mercoledì 28 agosto 2019

Les Prodiges, J.Scott

Buongiorno!
Oggi torno a parlarvi dell'ennesimo libro che purtroppo non è stato tradotto in italiano.
Dico purtroppo non solo perché mi è piaciuto moltissimo, ma anche per il concetto che sta alla base della storia.


Il libro in questione è Les Prodiges, titolo originale The Ables, un fantasy per ragazzi che ha sì una trama abbastanza nella norma... tuttavia ha un qualcosa di diverso dal solito che, a mio parere, aggiunge valore a tutto.

La storia è quella di alcuni ragazzini che si trovano ad avere dei poteri particolari e per questo dovranno frequentare una scuola speciale. A ciò si aggiunge una profezia che sembra girare attorno al protagonista. E ovviamente non manca il cattivone di turno che si diverte a portare scompiglio in giro per la città.
Fin qui tutto procede secondo gli standard, ma ci sono un sacco di colpi di scena e momenti di azione che portano tanto movimento e tengono il lettore incollato alle pagine.

Il volume è diviso in quattro parti, una per stagione, ed ognuna è strutturata quasi come se fosse un libro a sé: inizia con calma, accadono fatti, colpo di scena, boom del momento, si chiude con la risoluzione di qualcosa.
Gli eventi e le scoperte sono intrecciati talmente bene che tutto ha perfettamente senso e ad un certo punto anche il lettore viene (positivamente) fregato.
Per come si è concluso pensavo fosse uno stand alone, invece ho scoperto che verso fine settembre usciranno - in lingua originale - sia il seguito che uno spin-off, rispettivamente intitolati Strings e The Hero's Journey.
Ovviamente sono curiosa di leggere entrambi, quindi spero che gli editori francesi non mi facciano attendere troppo per la traduzione!

...so cosa state pensando: fin qui sembra una cosa trita e ritrita, non c'è niente di diverso dal solito, ecc...
Eh, lo so...
Ma se i "soliti" supereroi fossero dei dodicenni disabili?
Se, fra una cosa e l'altra, ci fosse anche una lotta per i diritti, affinché tutti possano avere le stesse possibilità?


lunedì 26 agosto 2019

La città è dei bianchi, Thomas Mullen


Questo noir – duro, atipico, storicamente fondato - si è rivelato una gradita sorpresa, tanto da meritare di diritto un posto al sole tra le migliori letture di questo proficuo 2019.  Ambientato ad Atlanta dopo la seconda guerra mondiale, è incentrato su un evento realmente accaduto: il reclutamento da parte del dipartimento di polizia dei primi agenti di colore. In un contesto ancora pesantemente influenzato da un retaggio schiavista, i neoassunti vennero accolti con notevole ostilità ed ottennero una libertà di movimento piuttosto limitata: non potevano arrestare i sospetti bianchi, né guidare una macchina della squadra e neppure accedere al quartier generale della polizia.
Ma partiamo, come al solito, dalla trama…     

Una giovane di colore, che è stata vista per l’ultima volta in compagnia di un bianco ubriaco, viene assassinata e abbandonata in una discarica. L’origine etnica della ragazza ed il razzismo imperante nell’America sudista non invogliano di certo gli inquirenti ad intraprendere un’indagine accurata. Toccherà agli agenti afroamericani Boggs e Smith, di fronte all’inerzia dei vertici della polizia, avviare un'indagine clandestina: una decisione piuttosto audace, in palese contrasto con la “legge dei bianchi”, che li condurrà ad immergersi in profondità nelle torbide acque dell’odio e dell’intolleranza.

Siamo di fronte ad una narrazione strutturata su più livelli. Se l’ossatura del romanzo  è quella tipica del poliziesco tout court, l’epoca e l’ambientazione della vicenda spingono la trama ad uscire dagli angusti confini della letteratura di “genere” per condurla in territori del tutto inaspettati.
A poco a poco l’indagine dei due agenti di colore si trasforma in un’azzeccata parabola sulla lotta ed il riscatto sociale, in cui vengono raccontati gli orrori sopportati dalla comunità nera di Atlanta.
Mullen possiede un’ottima capacità di scrittura e riesce a cementare l’efficacia di una trama “ad orologeria” con ottimi spunti di riflessione, che spingono il lettore a guardare al di là del plot accattivante. Ne scaturisce un romanzo avvincente, duro come un pugno allo stomaco, che risulta quanto mai attuale in un’epoca in cui, quotidianamente, ci si indigna per la rinascita dell’odio contro coloro che – per questioni di razza, etnia o religione – sono diversi da noi.


