venerdì 29 maggio 2020

Cercando Alaska, John Green


Stavolta, per le nostre letture di coppia, abbiamo scelto un'opera di genere insolito (soprattutto per Gio!)
Partiamo dall'antefatto: qualche anno fa, quel pollastro di Gio acquistò Cercando Alaska pensando che si trattasse di un romanzo di avventura (?) ambientato in mezzo ai ghiacci perenni (??). Ovviamente, appena scoperto che il libro non c'entrava un fico secco con tutto ciò, lo accantonò su uno scaffale nascosto della libreria e lo lasciò lì, per lungo tempo, a prendere polvere... 

...fino a quando...

Mely gli ha proposto di leggerlo in tandem. Ecco spiegato il perché, nel mese di maggio, la nostra scelta della lettura condivisa sia ricaduta su un Young Adult: genere bazzicato da Mely ma che Gio ha sempre sdegnato. 
Ma partiamo dalla trama... 

Miles è un ragazzo di sedici anni, introverso e solitario, che se ne va da casa per frequentare una scuola preparatoria in Alabama. Qui fa immediatamente conoscenza con Chip - soprannominato Il Colonnello - studente povero in canna ma vincitore di una borsa di studio, e con Alaska Young, una ragazza brillante, seducente e avventurosa per cui tanti hanno perso la testa. Le loro giornate si susseguono tra noiose lezioni, sigarette fumate di nascosto e l'ideazione di scherzi assurdi e brillanti. Il destino, però, ha in serbo un'amara sorpresa che sconvolgerà la vita di Miles, segnandolo nel profondo e costringendolo a farsi domande profonde sulla esistenza.

Mely:
Mi è piaciuto. L'ho trovato molto scorrevole e fedele ai temi di John Green (di cui avevo letto Colpa delle stelle, Il teorema Catherine e Will ti presento Will). Ho apprezzato maggiormente la prima parte, in cui vengono presentati i vari personaggi e i legami tra loro: l'impostazione dei capitoli con il conto alla rovescia, in particolare, riesce a creare nel lettore la giusta tensione. La seconda parte, invece, mi è sembrata più lenta e e ripetitiva.
Nel complesso, si è trattato di una buona lettura e mi è venuto voglia di leggere Città di carta, il libro di Green che manca all'appello.
Voto: 7/10

Gio:
Probabilmente, se avessi una quarantina d'anni di meno avrei apprezzato di più. Ho trovato i personaggi un po' artefatti e il loro comportamento non molto credibile: i protagonisti, più che ragazzi reali, mi paiono degli stereotipi dell'età adolescenziale con una psicologia piuttosto elementare, sviluppata al livello minimo di una fiction tv. Il libro è senz'altro scorrevole... ma è simile ad acqua fresca che scivola addosso senza lasciare niente; pare uno dei classici film per ragazzini ambientato in un college, con emozioni primarie e comportamenti abbastanza prevedibili.
Concordo con Mely sul fatto che la prima parte funzioni meglio della seconda, piuttosto insulsa, noiosa e pseudo-filosofica. Sufficienza risicata... però ammetto che non è un tipo di lettura che rientra nelle mie corde.
Voto: 6/10

Ed anche questa volta non siamo molto d'accordo... ma che volete farci? Ognuno ragiona a modo suo e trovare letture apprezzabili allo stesso modo da entrambi non è per niente semplice.
Grazie per l'attenzione... e arrivederci alla prossima Avventura di Coppia. 



mercoledì 27 maggio 2020

La promessa, Robert Crais

 

Trovo davvero strano che un autore come Robert Crais - che negli Stati Uniti è considerato uno dei migliori esponenti del thriller contemporaneo - da noi non ottenga il medesimo successo. E pensare che qualche anno fa The Mystery Writers of America l'ha addirittura premiato con la massima onorificenza, inserendolo nel gotha del genere in compagnia di altri grandi come James Lee Burke, Sue Grafton, Stephen King ed Elmore Leonard! Probabilmente, un po' di colpa è da attribuire agli editori italiani: la pubblicazione dei libri di Crais, infatti, è sempre stata abbastanza disordinata, con romanzi pubblicati a distanza di anni dall'uscita USA, ad opera di due diversi editori, e con alcuni volumi - i primi della serie Cole/Pyke - che sono, ahimè, rintracciabili esclusivamente nella vetusta edizione del Giallo Mondadori.     

Questa volta Elvis Cole e Joe Pike incontrano i protagonisti del precedente romanzo di Crais, Il sospetto: l'agente del LAPD Scott James e il suo pastore tedesco Maggie.
Elvis Cole viene assunto per rintracciare una donna scomparsa. Si tratta di un caso normale solo in apparenza: il detective si renderà presto conto che colei che sta cercando è, nella realtà, un'esperta di esplosivi che ha lavorato per un appaltatore del Dipartimento della Difesa. 
Nel frattempo, Scott James e Maggie inseguono un fuggitivo fino ad una casa che, alla prova dei fatti, si rivelerà piena di pericolosi ordigni e con un cadavere in bella vista. 
Mentre le due indagini finiscono a poco a poco con l'intrecciarsi, Cole e i suoi amici si troveranno a lottare contro una masnada di trafficanti di armi, di funzionari corrotti e, abbastanza incredibilmente, perfino contro la stessa donna che hanno promesso di salvare.

