domenica 30 giugno 2019

L’estate degli inganni, Roberto Perrone




Dopo essere rinato a seconda vita nel libro precedente, torna Annibale Canessa, ex militare dell’Arma in congedo: un eroe solitario e tutto d'un pezzo che, romanzo dopo romanzo, si sta ritagliando il suo spazio nell’ambito del thriller di casa nostra.
Questa volta il nostro eroe si ritrova ad indagare su uno dei più noti e sentiti “Misteri d’Italia”, ovvero la strage di Bologna del 1980: una tragedia ancora viva nella coscienza di ciascuno di noi e per cui l’autore immagina una scenario del tutto diverso, sia riguardo alla matrice sia per quanto concerne l’identità dei responsabili.

Durante una breve vacanza in Palestina, Canessa viene contattato dal Mossad che gli fornisce elementi utili a riaprire il caso dell'attentato alla stazione. Secondo i servizi segreti israeliani, infatti, dietro la strage ci sarebbe la mano del Colonnello Gheddafi.
Prima con riserbo e poi con sempre maggiore determinazione, Annibale decide di dedicarsi all’indagine. Figure oscure provenienti dal passato, però, stanno tramando nell’ombra, sfidando l’ex carabiniere in una lotta senza esclusione di colpi. Canessa si ritroverà così al centro di un intrigo strettamente connesso ai segreti della guerra fredda; una matassa aggrovigliata che riuscirà a dipanare solo evitando le trappole ed i depistaggi che qualcuno ha disseminato lungo il suo percorso.

Come nel romanzo precedente, siamo alle prese con un giallo fantapolitico ricco di adrenalina. Perrone ha scelto di utilizzare la fiction per raccontare gli anni bui del terrorismo: un mondo di misteri a cui, purtroppo, non sempre la magistratura è riuscita a trovare un’adeguata risposta.
Il ritmo è parecchio sostenuto; la scrittura rapida e scorrevole riesce a restituire la giusta tensione. L’unico vero neo è rappresentato dalla caratterizzazione dei personaggi, con il buono che resta sempre troppo buono ed il cattivo più perfido che mai. Probabilmente, un po' di ironia avrebbe giovato all'impianto, togliendo un po’ di grevità ad un insieme un poco esagerato (Canessa, talvolta, ha la stessa consistenza dei personaggi degli Spaghetti Western di serie B!)
Al di là di tutto, senza stare troppo a disquisire tra fantasia romanzesca e verità storica accertata, L’estate degli inganni è un buon thriller da leggere sotto l’ombrellone, con un’azzeccata commistione di azione, tensione e intrighi internazionali.


Consigliato a: coloro che amano i thriller avvincenti, ricchi di tensione ed adrenalina, con un eroe quasi invincibile ed in grado di sgominare da solo la congrega dei cattivi.


Voto: 6,5/10







mercoledì 26 giugno 2019

Disney Twisted Tales: la collana dei retelling

Tutti, bene o male, conosciamo le storie della Disney... ma vi è mai capitato di domandarvi cosa sarebbe successo se al posto di un fatto ne fosse avvenuto un altro?
A prescindere da quale sia la vostra risposta, oggi vi parlo di una collana che si concentra proprio su questi cambiamenti apportati alle storie originali.


Al momento la collana in lingua originale conta otto libri, ognuno relativo ad una storia:
A whole new world - Aladdin
Once upon a dream - La bella addormentata
As old as time - La bella e la bestia
Reflection - Mulan
Part of your world - La sirenetta
Mirror, Mirror - Biancaneve
Conceal, don't feel - Frozen
Straight on till morning - Peter Pan


In Italia, poco tempo fa, Giunti ha pubblicato due volumi:
Un mondo nuovo - Aladdin
Riflessi - Mulan

Ovviamente io ho fatto il volo all'acquisto ed oggi cercherò di parlarvene brevemente (possibilmente senza spoiler).

Un mondo nuovo
In questo retelling le cose vanno particolarmente storte...
Iago sembra scomparso, Jafar è riuscito ad avere la Lampada e pare sia in cerca di libri in cui si trovano formule che permettono di riportare in vita i morti.
Insomma, il cattivone sembra inarrestabile, ma per fortuna Aladdin ha dei buoni amici dalla sua parte e in qualche modo riuscirà a riportare l'ordine.