Consigliato a: coloro che vogliono leggere un romanzo che, oltre ad essere un ottimo poliziesco, è in grado di far riflettere a fondo sul razzismo e sulle radici dell’odio.


Voto: 8/10 


martedì 20 agosto 2019

Biagio Mazzeo: un vero duro (tra noir e tragedia)



Quando nel 2014 uscì “Una brutta storia”, il primo romanzo della saga poliziesca imperniata sul personaggio di Biagio Mazzeo, la critica fu pressoché unanime nell’annunciare la nascita di un nuovo autore nel panorama letterario nostrano. Attingendo linfa vitale dalle solide tradizioni del giallo Mediterraneo – seguendo cioè quella linea retta che partendo da Izzo arriva fino a Carlotto – Piergiorgio Pulixi creava di fatto un nuovo sottogenere nell’ambito del noir: una variante adrenalinica, violenta, dai risvolti realistici, ma con numerosi punti di contatto con la tragedia, intesa sia nella sua accezione più classica che in quella shakespiriana. 
La serie, strutturata come un dramma, rappresenta un potente affresco del mondo della criminalità, che affonda le proprie radici nella realtà contemporanea – quella realtà spesso tenuta nascosta dai media – con un’evoluzione drammaturgica matura e coerente, che rappresenta il filo rosso dell’intera narrazione.
Giunti al quarto episodio della serie, “Prima di dirti addio”, che costituisce l’atto conclusivo delle vicende di Mazzeo e della sua banda, è dunque arrivato il momento di concentrarci sui punti focali di questa epopea intensa e sanguinosa: la storia di un gruppo di poliziotti corrotti, pronti a tutto per raggiungere i loro scopi.

Le trame: 

Una brutta storia 
Facciamo la conoscenza di Biagio Mazzeo e della sua “famiglia”: un gruppo di sbirri che, dopo una feroce guerra contro il narcotraffico, hanno il controllo pressoché totale dei traffici cittadini. Quando il loro percorso giunge ad incrociare quello della mafia cecena le cose si complicano terribilmente: Mazzeo dovrà scendere a patti con le sue più intime convinzioni per salvare la sua pelle e quella dei suoi uomini.



La notte delle pantere 
Mazzeo e la sua squadra hanno messo le mani su un grosso quantitativo di droga ed i proprietari la rivogliono indietro. Non si tratta però di criminali comuni, ma della ‘ndrangheta: un’organizzazione criminale disposta a tutto pur di riappropriarsi del bottino. Mazzeo, chiuso in carcere, accetta di scendere a patti con la legge per salvare i suoi uomini, avventurandosi in una missione difficilissima. 


Per sempre 
Il poliziotto, per la prima volta, ha la tentazione di chiudere i conti con il proprio passato e ricominciare da zero con Nicky, la ragazzina a cui si è affezionato. I suoi nemici però sono sempre in agguato. Mazzeo si troverà nuovamente impegnato a lottare per la propria sopravvivenza e dovrà decidere una volta per tutte da che parte stare, scegliendo tra l’amore per la sua “famiglia” ed il potere. 


Prima di dirti addio 
È il momento della resa dei conti. Mazzeo è rimasto solo, abbandonato dai suoi uomini. Ma prima di accomiatarsi vuole saldare i conti con Vatslava Ivankov, la donna che gli ha portato via tutto. Nell’ultimo romanzo della serie Pulixi esce dai confini del noir e si inoltra nei territori del thriller “alla Don Winslow”, dove ‘ndrangheta, narcotraffico e cartelli della droga dettano le regole dei traffici internazionali. 