Per Cole & Pyke nessuna indagine è mai troppo semplice: non si ricorda un loro caso in cui tutto sia filato liscio come l'olio. In questo ultimo libro, però, tutto sembra essere più complicato del solito: la trama è piuttosto elaborata, piena di eventi e con calibrati colpi di scena.
La promessa è un libro adrenalinico e ricco di suspense, con personaggi disegnati magistralmente. La lettura è veloce, grazie al susseguirsi di capitoli brevi in cui avviene costantemente un cambio di prospettiva. Forse la scelta di passare dalla narrazione in prima persona (Elvis Cole) a quella in terza persona (per tutti gli altri) non è azzeccatissima: ogni tanto fa calare un po' la tensione... ma si tratta di una scelta che mi sento di rispettare.   
Quando si è al cospetto di Robert Crais, non ci si limita a “leggere” un romanzo, ma lo si osserva come se si assistesse alla più riuscita fiction televisiva: questo è dovuto, probabilmente, al passato di sceneggiatore dell'autore che ha collaborato a serie di successo quali Quincy, Hill Street giorno e notte e Miami Vice e che possiede la capacità di scrivere con uno stile diretto, incisivo e privo di retorica.
Che dire d'altro? Se non conoscete Crais... andate subito a recuperare i suoi libri. A mio parere, il vecchio Robert è forse l'unico degno erede dei grandi autori dell'hard-boiled classico: i Chandler, gli Hammett e i Ross MacDonald. 


Consigliato a: coloro che amano l'hard boiled, i detective indipendenti e le indagine serrate e a chiunque apprezzi i romanzi pieni di suspense e adrenalina... quei libri che non riesci a posare fino a quando non sei giunto all'ultima pagina.


Voto: 7,5/10





domenica 24 maggio 2020

Cuore di tenebra, Joseph Conrad



In questo periodo, come avrete sicuramente notato, sto recuperando un sacco di libri che ogni amante della letteratura dovrebbe leggere a prescindere. Cuore di tenebra di Conrad, sicuramente, fa parte di questo gruppo: un classico che è certamente tra i più citati al mondo ed a cui sono stati tributati decine di omaggi da parte di ogni genere di media (film, brani musicali e persino trasposizioni televisive).
Parto subito da una costatazione (del tutto personale):
1) Si tratta, indubbiamente, di un grande romanzo (seppur piccolo come numero di pagine);
2) Purtroppo, non è invecchiato benissimo: la scrittura, a volte, è un poco pesante e di tanto in tanto si corre il rischio di perdere il filo del discorso.  
Ma andiamo con ordine, partendo dalla trama...

Tempo presente: A bordo dello yacht Nellie, cinque uomini attendono il vento favorevole per poter prendere il largo. Uno di loro, Charles Marlow, decide di raccontare agli altri membri dell'equipaggio la storia del suo viaggio lungo il fiume Congo, al centro dell'Africa. 
Tempo passato: Assunto da una Compagnia commerciale belga che commercia in avorio, Marlow rimane colpito sin da subito dal paesaggio dell’Africa coloniale, selvaggio e allo stesso tempo oggetto di devastazione. Giunto presso il campo base della Compagnia, si accorge dell'impietoso sfruttamento dei bianchi sulla popolazione di colore, ridotta in schiavitù. In particolare, diventa vittima di una vera e propria ossessione nei confronti del commerciante di avorio Kurtz, che è stato letteralmente divinizzato dagli indigeni, soggiogati dal suo aspetto e dalla sua feroce determinazione. 

Partiamo da un'inevitabile premessa: Cuore di tenebra non è sicuramente un libro facile da leggere. Cupo, duro ed angosciante, ci racconta un viaggio indimenticabile in mezzo a territori oscuri e misteriosi, in cui emerge inesorabilmente la brutalità del colonialismo europeo nel cuore dell’Africa nera.
Il significato di fondo pare evidente: quando all'uomo viene concessa la libertà di fare tutto ciò che vuole, senza nessuna regola, diventa l'essere più malvagio e spietato sulla faccia della terra. 
Nonostante la lettura risulti poco scorrevole, con frequenti salti temporali che sottraggono dinamicità alla trama, la narrazione ha un impatto quasi magnetico sulla mente del lettore, che si vede risucchiato all'interno di un altrove ultraterreno dove dominano la violenza  e la sopraffazione. 
Lo stile dell'autore non è, almeno per quanto mi riguarda, particolarmente coinvolgente: in alcune parti è stato arduo tenere desta l’attenzione.
I personaggi non sono particolarmente sviluppati; forse il solo narratore Charles Marlow si eleva sugli altri per consistenza e caratterizzazione. Lo stesso Kurtz non possiede una propria definita individualità, forse per il fatto di esistere - essenzialmente - nelle descrizioni che gli altri comprimari fanno di lui.
Probabilmente il difetto congenito dell'opera è quella di riuscire a toccare più la mente che il cuore del pubblico a cui è destinata; al di là di tutto rimane una pietra miliare nella letteratura a cavallo tra Otto e Novecento ed un classico imprescindibile per chiunque.


Consigliato a: chi vuol (ri)scoprire un libro sintomatico di un'epoca, dal respiro a tratti ansiogeno e brutale, che rientra a pieno diritto tra le opere più importanti della letteratura del Novecento.


Voto: 7/10



giovedì 21 maggio 2020

La palude dei fuochi erranti, Eraldo Baldini



Eraldo Baldini è considerato l'inventore del gotico-rurale, una definizione che rimanda al titolo di un suo libro di racconti pubblicato qualche anno fa (nel 2000 per essere precisi). 
Con La palude dei fuochi erranti, lo scrittore emiliano ci restituisce lo spirito di un'epoca, facendo ricorso ad una narrazione storicamente fondata che fa pensare, in certi punti, a Il nome della rosa di Eco ed ai romanzi di Evangelisti sull'inquisitore Eymerich.

