giovedì 31 maggio 2018

La macchia umana, Philip Roth



Signore e signori leviamoci il cappello: siamo al cospetto di un'opera straordinaria, bellissima, potente. Insieme a Pastorale americana e Ho sposato un comunista costituisce una ideale trilogia in cui l'America viene esaminata, sminuzzata e ricostruita attraverso lo sguardo implacabile di Nathan Zuckerman, alter-ego dello stesso Roth. 

Questo romanzo racconta, prima di tutto, la storia di un fallimento: la rapida caduta di un professore di lettere classiche, costretto a dimettersi dall'insegnamento a causa di un'accusa di razzismo. 
Il protagonista, Coleman Silk, è un uomo che nasconde un segreto da oltre cinquant'anni: un segreto incredibile, che è riuscito a tenere celato a moglie e figli. Basta però una singola parola mal interpretata per far scatenare, nei suoi confronti, l’uragano del perbenismo imperante.

Tanta carne al fuoco: gli argomenti affrontati sono numerosi ed estremamente complessi. Il razzismo e l’ipocrisia, il sesso e la menzogna, il senso della sconfitta ed il puritanesimo americano sono ingredienti che, miscelati dalla meravigliosa scrittura dell’autore, si fondono armoniosamente donandoci una narrazione perfetta, equilibrata nel plot quanto stilisticamente ineccepibile. Se dovessimo però individuare un filo conduttore all'interno del racconto, l’elemento ricorrente potrebbe essere identificato con la prepotente, inesorabile e sublime “manifestazione del proprio Io”, che il protagonista afferma con vigore irraggiungibile.
I personaggi sono realistici, pur nella loro complessità, la trama ricca di situazioni che sono costantemente nobilitate da importanti riflessioni sull'uomo e da geniali divagazioni sull'America contemporanea.
Roth riesce a catturare il lettore con la sua altissima capacità dialettica e, dopo averlo preso per mano, lo conduce attraverso sentieri difficili, a tratti impervi, ma capaci di rimanere impressi con un marchio indelebile sulle pagine della memoria.


Consigliato a: chi vuole leggere una delle opere più riuscite di questo grande scrittore, recentemente scomparso, ed a coloro che hanno bisogno di un punto di vista critico e per nulla accondiscendente sull'America contemporanea.


Voto: 8/10



mercoledì 30 maggio 2018

BiblioFurgone #2

Salve gente!
Oggi vi parlo di altri libri presi in biblioteca che non mi sono dispiaciuti totalmente però non mi hanno nemmeno soddisfatta appieno.

Primo fra tutti, più per ordine cronologico che altro, è I libri che divorarono mio padre, un libro per bambini/ragazzi in cui il giovane protagonista scopre di non essere orfano di padre - come invece gli avevano raccontato. In realtà, il genitore è stato risucchiato in un libro e sarà compito del figlio viaggiare nei libri per ritrovarlo. Come trama sembra proprio una di quelle che piacciono a me, tuttavia mi è sembrata mal gestita: in alcuni tratti non si coglieva il collegamento coi fatti precedenti, non c'erano adeguati approfondimenti (ad esempio la presentazione della trama di qualche libro) e non c'era nemmeno la traduzione di due frasi scritte in russo. Insomma, non mi ha convinta molto... però le illustrazioni erano davvero carine!

Per rimanere in tema "libri sui libri", un altro titolo da citare è Guida tascabile per maniaci dei libri: un testo famosissimo posseduto dal 90% dei lettori. Ammetto di avere qualche problema con questo libro: lo voglio, ma non riesco ad acquistarlo. Costa poco, è molto utile ed interessante, eppure sento un moto di repulsione ogni volta che mi accingo alla compera. Perché? Semplice: perché si tratta perlopiù di informazioni che posso tranquillamente reperire online alla bisogna. Quindi sì, andrò avanti a tenerlo in lista desideri sperando di trovarlo ad un paio di euro... o che qualcuno me lo regali 😁😁😁

Ho voluto poi approfittare del prestito bibliotecario per togliermi uno sfizio: da tempo pensavo di provare a leggere un libro della casa editrice SUR, che pubblica testi esteticamente molto ben fatti, e ricordavo di aver visto - qualche Salone fa - un loro titolo che aveva catturato la mia attenzione. Si tratta di Risposta multipla e il motivo per cui mi si è ficcato in testa come un chiodo è che ha una struttura davvero curiosa. L'autore, infatti, si rifà ad alcune prove d'esame e ci propone un'opera in quattro parti in cui troviamo effettivamente delle domande, delle frasi da completare o da scartare, la comprensione del testo e le rispettive risposte da dare scegliendole tra una serie di opzioni e, alla fine del libro, si trova anche un foglio compilabile in cui il lettore può segnare le sue come se stesse sostenendo il test in prima persona. Si potrebbe dire che poesia e racconto si danno il cambio tra le pagine, il che è davvero una cosa buona, originale ed interessante... tuttavia, non lo è abbastanza da farmi dire "questo libro deve essere mio".

Ultimo libro di oggi è La scatola dei bottoni di Gwendy, un libro che penso ormai conoscano tutti. Si tratta di un breve romanzo illustrato che racconta la storia di Gwendy, una ragazzina che viene presa in giro per il suo peso e che un giorno incontra un tizio un po' strano. Da qui la ruota della sua vita girerà parecchio, in bene e in male, portando davvero tanti cambiamenti. Si potrebbe definire un libro per ragazzi, adatto magari a una fascia d'età che comprende gli studenti delle scuole medie e magari il biennio del liceo. Non è un brutto libro, ma non è nemmeno chissà cosa di speciale... Sinceramente non ero intenzionata a comprarlo ma ho avuto l'occasione di acquistarlo gratis utilizzando dei punti che avevo sulla tessera della libreria. Perché ho deciso di "sprecarli" per un libro letto che non mi ha convinta più di tanto? Il motivo è alquanto ridicolo: essendo il primo testo dell'autore che riesco a portare a termine, dopo averne iniziati e abbandonati altri, lo considero un po' come una sorta di trofeo. (E la copertina è davvero bellissima...).


Vi ringrazio per l'attenzione e vi rimando alla prossima!


martedì 29 maggio 2018

Il quaderno rosso, Michel Bussi



Per scrivere dei gialli di successo bisogna essere, prima di tutto, degli ottimi prestigiatori. È necessario sapere indirizzare lo sguardo del lettore in una direzione mentre, con l’altra mano, si mette in atto il trucco che lo lascerà stupefatto. Come già dimostrato con i romanzi precedenti – citiamo Ninfee nere e Non lasciare la mia mano, a mero titolo di esempio – Michel Bussi possiede questa invidiabile capacità e sa metterla a frutto in maniera esemplare.
  