Riflessi
Siamo sul passo del Tung-Shao, proprio al momento in cui - nel cartone - il capo degli Unni ferisce il povero Ping. Qui, però, sarà Shang ad essere colpito e Ping/Mulan si prenderà cura di lui cercando di mantenerlo in vita in ogni modo possibile. Letteralmente, direi, visto che si reca nel mondo dei morti per recuperare l'anima del suo capitano!


Volete un parere onesto e diretto?
Entrambe le storie sono carine, coinvolgenti e molto piacevoli da leggere, ma Mulan mi è piaciuto molto più di Aladdin. Forse perché lei è la mia principessa preferita, forse perché  il libro inizia direttamente dal punto di svolta ed è più movimentato dell'altro, non lo so. Però secondo me è più bello. Aladdin parte proprio dal principio e bisogna leggere circa un'ottantina di pagine prima di vedere effettivamente qualcosa di diverso, poi anche il resto è comunque un brodino allungato in cui situazioni simili si ripetono più volte e il momento cruciale si risolve in maniera molto rapida... è comunque bello e intrigante, ma a mio parere di fronte a Mulan impallidisce tantissimo.

Naturalmente sono libri pensati per ragazzi, perciò la scrittura è molto semplice e diretta, ma penso possano piacere anche agli adulti che ancora apprezzano queste favole.
Io personalmente attendo con ansia le uscite degli altri volumi.
Oltretutto mi sento di fare i complimenti a Giunti per aver scelto delle copertine che sono contemporaneamente misteriose ed eleganti. 
BELLE BELLE BELLE.


lunedì 24 giugno 2019

1984, George Orwell


Un classico intramontabile, in cui teoria politica e finzione romanzesca si fondono alla perfezione. Nessun altro libro è riuscito ad eguagliare 1984 nella descrizione delle estreme conseguenze del sistema totalitario socialista; Orwell ha raggiunto lo scopo utilizzando un genere come il “distopico” che si è dimostrato adattissimo a rappresentare le brutture di un mondo impazzito.

Nel 1984 la Terra è spartita da tre potenze totalitarie - Oceania, Eurasia ed Estasia - impegnate in un eterno conflitto tra loro. La società è amministrata in base ai principi del  Socing (che sarebbe il Partito Socialista Inglese) ed è dominata da un partito unico con a capo il Grande Fratello,
Winston Smith è un impiegato del Partito Esterno, che lavora presso gli uffici del Ministero della Verità. Il suo compito consiste nel "correggere" gli articoli di giornale già pubblicati, che devono essere modificati in modo da renderli compatibili con le precedenti previsioni del Partito. La sua esistenza subisce un radicale cambiamento quando, nel corso di una manifestazione, incontra Julia.
I due si innamoreranno, vivendo un breve ed intenso idillio che durerà fino a quando verranno scoperti e catturati da uno squadrone della solerte Psicopolizia. Segregati in una prigione del Ministero dell'Amore, Winston e Julia verranno sottoposti al lavaggio del cervello al fine di essere rieducati.

Si tratta di un Grande Romanzo, su questo non ci sono dubbi. Una pietra miliare della letteratura del Novecento che si dimostra sempre attuale nonostante il passare degli anni. Futuristico e allo stesso tempo realistico, 1984 riesce a coniugare l’incedere distopico con i fatti reali collegati al dilagare dei regimi totalitari negli anni della seconda guerra mondiale. Anche se il mondo descritto nel libro appare, ad un primo sguardo, lontano nel tempo e nello spazio, con lo scorrere delle pagine arriva ad assumere una connotazione quasi realistica.
L’unico difetto, forse, è insito nella parte centrale del testo, in cui assistiamo alla lunga e prolissa esposizione del saggio “Teoria e prassi del collettivismo oligarchico”: una scelta sicuramente coraggiosa ma che non si amalgama granché col resto del tessuto narrativo, appesantendone a tratti lo svolgimento.
Al di là di tutto, quest'opera ha il grosso merito di riuscire ancora oggi ad instillare dubbi ed inquietudini nella nostra mente di lettori disincantati, facendoci riflettere sulla fragilità dell’essere umano e sulle possibilità di condizionarne il percorso in questo mondo.


Consigliato a: coloro che vogliono riscoprire uno dei classici moderni che ha avuto maggior impatto sulle ultime generazioni, con la sua capacità di prevedere il futuro attraverso un'azzeccata miscela di distopia e realismo.


