteratura poliziesca (2006), il Key Glass per il miglior giallo nordico  (2007) e il Krimi Preis in Germania (2008) - ha portato una ventata d'aria fresca all'interno del noir scandinavo, allontanandosi parzialmente dal solco della tradizione e avvicinando il suo stile narrativo alle caratteristiche del noir americano, quello alla Raymond Chandler tanto per intenderci.
In questo nuovo romanzo ritroviamo Viktor Kärppä, "l'uomo con la faccia da assassino", un personaggio che può essere definito “di confine” come terra in cui si muove: la Carelia, luogo tra Russia e Finlandia in cui il secondo conflitto mondiale ha prodotto drammi e sofferenza, acuendo a dismisura l'estraniamento delle popolazioni locali che, di fatto, non si sono mai integrate.  

Viktor Kärppä, dicevamo, è un rimpatriato che svolge una serie di attività profondamente diverse: ha una ditta di lavori edili che svolge con i suoi uomini a contratto; gestisce una rivendita di elettrodomestici usati ed è socio di un chiosco in un'area di servizio autostradale. Pare abbia finalmente trovato il suo posto nel mondo, anche se l'assenza della fidanzata espatriata in America comincia a farsi sentire.
Ma il suo passato - che l'ha visto dapprima far parte dei corpi speciali dell'Armata Rossa e del Collegio Sportivo di Leningrado e, successivamente, dell'organizzazione criminale del boss Ryshkov - torna implacabilmente a perseguitarlo. A Helsinki, infatti, c'è qualcuno che ha iniziato a far circolare la "supereroina": un nuovo tipo di droga dagli effetti letali. Toccherà a Viktor, sollecitato dalla varie parti in gioco, tentare di arginare l'ondata di morte che ha sconvolto la metropoli finlandese.

Siamo indubbiamente di fronte a un buon romanzo, che offre un punto di vista profondamente diverso da quella idilliaco che, di solito, si ha dei paesi scandinavi. Attraverso la trama a tinte forti, l'autore ci presenta una meticolosa disamina riguardo alle relazioni che si sviluppano sulla terra di confine tra Finlandia e l'ex URSS, facendo emergere conflitti sociali mai sopiti.
Rönkä, a dire il vero. non segue gli schemi tradizionali: evita i plateali colpi di scena e rifiuta a priori gli espedienti tipici del genere. Costruisce così un noir diverso dal solito, che si distingue soprattutto per la cura con cui vengono rappresentati i protagonisti e la per l'assoluta verosimiglianza delle vicende narrate; un libro che può essere fruito anche dai lettori che non sono avvezzi a questo genere letterario.
Rispetto al romanzo precedente, la trama è forse meno articolata; ci sono però parecchi passi avanti per quanto riguarda la psicologia dei personaggi che risulta sicuramente più delineata ed approfondita.  


Consigliato a: chi vuole fare la conoscenza di un fratellino minore - in salsa nordica - del grande Raymond Chandler e a chiunque apprezzi i noir dalla forte valenza geografico/sociale, ambientati su uno sfondo realistico e credibile. 


Voto: 7/10




venerdì 12 febbraio 2021

Il libro delle illusioni, Paul Auster

 


Il libro delle illusioni è un romanzo originale, struggente e ricco di invenzioni letterarie attraverso cui Paul Auster ci dimostra ancora una volta - manco ce ne fosse il bisogno - di essere uno dei più grandi scrittori contemporanei. Costruito con raffinatezza, autoironia e tecnica indiscutibile, questo libro ci parla di esistenze infrante, di cinema e di letteratura, dimostrandoci un'importante assunto: l’arte, talvolta, può addirittura arrivare a regalare o togliere la vita.