Leyli Maal è una donna di origine maliana, madre di tre figli, che conduce una tranquilla esistenza alla periferia di Marsiglia. Il suo quotidiano tran tran viene improvvisamente sconvolto da due cruenti omicidi in cui sembrerebbe coinvolta la figlia maggiore Bamby. I delitti, in realtà, appaiono intimamente legati al racket dell'immigrazione clandestina, gestito da insospettabili organizzazioni che speculano sulla pelle dei più deboli.
Toccherà al commissario Petar Velika ed al suo assistente Flores tentare di trovare il bandolo di un matassa che, col passare delle ore, si farà più intricata che mai.

Tematica molto attuale, trama ben strutturata, perfetta localizzazione geografica: questi sono i punti forti di un’opera ricca di colpi di scena che si susseguono con un ritmo incalzante. La vicenda si svolge nell'arco di quattro giorni, con l’orologio di Bussi che scandisce meticolosamente il passare delle ore, facendo crescere la tensione pagina dopo pagina. Forse non tutte le svolte narrative sono azzeccate o di prima mano, ma è un peccato veniale che perdoniamo a questo scrittore capace come pochi altri di utilizzare il mezzo del “falso indizio” per disorientare l’ignaro lettore e prenderlo di sorpresa. 
Non trascurabile, infine, è l’intento di utilizzare il Giallo per parlare di un tema scottante come il mercato dell’immigrazione: quasi a confermare che, molto spesso, la letteratura di genere risulta lo strumento più adeguato per raccontare la società contemporanea e le sue problematiche. 


Consigliato a: coloro che amano i gialli pieni di ritmo e di colpi di scena ed a chiunque sia alla ricerca di una lettura scorrevole e distensiva.


Voto: 7/10


lunedì 28 maggio 2018

La scomparsa di Josef Mengele, Olivier Guez



Saggio o romanzo? Oppure entrambe le cose?
Credo che chiunque abbia letto questo libro si sia posto la medesima domanda. Nonostante la minuziosa ricostruzione, frutto di anni di ricerche, la “seconda vita” di Josef Mengele rimane densa di zone d’ombra: di conseguenza, il genere romanzo rimaneva per lo scrittore francese l’unica strada percorribile per raccontare la storia di uno dei più celebri criminali nazisti.

Olivier Guez, miscelando sapientemente fonti storiche e fantasia, ricostruisce i trent'anni di latitanza del medico conosciuto come “l’angelo della morte”, colui che fu il principale artefice degli esperimenti genetici condotti nei campi di sterminio nazisti. Una clandestinità vissuta in terra sudamericana che l’autore suddivide in due fasi ben distinte: i primi anni vissuti da “pascià” in una nazi-society che, all’interno dell’Argentina Peronista, vantava propri club, giornali e negozi; una seconda parte da “ratto” in fuga, quando il mondo intero si era finalmente deciso a dare la caccia ai nazisti fuorusciti.
  
Si tratta di un racconto affascinante, ricco di eventi reali e di altri ipotetici. Partendo dalla fine della Seconda Guerra mondiale, l’autore ripercorre – attraverso l’esame della figura di Mengele - la storia sociopolitica dei paesi sudamericani in cui il medico si è rifugiato ma anche le vicende della Germania del dopoguerra, impegnata  a fare i conti col proprio scomodo passato.
Solidamente documentato, sostenuto da una scrittura rapida ed essenziale, La scomparsa di Josef Mengele è uno di quei libri indispensabili, che riesce a spingere ogni lettore ad una profonda riflessione sulle atrocità commesse da un regime spietato. Un romanzo verità che rammenta ad ognuno di noi il “dovere della memoria” ma che, al tempo stesso, riesce a raccontare la “mediocrità del male”: una mediocrità fatta di calcolo ed ambizioni che spinse un giovane medico di buona famiglia a compiere nefandezze inenarrabili.


Consigliato a: coloro che vogliono approfondire alcune pagine buie della storia contemporanea attraverso le vicende di un personaggio che, col passare degli anni, è diventato uno dei personaggi chiave delle atrocità commesse dal Nazismo.


Voto: 7,5/10


venerdì 25 maggio 2018

Dall'URSS al PostComunismo: il giallo noir dell'Europa Orientale



La scrittrice Svetlana Aleksievic, Premio Nobel per la Letteratura, nel suo libro Tempo di seconda mano ha descritto la Russia postcomunista come un fiume di voci che è riemerso – alla stregua di un fenomeno carsico – dalle macerie, materiali e spirituali, della storia russa recente. Come darle torto?
Ai tempi dell’URSS, in effetti, le cose non erano per niente facili per gli scrittori: le maglie della censura erano strette, onnipresenti ed implacabili. Il Comitato di Stato per l’Editoria (il Goskomizdat) aveva l’assoluto controllo dell’operato delle case editrici, del commercio librario e degli impianti di stampa. Pertanto, negli anni del potere sovietico l’elenco delle pubblicazioni interdette era vastissimo e veniva conservato negli antri segreti del KGB. In questa lista di proscrizione figuravano libri di contenuto antisovietico (ossia a carattere politico), religioso, ma anche opere letterarie che non venivano considerate in linea con l’ideologia dominante; i noir americani – proibitissimi – venivano smerciati al mercato nero a prezzi esorbitanti.
Il crollo del moloch sovietico ha portato alla fine della censura ed alla liberazione dalle pastoie burocratiche: di conseguenza anche la letteratura di genere ha avuto modo di sciogliere i legacci in cui era stata per lungo tempo avvinta e di farsi conoscere nel resto del mondo (in Occidente, in particolare).

La Russia post-sovietica vanta una ricca produzione di gialli, thriller ed affini. Alcuni autori hanno optato per un’ambientazione nella Russia zarista (come nel caso di B. Akunin); altri hanno invece scelto come palcoscenico la Mosca di oggi (Alexandra Marinina). Esiste comunque un elemento comune tra questi romanzi, inconciliabili solo in apparenza: il voler raccontare aspetti importanti della storia e della società, descrivendo nel contempo i modi e gli stili di vita di un popolo.
In questo articolo cercheremo di presentare quelli che sono considerati gli autori di punta dei paesi dell’ex blocco comunista: non ci limiteremo quindi agli autori russi, ma comprenderemo all'interno della nostra analisi anche quelli nati in Ucraina e Georgia. Purtroppo, sono ancora pochi gli autori dell’est europeo che hanno acquisito visibilità dalle nostre parti. Nonostante tutto, trattandosi di un movimento ancora piuttosto giovane, esiste una concreta possibilità che questa scuola emergente riesca prima o poi ad ottenere lo spazio che merita… sugli scaffali delle librerie occidentali.    