Voto: 8/10




giovedì 20 giugno 2019

La nave dei vinti, Leonardo Gori





In questo romanzo ritroviamo il colonnello Bruno Arcieri – uno dei personaggi più carismatici del noir italiano – nella Firenze del 1970. In un lungo flash-back l’ex carabiniere, ormai spossato e disilluso, racconta alla compagna di vita Marie una vicenda di trent’anni prima, collocata in un momento in cui l'Europa si trovava sull'orlo del conflitto: un periodo contraddistinto dall’impeto squadrista e dalla deriva populista, in cui mettere a rischio la propria vita era all’ordine del giorno.

Nel marzo del 1938 una nave di profughi proveniente dalla Spagna arriva nel porto di Genova. A bordo viene rinvenuto il corpo di un uomo non identificato. L'indagine viene assegnata al giovane Bruno Arcieri, all'epoca capitano dei Carabinieri. La sua strada incrocerà quella dell’emissario del Vaticano Eugenio Winkelmann: un uomo piuttosto enigmatico, incaricato di incontrare un agente segreto da cui dovrebbe acquisire alcuni documenti fondamentali al fine di evitare la guerra.
Il compito di Bruno, da quel momento in avanti, sarà quello di procedere con gli interrogatori dei passeggeri per individuare l'agente in quel groviglio di varia umanità.

Collocato temporalmente dopo Nero di Maggio e La finale, La nave dei vinti si ispira ad un fatto di cronaca realmente accaduto: l’approdo nel porto ligure del piroscafo Burrington-Combe (ottimamente descritto da Daniele Cambiaso nell’appendice al romanzo).
Basandosi su un contesto reale, frutto di un accurato lavoro di ricerca, Gori costruisce una trama avvincente e ben congegnata. Dramma, psicologia e tensione emotiva si amalgamano in maniera eccellente in questo noir a sfondo storico, in cui si riesce a percepire fino in fondo l’atmosfera di angoscia che gravava su un mondo improvvisamente impazzito.
La scrittura supporta ottimamente il plot, facendoci percepire il giusto contrasto tra il presente – quello scorcio di anni settanta in cui l’anziano colonnello racconta la sua storia con disincanto – e l’epoca passata in cui si sente vibrare la tensione dell’azione, del mistero e dell’intrigo.   
In quell’Italia ormai assuefatta al saluto romano, Arcieri - uomo di cultura ed appassionato di jazz – si troverà improvvisamente a fare i conti col proprio senso di responsabilità, che si risveglierà attraverso il contatto con i passeggeri della nave in disarmo. Non sarà facile, per lui, rimettere in discussione tutto ciò in cui ha creduto fino a quel momento; sarà costretto a rimodulare le sue più intime convinzioni e scegliere da che parte stare, in un’Italia dolente ormai giunta sull’orlo dell’abisso.


Consigliato a: coloro che amano il noir a sfondo storico, qui rappresentato da uno dei suoi autori più talentuosi, ed a chiunque desideri gettare uno sguardo su un’epoca passata, gravida di integralismi, i cui germi patogeni – purtroppo - si percepiscono ancora oggi nell’aria.


Voto: 7,5/10



mercoledì 19 giugno 2019

5 cose che... 4

Buongiorno!
L'estate è ufficialmente alle porte, quindi mi sembra il momento giusto per parlare di...


5 libri che vorrei leggere quest'estate

A dire il vero c'è giusto l'imbarazzo della scelta, visto quanti ne ho in casa ancora da leggere e quanti ne entreranno di nuovi (perché - lo sappiamo tutti - di sicuro qualche nuovo acquisto ci scappa), però voglio comunque provare a dare la precedenza ad alcuni titoli in particolare: molti ritengono che le tbr - ovvero le liste di libri da leggere in un determinato periodo - siano restrittive e facciano passare la voglia di leggere perché trasformano un piacere in un obbligo; personalmente le trovo divertenti e stimolanti, senza contare il fatto che uno può comunque scegliere di crearne una e poi seguirla solo in parte o per nulla... 😅
Ma insomma, cianciamo le bande e vediamo quale sarà la mia potenziale cinquina estiva!

1. LES PRODIGES
Senza ombra di dubbio, uno sarà questo libro fantasy che possiedo in edizione francese. 
So con certezza che lo leggerò sia perché ormai lo rimando da troppo tempo sia perché ho fatto una sorta di sfida letteraria con Gio e questo è l'ultimo che mi manca per completarla. Inoltre ho proprio voglia di leggere una storia come quella che la trama promette: a grandi linee sembra la versione disabile di Harry Potter, in quanto i protagonisti sono ragazzini con handicap e poteri straordinari.