Commento:
È necessario premettere che i quattro libri che compongono la cosiddetta “Saga Mazzeo” possono essere visti, nella realtà, come un’unica, lunga ed inarrestabile narrazione. Romanzo dopo romanzo assistiamo alla messa in scena di una tragedia, in cui Biagio Mazzeo rappresenta una sorta di novello Amleto: un personaggio estremo che si muove in quelle zone d’ombra che stanno a metà strada tra gli impulsi naturali e la morale comune, tra la capacità di amare e l’istinto di odiare. 
Mazzeo si incammina in una personalissima discesa all’inferno, ignorando l’estrema conseguenza delle proprie azioni e arrivando a sfidare nemici sempre più potenti e crudeli. 


Tra i punti di forza della saga va segnalato, prima di tutto, il contesto che fa da sfondo alle vicende narrate: uno scenario crudamente realistico e con frequenti agganci all’attualità, che a tratti fa travalicare i confini del noir arrivando a toccare i più nobili territori del dramma sociale. 
Una nota di merito va sicuramente riservata allo stile di Piergiorgio Pulixi: uno stile essenziale, secco, solo in apparenza manierato, che riesce a portare una ventata d’aria fresca in una letteratura di genere ormai ”schiava” del politically correct. Facendo leva su dialoghi incisivi e trancianti come un proiettile ed optando per una scelta narrativa che predilige i capitoli brevi, che si susseguono con un taglio serrato (quasi cinematografico), Pulixi ha costruito una serie che, pur essendo largamente incentrata sull’azione, lascia largo spazio all’indagine sulla psicologia dei personaggi. 
Apprezzabile è l’attenzione dedicata a tutti i personaggi, nessuno escluso. Attorno ad ogni uomo e donna, buono o cattivo che sia, viene modellato un microcosmo fatto di vicende personali e familiari: e sono proprio queste “variabili umane” a fornire carattere e consistenza alla narrazione, raccontando vicende di esistenze dominate dal caso, in cui il lieto fine è solo un miraggio e la violenza è l’unico strumento di comunicazione. 
Coloro che amano le storie a lieto fine e che si affezionano troppo ai personaggi potrebbero invece rimanere scottati dalla lettura. Il “lieto fine” – quello zuccheroso e succulento specchietto per le allodole di cui si nutre gran parte della letteratura di genere – è un elemento totalmente estraneo alla trama dei romanzi. Ad ogni capitolo, in ogni singola pagina, tutto può accadere: possiamo assistere alla scomparsa di personaggi profondamente amati dal lettore o addirittura – udite udite – alla vittoria del male sul bene, cosa che avvicina la narrazione alla vita reale più di quanto si creda. Perché per Mazzeo e la sua “famiglia” allargata non esistono certezze: nessun personaggio è intoccabile, tutto è possibile.
I romanzi di Pulixi non sono per tutti: sono consigliabili a lettori maturi e dallo stomaco forte. La violenza è l’unico alfabeto riconosciuto dai protagonisti e la descrizione di alcune scene – di una brutalità nuda, sporca, quasi animalesca – lascia talvolta esterrefatti, generando una sorta di istantanea repulsione per tutto ciò che stride con la coscienza comune.
Sembra che l’intento di Pulixi sia quello di mandare in naftalina Mazzeo. Qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte a questa scelta che però, se analizzata fino in fondo, risulta logica e condivisibile. Lo sbirro più tosto del mondo ed i suoi uomini, con tutto il loro bagaglio di improvvide scelte, con l’istinto da bestie feroci e con la volontà di sfidare a duello il mondo intero, non avrebbero potuto reggere una pagina di più. Solo facendo scendere il sipario su questo teatro di lacrime, sangue e criminalità la verosimiglianza delle vicende sarebbe stata al sicuro.








lunedì 19 agosto 2019

Un pappagallo volò sull’Ijssel, Kader Abdolah





Questo è stato il mio terzo Abdolah - dopo Uno scià alla corte d’Europa e La casa della Moschea - e non ha fatto altro che consolidare il mio giudizio riguardo a questo scrittore iraniano, rifugiato politico in Occidente e naturalizzato olandese: un autore che vanta la straordinaria capacità di coniugare uno stile narrativo avvincente con un afflato lirico in grado di toccare le corde più profonde dell’animo umano.
Un pappagallo volò sull’Ijssel è un romanzo profondamente attuale, che chiunque dovrebbe leggere in questo particolare momento: racconta vicende di immigrazione e di integrazione sociale con una lucidità ed una partecipazione emotiva encomiabili e riesce a trasmettere, attraverso le micro-storie dei protagonisti, quella che rappresenta la realtà dei nostri giorni e che monopolizza quotidianamente il dibattito politico.     