Isaac Asimov (1920-1992): Nonostante sia considerato tra i più grandi autori di sempre nell'ambito della fantascienza, Asimov vanta un eccellente curriculum di giallista: nella sua lunga carriera ha infatti scritto numerosi mistery della tipologia "giallo deduttivo". Come prevedibile, alcune di queste opere si svolgono su uno sfondo fantascientifico: a titolo di esempio vanno sicuramente citati i cosiddetti Romanzi degli Spaziali ed il racconto Immagine speculare, ascrivibile al Ciclo dei Robot, con protagonisti un investigatore umano ed il suo assistente, un robot umanoide.
Lo scrittore di origine russa, però, ha scritto anche storie poliziesche che esulano dal genere in cui è stato maestro conclamato e rientrano indiscutibilmente negli schemi del “giallo classico”. Di assoluto rilievo è la serie dei celebri Vedovi Neri: un club immaginario composto da sei membri, che si riuniscono periodicamente a cena con un ospite d’onore e vengono serviti dall'incomparabile cameriere Henry Jackson (membro onorario del convivio). Nel corso della cena, l’ospite propone un mistero che i membri del club proveranno a risolvere: solo Henry, però, sarà in grado di giungere alla soluzione dell’enigma.

Alexandra Marinina (1957): Prima di dedicarsi alla scrittura, è stata tenente colonnello nella militia, la polizia sovietica. Le sue opere sono state tradotte in più di venti lingue ed hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo. Protagonista delle sue storie è Anastasija Kamenskaja, ufficiale della polizia di Mosca, le cui indagini spesso si rivolgono ai torbidi intrecci tra criminalità e politica.
I romanzi della Marinina si distinguono dalla maggioranza dei polizieschi russi per la loro accurata indagine psicologica. Differenziandosi dagli altri autori russi contemporanei, che spesso sviluppano plot basati su sesso e violenza, l’autrice propone intrecci solidi che offrono una descrizione realistica della società russa dei nostri giorni. All'interno delle trame dei suoi libri viene dato ampio spazio alla descrizione dei metodi di lavoro degli investigatori, ai loro rapporti personali ed alle loro difficoltà individuali.
La TV russa ha prodotto una serie di film ispirati ai primi otto romanzi della serie, tra i quali vanno sicuramente menzionati Il padrone della città e Morte in cambio.


Boris Akunin (1956): Lo pseudonimo dello scrittore georgiano Grigorij Šalvovič Čhartišvili significa, in lingua giapponese, "uomo malvagio", ma ricorda anche Michail Aleksandrovič Bakunin: il celebre rivoluzionario e filosofo russo, considerato uno dei fondatori dell’Anarchismo moderno.
Akunin è il creatore del personaggio di Erast Petrovič Fandorin, un eccentrico Sherlock Holmes che indaga e agisce a Mosca tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Si tratta di un investigatore, attraente e carismatico, che unisce alle virtù dell’uomo d’azione alla Ian Fleming (per voluttà amatoria, il protagonista è paragonabile a James Bond) quelle della riflessione logica alla Conan Doyle, mostrando un’acutezza nelle osservazioni di costume degna di Agatha Christie. Nonostante il tema centrale dei romanzi sia sempre il delitto, sarebbe un errore relegare Akunin nell’angusta categoria dei giallisti purosangue: lo scrittore dimostra un notevole eclettismo ed è capace di cambiare costantemente registro, forma e stile narrativo.
Oltre a Fandorin, l’autore è anche il padre di Pelagija, un’originale suora investigatrice.

Natan Dubovickij (?): Si è fatto un gran parlare di questo scrittore misterioso; nonostante ciò – come sta avvenendo con la nostra Elena Ferrante – la vera identità dell’autore che si cela dietro lo pseudonimo resta indecifrabile (secondo il giornale russo Vedomosti si tratterebbe addirittura di Vladislav Surkov, capo delle strategie politiche del Cremlino). Al di là di queste considerazioni preliminari, l’autore è stato lodato per stile, capacità narrativa oltreché per la sua visionarietà fuori dal comune.
Con Vicinoallozero, lanciato in patria dalla rivista Russkij Pioner ed edito in Italia da Feltrinelli, ha ottenuto ottimi riscontri di pubblico e di critica sia in Russia che nel mondo. Incentrato sulle vicende di Egor – un editore di mezza età, membro di un gruppo segreto di pirati del copyright – il romanzo non può essere assimilato ad un comune mistery. La trama gialla rappresenta, in realtà, un escamotage per raccontare la Russia postcomunista: una società che sta implodendo e trascinando tutto e tutti in un grande vuoto pneumatico.


Andrei Kurkov (1961): Di origine ucraina, ha ottenuto una buona eco internazionale grazie a Picnic sul ghiaccio (in Italia edito da Keller): un giallo divertente e appassionante che, riallacciandosi alla tradizione grottesca di Gogol e Bulgakov, traccia un ritratto satirico della vita nella Russia postcomunista.
Il protagonista del libro è Viktor, uno scrittore quarantenne – squattrinato e in piena crisi – che vive in compagnia di un pinguino. Un bel giorno a Viktor viene proposto di scrivere quelli che in gergo si chiamano "coccodrilli": i necrologi anticipati dei vip. Il nostro protagonista si rivelerà un maestro del genere, nonostante i suoi “coccodrilli” continuino a rimanere inediti. Ma, ad un certo punto, si accorgerà che i personaggi dei suoi articoli stanno morendo, uno dopo l’altro, in circostanze inspiegabili; si troverà così al centro di un intrigo che coinvolge mafia, servizi segreti e disinformazione.

Aleksej Nikitin (1967): Laureato in fisica, ha esordito nella narrativa nel 1990 ed ha scritto numerosi romanzi, novelle e racconti. Nel 2000 ha ricevuto il prestigioso premio Korolenko.
L’opera che l’ha fatto conoscere oltre confine è Istemi, edito in Italia da Voland. La trama è incentrata su un gioco di ruolo, ideato da cinque studenti della facoltà di Radiofisica di Kiev, che finisce con l’attirare l’attenzione del KGB: l’innocuo divertimento si trasformerà, a causa di un equivoco, in un evento che segnerà per sempre le loro vite. A distanza di vent’anni, una mail contenente un inquietante ultimatum segnerà la ripresa del gioco dal punto in cui era stato interrotto: sul protagonista Davydov si allungherà l’ombra del suo alter ego, il condottiero Istemi, che ne sconvolgerà ancora una volta l’esistenza.
Nonostante le tematiche, il libro di Nikitin non è un fantasy: il suo essere perfettamente radicato nella realtà lo fa annoverare nella categoria dei gialli fantapolitici.