2. VANGO
Questo è l'ultimo romanzo che mi è rimasto da leggere, tra i libri presi al SalTo, ed è il primo volume di una duologia di cui ho sentito parlare molto bene. Inoltre era uno dei libri che avevo intenzione di leggere a giugno - cosa che non sono molto sicura di riuscire a fare, visto che negli ultimi giorni non ho guardato mezza pagina nemmeno da lontano... quindi, insomma, un posticino in questa lista gli spetta di diritto.

3. TIGRE, TIGRE
Una storia vera di pedofilia, raccontata dalla vittima stessa.
Ho questo libro da almeno quattro anni, ma solo adesso sento forte il richiamo alla lettura. Probabilmente barerò un pochino e lo inizierò appena avrò terminato di scrivere il post: se un libro chiama, il lettore deve rispondere!

4. PELLICOLE DI CARTA
Poteva mancare un saggio delle edizioni Santa Caterina?! Ovviamente no! Perciò ho deciso di piazzare questo qui, che in teoria ho attualmente in lettura ma in pratica ho letto solo il primo di quindici capitoli, quindi diciamo che mi assegno il compito di terminarlo entro il 30 di giugno. Comunque, com'è facilmente intuibile dal titolo, si tratta del volume riguardante i film tratti da romanzi.

5. LA BIBLIOTECA DI CASA
Rimanendo nell'ambito dei saggi, essendo io fissata in maniera maniacale con la sistemazione dei libri sugli scaffali ed avendo intenzione di cambiare le librerie di casa in tempi relativamente abbastanza brevi, penso che sia utile dare uno sguardo molto intenso a questo libro: almeno avrò il tempo di farmi un'idea più chiara di come sistemare i miei bambini prima di tirarli giù tutti...!


Eeeeeccoci qui, questi sono cinque dei libri che vorrei riuscire a leggere nei mesi estivi. Incrociamo le dita e speriamo in bene, va! Ahahahahahah 😂😂😂
Voi avete creato la vostra lista di letture estive? Nel caso, svelatecela nei commenti!
Arrivederci al prossimo articolo!!!


martedì 18 giugno 2019

Addio fantasmi, Nadia Terranova





Da qualche tempo, nel nostro paese, si sta facendo strada un tipo di letteratura tutta “al femminile”: un modello narrativo che si concentra su piccole storie – spesso attinenti a vicende famigliari – ed adopera uno stile da scuola di scrittura creativa non scevro da qualche inflessione intellettualistica. Le varie Ciabatti, Postorino e Terranova sembrano seguire il medesimo percorso: quello di voler raccontare la quotidianità attingendo alle fonti del minimalismo, dedicandosi a disegnare un’intera gamma di evoluzioni psicologiche che nuotano attorno ad un trascurabile nucleo originario.
Purtroppo, tale procedimento a lungo andare finisce per mostrare la corda e questo romanzo di Nadia Terranova ne è l’ennesima conferma…
Ma procediamo per ordine, partendo dalla trama.

Ida è un'autrice radiofonica messinese trapiantata a Roma. Sollecitata dalla madre, che sta ristrutturando l'appartamento di famiglia con l’intenzione di metterlo in vendita, decide di rientrare dopo lungo tempo nella città siciliana in cui è nata e cresciuta. Il ritorno alle origini la costringerà a fare i conti con un trauma che ha segnato il corso della sua adolescenza: ventitré anni prima, quando era ancora ragazzina, il padre se n’era andato di casa e non si era più fatto vivo.
Ida si troverà così ad affrontare i fantasmi che hanno condizionato tutta la sua esistenza; nel corso della breve permanenza sull’isola cercherà quindi di trovare il modo di liberarsi da ricordi dolorosi e ingombranti.

L’idea di partenza poteva anche essere buona. Il ritorno alla terra d'origine, la ricerca nella propria interiorità, la riscoperta di un'assenza che ha influenzato l'adolescenza della protagonista erano ottimi spunti per costruire un romanzo degno di nota: un'elegia del dolore e del suo superamento attraverso un percorso di crescita personale.   
La storia, invece, non funziona assolutamente e finisce con girare a vuoto, incartandosi su se stessa. Pagine e pagine che mostrano la protagonista fastidiosamente reclinata sul proprio ego, intenta a spaccare il capello in quattro, sono difficilmente sopportabili: specialmente se vengono accompagnate da un profluvio di parole che non conducono da nessuna parte. Anche la soluzione del problema non sembra di prima mano: che all'interno della nostra esistenza alcune cose siano da salvare ed altre assolutamente da scartare appare ovvio ai più, oltre che costituire una morale abbastanza scontata.
Ed alla fine, piuttosto che al racconto di una “mancanza”, assisteremo al dipanarsi di una vera e propria ossessione, con la noia pronta a fare capolino ad ogni paragrafo.