Siamo alla fine degli anni Ottanta. David Zimmer è un docente universitario che, dopo aver perduto moglie e figlioletti in un disastro aereo, diviene vittima di solitudine e depressione. Dopo aver assistito in televisione ad una vecchia commedia di Hector Mann - un attore del cinema muto scomparso dalla circolazione da parecchi decenni - decide di uscire dall'impasse della propria esistenza recuperando tutte le pellicole girate dall'artista per scrivere un libro su di lui. 
La pubblicazione del testo innesca una serie di eventi che spingono Zimmer ancora più in profondità nella vicenda. In particolare, la moglie di Mann invierà una lettera a Zimmer, chiedendogli di intraprendere un lungo viaggio fino in New Messico per raccogliere le ultime testimonianze del comico, scomparso nel nulla dal lontano 1929 e ormai ridotto in fin di vita.

Questo libro, alla stregua di una bambolina russa, possiede tante anime diverse. Attraverso le sue molteplici sfaccettature riesce a parlarci di un sacco di cose: dell'epoca del cinema muto e dell'importanza della scrittura, del potere dell'arte e della forza inossidabile della memoria.
Lavorando su descrizioni realistiche ed evocative, Auster costruisce in maniera sorprendente una storia all'interno della storia, facendo riscoprire al lettore la passione per le vecchie comiche in bianco e nero e portandolo alla (ri)scoperta di un mondo lontano nel tempo ma che, idealmente, non è mai sembrato così vicino.
Il presente e il passato s’incontrano, con lo scorrere delle pagine, in un inarrestabile susseguirsi di situazioni, a volte tra loro concatenate ma in alcuni casi capaci di sfiorarsi senza mai raggiungersi come treni che corrono su binari paralleli.  
Le vicende sentimentali del protagonista aggiungono il giusto pathos a una vicenda che, altrimenti, avrebbe rischiato di rimanere troppo "fredda", ristretta negli angusti confini di un esercizio meramente intellettuale. Dopo un inizio volutamente lento e tranquillo, lo stile di Auster diventa man mano più incalzante, acquisendo aggressività e trasformandosi quasi in una sorta di thriller dell'animo umano.
Il romanzo mantiene, per tutto l'arco della sua durata, un miracoloso equilibrio tra le vicende di ieri e quelle di oggi, catturando il lettore a poco a poco e rendendolo partecipe di una storia bella e toccante, che rimarrà a lungo nella memoria. 
  

Consigliato a: tutti coloro che amano le storie che raccontano di cinema, di vita e di scrittura e a chiunque apprezzi i romanzi che riescono a riallacciare i fili pendenti che spesso si svolgono tra passato e presente.


Voto: 8,5/10


mercoledì 10 febbraio 2021

Titoli di coda, Petros Markaris

 

Con Titoli di Coda Petros Markaris chiude la cosiddetta Trilogia della Crisi: una breve serie (all'interno della serie principale incentrata sul commissario Kostas Charitos) in cui l'autore utilizza la trama gialla per raccontare in maniera disincantata ma mai rancorosa le vicende della Grecia degli ultimi anni.
Premetto che, probabilmente, non si tratta del miglior libro di Markaris; nonostante questo, però, è sempre piacevole e interessante leggere le vicende del suo poliziotto antieroe che si sviluppano all'interno dell'Atene contemporanea con tutte le sue problematiche e i cambiamenti in atto.
Come sempre, prima di entrare nell'analisi, diamo un'occhiata alla trama. 

Andrea Makridi, un imprenditore greco di origine tedesca, viene rinvenuto senza vita all'interno del suo appartamento. A prima vista parrebbe trattarsi di un suicidio; poco tempo dopo, però, all'ambasciata tedesca viene recapitato un messaggio in cui si afferma che è stato un omicidio. Il biglietto porta una firma abbastanza stravagante: "I Greci degli anni 50". Nei giorni seguenti si verificano altri delitti: vengono uccisi il direttore di una scuola privata, un losco faccendiere che lucrava brigando tra imprese e pubblica amministrazione e due imprenditori agricoli. In tutti i casi, la rivendicazione è sempre la stessa: "I Greci degli anni 50".
Il commissario Charitos si butta capofitto nelle indagini; al tempo stesso dovrà risolvere alcuni gravi problemi famigliari: la figlia Caterina, avvocato che si dedica all'assistenza legale degli immigrati, ha appena subito una violenta aggressione dai membri del gruppo xenofobo e estremista denominato Alba Dorata. 