Come abbiamo visto, se si eccettua il caso emblematico di Isaac Asimov (che, pur essendo di origine russa, trascorse l’intera esistenza negli Stati Uniti), gli autori della narrativa gialla sono emersi esclusivamente dopo il crollo del regime sovietico.
La fine dell’URSS, oltre a permettere l’approdo in libreria delle opere di scrittori dissidenti e degli stranieri (fino ad allora proibiti) ha dato la possibilità ad un’intera generazione di autori di cimentarsi in una tipologia narrativa che – solo pochi anni prima – era ritenuta poco consona ai dettami comunisti: questo perché, in uno stato totalitario, il crimine non deve esistere e non ci possono essere assassini o serial killer a piede libero (il romanzo Bambino 44 di Tom Rob Smith racconta proprio di questa condizione).
Non siamo in grado di dire quale evoluzione potrà avere il giallo/noir di Russia e dintorni, ma gli esempi di Akunin, Marinina e Kurkov dimostrano che il terreno è fertile: l’albero della letteratura cresciuto sulle ceneri del comunismo è in grado di dare ottimi frutti. 
Probabilmente negli anni a venire faremo la conoscenza di nuovi autori provenienti da paesi che, un tempo, stavano segregati dietro la cortina di ferro.



giovedì 24 maggio 2018

Le correzioni, Jonathan Franzen



Un libro assolutamente geniale. 
Non avevo mai letto alcunché di Franzen: da questo momento in avanti, credo che mi dedicherò a recuperare tutte le sue opere passate.
Romanzo postmodernista, scritto con una lucidità mostruosa ed uno stile caustico e inimitabile: colpisce nel profondo e lascia il segno.

Enid e Alfred, due anziani coniugi del Midwest, trascinano stancamente la loro esistenza sulle macerie di quello che era stato il loro matrimonio. Il marito è ormai vittima del terribile morbo di Parkinson; la donna desidera con tutta se stessa di radunare per un "ultimo" Natale in famiglia i tre figli: Gary, depresso dirigente di banca; Chip, allontanato dall'insegnamento per comportamenti non tollerabili; Denise, cuoca di successo che nasconde i suoi lati oscuri. Tre figli che sono stati cresciuti secondo le regole dell'America puritana del dopoguerra, incapace di tollerare ogni minimo scostamento da ciò che è considerato "giusto" e "accettabile".

La vicenda della famiglia americana contemporanea, sviscerata nel corso degli anni da fior fior di scrittori (si pensi alla Oates, a Philip Roth, a Richard Ford), assume nell'immaginario dell'autore una nuova linfa ed una nuova malleabile consistenza. Lo stile di vita borghese - a cui bisogna attenersi, operando opportune ed essenziali "correzioni" - diventa un grosso limite per tutti i protagonisti: i modelli di comportamento idealizzati sono profondamente radicati all'interno della loro esistenza, ma allo stesso tempo hanno basi friabili ed inconsistenti.
Franzen, con una scrittura intensa e scorrevole, costruisce un ritratto magistrale, a tratti ironico ed a tratti doloroso, di una famiglia che cerca di rispettare i canoni prestabiliti. Molto spesso si muove avanti e indietro nel tempo, mostrandoci l'evoluzione dei vari personaggi: moderni antieroi, gonfi di imperfezioni e di speranze disilluse, che affrontano un destino pieno di incognite e variazioni sul tema. 
Alla fine della lettura, resta qualcosa dentro per davvero: i dialoghi indimenticabili, i personaggi autentici nelle loro contraddizioni, gli incastri quasi "matematici" di eventi e situazioni si installano nella mente del lettore ed occupano una posizione dal quale non andranno via con troppa facilità. 
Giudizio: un capolavoro della letteratura americana contemporanea.


Consigliato a: chiunque desideri affrontare uno dei migliori romanzi americani degli ultimi decenni ed a coloro che vogliono fare la conoscenza di un autore dal talento straordinario.


Voto: 8,5/10


mercoledì 23 maggio 2018

BiblioFurgone #1


Buongiorno gente!
Oggi vi porto il primo di numerosi post in cui vi parlerò dei libri presi in biblioteca.
Sul canale questa è già una rubrica avviata (Club della Pannocchia) in cui vi parlo singolarmente di ogni libro; qui invece mi sono svegliata dopo e quindi va un po' così... [voletemi bene lo stesso, disastrata e scombinata così come sono].

COMUNQUE

Quelli di oggi sono testi che mi sono piaciuti e, neanche a farlo apposta, sono tutti libri che parlano di libri.

84, Charing Cross Road - Helene Hanff
Si tratta di una famosissima raccolta di lettere realmente scambiate fra l'autrice ed un uomo che lavorava alla libreria dell'usato situata proprio all'indirizzo del titolo. Argomento delle missive è, inizialmente, l'interesse verso alcuni libri: la Hanff, infatti, scrive la prima per avere informazioni su alcuni titoli dichiarando di essere interessata all'acquisto, purché si rispettino alcune condizioni. Da qui partirà una chiacchierata continua che piano piano porterà alla nascita di un'amicizia con anche le altre persone che lavorano in libreria e dal discorso d'affari si arriverà anche a questioni più personali.
Da questo libro è stato tratto anche un film.

Il libro perduto
Questa è proprio una di quelle storie fatte con il mio stampino preferito: un romanzo per ragazzi, primo di una serie, in cui i protagonisti sono appunto due ragazzini amanti dei libri che attendono con ansia l'uscita di un'opera di cui ha parlato bene persino il critico più critico del pianeta. C'è solo un problema: le storie stanno impazzendo e il libro è completamente bianco.
Grazie alla zia, libraia e non solo, riusciranno a viaggiare in una storia per cominciare a riportare l'ordine nella trama. Ma chi sta creando tanto scompiglio? E perché??
Un'avventura sulla scia di Book Jumpers.