N.B. Il fatto che questo libro faccia parte della cinquina finalista dello Strega mi lascia sinceramente allibito. Ma si tratta di un commento del tutto personale…


Consigliato a: coloro che vogliono approfondire le tematiche predilette dai giurati dello Strega ed a chiunque ami le storie famigliari con nitida impronta minimalista.


Voto: 4,5/10





giovedì 13 giugno 2019

La casa della moschea, Kader Abdolah




Signori e signore, leviamoci il cappello: siamo di fronte ad un grande libro!
Nel caso si volesse comprendere fino in fondo l’evoluzione del mondo musulmano, sono convinto che quest’opera di Kader Abdolah – scrittore di origine iraniana (naturalizzato olandese) scampato al regime degli ayatollah – sia ben più idonea allo scopo dell’opera omnia di Oriana Fallaci.
Le vicende di una famiglia persiana, strettamente connesse con quelle di una moschea di provincia, diventano lo strumento più adatto per raccontare la storia di un paese in perenne trasformazione, che viene sconvolto dalla caduta dello scià, dalla guerra con l’Iraq e dalla poderosa ascesa di Khomeini.

Aga Jan, ricco mercante, è il patriarca della vecchia casa della moschea: un edificio secolare in cui le tradizioni hanno un enorme peso e dove la vita si svolge quotidianamente tra amori, nascite, matrimoni e preghiere. Un bel giorno, però, il vento della storia giunge con prepotenza a scardinare il consolidato tran tran della famiglia, trascinandola nel cuore di quel dramma che, a poco a poco, sconvolgerà il paese.
Le azioni di ogni singolo componente, da quel momento in avanti, verranno prepotentemente influenzate dai cambiamenti in atto: qualcuno si dedicherà a combattere l’oppressione e qualcun altro la metterà in atto; qualcuno compirà azioni terroristiche e qualcun altro impugnerà la videocamera per documentare il corso degli eventi.
Aga Jan, con la sua indole solida e paziente, sarà testimone degli sconvolgimenti del presente, pur conservando dentro di sé una totale fedeltà alle proprie radici.

I lettori olandesi hanno votato La casa della moschea come secondo miglior libro mai scritto nella loro lingua: direi che la scelta è assolutamente condivisibile.
Siamo di fronte ad un romanzo appassionante, che sa essere drammatico e lirico allo stesso tempo, e che riesce a far respirare ai lettori occidentali l’atmosfera dei minareti e degli antichi bazar.
La figura di Aga Jan e quelle dei suoi famigliari sono esemplari: si fanno portatori e testimoni di quei valori forti ed imprescindibili che devono essere difesi ad ogni costo, anche di fronte ai regimi più malvagi e disumani.
Sono parecchi i personaggi che si succedono in questa saga di uomini e donne, che si muovono lungo un percorso in cui le antiche tradizioni giungono a scontrarsi con i mutamenti politico-sociali in atto. La denuncia del regime violento degli ayatollah si amalgama alla perfezione con l’incedere poetico della narrazione, riuscendo nell’intento di tratteggiare lo sconvolgimento delle relazioni umane e dei valori condivisi all'interno della comunità.
Giunti all’ultima pagina, si può arrivare ad una legittima constatazione: libri come questo sono più efficaci di mille saggi sociologi nel raccontare la storia e l’evoluzione di un popolo.


Consigliato a: coloro che vogliono scoprire uno scrittore meraviglioso, capace di raccontare la storia di un paese attraverso una vicenda famigliare avvincente, toccante e piena di pathos.