Anche questa volta il commissario Charitos non delude; nonostante i "mezzi di fortuna" utilizzati (non percepisce lo stipendio da tempo ed è costretto a spostarsi in tram per non sprecare carburante) conduce un'indagine esemplare facendo leva sull'acume e sul fiuto da investigatore doc. 
Purtroppo, la trama questa volta non è al livello delle opere precedenti: le motivazioni dei delitti non convincono del tutto e la soluzione dell'enigma lascia il lettore con un po' di insoddisfazione.
A convincere è soprattutto l'ambientazione ateniese, all'interno di una realtà profondamente deteriorata per via della crisi economica del paese, in cui la corruzione sociale e la deriva dei valori sono all'ordine del giorno.
Markaris è bravo nel ritrarre un apparato burocratico assolutamente implacabile nella sua ottusità; al tempo stesso dipinge molto bene la "vita reale" della gente: quella quotidiana lotta per sopravvivere alle difficoltà che va di pari passo a un'improvvisa amnesia collettiva nei confronti dei solidi valori dei tempi passati.


Consigliato a: coloro che amano i poliziotti antieroi - da questo punto di vista, Charitos è un fratello ideale del Wallander di Mankell e dello Sveinsson di Indridason - e a chiunque apprezzi i gialli a forte valenza sociale: mai come in questo caso il delitto è stato utilizzato come grimaldello per indagare la realtà di un popolo e di una nazione in difficoltà. 


Voto: 6,5/10


  

lunedì 8 febbraio 2021

Un amore, Dino Buzzati



Un amore, pubblicato nel 1963, fu l’ultimo romanzo scritto da Dino Buzzati, a più di vent'anni di distanza dall’uscita de Il deserto dei Tartari.
Anche in questo caso l'autore di Belluno racconta le vicende di un'avventura, seppur completamente diversa da quella del precedente romanzo: si tratta sì di un'avventura, ma covata, vissuta e dissolta all'interno dell'animo maschile.
Mentre Il deserto dei tartari era sorretto da una prosa elegante ed evocativa, quasi metafisica, in questo romanzo Buzzati abbraccia il realismo più esplicito, affrontando l'argomento trattato senza falsi pudori e inibizioni.
Un punto in comune tra i due libri, però, è facile da scoprire: quel senso dell'attesa quasi beckettiano, che si dilunga all'infinito per il protagonista trasformandosi in fonte perpetua di angoscia ed incertezza.

Antonio Dorigo (fin troppo evidente l'assonanza del nome con quello di Giovanni Drogo, protagonista di Il deserto dei tartari) è un maturo professionista inconsapevole di aver atteso troppo nella vita. Nell'animo, in fondo, è rimasto un giovane capace di credere nella forza ineluttabile dei sentimenti. Un bel giorno si innamora perdutamente di una ragazza di nome Laide, conosciuta in una casa d'appuntamenti: una giovane donna che incarna fino in fondo la  spavalderia e il declino morale di un'epoca.

Il primo (ed unico) romanzo erotico di Buzzati è ambientato a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, in una Milano grigia e nebbiosa; una metropoli che è quasi il simbolo dell'Italia rinata dalle ceneri di un sanguinoso conflitto. L'autore prosegue la sua esplorazione delle inquietudini dell'uomo moderno raccontando la storia di un amore che ha le sembianze di un profondo baratro, in cui  il tormentato protagonista rischia di precipitare. 
Da un lato scopriamo l'angoscia di un uomo maturo che si innamora perdutamente di una ragazza di malaffare, che lo trasforma in zerbino e cagnolino ammaestrato; dall'altro scorgiamo le necessità di una giovane che, per sbarcare il lunario, lo rimbambisce di frottole e menzogne. 
Al centro del racconto c'è proprio quell'intreccio malato, instabile ed assurdo, che si viene a stabilire tra i due protagonisti: l'amante appassionato e l'amata indifferente, l'uomo inseguitore e la femmina inafferrabile, la vittima e il carnefice. 
Un amore? Forse. Ma si tratta, soprattutto, di un sentimento malsano che Dorigo prova per la bella e sensuale Laide; un amore agognato/sognato/desiderato da tanto tempo ma che, alla prova dei fatti, non si dimostra in grado di gestire.