Il vestito dei libri - Jhumpa Lahiri
Qualche anno fa venne chiesto all'autrice di tenere una Lectio Magistralis su un argomento a piacere, purché inerente al tema letterario. La sua idea iniziale era quella di parlare dell'importanza dei titoli dei libri, ma poi gliene venne data un'altra e decise di seguirla. Come avrete capito, questo è il testo di quel discorso e parla delle copertine dei libri: come vengono percepite dall'autrice, quale compito hanno, come dovrebbero nascere, cosa dovrebbero trasmettere, ecc. 
Questo libro è un piccolo gioiello, poiché ha dimensioni ridotte ma un grande contenuto. Tutto è spiegato molto bene e in modo davvero scorrevole, si riesce a seguire il filo e alla fine ci si ritrova anche con un paio di spunti di riflessione in mano.

Bene, bene, bene.
Per oggi è tutto!
Grazie per l'attenzione, fatemi sapere se avete letto qualcuno di questi libri e... alla prossima 😊


martedì 22 maggio 2018

La lunga notte del detective Waits, Joseph Knox



Il noir inglese batte un colpo!
Era dai tempi della quadrilogia di David Pearce che la Perfida Albione non ci regalava un romanzo così potente, capace di afferrare il lettore per la gola senza mostrare un attimo di cedimento.
Joseph Knox, l’autore, ha tutte le carte in regola per diventare uno dei protagonisti della letteratura di genere contemporanea. Con questa opera prima riesce ad introdurci, a poco a poco, in quella che è l’anima nera della odierna Manchester, tra corruzione, traffici di droga ed altri loschi affari. E lo fa con un protagonista davvero convincente: un poliziotto emotivamente tormentato che ha varcato il “lato oscuro” ed ha iniziato una sua personalissima discesa all’inferno.   

Aidan Waits è un poliziotto caduto in disgrazia: è stato colto in flagrante mentre sottraeva droga dal deposito della polizia. Il suo superiore, l'ispettore Parrs, gli offre però una via d'uscita: dovrà infiltrarsi nell'organizzazione criminale che controlla il mercato dell’eroina. Waits non ha alternative: se vuole avere una speranza non può far altro che accettare l’ingrato compito. Come se ciò non bastasse, un potente uomo politico lo incarica di tenere d'occhio la figlia, scappata di casa e stabilitasi a casa del boss Carver: colui che controlla lo spaccio metropolitano. Si ritroverà solo contro tutti, nella disperata impresa di cercare di salvare se stesso, una città ferita ed una ragazza disperata.

Questo non è un noir come gli altri. È ipnotico, onirico, adrenalinico; colpisce duro e sa centrare il bersaglio. Si tratta - a mio parere – di uno dei migliori esordi degli ultimi anni.
Donne fatali, boss della droga, loschi politici, ragazze scomparse, soldi sporchi: questi sono gli elementi che ruotano attorno alla figura di un poliziotto allo stremo, che agisce sotto copertura e che si trova schiacciato tra l'establishment ed il mondo criminale.  
L'ambientazione è fantastica. La Manchester sullo sfondo è una città brutale e moderna, livida e corrotta, che dimostra fino in fondo la sua macabra crudeltà ed il suo senso di impotenza. I protagonisti sono credibili e ben tratteggiati, sospesi in un vuoto pneumatico da cui non esiste ritorno.
Echi di Ian Rankin e di Irvine Welsh si ritrovano in una trama ben costruita, sostenuta da una scrittura tesa ed incandescente, dove si svela l’anima palpitante di una metropoli allo sbando in cui la speranza muore giorno dopo giorno.


Consigliato a: coloro che amano i noir metropolitani a tinte forti, duri e per nulla rassicuranti, ed a chiunque voglia fare la conoscenza di questo ultimo e talentuoso “nipotino” di Raymond Chandler.


Voto: 7,5/10




lunedì 21 maggio 2018

Piccoli suicidi tra amici, Arto Paasilinna



Paasilinna è ormai una certezza!
Il suo humour nero, con cui riesce a far sorridere anche delle vicende più tragiche, rappresenta un talento più unico che raro all'interno del mondo letterario contemporaneo.   
Certo, non tutte le ciambelle escono col buco: quest’opera, in effetti, non raggiunge le auree vette di L’anno della lepre e Il bosco delle volpi.
Nonostante qualche lungaggine di troppo e una certa ripetitività di situazioni, si tratta comunque di un romanzo gradevole, che si divora in poche ore, ed ha il merito di far riflettere il lettore sulle annose questioni di vita, morte e rinascita individuale.     

Onni Rellonen è un imprenditore fallito che da tempo ha preso la decisione di farla finita. Per compiere l’estremo passo, sceglie un granaio isolato. Per un incredibile scherzo del destino, nel luogo prescelto incontra Hermanni Kemppainen: un colonnello dell’esercito che, come lui, ha deciso di porre fine prematuramente ai suoi giorni.
Scossi dall'incontro imprevisto, i due rinunciano a mettere in atto il loro piano e si confidano reciprocamente le motivazioni che li hanno spinti alla drammatica scelta. Decidono così di creare una sorta di “club” per gli aspiranti suicidi, dove tutti gli sfortunati potranno incontrarsi per discutere dei loro problemi. L’operazione ha un successo del tutto inaspettato: le adesioni fioccano e, dopo il ritrovo iniziale, gli sventurati decidono di noleggiare un autobus per partire tutti insieme… per un suicidio collettivo.

L’autore finlandese, ormai considerato autore di culto, riesce stavolta in un intento difficilissimo: quello di trattare con leggerezza un tema spinoso come il suicidio. I protagonisti – forse un po’ troppi, a dire il vero - sono uomini e donne qualunque, che si sentono persi in un mondo che non li comprende più e provano un’insuperabile sensazione di sconfitta nella quotidiana esistenza. Questo manipolo di disperati – diversi per ceto, origine ed estrazione sociale - troverà però nella comune vicinanza il modo per risalire la china e riappropriarsi di una vita che pareva ormai priva di significato.  
Con un humour macabro e surreale, ma allo stesso tempo delicato, Paasilinna riesce a trasmettere al lettore un messaggio importante e per nulla scontato: che la solidarietà può diventare un formidabile antidoto contro la tristezza e che, partendo dalle piccole cose della quotidianità, è possibile ritrovare la voglia di vivere che si credeva persa per strada.
Probabilmente una sforbiciatina alla parte centrale del romanzo e la diminuzione del numero dei personaggi – che può creare confusione nel lettore – avrebbe reso più lineare lo svolgimento della trama. Ci accontentiamo però del risultato, sempre lieti di esserci immersi per qualche ora nella prosa avvincente e gradevole di un autore che è impossibile non apprezzare.