Siamo a Lancimago, piccolo paesino della Pianura Padana, nell'anno del Signore 1630. La peste, col suo corollario di morte e distruzione, sta divampando nelle zone circostanti. I frati della locale abbazia benedettina decidono pertanto di scavare una fossa comune in cui andranno seppellite le vittime del contagio. Sotto la terra dura e antica, però, vengono rinvenuti i resti di decine di persone, con gli arti e i crani fracassati. 
Monsignor Diotallevi, il commissario apostolico che ha l'incarico di allestire le protezioni sanitarie per combattere il contagio, si troverà a gestire un situazione parecchio difficile. Nelle paludi e nei boschi circostanti, infatti, cominceranno a verificarsi fatti inspiegabili: fuochi che paiono errare nell'aria, animali svaniti nel nulla e presunti untori che vagano nei dintorni. 
Sarà davvero tutta opera del demonio? 

Baldini scava nel passato di una Romagna scura, nebbiosa e vincolata ad una religiosità malsana e crudele. Così come in La chimera di Vassalli - romanzo ambientato una ventina di anni prima - la paura dell'ignoto è la chiave di volta dell'intero racconto, che si sviluppa in un contesto drammatico in cui ha luogo l'eterna battaglia tra il bene e il male, tra la religiosità e la superstizione. Diotallevi, unico personaggio davvero raziocinante, rappresenta il punto di rottura; porta dentro di sé la forza di rifuggire dalle stupide credenze popolari per dare una risposta agli enigmi che funestano la piccola comunità rurale. 
Non tutte le ciambelle, purtroppo, riescono col buco. La narrazione, seppur suggestiva, risulta a tratti un po' lenta; alcuni excursus storici paiono messi lì a mo' di riempitivo ed il finale pare "tirato via", con una conclusione troppo rapida (che si svolge nell'arco di appena due pagine). 
Rispetto alla Trilogia del Novecento, la scrittura di Baldini appare meno convincente; ma su questo, probabilmente, ha inciso la necessità di ridare vita al linguaggio secentesco con l'esigenza di renderlo in qualche modo attuale: risultato che, purtroppo, non ha dato i frutti sperati. 


Consigliato a: tutti gli amanti del romanzo gotico ed a chiunque apprezzi le vicende supportate da una fondata ricostruzione storico/antropologica. 


Voto: 6/10 


Gio     

martedì 19 maggio 2020

Sputerò sulle vostre tombe, Boris Vian



A metà degli anni quaranta i romanzi hard-boiled provenienti da oltre oceano, col loro carico di sesso e violenza, andavano per la maggiore in Francia.
Fu proprio allora che Boris Vian decise di cimentarsi in questo genere letterario e, dietro lo pseudonimo di Vernon Sullivan, pubblicò Sputerò sulle vostre tombe: un libro di straordinario successo (diventerà il best-seller del 1947, con 120.000 copie vendute in due anni), ma che verrà condannato per "offesa alla pubblica morale", segnando per sempre la sua carriera di scrittore.

Lee Anderson, il protagonista, è un uomo che - nonostante la pelle bianca e i capelli biondi - non può cancellare la propria origine: è infatti figlio di una donna mulatta. A seguito della morte del fratello - un ragazzo dalla pelle scura che è stato linciato perché innamorato di una bianca - abbandona la città e, dopo aver trovato occupazione come libraio, entra a far parte di una piccola cricca di giovani dediti al consumo di alcool e al sesso promiscuo. Il suo obiettivo è vendicare la morte del fratello facendo perdere completamente la testa alle splendide e in apparenza inavvicinabili sorelle Asquith... 

La trama è cruda, violenta e deliberatamente provocatoria; Vian utilizza degli stereotipi tipicamente americani - che probabilmente faranno persino sorridere i disincantati lettori di oggi - per raccontare la realtà della segregazione razziale e per individuare il vero punto di rottura: ovvero il limite fino a cui degli esseri in apparenza civili possano arrivare a spingersi.
Ci troviamo così a riscoprire l'epoca dei "belli e dannati” alla James Dean, amanti della velocità, del sesso facile, degli eccessi alcolici e della violenza senza limite. 
I propositi di vendetta di Lee costituiscono la trave portante del racconto, rappresentando fino in fondo tutta la prevedibilità dal male.
Alla fine, ad emergere sarà soprattutto la condanna di ogni sorta di razzismo, bianco o nero che sia (forse è proprio per questo che Vian ci invita a "sputare" piuttosto che a "danzare" sulle loro tombe).
Sputerò sulle vostre tombe è un'opera un po' datata - sia come trama sia come tessuto narrativo - che al giorno d'oggi può apparire addirittura ingenua. Sicuramente non eccelsa a livello letterario - il Vian di La schiuma dei giorni è ben altra cosa! - ha comunque il merito di non lasciare indifferente il lettore, creando disagio e annichilendo per gli eccessi di violenza.


Consigliato a: chi vuole riscoprire un Vian "sotto mentite spoglie" e a chi non ha paura di lasciarsi catturare da storie torbide, eccessive e violente.