Voto: 8,5/10



mercoledì 12 giugno 2019

La chiave dei ricordi, K. Hughes


Sarah è una storica il cui padre ha lavorato per qualche anno al manicomio di Ambergate e, per questo, decide di scrivere un testo su quel posto.
Ogni giorno si reca nel luogo in cui si trovava e qui incontra un giovane che dice di voler vivere da senzatetto: i due diventano amici, insieme gironzolano tra i corridoi del vecchio ospedale... Ed ecco che, mentre esploravano una zona non ancora visitata, si imbattono in un armadio.
So cosa state pensando, ma non è Narnia.
Anzi.
In realtà, il mobile nasconde l'accesso ad una stanza in cui sono ammucchiate alcune valigie e la nostra protagonista decide subito di aprirle per catalogarne il contenuto e scoprire qualcosa in più sulle persone che vivevano nella struttura. Tutto fila abbastanza liscio fino a che non scovano una valigia al cui interno è conservato qualcosa che riguarda Sarah.
A questo punto, come la Hughes è solita fare, arriva il salto nel passato: si torna indietro di molti anni, al momento in cui una ragazza comincia a lavorare ad Ambergate e si dovrà occupare dell'accoglienza di una fanciulla che in mezzo ai matti (o considerati tali) sembra abbastanza fuori posto. 
Da qui un'infermiera racconterà la storia di Amy, ricoverata per ragioni a dir poco assurde anche se forse comuni per l'epoca... e piano piano si scoprirà come si intrecciano le vite dei personaggi: Amy ed Ellen, il padre di Sarah, lei stessa e anche il suo giovane amico 

Io e la Hughes abbiamo un rapporto molto strano: leggo di cosa parlano i libri e le descrizioni non mi dicono granché, mi danno l'idea di letture quasi scontate e banali; poi leggo i libri nella loro interezza e puntualmente rimango emotivamente sconvolta.
Certo, la scrittura è molto semplice e talvolta alcuni incastri sono prevedibili, ma le storie si rivelano sempre molto piacevoli e coinvolgenti. Inoltre, l'autrice usa trame apparentemente leggere e banali per affrontare comunque tematiche importanti.
Dei tre libri che ha scritto fino ad ora credo che questo sia quello che ho amato di più, ma attendo con ansia e curiosità un prossimo volume... che comprerò, inizierò e divorerò senza passare per la seconda di copertina.


martedì 11 giugno 2019

Il delitto del fascista Nuvola Nera, Angelo Marenzana





Angelo Marenzana è un personaggio più unico che raro all’interno del variegato mondo del noir italiano. Mentre la stragrande maggioranza dei suoi colleghi ha scelto la strada di una scrittura semplice e diretta, scevra da orpelli, lo scrittore alessandrino ha optato per una narrazione “colta” – se mi passate il termine – che si affida ad una eccellente padronanza lessicale e a una cura minuziosa nella descrizione del dettaglio.
A due anni di distanza da Alle spalle del cielo Marenzana ci fa rincontrare Lorenzo Maida, l’ex poliziotto con un passato al servizio della polizia franchista che dopo il ritorno in Italia si è riciclato nella veste di commerciante di tessuti.

Siamo nella primavera del 1945, ad Alessandria: una città che sta vivendo gli ultimi giorni del secondo conflitto mondiale. Maida, ormai assuefatto alla sua attività di piccolo imprenditore, viene coinvolto dal cognato Vito Todisco nell’indagine su un omicidio. Il fascista Egidio Visconti è stato ucciso sull’uscio della propria abitazione con un fendente in pieno cuore; nella sua bocca è stata rinvenuta una manciata di sabbia. Poco tempo dopo Osvaldo Mantelli, braccio destro della vittima, subisce la medesima sorte.
A poco a poco, le indagini sui due delitti si ricollegheranno ad una vicenda di vent'anni prima: il suicidio di Valentina Lanzavecchia, una giovane donna che era stata vittima di un brutale stupro.

Siamo di fronte ad un ottimo esempio di noir ad ambientazione storica. Miscelare una trama gialla con la storia reale non è per niente semplice: richiede acume, capacità di sintesi, senso dell’equilibrio (per non “sbandare” troppo in un senso o nell’altro). Marenzana, però, evita agevolmente gli scogli della retorica e del cronachismo, facendo coesistere in maniera eccellente le due anime del racconto: un plot avvolgente, che tiene desta l’attenzione fino alla fine, e l’immagine di una città in ginocchio, che cerca di sopravvivere sotto una gragnuola di bombe che piovono dal cielo.  
Lo scrittore evita gli estremi opposti del “bianco e nero” (o del “buono e cattivo”, per essere più precisi); predilige le sfumature intermedie – sia per quanto concerne l’ambientazione sia per le caratteristiche emotive dei protagonisti – immergendosi in quella zona grigia in cui si perdono le anime degli uomini nei tempi più difficili ed inclementi.
I personaggi sono ben caratterizzati, con un approfondimento delle psicologie che è raro riscontrare nella letteratura di genere. Il dipanarsi della vicenda è supportato da una scrittura in cui la narrazione in terza persona si amalgama perfettamente con dialoghi realistici, che rimandano spesso al linguaggio comune (l’utilizzo del dialetto è emblematico, in tale senso).
Probabilmente Il delitto del fascista Nuvola Nera rappresenta la miglior prova letteraria di Angelo Marenzana: un autore che, seppur considerato di nicchia, sta dando al noir nostrano un contributo ben più solido di quello di tanti autori più decantati ma, sicuramente, meno coraggiosi ed originali.