Consigliato a: coloro che amano lo humour nero e surreale della letteratura nordica ed a chiunque sia attratto dalle storie di caduta e rinascita individuale.


Voto: 6,5/10



venerdì 18 maggio 2018

Alla scoperta del giallo/noir irlandese



Il romanzo giallo irlandese si è affermato a livello internazionale nel corso dell’ultimo ventennio. Se dobbiamo cercare a tutti i costi il punto di partenza di questa progressiva consacrazione, non possiamo che fissare la data del 2003:  proprio in quell'anno il Premio Shamus  – uno dei più ambiti riconoscimenti nel campo del mistery – fu conferito allo scrittore Ken Bruen con il romanzo Prima della notte.
Da quel momento in avanti, numerosi scrittori hanno cominciato ad affacciarsi sulla scena di un genere del tutto nuovo per una nazione come quella irlandese, arrivando spesso a trattare – all'interno del classico plot poliziesco – argomenti d’attualità che molto spesso venivano lasciati in un angolo dalla letteratura tradizionale.
I motivi della nascita di questo movimento sono facilmente individuabili.
Innanzitutto, bisogna sottolineare come la recente crescita economica abbia portato alla nascita di una moderna società del consumo, orientata al profitto ed al successo imprenditoriale, che è stata inevitabilmente accompagnata da un miglioramento delle condizioni di vita. Di conseguenza, l’improvviso arricchimento e la crescita occupazionale sono stati un irresistibile richiamo per progressive ondate di immigrazione: argomento a cui la letteratura tradizionale, fino a quel momento, si era interessata in via molto marginale.
Da un altro punto di vista, la firma del Good Friday Agreement (1998) ha condotto alla risoluzione del principale problema dell’Irlanda contemporanea: il mantenimento della pace. L’avvenuta riconciliazione è stato un incentivo all'affermazione di una vera e propria società del benessere, che è riuscita in brevissimo tempo a colmare il gap rispetto alle altre realtà europee.
In questo articolo cercheremo di individuare quelli che sono i principali esponenti del giallo/noir irlandese.
Per l’occasione, abbiamo selezionato sei scrittori di sicuro talento. Si tratta di autori che si sono dimostrati autentici maestri nel campo della letteratura poliziesca e che hanno contribuito a far conoscere le problematiche irlandesi in tutto il resto del mondo.


John Banville (1945): Si tratta di uno dei più talentuosi scrittori del ventesimo secolo, vincitore del prestigioso Man Booker Prize nel 2005 e più volte accostato al Nobel per la letteratura. Conosciuto per la prosa fredda e precisa, caratterizzata da un’inventiva Nabokoviana, e per l’umorismo nero, ha scritto cinque romanzi noir con il nom de plume di Benjamin Black.
Il protagonista delle sue storie è Quirke, un anatomopatologo della Dublino degli anni cinquanta, che con il suo soprabito scuro, il cappello a tesa larga e la sigaretta in bocca, rappresenta un archetipo dell’investigatore: un personaggio tanto sfuggente quanto concreto a cui il lettore si affeziona immediatamente
Tra i suoi libri più noti vanno menzionati Dove è sempre notte, Un favore personale e Congetture su April.
Nel romanzo La bionda dagli occhi neri, Banville ha avuto l’ardire di richiamare in azione Philip Marlowe, facendo rivivere per i lettori di tutto il mondo uno dei detective più amati di tutti i tempi.

John Connolly (1968): Con un passato di giornalista alle spalle, ha iniziato la sua fortunata carriera narrando le indagini di un ex detective della Polizia di New York, Charlie Parker, soprannominato Bird come il celebre sassofonista jazz. Dopo l’efferato omicidio della moglie e della figlia, Parker si trasferisce nello stato del Maine dove inizia a svolgere l’attività di detective privato.
Nel corso delle sue indagini, si imbatterà in crimini violenti e disumani, che hanno come punto in comune la presenza di elementi soprannaturali: un’evoluzione inaspettata per un noir, che porta ad una diversificazione del personaggio rispetto ad altri detective simili a lui.
In Italia, purtroppo, i due editori che hanno pubblicato le avventure di Charlie Parker (Rizzoli e TimeCrime) hanno saltato a piè pari alcuni romanzi e hanno tradotto altri in ordine diverso rispetto a quello dell’uscita originale, complicando notevolmente la vita dei lettori.
Tra i romanzi più noti, vanno segnalati Tutto ciò che muore, Gente che uccide e Anime morte.


Ken Bruen (1951): Dopo aver conseguito un dottorato in filosofia – nel campo della metafisica – ed aver trascorso venticinque anni come insegnante inglese in giro per il mondo, ha ottenuto visibilità a livello internazionale con la serie incentrata sull’ex poliziotto Jack Taylor. Si tratta di un personaggio problematico e “sopra le righe”, che è stato espulso dal corpo di polizia di Galway – la sua città natale – per abuso di droga e di alcolici e per l’innata incapacità di tenere la bocca chiusa.
Come detto in precedenza, il primo volume – Prima della notte – è valso all'autore il Premio Shamus e la candidatura all’Edgar Award; con il quinto romanzo, Il prete (2006), ha trionfato al rinomato Premio Barry per il miglior romanzo poliziesco britannico ed ottenuto una nuova candidatura all’Edgar.
Tra i temi ricorrenti delle sue opere vi sono la trasformazione sociale irlandese, il declino della Chiesa cattolica dal punto di vista politico e sociale e la raggiunta prosperità economica dalla metà degli anni ’90.

Eoin McNamee (1961): Omonimo di uno degli esponenti di punta dell’IRA, ha scritto romanzi incentrati su fatti reali che affrontano la violenta e controversa questione irlandese.
La sua opera più riuscita è Resurrection man (1994), che ha raccontato la sanguinaria lotta di liberazione dell’Ulster e da cui è stato tratto l’omonimo film di Marc Evans sceneggiato dallo stesso McNamee. Va menzionato anche Blue Tango (2001), che ha esaminato da vicino l’omicidio della figlia diciannovenne della parlamentare e giudice dell’alta corte Lancelot Curran. Entrambe le opere sono edite in Italia da Einaudi.
Attivo anche nel campo della narrativa per ragazzi (ha pubblicato la trilogia Navigator), con lo pseudonimo di John Creed ha scritto una serie  incentrata sull'agente dell'intelligence britannica Jack Valentine.


