domenica 18 aprile 2021

Una cosa divertente che non farò mai più, David Foster Wallace


Non sono in grado di dire se il compianto David Foster Wallace fosse, come ha sostenuto qualcuno, "la mente migliore della sua generazione". Al di là di tutto, non è esagerato ammettere che si trattasse di un mago della prosa, uno scrittore in grado come pochi altri di lottare con forza per cercare di carpire lo spirito della sua epoca.
Il nostro David, infatti, aveva parecchie frecce al suo arco; già dalla più giovane età dimostrava la rara capacità di scrivere in maniera divertente ma anche di saper trattare argomenti tristi, di alternare il registro ironico a quello più serio, di riuscire ad accostare temi di importanza capitale a un coté mondano.
Dopo aver rotto il ghiaccio con un breve saggio sul tennis e aver proseguito col bellissimo romanzo La scopa del sistema, nell'attesa di affrontare l'impegnativa - soprattutto per numero di pagine - avventura di Infinite jest, ho deciso di leggere questo saggio, in cui ritroviamo gli elementi principali della prosa di DFW: la caustica ironia, lo stile pirotecnico e un gusto particolare per la dispersività.

Verso la fine degli anni Novanta al giovane David Foster Wallace venne commissionato un reportage relativo ad una settimana di crociera nei Caraibi, a bordo della nave MV Zenith (da lui ribattezzata, ironicamente, Nadir).
Il viaggio si trasformò sin dall'inizio in un'esilarante e dissacrante cronaca ma, allo stesso tempo, in un azzeccato ritratto dell'americano medio: un personaggio rozzo e volgare, vittima di abitudini ottuse e "costretto" alla ricerca di un obbligatorio relax.

Questo saggio, oltre a rappresentare un ritratto smitizzante - e spesso pure imbarazzante - delle crociere di lusso, offre un ineguagliabile spaccato di quella che era (lo è ancora?) la classe media americana: un gruppo sociale affetto da profonda immaturità e desideroso di essere catapultato in un un eterno "parco dei divertimenti": un altrove mistificante in cui anestetizzare un'esistenza grezza e superficiale, imperniata sul nulla più assoluto.
Si ha quasi la sensazione che, tra i lazzi e frizzi del "divertimento" a tutti i costi, si innesti a mo' di ombra imperiosa la paura della non esistenza. Gran parte dei passeggeri, infatti, era rappresentata da pensionati già in là con gli anni: nel loro (eroico?) sforzo di cercare di divertirsi, si intravvedeva l'atavico timore della morte. 
Leggendo questo libro si capisce sin da subito di trovarsi al cospetto di una perla preziosa, in cui cinismo e sarcasmo procedono a braccetto in perfetta armonia; un testo che non lascia affatto indifferenti per la sua capacità di divertire il lettore e di farlo sentire, allo stesso tempo, profondamente a disagio.


Consigliato a: coloro che apprezzano i saggi ricchi di sarcasmo e ironia ma capaci di far riflettere sulle brutture e distorsioni della società contemporanea ed a chiunque voglia tentare un primo approccio nei confronti di uno dei più grandi scrittori contemporanei, purtroppo scomparso troppo presto.  


Voto: 7,5/10


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