Consigliato a: coloro che amano le trame gialle che si sviluppano in un concreto contesto storico ed a chiunque apprezzi a prescindere  i libri “ben scritti”, con una stesura elegante e fermamente attenta al dettaglio.


Voto: 7,5/10



venerdì 7 giugno 2019

In tutto c’è stata bellezza, Manuel Vilas



Partiamo da un dato di fatto. Il paragone con Patria di Aramburu, che ha accompagnato l’uscita dell’opera sul mercato italiano, è del tutto fuorviante: i due libri non hanno nulla in comune, se si eccettuano la nazionalità dell’autore e la casa editrice (entrambi sono prodotti Guanda). 
In tutto c’è stata bellezza, piuttosto che un romanzo in senso lato, rappresenta un’elegia della famiglia, dei rapporti umani e del tempo che scorre via. Perché i legami con chi ci ha messo al mondo – questo è l’assunto dell’opera - continuano a farsi sentire, in ogni singolo istante, anche quando paiono ormai recisi dalla fredda mannaia degli anni.

Manuel Vilas – che è allo stesso tempo autore e protagonista - si immerge con lirismo e disincanto in un fiume impressionante di ricordi, in cui si muovono personaggi e luoghi del passato più o meno recente. Gli ultimi decenni della storia di Spagna scorrono sullo sfondo, in maniera lieve e soffusa, mentre Vilas rievoca la storia della sua famiglia e, contestualmente, idealizza un rapporto inscindibile che, come un ponte, unisce tra loro  uomini e donne di generazioni diverse.
II percorso dell’autore, che si prodiga nella difficile ricerca di certezze ultraterrene al fine di dare linfa vitale ad un presente vuoto ed ammorbante, è la chiara espressione del tormento interiore di un uomo che rivive in maniera nostalgica ed appassionata i ricordi dell’infanzia. L'unicità del rapporto con i genitori scomparsi, ad un certo punto, diventa la sublimazione di una simbiosi indissolubile, che si protrae ben oltre il tempo della vita terrena.

La narrazione è fluviale. Non segue una precisa cronologia e presenta improvvisi salti avanti e indietro nel tempo; il lettore si trova così privo di punti di riferimento, avvinto saldamente da una prosa suadente e avvolgente. Il lavoro dell’autore è notevole, con approfondimenti psicologici e meditazioni metafisiche davvero degne di nota.
Purtroppo, talvolta, Vilas eccede nell’accumulo “ad oltranza”: frequenti ripetizioni dei medesimi concetti, eventi riportati più volte, personaggi ridisegnati fino allo sfinimento appesantiscono la narrazione, rendendola talvolta lenta e prolissa.
Questo romanzo/memoir rimane, al di là di tutto, un’opera originale, esempio di una letteratura spagnola più viva che mai. Un movimento in costante trasformazione che – come dimostrano le opere di Aramburu, Cercas e altri ancora - sembrerebbe aver trovato nella rivisitazione della storia patria un elemento fondamentale con cui dare il via ad una nuova e promettente stagione culturale.


Consigliato a: coloro che si appassionano a quei libri capaci di far riflettere sui legami ancestrali che legano passato e presente ed a chiunque ami i pensieri profondi, la forza dei ricordi ed il viaggio all’interno della memoria.


Voto: 7/10



mercoledì 5 giugno 2019

Ultimo tango all'Ortica, R. Teruzzi

Vi ricordate Libera e Iole, le due donne milanesi che si mettevano ad indagare pur non essendo il loro mestiere?
Le avevamo incontrate un po' di tempo fa in questo articolo qui e ora, a sorpresa, hanno fatto ritorno.


Pensiero prima della lettura: 
Questo libro era davvero necessario?
No: la trilogia è conclusa, il mistero di fondo è stato svelato. Che altro c'è da aggiungere?!

Per questo ero sia curiosa che contraria, quando ho scoperto dell'uscita di questo quarto libro.