Consigliato a: chi ama i romanzi realistici e riflessivi, che indagano con garbo e accuratezza l'evolversi delle umane passioni, ed a chiunque voglia gettare uno sguardo sull'Italia della fine degli anni sessanta: un'epoca di transizione in cui i dubbi individuali diventano simbolo di un'incertezza quasi universale. 


Voto: 7,5/10


Gio  

domenica 7 febbraio 2021

La lunga marcia, Stephen King

 

Come tutti sappiamo - almeno credo - Carrie è stato il primo romanzo di Stephen King: quello che lo fece conoscere al mondo intero donandogli fortuna e notorietà. Esistono però alcune opere scritte in precedenza dall'autore di Portland e che, sulla scia del raggiunto successo, vennero successivamente pubblicate sotto lo pseudonimo di Richard Bachman. Tra queste, La lunga marcia vanta una particolare importanza: fu infatti il primo libro scritto da King, quando aveva appena 18 anni.

Cento ragazzi vengono scelti per partecipare ad una gara annuale denominata "La Lunga Marcia". Le regole sono molto semplici. Chi taglierà per primo il traguardo verrà premiato e tributato di altissimi onori; coloro che invece si fermeranno al di fuori delle tappe programmate o rallenteranno eccessivamente l'andatura, riceveranno tre avvertimenti. E al terzo - nel caso in cui non ci sia stata una regolare ripresa della marcia - il partecipante verrà fucilato sul posto da un manipolo di soldati che, a bordo di un cingolato, seguono la gara.
Dai confini canadesi sino alla metropoli di Boston ha così luogo una sfida mortale, con un regolamento implacabile e crudele: sarà sufficiente un passo falso e un malore per venire ferocemente abbattuti. In mezzo ai partecipanti, tra cui nasceranno rapporti di competizione, di sostegno, di fratellanza, emergerà la figura del sedicenne Garraty.

Si tratta indubbiamente di un racconto giovanile: il miglior King arriverà con i successivi romanzi.
Questo estenuante concorso che avrà un unico sopravvissuto ha delle profonde similitudini con Battle Royale di Koushun Takami o The Hunger Games di Suzanne Collins; in La lunga marcia, però, non esistono violenza o contatti fisici tra i partecipanti e si verifica esattamente ciò che è indicato nel titolo: una lunghissima e sfiancante passeggiata che si rivela sin da subito una difficilissima prova di resistenza e volontà. 
Il lungo cammino, probabilmente, potrebbe essere una metafora della guerra: durante la gestazione del romanzo, infatti, divampava il sanguinoso conflitto del Vietnam che costò la vita a decine di migliaia di giovani statunitensi.
Di Stephen King si è detto tutto, forse di più. È assolutamente lodevole il talento di trasformare i fatti più banali in situazioni ansiogene o terrificanti; in alcuni tratti del libro, inoltre, emergono elementi che troveranno pieno compimento nei romanzi a venire: la capacità di giocare su più registri, di miscelare tematiche diverse e di cavalcare la sensibilità dei tempi, talvolta anticipandola.
Purtroppo, quella che poteva essere una trama interessante diventa ben presto noiosa e ripetitiva dopo una manciata di pagine; ci ritroviamo così a contare il numero dei "caduti" in maniera abbastanza scontata con il lettore che diventa ben presto succube di questa situazione: la tendenza a leggere rapidamente e in maniera piuttosto sommaria, per arrivare alla fine il prima possibile (e scoprire chi sarà mai il fortunato, The Last Man Standing), è una conseguenza inevitabile.