Voto: 6,5/10



domenica 17 maggio 2020

Niente lieto fine, Paco Ignacio Taibo II


Si narra che quando Taibo decise di far morire Héctor Belascoarán Shayne, il protagonista dei suoi romanzi, i muri di Città del Messico si riempirono di scritte del tipo "Belascoarán, per favore ritorna!"
I libri incentrati su questo originale personaggio – un assoluto antieroe, guercio e sfigato, che dopo aver abbandonato un lavoro sicuro ha scelto la strada delle investigazioni private - non sono esclusivamente dei comuni polizieschi, ma hanno il merito di riuscire a descrivere molto bene la società messicana: un paese in cui proliferano la precarietà e la diffusa corruzione, ma anche l’umorismo e la voglia di vivere di un popolo.

Torniamo per un attimo alla figura del protagonista. Figlio di un basco e di una irlandese (da qui il deriva il doppio cognome), Héctor condivide l'ufficio con un tappezziere, un idraulico e un ingegnere fognario; ha un fratello schierato a sinistra, una sorella divorziata ed una strana fidanzata con la coda di cavallo.
Stavolta, il nostro amico rinviene nel bagno dell'ufficio il cadavere di un uomo travestito da antico romano, con tanto di elmo ed armatura. Qualche tempo dopo, riceve una busta contenente la fotografia di un altro cadavere ed un invito a non immischiarsi, corredato da un biglietto aereo per New York. Belascoarán, ovviamente, farà l'esatto contrario: si tufferà anima e corpo in un'indagine assai complessa, che si trasformerà a poco a poco in una sorta di incubo ad occhi aperti. 

Le opere di Taibo non ricorrono alla suspense tipica dei romanzi anglo-americani (fatta eccezione per la violenza di alcune situazioni, che a volte lo avvicinano ai romanzi neri di matrice yankee); il loro sviluppo, in realtà, è strettamente connesso alla realtà messicana degli anni Settanta/Ottanta. È la figura del detective - e non la polizia - a dominare la scena e la serie di crimini che ci vengono raccontati mostrano lo scarso valore attribuito alla vita umana in Messico: una nazione in cui le persone sopravvivono grazie a piccoli lavori precari ed in cui la famiglia rappresenta l'unica "confort zone" in cui si può trovare un minimo di appoggio e di consolazione.
La trama coniuga molto bene suspense e comicità, attraverso un crescendo narrativo che cattura il lettore sin dalle prime pagine. Miscelando tocchi di humour raffinato al folklore messicano, Taibo riesce a raccontare il dramma di una nazione funestata da un'intollerabile violenza urbana quotidiana; una brutalità strettamente connessa agli intrighi di quel potere - laido, corrotto e irriverente - che domina la realtà politica nazionale. 

P.S. Purtroppo la casa editrice Marco Tropea, che ha pubblicato la serie imperniata su Héctor Belascoarán Shayne, è fallita nel 2014. Attendiamo con trepidazione che qualcuno rilevi i diritti delle opere e le ripubblichi (possibilmente in ordine cronologico). Nell'attesa... armatevi di santa pazienza e setacciate i mercatini dell'usato! 


Consigliato a: coloro che credono che la letteratura poliziesca non sia solo un gioco fine a se stesso, ma uno strumento per raccontare i mali della società contemporanea, ed a chiunque voglia fare la conoscenza di un private-eye indimenticabile, degno erede degli eroi di Chandler, Hammett e Ross Mac Donald.


Voto: 7,5/10 


sabato 16 maggio 2020

Men and cartoons, Jonathan Lethem


Cominciamo col dire che Men and Cartoons di Jonathan Lethem è un libro pieno di umorismo e ironia ma, al tempo stesso, una lettura intrisa di un'arguzia particolare, così sottile e penetrante da risultare quasi dolorosa. 
Si tratta di un'originale collezione di racconti sperimentali - in numero di otto per essere precisi - in cui ci ritroviamo alle prese con personaggi stravaganti, bislacchi elementi fantascientifici e un tema ricorrente strettamente connesso ai supereroi dei fumetti.

Queste "short stories", ambientate nella quotidianità statunitense, propongono di continuo evoluzioni impreviste, effetti paradossali o situazioni grottesche, ricoprendo di una patina surreale le vicende di fondo: storie profondamente umane che raccontano l'amicizia, la solitudine e la nostalgia delle persone.
Sia che si parli di identità segrete da supereroi, di spray miracolosi che fanno apparire le immagini degli oggetti scomparsi o di pecore con tendenze suicide, Lethem dimostra un'ottima propensione per la letteratura fantastica; parallelamente, rivela doti non indifferenti di narratore quando si dedica ad esaminare la psicologia dell'individuo.

I racconti brevi che compongono il volumetto, talvolta, danno l'idea di risultare più scombinati che surreali; sono comunque caratterizzati da una malinconia di fondo che li pervade ineluttabilmente.
La raccolta - com'è inevitabile che sia - non è molto omogenea e arriva a spaziare con agilità tra temi diversi, insinuandosi negli interstizi tra i generi. Alcune storie, ovviamente, sono più soddisfacenti di altre: quella sulla magica bomboletta spray, quella sul Distopista e quella sull'uomo-capretto sono piuttosto ben riuscite; altre, invece, non raggiungono pienamente il loro intento. 
Al di là di ogni altra considerazione, dello scrittore di Brooklyn vanno lodate fino in fondo l'eccellente scrittura e la capacità di costruire storie originali e pungenti.


Consigliato a: coloro che amano i racconti brevi intrisi di malinconica ironia e di elementi surreali e a chiunque apprezzi l'evoluzione della letteratura americana contemporanea.