Le vicende si svolgono in quattro paesini dell’Olanda, che sono candidati ad accogliere un gruppo di rifugiati.
Facciamo così la conoscenza di Memed, aspirante meccanico e padre di una bambina gravemente malata; di Lina, validissima interprete che arriverà ad essere eletta in Parlamento; di Khalid, erede di una dinastia di miniaturisti che farà valere il suo formidabile talento di pittore e restauratore; di Pari che dopo essersi separata dal coniuge inizierà una difficile emancipazione collaborando con un quotidiano locale.
Il passare del tempo farà però emergere populismi e conflitti mai sopiti; eventi drammatici come gli omicidi del politico Pim Fortuyn e del regista Theo van Gogh ma, soprattutto, la tragedia delle Torri Gemelle giungeranno a distruggere il precario equilibrio raggiunto a fatica tra la popolazione locale e gli immigrati.

Si tratta di un romanzo corale, denso di personaggi, di cui seguiamo pagina dopo pagina l’evoluzione attraverso le piccole storie quotidiane. Abdolah con passione intrisa di sguardo poetico, riesce ad evidenziare le difficoltà di integrazione fra la cultura occidentale e quella islamica, contrastata soprattutto da endemiche differenze socio-politiche e dalla diffidenza reciproca.
Seguiamo così un percorso che, dall'iniziale accoglienza da parte degli indigeni olandesi, condurrà ad un’intolleranza forte, pervicace e manifestata quotidianamente.  
A differenza dei romanzi precedenti, l’autore inserisce la propria narrazione nel contesto dell’attualità, riuscendo però a non perdere per strada il proprio tono fiabesco ed a tratti surreale. La nota di speranza con cui si conclude il libro è un segnale forte, che indica un percorso difficile ma tutto sommato non impossibile.
L’impronta autobiografica è notevole: alcuni dei personaggi (Memed e Pari in particolare) affrontano esperienze già vissute dallo stesso Abdolah che – non dimentichiamolo - è stato a sua volta immigrato e rifugiato.


Consigliato a: coloro che amano i romanzi che sanno essere avvincenti e poetici allo stesso tempo ed a chiunque voglia lanciare uno sguardo “dall’interno” sulla vita dei profughi e le loro difficoltà di integrazione in un nuovo mondo.


Voto: 8/10




sabato 17 agosto 2019

Il sospetto, Friedrich Dürrenmatt





Dopo aver letto La promessa e Il giudice e il suo boia, ho concluso la lettura della trilogia gialla di Dürrenmatt con Il sospetto. Scritto nel 1951 – parecchi anni prima che Simon Wiesenthal assicurasse alla giustizia il criminale nazista Adolf Eichmann – questo romanzo è sostenuto da una trama nera come la pece, che riesce a coniugare indagine poliziesca e analisi psicologica trasmettendo, al tempo stesso, un'interessante critica del mondo capitalista.

Ritroviamo il commissario Bärlach – già protagonista di Il giudice e il suo boia – ricoverato in un ospedale nei pressi di Berna. Per puro caso, incappa in una vecchia foto pubblicata sulla rivista Life: ritrae l’immagine di un chirurgo di nome Nehle intento ad operare senza anestesia un prigioniero ebreo in un campo di concentramento.
Malgrado il viso del medico sia in parte occultato da una mascherina, il dottor Hungertobel – vecchio amico di Bärlach - pensa di riconoscere il collega Emmenberger, titolare di una rinomata clinica in Svizzera.
Il commissario, roso dal tarlo del sospetto, inizierà ad indagare sulle possibili relazioni tra i due medici, arrivando ben presto ad ipotizzare uno scambio di persona, attraverso cui il criminale sarebbe riuscito a sfuggire ai tribunali di guerra.