Consigliato a: coloro che vogliono scoprire un King giovanile, ancora acerbo ma già capace di far emergere i primi sprazzi del suo talento, ed a chiunque apprezzi la letteratura distopica foriera di tremende conseguenze per l'umanità.   


Voto: 6/10


 




sabato 6 febbraio 2021

Opinioni di un clown, Heinrich Böll

 

"Aggrapparsi al passato è ipocrisia, perché nessuno conosce gli attimi di cui è fatta."
Questo è stato il mio secondo incontro con Heinrich Böll - dopo aver rotto il ghiaccio con L'onore perduto di Katharina Blum - e, a qualche giorno di distanza dal termine della lettura, mi posso ritenere soddisfatto per aver affrontato un'opera imprescindibile del Novecento che, un po' negligentemente, avevo lasciato in disparte. Ambientato nel periodo della ricostruzione post-bellica, questo libro rappresenta una feroce critica all'ipocrisia borghese e allo stato morale della società tedesca del dopoguerra.
Partiamo, come sempre, da un rapido accenno della trama.  

Hans Schnier, rampollo di una ricca famiglia protestante, ha fatto la sua scelta: meglio essere un pagliaccio onesto piuttosto che un ipocrita. Dopo che il matrimonio con Marie - a cui è stato  sposato per sei anni lunghi anni - è naufragato per la sua mancanza di impegno nel far crescere come cattolici i futuri figli, Hans non si dimostra in grado di sopportare la perdita. Colui che un tempo era un popolare uomo di spettacolo, maestro della pantomima, rifiuterà qualsiasi compromesso e finirà, come un clochard qualsiasi, a chiedere l'elemosina sui gradini della stazione di Bonn. 

Opinioni di un clown è il ritratto ironico e caustico, tragico e profondo di un personaggio indimenticabile: un perdente disincantato, ferocemente ancorato a un passato che ormai non c'è più, che si è ritrovato improvvisamente senza moglie, privo di soldi e lavoro e con il vizio del fumo e dell'alcool. 
La storia, che si svolge in un arco temporale di circa tre ore, consiste in un lungo e articolato lamento del clown in disarmo; questo lungo e acceso sfogo verbale rappresenta l'occasione per descrivere le convenzioni di una borghesia conservatrice che un tempo aveva familiarizzato col nazismo e che, col ritorno alla democrazia, tende a riproporre nel nuovo ordine sociale i suoi triti e ritriti preconcetti.
Scritto con uno stile impeccabile, questo romanzo è un severo atto d'accusa all'ipocrisia dilagante e vuole ristabilire - prima di ogni cosa - la superiorità dell'io individuale rispetto alla morale marcia e contaminata che viene proposta dalla chiesa e dalla società. Il protagonista, in particolare, si ritrova a propugnare l'ideale di un amore non vincolato ad un contratto statale o religioso, ristabilendo una sorta di "monogamia del cuore" rispetto a quella prevista dalle forme e dalle convenzioni.
Forse - nel caso in cui si volesse fare una critica a tutti i costi - il concentrarsi in tutto e per tutto sulla vicenda personale di Hans non permette di approfondire a sufficienza il contesto storico e sociale; l'immagine della Germania degli anni Sessanta rimane così sullo sfondo, appena accennata. Questo, tuttavia, nulla toglie ai meriti di un romanzo notevole, che si dimostra ancora attuale nonostante gli anni trascorsi dalla sua stesura.


Consigliato a: coloro che vogliono farsi un'idea della Germania degli anni Sessanta - un paese uscito da un sanguinoso conflitto e che è tornato a dopo a respirare l'aria delle democrazia - attraverso lo sfogo/confessione di un artista di palcoscenico in difficoltà ed a chiunque voglia affrontare una delle opere cardine della letteratura tedesca del Novecento.