Voto: 7/10  


giovedì 14 maggio 2020

Mala suerte, Juan Aparicio-Belmonte


gran vía è una piccola ma combattiva casa editrice milanese che si è dedicata, sin dalle origini, all'importazione delle opere più meritevoli ed originali della narrativa spagnola contemporanea.
Con Mala suerte, opera prima di Juan Aparicio-Belmonte, ci presenta un noir ricco di inventiva che fuoriesce dagli schemi classici della letteratura di genere giungendo a toccare territori inesplorati.

Chi ha ucciso il celebre attore Fabio Cotta e la sua amante, massacrati in uno scannatoio a colpi di lampada?
Prima di arrivare a rispondere al quesito, faremo la conoscenza di una serie di personaggi piuttosto sopra le righe: un avvocato logorroico e cocainomane che si ritiene perseguitato dalla mala sorte; un tecnico delle luci ed ex legionario che segue una propria stramba visione della lotta di classe; una seducente poliziotta fidanzata con un giovane scrittore minidotato che non le presta la dovuta attenzione; un tizio che vaga per la capitale spagnola con due paia di mutande in testa...

"Un autentico sabotatore del noir" ha scritto la rivista El Mundo. Come darle torto? Aparicio-Belmonte, pur rispettando i tratti distintivi del poliziesco, va molto al di là del genere grazie allo stile ed alla trama per niente convenzionali.
Facendo ricorso ad ampie dosi di humour, ci regala una storia piuttosto articolata, con parecchi inaspettati colpi di scena ed una serie di personaggi ben disegnati.
Il crimine - trattandosi di un noir - è ovviamente al centro della narrazione; in questo caso, però, perde subito la sua indole misteriosa: il lettore sin dall'inizio conosce il nome dell'assassino e le motivazioni che lo hanno spinto a commettere il misfatto
La scrittura è secca, rapida e brillante; il plot possiede la giusta dose di follia per risultare irresistibile e suadente. L'unico difetto, probabilmente, sta nell'eccessiva enfatizzazione delle caratteristiche psicologiche dei protagonisti: di tanto in tanto, alcuni di loro risultano davvero insopportabili.
Trattandosi di un'opera prima, però, non mi sento di biasimare troppo il povero Aparicio-Belmonte. Credo che la lettura del seguito - intitolato Il delirante circolo degli uccelli ubriachi - mi aiuterà a chiarire i dubbi residui sull'autore e sulla sua originalissima capacità di inventare storie.


Consigliato a: coloro che cercano un noir diverso dal solito, scoppiettante e pazzerello, ed a chiunque voglia farsi un'idea dei nuovi orizzonti della letteratura spagnola contemporanea. 


Voto: 7/10


martedì 12 maggio 2020

Vite scritte, Javier Marias


Per le nostre recensioni di coppia, questa volta abbiamo scelto un libro molto particolare: Vite scritte di Javier Marías.
Credo che ognuno di voi conosca - almeno di nome - l'autore. Si tratta probabilmente di uno dei migliori romanzieri degli ultimi decenni, più volte accostato al Nobel; questa volta, però, lo scrittore madrileno si è dedicato a qualcosa di completamente diverso dalle notevoli storie di finzione a cui è abituato il suo pubblico. 
Marías, in quest'opera, ha semplicemente raccontato la vita di altri scrittori; non ha però focalizzato l'attenzione sulle loro opere letterarie, come spesso accade, ma sulle loro esistenze terrene, troppo spesso ignorate. Si è concentrato sulle passioni e sugli odi, sulle grandezze e sulle miserie che contraddistinguevano questi autori prodigiosi, cercando di renderli sotto forma di personaggi da romanzo, al di là della fama o dell'oblio.
Ci ha restituito una straordinaria galleria contenente alcuni dei più importanti narratori dell'Otto-Novecento, selezionandoli in base a un criterio molto particolare: gli uomini e le donne di cui parla sono tutti morti e nessuno di loro ha origini spagnole.
Alla raccolta iniziale - composta da venti scrittori - Marías ha successivamente aggiunto il profilo di sei “Donne fuggitive” e, per concludere, una gustosa rassegna di ritratti (corredati da una azzeccata galleria fotografica).
Da Faulkner che scriveva per comprare cavalli a un'inedita versione di Conrad sulla terraferma, da Karen Blixen che seduceva giovani poeti a Tomasi di Lampedusa quasi caricaturale nella sua ossessione per il fumo, la lettura di questo volume riesce a farci osservare da vicino alcuni degli scrittori che hanno fatto la storia della letteratura mondiale.

Mely: 
Mi è piaciuto molto perché non si limita ad affrontare autori celebri, ma indirizza l'attenzione anche su altri meno conosciuti (be'... almeno per quanto mi riguarda) e lo fa raccontandoli tramite eventi particolari delle loro vite e non con la solita trita e ritrita ricostruzione biografica che troviamo negli altri libri. Ho apprezzato molto il tono ironico e l'arricchimento fotografico; tuttavia, qualche inciso in meno sarebbe stato gradito: a volte mi capitava di perdere il filo della frase. 
Voto: 7/10

Gio:
Anch'io ho apprezzato molto la scelta di Marías di raccontare gli uomini e le donne che vivono dietro alle opere immortali: una serie di esistenze talmente straordinarie, raccontate con abbondanza di aneddoti e rivelazioni, che risultano autentiche e al tempo stesso profondamente letterarie.
Purtroppo, non tutte le biografie destano il medesimo interesse: mentre alcune sono estremamente godibili e divertenti, altre sono piuttosto noiosette e meno meritevoli di attenzione.
Al di là di tutto, la scrittura dell'autore spagnolo è sempre notevole ed incisiva e riesce a farci penetrare - con garbo ed ironia - all'interno di esistenze di cui, molto spesso, ignoravamo i risvolti umani e sociali.
Voto: 6,5/10