Cormac Millar (1950): Il suo vero nome è Cormac Ó Cuilleanáin ed è professore associato di italiano presso il Trinity College, la più antica e rinomata università irlandese. Ha esordito in campo letterario dopo aver a lungo affiancato l’attività di traduttore all'importante ruolo accademico.
Considerato tra i più grandi esperti di vicende criminali, con Una soluzione irlandese (2004) – il suo primo romanzo (pubblicato in Italia da Comma 22) – ha ricevuto ottimi riconoscimenti da parte della critica internazionale.
Il protagonista, Seamus Joyce, è il direttore dell’IDEA, l’agenzia antidroga irlandese: un personaggio che comincia a mettere in discussione la sua esistenza e i valori a cui si era sempre ispirato. Dovrà affrontare quello che è il problema più importante del momento, la lotta per lo spaccio a Dublino, scontrandosi apertamente con politici spregiudicati e poliziotti corrotti.

Adrian McKinty (1968): Dopo aver lavorato come barman, commesso di libreria ed aver insegnato inglese a Denver, in Colorado, ha esordito pubblicando una raccolta di racconti. È uno degli scrittori più apprezzati della nuova generazione di crime-writers irlandesi. Nonostante sia stato spesso criticato per l’uso esplicito della violenza all’interno dei suoi romanzi, l’autorevole The Guardian lo ha definito come “maestro artigiano di violenza e di redenzione.”
La vendetta ed il tradimento, spesso presenti nelle sue opere, sono gli elementi attraverso cui McKinty giunge ad esplorare l’esistenza dei suoi personaggi in un universo drammatico  ma allo stesso tempo lirico ed intenso. L’uso dell’ironia e dell’umorismo sono una sorta di contrappunto al mondo violento abitato dal personaggio di Sean Duffy, il detective protagonista dei suoi libri. Tra i suoi romanzi ricordiamo Ballata irlandese, pubblicato in Italia da BUR.

Giunti al termine della nostra analisi, risulta evidente quella che è la caratteristica principale di questo movimento emergente: la sovrapposizione tra l’internazionalismo del genere e lo spirito irlandese, che emerge costantemente nelle opere degli autori citati.
La letteratura poliziesca, nel corso degli ultimi anni, ha rappresentato per l’Irlanda un efficiente strumento di analisi della trasformazione sociale in atto. Raccontando vicende drammatiche, immerse in un panorama urbano complesso ed allo stesso tempo seducente, ha trovato una sua precisa connotazione senza mai disdegnare il confronto con i grandi autori del passato.
Come ha scritto lo stesso Ken Bruen nell'introduzione ad una delle sue opere: “Se volete Dublino, allora la volete… lugubre come il sorriso di Joyce quando si è ritrovato nell'indice dei libri proibiti.”


giovedì 17 maggio 2018

ll giallo al femminile di Rosa Teruzzi (prequel)

Buongiorno gente!
Come nei romanzi, anche negli articoli capita di dover scrivere dei prequel, ovvero delle parti che dovrebbero uscire PRIMA di un determinato post, ma che per varie ragioni escono dopo.
Il motivo per cui oggi state leggendo un prequel è il seguente: sono una polla.
Sì. Avete capito bene.
Sostanzialmente, la scorsa volta vi avevo raccontato la trilogia con protagonista Libera, la fioraia che - fra le varie cose - indagava sulla morte del marito. Bene, tra i personaggi di quelle storie, ce n'era uno che era già stato protagonista di un'altra trilogia della stessa autrice, la giornalista Irene, ma io l'ho scoperto dopo. (O meglio, sapevo che la Teruzzi aveva scritto altri libri, in precedenza, ma non avevo capito che erano su Irene e quindi li stavo un po'... come dire? Snobbando.)
Pertanto, mi sembra doveroso dedicare uno spazietto alla fanciulla e alle sue avventure.


I libri che compongono questa trilogia sono:
Nulla per caso
Il segreto del giardiniere
Il prezzo della bellezza

Il primo è uscito con Sperling & Kupfer, mentre i successivi sono stati pubblicati da Rusconi Libri.

Lo schema di base della storia è più o meno lo stesso che troviamo nell'altra, ovvero la protagonista che indaga su alcuni fatti di cronaca per scriverne gli articoli e, contemporaneamente, cerca di diradare le nubi di mistero che aleggiano intorno al padre. Irene, infatti, è cresciuta solo con la madre e non sa chi sia l'altro genitore. Ma ci vuole un po' di colore, dopo tutto questo nero, e la tinta non manca grazie al triangolo amoroso che vede ai vertici il capo della giovane e un poliziotto.
Anche in questa trilogia troviamo persone decisamente originali e qualche piccola perla di saggezza.

Senza togliere il piacere della lettura, vi dico due parole sulle trame dei vari volumi.
Nel primo facciamo la conoscenza di Irene, dell'ambiente in cui lavora e in cui vive e, in particolare, prendiamo confidenza con la sua capacità di percepire le emozioni altrui. Dei tre è il meno incentrato sul giallo/nero, ma è comunque interessante e necessario per capire l'evoluzione del personaggio. Nel secondo, un anziano signore viene ucciso e sarà lei ad occuparsi dell'articolo sul caso; mentre nel terzo, forse quello più di genere fra i tre, la ragazza si occuperà di una serie di attacchi che colpiscono alcuni chirurghi plastici. Quest'ultimo mi ha fatto storcere un po' il naso per quanto riguarda il modo in cui viene raccontata la parte rosa della storia, ma è un parere del tutto soggettivo.

Se dovessi fare un confronto fra le due trilogie, direi che la seconda è più matura ma questa è più coinvolgente e mette sul palcoscenico personaggi migliori.
Vorrei anche specificare, per chi magari se lo stesse chiedendo, che secondo me non è importantissimo rispettare l'ordine di lettura Irene/Libera: non si rischiano grandi spoiler nel leggerle al contrario, anzi... personalmente, penso che mi abbia dato più informazioni così che non leggendole nel modo corretto.

Vi ringrazio per avermi dedicato del tempo anche questa volta.
Alla prossima!

mercoledì 16 maggio 2018

L’ultima scelta, Leonardo Gori



Leggere un romanzo con protagonista il Colonnello Bruno Arcieri è un po’ come incontrare un vecchio amico, di cui crediamo di sapere tutto ma che continua a stupirci di volta in volta. In questo L’ultima scelta, in particolare, lo ritroviamo stanco, un po’ invecchiato e alle prese con dubbi e moti di coscienza che potrebbero seriamente compromettere l’equilibrio faticosamente raggiunto.