Voto: 8/10


Gio  


giovedì 4 febbraio 2021

Il caso Tony Veitch, William McIlvanney


Il caso Tony Veitch è il secondo volume della trilogia imperniata sulle indagini di Jack Laidlaw: una serie che ha cambiato per sempre il volto della narrativa scozzese.
L'autore, William McIlvanney - definito da The Telegraph "uno dei 50 giallisti da leggere prima di morire" - è universalmente conosciuto come il papà del cosiddetto Tartan Noir ed è considerato un maestro nell'ambito della letteratura poliziesca, tanto che lo stesso Ian Rankin ha ammesso che difficilmente sarebbe diventato uno scrittore di gialli senza l'influsso del predecessore. 
La particolarità dell'autore consiste nella straordinaria capacità di prestare attenzione alla società circostante ma, al tempo stesso, di descrivere l'io più profondo dell'individuo.
Partiamo, come al solito, dalla trama...

Eck Adamson, un vagabondo alcolizzato in fin di vita, convoca Laidlaw - l'unico poliziotto di Glasgow che si sarebbe preso la briga di rispondere - per rivelargli uno stravagante messaggio. 
L'ispettore intravede nella comunicazione piuttosto criptica del povero Eck alcuni indizi riguardanti l'omicidio di un delinquente e la contemporanea sparizione di un giovane studente di nome Tony Veitch. Con l'integrità che gli è solita Laidlaw si butterà anima e corpo nel caso, arrivando ben presto a scoprire una linea di corruzione che partendo dal vertice si espande verso il basso della società.

Questo noir esistenziale, ambientato in una Glasgow sulfurea e violenta, è strutturato su una trama tutt'altro che lineare, che prende una strada diversa da quella che il lettore sarebbe inizialmente indotto ad aspettarsi. Ci troviamo infatti di fronte ad un'indagine "a tre vie": su omicidi, corruzione e relazioni interpersonali fittizie.
Laidlaw, il protagonista, è eccentrico, taciturno e distillatore di paradossi; una sorta di investigatore/pensatore che narrativamente ricorda Philip Marlowe e che vaga attraverso le strade oscure e ingenerose di Glasgow sospinto dall'inarrestabile bisogno di far prevalere la giustizia.
Il caso Tony Veitch è un romanzo filosofico ma al tempo stesso oscuramente umoristico. Non è sicuramente adatto per coloro che sono alla ricerca di un semplice passatempo: questo libro richiede una partecipazione attiva da parte del lettore, trattandosi una lettura impegnativa che può essere altamente gratificante.
La qualità della scrittura di McIlvanney è difficilmente superabile; la sua capacità di descrivere la società scozzese risulta encomiabile. Unico appunto: una sforbiciata al numero dei personaggi - forse eccessivo - avrebbe giovato sicuramente all'impianto narrativo.


Consigliato: a coloro che non sono ancora convinti che un libro poliziesco possa rivelarsi come alta letteratura e a chiunque voglia fare la conoscenza di uno dei migliori giallisti della fine del secolo scorso. 


Voto: 7,5/10


martedì 2 febbraio 2021

La vita perfetta di William Sidis, Morten Brask



Un uomo prigioniero del suo immenso talento!
Così si potrebbe definire l'amara ma edificante vicenda di William Sidis, una delle menti più eccelse di tutti i tempi e con il quoziente intellettivo più alto mai registrato.
I numeri riferibili a questo personaggio incutono quasi timore:
- a 18 mesi leggeva il New York Times 
- a 4 anni imparava da solo greco e latino
- a 6 anni memorizzava sul momento ogni libro che prendeva in mano, oltre a parlare dieci lingue e a crearne dal nulla una nuova.
Possibile che un simile portento sia passato sulle pagine della storia senza lasciare la minima traccia?

Miscelando efficacemente romanzo, saggio e biografia, Morten Brask - giornalista/saggista qui alla sua prima prova letteraria - ci regala il racconto struggente di una vita difficile: quella di un bambino (prima) e di un uomo straordinario (poi) rimasto emarginato dal tessuto sociale come capita spesso a tutti i diversi.
Sì, perché l'esistenza di Sidis è stata distrutta da quella che avrebbe dovuto essere la sua enorme forza trainante; è stato trattato alla stregua di uno scherzo della natura, rifiutato dai coetanei e soffocato dalle assurde pretese dei genitori.
Dietro la patina di perfezione associata alle sue innate doti intellettuali si sono così accumulati, col passare del tempo, silenzi e sofferenza, assurdità e sensazioni di inadeguatezza che hanno spinto una delle menti più notevoli a perdersi senza possibilità di appello.   