Questa volta siamo abbastanza d'accordo sul giudizio conclusivo: per entrambi Vite scritte è un buon libro, però - anche se per motivi diversi - non ci ha soddisfatto al 100%.
Un saluto a tutti... nell'attesa di una nuova avventura di coppia.



domenica 10 maggio 2020

4321, Paul Auster



Non esistono dubbi: 4321 di Paul Auster è uno dei migliori esempi di prosa contemporanea in cui mi sia capitato di imbattermi nel mio percorso di lettore.
Il racconto delle quattro vite parallele di Archibald Isaac Ferguson rappresenta uno straordinario apologo su come le scelte personali e gli eventi fortuiti possano influire sul corso della nostra esistenza. Questo libro avvince e rimane dentro come pochi altri, tenendo incollata la platea dall'inizio alla fine senza un minimo cedimento: fatto davvero incredibile, se pensiamo che si tratta di un'opera che giunge a sfiorare le mille pagine.

Nato in New Jersey, nel 1947 (non a caso lo stesso anno di nascita dell'autore!), da una famiglia ebraico-russa Archie Ferguson è un ragazzo qualunque che si affaccia sulla soglia della pubertà con il suo bagaglio di interessi, di passioni, di affetti famigliari.
Dopo un capitolo introduttivo, dove ci viene raccontata per sommi capi la storia della famiglia e della sua nascita, la narrazione si fa letteralmente in quattro: comincia a seguire il protagonista lungo quattro possibili sviluppi della sua vita, ognuno legato all'avverarsi o meno di diverse possibilità. Perché tutto può cambiare da un momento all'altro se lo zio vincerà o meno alle scommesse, se Archie eviterà la rottura di una gamba e potrà cominciare la sua carriera di giocatore di baseball, se il padre proseguirà o meno a lavorare con i fratelli... 

Auster padroneggia la materia narrativa con assoluta maestria, miscelando il classico romanzo di formazione con una precisa ricostruzione del clima storico/politico degli U.S.A. nel corso degli anni Sessanta: l'assassinio di JFK, la guerra del Vietnam e la rivolta studentesca non rappresentano un semplice fondale su cui si sviluppa il racconto ma arrivano ad influenzare pesantemente le scelte dei protagonisti.
All'interno della trama, sono molto interessanti i riferimenti letterari e cinematografici, che vengono dispensati a piene mani (a tal proposito vi consiglio di munirvi di un taccuino per annotare tutto quanto!)
Conducendo la narrazione come un continuo "gioco di specchi", l'autore newyorkese ci racconta quattro vicende diverse - allo stesso tempo alternative e complementari - che ci fanno capire come l’identità di un individuo non sia mai qualcosa di granitico e definitivo; per ogni possibile "io" appaiono invece tante diverse sfaccettature ed ogni singola scelta ci mette davanti ad un arduo crocevia che implica una molteplicità di direzioni possibili.
Ma la vera abilità dello scrittore sta, soprattutto, nel rifiutare a priori una versione della storia giusta e una sbagliata: ognuna delle vite di Archie merita di essere seguita, osservata e valutata con le medesima attenzione delle altre tre.
4321 è un romanzo indimenticabile: coinvolgente e soddisfacente, vivido e straziante; un libro che ci rende partecipi fino in fondo di come legami famigliari e profonde amicizie, amori disillusi e immense passioni, piccoli successi e eterne sconfitte possano confluire in una narrazione grande come la vita.


Consigliato a: coloro che vogliono affrontare uno dei migliori romanzi americani dell'ultimo decennio ed a chiunque non abbia paura di farsi sorprendere dalla gamma degli eventi possibili condizionati dalle scelte individuali. 


Voto: 8,5/10

venerdì 8 maggio 2020

Il blues del rapinatore, Flemming Jensen



Flemming Jensen è una sorta di Giorgio Faletti danese: un attore comico molto popolare nel suo paese, dotato di un'ottima verve umoristica, che a un certo punto della carriera si è tuffato nel variegato mondo della letteratura poliziesca. 
Con questo primo romanzo, edito in Italia da Iperborea (c'era bisogno di dirlo?), Jensen ci regala una trama poliziesca decisamente fuori dal comune, bizzarra e particolare quanto basta. 

Il narratore è un ex studente di economia divenuto rapinatore di banche. Il malvivente ci rivela le gesta dell'amico/conoscente Max, spin-doctor dell'arrogante e insulso Primo Ministro Danese di cui è stato, per lunghi anni, l' "uomo nell'ombra": ossia colui che è destinato a togliere le castagne dal fuoco ai politici grazie a stratagemmi che, molto spesso, superano i confini di ciò che è lecito. 
Un giorno, però, dopo essere stato licenziato dal Primo ministro, Max perde completamente la testa e finisce con l'uccidere il suo superiore. Da lì a poco sopraggiungerà la giovane e apparentemente ingenua capo-scout Signe, con cui l'assassino comincerà un lungo ed interessante dibattito.