Siamo nell'inverno del 1970, in piena Guerra Fredda come recita il sottotitolo. Sono trascorsi pochi mesi dalla strage di Piazza Fontana ed Arcieri viene coinvolto in un’operazione ordita dai servizi segreti per far saltare i cosiddetti “servizi deviati”. L’anziano colonnello, dopo un’iniziale riluttanza, accetta l’incarico e viene condotto in una vetusta villa nel cuore della Toscana, dove sono programmati gli incontri con la fonte, l'agente Zero. Si troverà ad affrontare una situazione difficile, dove il “doppio gioco” è ormai diventato uno stile di vita e in cui non ci si può più fidare di nessuno… neanche degli amici di un tempo.

Leonardo Gori è uno dei migliori autori italiani ed il suo personaggio, nel corso degli anni, ha acquistato maggior profondità psicologica, diventando uno specchio dei tempi e delle situazioni in cui si è ritrovato immerso. Anche in questo romanzo lo sfondo storico è ricostruito con cura e costituisce il palcoscenico ideale per una trama ben congegnata, dal ritmo implacabile, in cui il ritmo serrato va a braccetto con dialoghi realistici.
La scrittura è elegante: capace di assecondare le improvvise accelerazioni del plot ma in grado, al tempo stesso, di assumere un aspetto intimista, soffermandosi sui sentimenti e le emozioni del vecchio colonnello.
Come spesso accade, c’è anche una comparsata del Commissario Bordelli, il protagonista dei romanzi dell’amico/sodale Marco Vichi: gli incontri tra i due personaggi sembrano scandire il passare del tempo, (anti)eroi di un’Italia del dopoguerra in costante trasformazione ma sempre alle prese con un passato scomodo e difficile da dimenticare.


Consigliato a: coloro che amano il giallo/noir italiano “con l’anima”, in cui la trama non è mai fine a se stessa ma diventa lo strumento ideale per raccontare un’epoca, una società ed uno stile di vita. 


Voto: 7,5/10




martedì 15 maggio 2018

Salone del Libro 2018: un'edizione da record!



Ci siamo appena lasciati alle spalle la Trentunesima edizione del Salone del Libro di Torino ed è il momento di stilare un primo bilancio di questa manifestazione che, nonostante le difficoltà, continua ad essere la migliore rassegna a tema librario della penisola.
Nell'anno del ritorno dei grandi colossi editoriali, assenti l'ultima volta, il successo è andato al di là di ogni più rosea aspettativa. Numeri e vendite in crescita hanno confermato la solidità del progetto: alle 17 del 14 maggio – giorno di chiusura – sono risultati più di 144.000 i visitatori unici (un migliaio in più rispetto al 2017). Nella giornata di sabato, addirittura, gli organizzatori si sono visti costretti a chiudere i cancelli per un’ora, in quanto si era giunti alla capienza massima: fatto mai capitato nelle fiere precedenti.
Stand affollati, incontri sold-out, lunghe code per il firmacopie (per quella di Zerocalcare si è rischiato di paralizzare il Padiglione 2): questi sono gli elementi incontrovertibili di un’edizione storica, che ha segnato la riaffermazione di un dominio torinese il quale – dopo l’assalto di Tempo di Libri – pareva messo seriamente in discussione.



“Squadra che vince non si cambia” dice il vecchio adagio. E così il SalTo 2018 è potuto partire dal successo dell’anno precedente apportando, però, alcune piccole variazioni che sono parse estremamente funzionali. L’aggiunta di un ulteriore padiglione e la creazione di un apposito spazio dedicato a bambini e teen-ager sono risultate scommesse vinte, che hanno avuto un riscontro estremamente positivo da parte dell’utenza.  
Ogni editore ha cercato di distinguersi, adottando una propria politica commerciale in grado di attrarre un pubblico in costante ricerca di novità editoriali. La progettazione di stand dotati di un particolare “appeal”, l’organizzazione in loco di firmacopie e, in alcuni casi, l’applicazione di una scontistica piuttosto appetibile sono stati gli strumenti utilizzati per attirare le orde di lettori giunti in massa da ogni parte della penisola.
Nel caso dovessimo decretare il vincitore della gara per lo “stand più bello e originale”, il titolo spetterebbe di diritto a Il Saggiatore: dopo il mezzo passo falso del 2017, in cui la casa editrice puntò tutto sulla Oates, quest’anno l’esposizione è stata impeccabile; la scelta è risultata allo stesso tempo bella per l’occhio - con un itinerario in forma circolare - e stimolante per la fantasia: è stato sottoposto agli utenti un test psicologico – comprendente lato inconscio e lato razionale - in modo tale da individuare il libro più adatto ad ogni lettore.
     

Numerosi sono i personaggi di rilievo che, nei cinque giorni del salone, hanno partecipato alla manifestazione e, ovviamente, sarebbe impossibile ricordarli tutti.
Scrittori di fama mondiale come Roddy Doyle, Javier Marías e Joël Dicker, registi vincitori di Oscar quali Bernardo Bertolucci e Giuseppe Tornatore, giornalisti/saggisti tipo Marco Travaglio e Andrea Scanzi si sono alternati nel corso di affollatissime presentazioni per cui sono bastate a stento le capientissime sale (gialla e azzurra soprattutto).


Ora non possiamo far altro che attendere con ansia il Salone 2019: l’organizzazione è stata confermata (dal 9 al 13 maggio) e la squadra è già in azione per regalarci un’altra manifestazione in grado di appassionare migliaia di spettatori che – come ben sappiamo – trovano un punto di riferimento nell'amore solido, potente ed incondizionato per i libri e per la lettura.  

Fino ad ora abbiamo parlato di dari oggettivi, adesso è la volta di quelli soggettivi: com'è stato il nostro Salone???
Prima di partire ci eravamo dati un budget a testa e, come previsto, Gio ha dato fondo al suo acquistando sette libri; Mely, invece, è stata più brava ed ha avanzato qualcosina (da dedicare ad acquisti futuri)…



Entrate di Gio
La metà del diavolo, Joseph Incardona
Il quaderno rosso, Michel Bussi
Se la notte ti cerca, Romano De Marco
Il selvaggio, Guillermo Arriaga
La scomparsa di Josef Mengele, Olivier Guez
Turbine, Juli Zeh
Smile, Roddy Doyle

Entrate di Mely
La scatola dei bottoni di Gwendy, Stephen King
84, Charing Cross Road, Helene Hanff
Il libro perduto, Pierdomenico Baccalario e Eduardo Jauregui
Istantanee, Matteo Zanini
I ferri dell’editore, Sandro Ferri
Big Fish, Daniel Wallace
Piccola osteria senza parole, Massimo Cuomo
Una scacchiera nel cervello, Alain Gillot