Come tutti sappiamo - almeno credo - Carrie è stato il primo romanzo di Stephen King: quello che lo fece conoscere al mondo intero donandogli fortuna e notorietà. Esistono però alcune opere scritte in precedenza dall'autore di Portland e che, sulla scia del raggiunto successo, vennero successivamente pubblicate sotto lo pseudonimo di Richard Bachman. Tra queste, La lunga marcia vanta una particolare importanza: fu infatti il primo libro scritto da King, quando aveva appena 18 anni.
Cento ragazzi vengono scelti per partecipare ad una gara annuale denominata "La Lunga Marcia". Le regole sono molto semplici. Chi taglierà per primo il traguardo verrà premiato e tributato di altissimi onori; coloro che invece si fermeranno al di fuori delle tappe programmate o rallenteranno eccessivamente l'andatura, riceveranno tre avvertimenti. E al terzo - nel caso in cui non ci sia stata una regolare ripresa della marcia - il partecipante verrà fucilato sul posto da un manipolo di soldati che, a bordo di un cingolato, seguono la gara.
Dai confini canadesi sino alla metropoli di Boston ha così luogo una sfida mortale, con un regolamento implacabile e crudele: sarà sufficiente un passo falso e un malore per venire ferocemente abbattuti. In mezzo ai partecipanti, tra cui nasceranno rapporti di competizione, di sostegno, di fratellanza, emergerà la figura del sedicenne Garraty.
Si tratta indubbiamente di un racconto giovanile: il miglior King arriverà con i successivi romanzi.
Questo estenuante concorso che avrà un unico sopravvissuto ha delle profonde similitudini con Battle Royale di Koushun Takami o The Hunger Games di Suzanne Collins; in La lunga marcia, però, non esistono violenza o contatti fisici tra i partecipanti e si verifica esattamente ciò che è indicato nel titolo: una lunghissima e sfiancante passeggiata che si rivela sin da subito una difficilissima prova di resistenza e volontà.
Il lungo cammino, probabilmente, potrebbe essere una metafora della guerra: durante la gestazione del romanzo, infatti, divampava il sanguinoso conflitto del Vietnam che costò la vita a decine di migliaia di giovani statunitensi.
Di Stephen King si è detto tutto, forse di più. È assolutamente lodevole il talento di trasformare i fatti più banali in situazioni ansiogene o terrificanti; in alcuni tratti del libro, inoltre, emergono elementi che troveranno pieno compimento nei romanzi a venire: la capacità di giocare su più registri, di miscelare tematiche diverse e di cavalcare la sensibilità dei tempi, talvolta anticipandola.
Purtroppo, quella che poteva essere una trama interessante diventa ben presto noiosa e ripetitiva dopo una manciata di pagine; ci ritroviamo così a contare il numero dei "caduti" in maniera abbastanza scontata con il lettore che diventa ben presto succube di questa situazione: la tendenza a leggere rapidamente e in maniera piuttosto sommaria, per arrivare alla fine il prima possibile (e scoprire chi sarà mai il fortunato, The Last Man Standing), è una conseguenza inevitabile.
Consigliato a: coloro che vogliono scoprire un King giovanile, ancora acerbo ma già capace di far emergere i primi sprazzi del suo talento, ed a chiunque apprezzi la letteratura distopica foriera di tremende conseguenze per l'umanità.
Voto: 6/10
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