Il blues del rapinatore è un giallo dal ritmo serrato, pieno di ironia, che si fa beffe dei giochi di potere, arrivando a svelarne con intelligenza i meccanismi più sordidi e corrotti.
La struttura del racconto è molto particolare: ad un lungo incipit (ben 9 capitoli!), fa seguito una seconda parte in cui l'autore descrive il confronto tra i due personaggi principali, per concludere infine con un rapido e risolutivo climax. La situazione si sviluppa in crescendo, con un abile rimescolamento di carte, e solo al termine del libro il lettore giungerà alla inaspettata e sorprendente soluzione.
Lo stile è frizzante e pieno di brio; la narrazione è venata di quell'umorismo tipicamente "british" che riesce a trattare in maniera leggera temi spinosi come la morte e l'omicidio. Il romanzo, passo dopo passo, arriva addirittura ad affrontare domande non banali che riguardano l'umana esistenza: il chiedersi se il male sia sempre e comunque un evento terribile è, sicuramente, uno strappo non irrilevante all'interno della letteratura gialla tout-court!


Consigliato a: chi desidera conoscere un nuovo e originale autore che arriva dal Nord e a chiunque ami i polizieschi "destrutturati", ricchi di humour ed inventiva.


Voto: 7/10







giovedì 7 maggio 2020

Il taccuino del lettore compulsivo, Carlotta Fiore



Oggi vi parleremo di un taccuino.
Sì, perché ovviamente ogni lettore che si rispetti sente spesso la necessità di avere a disposizione un supporto cartaceo su cui riepilogare i libri fruiti nel corso del tempo, per cercare di tenere viva la memoria delle opere lette e per esprimere un giudizio legato alle stesse.
Cari amici, voi ci conoscete da tanti anni: siamo due "divoratori seriali" di libri, tossici all'ultimo stadio da cellulosa, fagocitatori di romanzi e simili. Quindi, in base alla nostra esperienza, siamo sicuri che questo interessantissimo prodotto editoriale susciterà fino in fondo la vostra curiosità.

Possiamo idealmente considerare "Il taccuino" ideato da Carlotta Fiore - un'ex libraia che, un po' come noi, è anche una fenomenale "lettrice compulsiva" - da un duplice punto di vista: 
- come Agenda su cui annotare
- come Fonte di consigli di lettura

Taccuino come agenda:
All'interno del libro sono contenute delle schede di lettura (circa un centinaio) su cui ogni lettore può annotare, in ordine cronologico:
- titolo, autore e casa editrice
- genere e anno di pubblicazione
- data di inizio e di fine lettura
- impressioni sul libro
- una frase da ricordare
Tanti dati essenziali che, riletti a distanza di tempo, sono utilissimi a farci rivivere le emozioni e le sensazioni che abbiamo provato affrontando una certa esperienza letteraria. 



Taccuino come ispirazione per nuove letture:
Esiste anche una seconda funzione... originale, vero? L'autrice non si è limitata, infatti, a fornirci un insieme di schede da compilare, ma ha fatto qualcosa di più: quello che costituisce la vera particolarità di quest'ottimo prodotto. 
Carlotta Fiore ha voluto riunire nel testo un certo numero di romanzi e raccolte di racconti che lei stessa ha amato e consigliato durante gli anni da libraia. Si tratta di un centinaio di titoli che rappresentano un irresistibile stimolo per chiunque si troverà a sfogliare questo sapido ed appetitoso taccuino. 
Ci è parsa molto interessante, in particolare, la suddivisione per categorie: abbiamo così libri tutti da ridere accanto ad altri da leggere a piccole dosi prima di dormire; testi da leggere sull'autobus o in sala d'attesa, altri dal titolo sfizioso... e molto altro ancora. 

Ed ora, come sempre... vi forniamo il nostro personalissimo giudizio:

Mely:
Mi è piaciuto molto, anche perché da sempre ho un debole per taccuini, reading-journal e simili. Avrei preferito che le schede fossero riunite assieme - e non suddivise per gruppi - e avrei gradito la presenza di un campo aggiuntivo per segnare anche il numero di pagine del libro, oltre ad un indice riepilogativo per le schede compilate.   
Al di là di tutto, ho apprezzato moltissimo il tono ironico e brillante che supporta i vari consigli librari.

Gio: 
Sono troppo disordinato e pigro per dotarmi di un taccuino da riempire: partirei a spron battuto ma, nel giro di pochi giorni, diventerei vittima dell'incostanza e inizierei a scordare la compilazione di rito (mi conosco troppo bene). Però, leggendo il testo in coppia con Mely, ho gradito moltissimo gli utili consigli di Carlotta: diversi titoli li ho annotati e, come si suol dire, "messi in lista" in vista di prossime entusiasmanti letture.    

Speriamo di non avervi tediato troppo. Comunque, nel caso aveste il desiderio di dotarvi di un'agenda su cui riepilogare le vostre letture... crediamo proprio che Il taccuino del lettore compulsivo di Carlotta Fiore faccia proprio al caso vostro.
A presto.



martedì 5 maggio 2020

La chimera, Sebastiano Vassalli



Era da tempo immemore che volevo leggere La chimera di Sebastiano Vassalli, Premio Strega nel lontano 1990: un libro che racconta una vicenda di diversi secoli fa, ricostruita minuziosamente dall'autore; le vicissitudini di una ragazzina divenuta la vittima sacrificale di un'epoca terrificante e crudele. 