Romanzo dal forte impatto psicologico, che indaga in profondità il rapporto tra carnefice e vittima, contrappone due diverse visioni del crimine e della giustizia: quella di chi ha seguito la strada di una fredda inumanità e quella di colui che lotta per sconfiggerlo. Questo libro, più di diversi altri, riesce a raggiungere le radici del male, dimostrando come la spietatezza sia profondamente radicata anche in una società apparentemente linda e candida come quella svizzera.
Come di consueto, Dürrenmatt utilizza il genere giallo per parlare di argomenti più elevati: la memoria di una tragedia ancora troppo vicina, l’impossibilità per gli inquirenti di raggiungere la verità, la natura fondamentalmente crudele dell’essere umano.
Rispetto agli altri romanzi, si riscontra un’eccessiva elaborazione filosofica, che rischia talvolta di far perdere il filo; rimane comunque un buon esempio di “giallo emblematico”, capace di valicare talvolta i limiti dell’eticamente accettabile per giungere negli inesplorati territori dello sconcertante.


Consigliato a: coloro che amano i romanzi che riescono – con il sapiente utilizzo di una trama poliziesca – a raccontare le perversioni e le tragedie dell’epoca contemporanea ed a chiunque apprezzi i gialli di chiara matrice filosofica che si addentrano a fondo nella psicologia dei protagonisti.


Voto: 7/10



martedì 13 agosto 2019

La bottiglia magica, Stefano Benni





Il talento di Stefano Benni non è in discussione. Si tratta di un inarrivabile genio della satira di casa nostra, che in passato ci ha regalato opere memorabili come Bar sport, Baol, La compagnia dei celestini e Il bar sotto il mare. Nei suoi romanzi, lo scrittore bolognese ha spesso spaziato tra i generi regalandoci storie comico-surreali, capaci di coniugare in un’unica anima satira esilarante e critica sociale.
Dopo aver letto La bottiglia magica, però, si prova una strana sensazione di insoddisfazione, quasi come se Benni avesse messo da parte – si spera solo per questa volta – le sue encomiabili capacità di inventiva ed immaginazione per mettere giù una fiaba carina ma tutto sommato abbastanza scontata nel suo sviluppo.   

Pin, figlio di un pescatore di nome Jep, sogna di fare fortuna emigrando nel confinante stato del Diladalmar. Alina, aspirante scrittrice, se ne sta invece segregata in un collegio gestito in maniera piuttosto autoritaria con l’unica compagnia di un gatto high-tech. Già i nomi dei personaggi sono emblematici per rivelare l’afflato fiabesco della trama…
Grazie ad una bottiglia magica, che Alina ha affidato all’acqua, i destini dei due ragazzi si incroceranno dando il via ad un viaggio rocambolesco che coinvolgerà entrambi, in cui non mancheranno incontri strabilianti, momenti avventurosi e rapidi capovolgimenti di fronte.

Benni, questa volta, ha deciso di scrivere un racconto fantastico utilizzando il linguaggio delle storie per ragazzi. Avvalendosi di disegni, mappe e fumetti, ha cercato di esporre in chiave grottesca il nostro “quotidiano”, rappresentato dal trionfo della tecnologia, dall’importanza dell’audience e dal dominio dei cuochi-TV. È riuscito solo parzialmente nell’intento, regalandoci un prodotto “ibrido”: troppo scontato per un pubblico adulto ma anche con significati troppo enigmatici per essere compreso a fondo dal pubblico dei più giovani.
Rimane, al di là di tutto, un curioso esperimento di critica sociale – alcune “stilettate” contro il mondo di oggi sono davvero spassose ed azzeccate – dissimulato dentro una struttura da fiaba dei tempi passati: un libro gradevole e scorrevole, che riesce a tratti a divertire, ma che è lontano anni luce dalle auree vette toccate dall’autore in epoche neanche troppo lontane.


Consigliato a: chi ama l’umorismo, l’ironia e la critica sociale, questa volta mimetizzati all’interno di una fiaba per ragazzi che strizza l’occhio alle disfunzioni del mondo di oggi.