Scritto su tre differenti livelli temporali - l'infanzia, la giovinezza e la maturità -, sostenuto da un montaggio serrato di capitoli intercalati, La vita perfetta di WIlliam Sidis ci fornisce il ritratto molto umano e a tratti commovente di un personaggio divenuto ben presto vittima della propria originalità e dell'invidia altrui.  
La lettura del libro è scorrevole, anche se nel testo troviamo abbondanza di nozioni scientifiche (comunque essenziali  per far comprendere al fruitore il livello di genialità di Sidis).
Si tratta di un'opera che pone pressanti interrogativi riguardo all’accettazione del diverso, al dovere degli adulti di proteggere la serenità dei loro figli e all’inutilità del conformismo; al tempo stesso ci fa riflettere sulla gelosia e l'ipocrisia che ogni essere umano, spesso, è portato a rivolgere contro coloro che si mostrano più intelligenti, originali o dotati.


Consigliato a: coloro che amano le biografie romanzate, capaci di fondere rigore cronachistico a tensione narrativa, ed a chiunque voglia comprendere i pericoli insiti in un'enorme genialità non coltivata  a dovere.


Voto: 7+/10


Gio

Recensioni 2021

In questo spazio verranno raggruppate le recensioni di Gio relative alle letture effettuate durante l'anno 2021.

La vita perfetta di William Sidis, Morten Brask
Il caso Tony Veitch, William McIlvanney
Opinioni di un clown, Heinrich Böll
La lunga marcia, Stephen King
Un amore, Dino Buzzati
Titoli di cosa, Petros Markaris
Il libro delle illusioni, Paul Auster
Fratello buono, fratello cattivo - Matti Rönkä
L'urlo e il furore, William Faulkner
Il professore di desiderio, Philip Roth
Un colpo al cuore, Piergiorgio Pulixi
Il guardiano, Peter Terrin
Il lusso della giovinezza, Gaetano Savatteri
Fa troppo freddo per morire, Christian Frascella
La morte di Belle, Georges Simenon
La legge dell'innocenza, Michael Connelly
Lontano da casa, Enrico Pandiani
2666, Roberto Bolaño
Una pistola in vendita, Graham Greene
Il delitto ha le gambe corte, Christian Frascella
Il pregiudizio della sopravvivenza, Paolo Roversi
Una cosa divertente che non farò mai più, David Foster Wallace
Qualcosa era successo e altri racconti, Dino Buzzati
La voce, Arnaldur Indriðason
Io e Mr Wilder, Jonathan Coe
Morte di una sirena, Thomas Rydhal e A. J. Kazinski
La casa degli spiriti, Isabel Allende
Flora, Alessandro Robecchi
Puttane assassine, Roberto Bolaño
L'assassino ci vede benissimo, Christian Frascella
Brothers, Yu Hua
Mozart deve morire, Max e Francesco Morini
La finale, Leonardo Gori
Emilia l'elefante, Arto Paasilinna
La donna nel frigo, Gunnar Staalesen
Terra alta, Javier Cercas 
Luce d'estate: ed è subito notte, Jón  Kalmar Stefánsson
Assassinio sull'Orient Express, Agatha Christie
Amuleto, Roberto Bolaño
Il decoro, David Leavitt
La banda dei brocchi, Jonathan Coe
Il bar, Marco Fedele
Il labirinto delle ombre, Remigiusz Mróz
Una rabbia semplice, Davide Longo
Cronosisma, Kurt Vonnegut
La canarina assassinata, S.S. Van Dine
Le avventure del bravo soldato Svejk nella Grande Guerra, Jaroslav Hašek
Middle England, Jonathan Coe
Ragazze smarrite, Marco Vichi
L'inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini, Simona Zecchi