Un tale viene ritrovato morto all'Ortica, una sorta di balera, e viene accusato il maggiordomo di un'amica di Iole. Questa, essendo ricca e di idee molto chiare, chiede alle due signore di tirare fuori di galera il suo maggiordomo e scoprire chi è davvero l'assassino. Molti sono i quesiti a cui si deve trovare una risposta, ad esempio: chi è quel tale e perché è stato ucciso? E come mai è stato incolpato il maggiordomo?
A tutto questo si aggiunge un ulteriore mistero di fondo, che riguarda la nonna di Libera: fino ad ora si era pensato che la donna fosse morta per un motivo, mentre ora pare che quella non sia proprio la verità...
Per fortuna si può sempre contare sui soliti amici, in particolare la giornalista Irene Milani, e arrivare così a trovare la soluzione all'enigma.

Lo stile di scrittura è rimasto il medesimo dei libri precedenti, perciò la storia si legge con piacere, mentre ho trovato migliore lo sviluppo della trama.
Pensiero dopo la lettura: 
- Questo libro era davvero necessario? 
Ni: lo è solo se si vuole stare ancora in compagnia delle signore e scoprire come si sviluppano i loro rapporti tra loro e con le persone che hanno attorno.
- Un seguito risulta necessario? 
Sì, anzi: datemelo adesso e nessuno si farà male.


martedì 4 giugno 2019

La seconda vita di Annibale Canessa, Roberto Perrone





Roberto Perrone è un ex giornalista che da qualche anno bazzica il mondo letterario. Pareva che il suo destino di scrittore fosse legato a trame a carattere sentimentale, spesso descritte con toni da commedia, ma con questo nuovo romanzo sceglie una strada (per lui) del tutto inedita: quella del thriller-noir all’italiana. Per il suo esordio nel genere, lo scrittore di Rapallo (ma milanese d’adozione) ha creato il personaggio di Annibale Canessa, un ex poliziotto dell’antiterrorismo che durante gli anni Settanta è stato uno dei baluardi della lotta contro l'eversione e la lotta armata.

Da qualche anno Annibale ha abbandonato l’Arma e si è trasferito – in una sorta di esilio autoimposto - a San Fruttuoso, dove trascorre le giornate tra lunghe nuotate e la gestione del piccolo ristorante di cui è socio.
A turbare la sua tranquillità giunge una notizia tremenda. Il fratello Napoleone, che non vedeva da una trentina d’anni, viene giustiziato da una raffica di Kalashnikov assieme all’ex terrorista Pino Petri, che lo stesso Canessa qualche anno prima aveva consegnato nelle mani della giustizia.
Toccherà ad Annibale cercare di far luce sul duplice omicidio, scoprendo poco per volta il marcio che si annida tra i corridoi del potere e dando il la, di fatto, alla sua “seconda vita”: un nuovo corso che avrà sviluppi del tutto inattesi.   

Siamo al cospetto di un ottimo romanzo poliziesco, dalla trama intrigante e ricca di sfaccettature, che scorre rapido come un Intercity nella notte. Il taglio cinematografico, con rapidi cambi di scena, rende avvincente la narrazione, trascinando il lettore in un meccanismo impeccabile e più avvincente di una pianta d’edera.
I riferimenti al periodo “storico” del terrorismo arricchiscono d’interesse la vicenda, divisa tra il tempo presente ed i riferimenti ad un passato lontano ma ancora capace di far sentire la sua scomoda presenza.
L’unica critica che mi sento di fare a Perrone riguarda la caratterizzazione dei protagonisti, che paiono, talvolta, tagliati con l’accetta. Incontriamo così personaggi femminili un poco stereotipati, vilain da b-movie ed altri figuranti di cartapesta tutt’altro che realistici. Lo stesso Canessa, a tratti, assume le sembianze di un semidio, una via di mezzo tra Rambo e Terminator che si dimostra più invincibile di 007. Ma si tratta di difettucci che perdoniamo volentieri, consapevoli di aver conosciuto – tramite Perrone – una nuova via al noir italiano: a metà strada tra il poliziesco di denuncia ed il thriller adrenalinico d’oltreoceano. Quasi come se Leonardo Sciascia si fosse infilato i panni di un Lee Child… e riuscisse a farseli calzare a pennello.

N.B. Il personaggio di Annibale Canessa tornerà nei due successivi romanzi dell’autore: L’estate degli inganni (2018) e L’ultima volontà (2019).  


Consigliato a: coloro che amano i thriller adrenalinici, che si divorano alla velocità della luce, ed a chiunque sia appassionato di storie che raccontano il passato più tragico ed oscuro del nostro paese.


Voto: 7,5/10