Voto: 6/10


Gio            .

giovedì 8 agosto 2019

L’isola delle anime, Piergiorgio Pulixi





Per scrivere un grande noir occorrono tre ingredienti fondamentali.
Innanzi tutto, c’è bisogno di un atmosfera intensa ed avvolgente, capace di far immergere il lettore in un “altrove” che risulti allo stesso tempo vicino e lontano dal mondo in cui è abituato a vivere. In secondo luogo, bisogna avere tra le mani una trama incalzante, avvincente, che si snodi pericolosa e sinuosa come un serpente senza mollare la presa per un solo istante. Infine – last but not least – ci vogliono protagonisti credibili, realistici e ben disegnati, in grado di sollecitare le emozioni ed i timori del pubblico più smaliziato.
Pulixi è riuscito perfettamente nell’intento.
Ambientando il romanzo nella sua Sardegna, ha costruito una storia che affonda le proprie radici in un mondo ancestrale, racchiuso in se stesso, in cui hanno notevole importanza i riti più antichi e le ataviche credenze. Ha congegnato un plot claustrofobico che, dopo una partenza al rallentatore, affonda le unghie con determinazione e corre via veloce come un treno nella notte. E ci ha presentato due investigatrici – la cagliaritana Mara Rais e la milanese Eva Croce – estremamente differenti l’una dall’altra ma, proprio per questo, predisposte ad interagire in maniera esplosiva.  

Le due poliziotte – allontanate per motivi diversi dalla Squadra Omicidi – si ritrovano ad indagare su dei “cold cases” piuttosto datati. In particolare, la loro attenzione verrà catturata dagli omicidi di due giovani donne, avvenuti parecchi anni prima presso dei siti nuragici. Ad interrompere bruscamente il loro lavoro, giungerà però un elemento del tutto imprevedibile: l’assassino – come dimostra la recente scomparsa di un’altra ragazza – è tornato in azione. Le due donne dovranno perciò confrontarsi  con i rituali di un’antica e selvaggia religione; allo stesso tempo ognuna di loro si troverà a tu per tu con il proprio lato oscuro, in cui si agitano demoni tremendi.

Pulixi costruisce una trama "nerissima", ansiogena quanto basta, ambientata in un mondo lurido e spossato, in cui la speranza soffoca giorno dopo giorno. Rispetto ai romanzi precedenti, l’autore lavora molto di più sulla scrittura, realizzando una prosa sperimentale e ricercata, in alcuni frangenti persino sofisticata.
La cultura ed i miti del Popolo Sardo come un sottile filo rosso percorrono l’anima della storia; lo spirito delle arcaiche tradizioni si miscela perfettamente agli aspetti della quotidianità, restituendoci un noir che unisce indissolubilmente impeto metropolitano e leggende lontane nel tempo ma ancora ben presenti nell’anima di chi è nato e cresciuto sull’isola. Gli spettri del passato ed i drammi del presente danno carattere e consistenza ad un libro che potrebbe costituire una svolta nella carriera dello scrittore cagliaritano, che pare aver imboccato la giusta via per arrivare a far parte del gotha del noir di casa nostra.


Consigliato a: coloro che amano i noir intensi, che suscitano emozioni forti, ed a chiunque ami i romanzi capaci di collegare la forza delle tradizioni con la logica della quotidianità.


Voto: 8/10   



mercoledì 7 agosto 2019

Lettura di coppia: La misura dell'amore, Il Matricomio




Era qualche tempo che non facevamo una lettura di coppia. Il fatto che tra i regali di nozze ci fosse questo libro – allegro e spensierato ma non troppo -  ci ha spinto a condividerne la lettura nei pochi scampoli di tempo libero che hanno preceduto e fatto seguito al nostro matrimonio.
Le star del web Jack e Vale, in arte Il Matricomio, hanno redatto una sorta di vademecum per la coppia che insegna, con leggerezza ed ironia, ad affrontare la quotidianità della convivenza. In dieci capitoli “tematici” ci spiegano alcuni accorgimenti su come rendere lieve e normale il vivere insieme di un uomo e di una donna.
A lettura conclusa, ecco i nostri giudizi:  

Mely: Un interessante spaccato di vita quotidiana, in cui si incontrano tutte le noie/paturnie/rotture di scatole che una coppia si ritrova ad affrontare e che rappresenta un quadro realistico della famiglia d’oggi.
Una bella lettura per chiunque: anche i single si faranno delle sane risate e si prepareranno a ciò che li attende in un futuro più o meno lontano. Questo testo è anche un’esperienza consolante per coloro che stanno iniziando una convivenza; ci fa capire che, in fin dei conti, la situazione è la medesima in ogni coppia che si rispetti.
È davvero spassoso ritrovarsi a volte nell’uno e a volte nell’altro personaggio.


