domenica 25 aprile 2021

La voce, Arnaldur Indriðason



Se esistono autori che hanno il merito di nobilitare la letteratura poliziesca, Arnaldur Indriðason è indubbiamente uno di questi. Con la serie dedicata a Erlendur Sveinsson, in particolare, lo scrittore islandese è riuscito a fondere alla perfezione trama gialla e indagine psicologica, dando ampio risalto alle vicende personali del protagonista. 
Questo romanzo rappresenta il mio terzo incontro con Indriðason e, se devo cercare a tutti costi un marchio di fabbrica, penso di averlo trovato nel fatto che i suoi libri parlino più del passato (sia dei personaggi sia dell'intero paese) piuttosto che dei tempi attuali.
La voce non sfugge affatto a questo schema distintivo e, come nel precedente La signora in verde, racconta un'indagine che si aggancia ad eventi risalenti a parecchi decenni prima.   

Pochi giorni prima di Natale, nel seminterrato di un albergo di Reykjavik viene rinvenuto il corpo senza vita di un uomo vestito da Babbo Natale. Si tratta del portiere, che durante le festività era solito travestirsi per divertire gli ospiti. 
Tra gli oggetti ritrovati nella sua stanzetta, ci sono alcuni vecchi dischi in vinile e un poster della baby-star Shirley Temple. Col procedere delle indagini, emergerà a poco a poco il passato della vittima: un ex bambino prodigio, dalla incredibile e angelica voce, che aveva inciso un paio di dischi a tiratura limitata. Oggetti da collezione che, a distanza di anni, hanno acquisito un valore inestimabile per gli appassionati.

Ambientato a Reykjavik, all'interno del paesaggio roccioso e spietato dell'Islanda, La voce è un romanzo solido e ben congegnato (anche se, a dire il vero, rappresenta solo un capitolo all'interno di una serie), imperniato su un personaggio principale forte e interessante, di cui i lettori imparano di volta in volta qualcosa in più.
La trama non è certamente di prima mano: la soluzione a un mistero con Babbo Natale risale al mystery di Gaston Leroux Il mistero della camera gialla, scritto nel lontano 1907. Indriðason ha però il merito di raggiungere notevoli profondità psicologiche all'interno della storia, affiancando al plot poliziesco una vicenda toccante che narra di violenze domestiche e di aspettative deluse.
Il tema del conflitto familiare viene sviscerato pagina dopo pagina; pare quasi che nell'universo dell'autore gli esseri umani si debbano per forza trovare a vivere relazioni disfunzionali con coloro che condividono i loro geni.
Con Indriðason la letteratura scandinava ha indubbiamente trovato una delle sue figure più autorevoli: un autore in grado di utilizzare il noir per raccontare la contemporaneità ed i suoi personaggi, che come burattini si muovono sul drammatico teatro dell'esistenza. Con un filo di amarezza che non va mai via.    


Consigliato a: coloro che amano i gialli con una profonda impronta psicologica ed in grado di raccontare fino in fondo le disfunzioni della società dei nostri giorni.


Voto: 7,5/10



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