Ambientato in un piccolo borgo piemontese nei primi anni del Seicento, il romanzo ci svela la triste storia di Antonia Spagnolini: una trovatella cresciuta nella Pia Casa di Novara che viene di fatto adottata da una coppia di contadini - i Nidasio - e condotta nel villaggio di Zardino, un centro abitato oggi scomparso dalle carte geografiche. 
La ragazza si dimostra un poco "strana" agli occhi della gente: sia per la sua carnagione scura che la rende simile a una strega, sia per essersi fatta ritrarre come una Madonna in un'edicola votiva, sia per aver danzato a cielo aperto con degli invasori Lanzichenecchi, sia per essere svenuta di fronte al vescovo Bascapè, un prelato che ha abbracciato la stramba idea di trasformare in santo chiunque gli si presenti a tiro. Ma la maldicenza - come nella canzone di De André - "insiste, batte la lingua sul tamburo": e così nello sguardo della malcapitata Antonia - troppo bella, troppo anticonformista, troppo indipendente - le folle cominciano a scorgere un qualcosa di malsano, di diabolico, di pericoloso.

Si tratta di un romanzo storico-sociale che racconta fino in fondo la follia di un popolo sadico e malvagio, schiavo di un'irrefrenabile ignoranza. La ricostruzione storica è notevole e rende alla perfezione quella che era la vita vissuta nelle risaie del milleseicento.
La scrittura di Vassalli è piena, raffinata, corposa come un buon vino d'annata; i paesaggi sono descritti con grande cura e i personaggi vengono rappresentati in maniera dettagliata e convincente. L'unica pecca - a mio avviso - è rappresentata dalle eccessive digressioni, che di tanto in tanto ostacolano il fluire del racconto, spostando l’attenzione dalla trama principale - quella incentrata sulla vita di Antonia - ad avvenimenti di contorno che possono risultare più o meno interessanti.
Rivisitando il passato attraverso un rigoroso lavoro di ricerca, lo scrittore ligure (ma piemontese d'adozione) rimane ben lontano dal darne un'immagine idealizzata; la realtà di molti secoli fa diventa così lo strumento ideale per raccontare la società in cui viviamo e, probabilmente, quella che sarà la sua evoluzione negli anni a venire.


Consigliato a: coloro che vogliono (ri)scoprire un classico della letteratura italiana del Novecento ed a chiunque apprezzi i romanzi dall'accurata e meticolosa ricostruzione storica.


Voto: 7,5/10


sabato 2 maggio 2020

Le aquile di Sharpe, Bernard Cornwell




La saga di Richard Sharpe narra le vicende di un soldato semplice dell'esercito di Sua Maestà che riesce a farsi strada nei ranghi militari fino ad assumere la carica di ufficiale. Lo scenario è quello delle guerre napoleoniche, caratterizzate dal drammatico conflitto tra truppe inglesi e francesi, con il valoroso Sharpe - le cui vicende seguono da vicino quelle di Lord Arthur Wellesley, futuro Duca di Wellington - che si distingue nelle varie campagne (in Europa e in India) e nelle diverse battaglie a cui si trova a partecipare. 
Pur essendo l'ottavo libro della serie (per ciò che concerne l'ordine cronologico), Le aquile di Sharpe è stato il primo romanzo ad essere scritto dall'autore, nel lontano 1981.

Questa volta ritroviamo Sharpe nel corso della campagna di Portogallo e Spagna, nel luglio del 1809. 
Richard e la sua compagnia, ormai separati dal reggimento d'appartenenza, vengono incaricati di proteggere il capitano Hogan che ha l'arduo compito di sabotare il ponte di Valdelcasa. Insieme ad Hogan e Sharpe marciano un reggimento spagnolo ed un reggimento inglese - denominato "South Essex" - guidato dall'arrogante ed inetto tenente colonnello Sir Henry Simmerson.
Simmerson entrerà immediatamente in contrasto con Sharpe e, al fine di screditarlo, cercherà di scaricare su di lui le colpe della sconfitta e della perdita dello stendardo, chiedendone il trasferimento nelle Indie Occidentali. Al malcapitato Sharpe, da questo momento in avanti,  non resterà altra scelta che quella di cercare di strappare un' "aquila" (ovvero il corrispondente dello stendardo inglese) ad un reggimento francese, per poter affermare il suo valore e rendere onore al reggimento.

È un vero peccato che più della metà dei libri con Sharpe non sia stata tradotta: ad oggi, in Italia, sono reperibili solo dieci dei ventiquattro romanzi di cui è composta la serie.
Bernard Cornwell, infatti, ha l'invidiabile dono di riuscire a far apprezzare a chiunque la Storia - quella con la S maiuscola - trascinandola lontano dal limbo dei temibili ricordi scolastici e, attraverso una riuscita miscela con elementi romanzeschi, di trasformarla in avvincente ed intelligente letteratura d'evasione. 
Assistiamo, anche questa volta, ad una lunga avventura senza tregua, piena di azione, con la comparsa di nuovi meritevoli alleati ma anche di nuovi detestabili antagonisti. Le precise informazioni storiche sui problemi della guerra peninsulare, che sono accuratamente disseminate nel corso del romanzo, arricchiscono il valore dell'opera senza sminuire o rendere meno appassionante la trama.
Unico difetto: le vicende di Sharpe, libro dopo libro, cominciano a diventare un poco ripetitive, seguendo molto spesso un reiterato cliché (che implica un nemico - interno o esterno che sia - da sconfiggere, una storia d'amore con una donzella del luogo e una cruenta e sanguinosa battaglia finale). Ma siamo disposti a passarci sopra, visto l'entusiasmo trascinante con cui veniamo catapultati all'interno del racconto.


Consigliato a: coloro che amano i romanzi storici, capaci di fondere a meraviglia la finzione del racconto con un sontuoso ed accurato retroterra storico, ed a chiunque si lasci appassionare dal mai sopito culto degli eroi.


Voto: 7,5/10