Gio: Testo carino, semplice e scorrevole, che però flirta un po’ troppo con i luoghi comuni: lo sappiamo benissimo che le donne (Mely esclusa) sono accumulatrici compulsive di scarpe  e che gli uomini (il sottoscritto escluso) chiedono l’estrema unzione non appena toccano i 37° e 1 di febbre! Divertente come passatempo, per strappare qualche sorriso, ma abbastanza scontato nei contenuti e nelle considerazioni. Alla fine, specchiandoci nella coppia autrice del libro, rivediamo alcune nostre caratteristiche e prendiamo atto di una cosa tra tante: gli uomini e le donne sono morfologicamente/psicologicamente/socialmente diversi tra loro ma, alla fine, esiste una ricetta per armonizzare queste dissimiglianze: ogni coppia, poco per volta, dovrà trovare questo “rimedio magico” (parafrasando H.G. Wells) al fine di trasformare in armonia ogni potenziale conflitto.

Come capita spesso non siamo del tutto d’accordo… Ma in fondo è giusto che sia così. 
Che noia diventerebbe la nostra quotidiana convivenza se la pensassimo sempre alla medesima maniera!
Grazie per l’attenzione… dalla coppia di neo-coniugi:


         

martedì 6 agosto 2019

La follia Mazzarino, Michel Bussi





Michel Bussi è diventato, negli ultimi anni, uno dei giallisti più amati dal pubblico italiano. Quest'ultimo libro, in realtà, è la riedizione di uno dei suoi primi romanzi, uscito un decennio fa e passato quasi del tutto inosservato, molto prima che l’autore francese raggiungesse il successo internazionale. Si tratta, sicuramente, di una trovata a carattere commerciale… ma che ha una sua logica e un suo perché all’interno del percorso editoriale dello scrittore e che, pertanto, giustifica appieno la riproposizione del testo “rielaborato” nei confronti di un pubblico che ha imparato ad apprezzare il suo talento.

Colin Remy ad appena sei anni subisce la perdita di entrambi i genitori: il padre suicida in seguito ad uno scandalo edilizio; la madre in un tragico incidente stradale. Allevato dagli zii, Colin matura col tempo la convinzione che il padre sia ancora vivo.
Alla vigilia dei sedici anni, con la scusa di frequentare un corso di vela, il ragazzo sceglie di tornare sull’isola di Mornesey sulle tracce della propria infanzia perduta e del genitore scomparso. Scoprirà ben presto che il padre archeologo non si occupava soltanto di scavi e restauri presso l’antica abbazia, ma era alla ricerca di un leggendario tesoro conosciuto come la Follia Mazzarino. Un tesoro che, a distanza di anni, continua a far gola a parecchia gente…

Anche stavolta Michel Bussi elabora i suoi intrighi e le sue brillanti invenzioni narrative, disegnando una trama avvincente e aggrovigliata in cui abbondano – come di consueto - le false piste. Come un ottimo prestigiatore spinge il lettore a guardare da una parte, distogliendolo dalla realtà delle cose, per poi sfilargli la soluzione da sotto il naso.
In La follia Mazzarino ritroviamo alcuni dei temi cari allo scrittore d’oltralpe: la ricerca della propria identità, i problemi dell’adolescenza, l’arte della manipolazione, l’ambientazione in un'isola lontana dal resto del mondo.
Si tratta di un romanzo di formazione, gravido di episodi storici, in cui hanno un’importanza notevole il confronto tra le generazioni e l’assunzione delle proprie responsabilità morali.
Non sarà il miglior Bussi di sempre e, a tratti, si percepiscono l’incertezza e la meccanicità che caratterizzano talvolta alcune opere prime. Al di là di tutto, il libro è scorrevole ed avvincente e rappresenta la scelta ideale per chi cercasse qualcosa da leggere sotto l’ombrellone in questa estate più torrida che mai.


Consigliato a: coloro che amano i libri intricati e pieni di colpi di scena e a tutti gli estimatori del giallo classico, di cui Bussi è uno dei pochi indefessi continuatori.


Voto: 6,5/10