sabato 6 febbraio 2021

Opinioni di un clown, Heinrich Böll

 

"Aggrapparsi al passato è ipocrisia, perché nessuno conosce gli attimi di cui è fatta."
Questo è stato il mio secondo incontro con Heinrich Böll - dopo aver rotto il ghiaccio con L'onore perduto di Katharina Blum - e, a qualche giorno di distanza dal termine della lettura, mi posso ritenere soddisfatto per aver affrontato un'opera imprescindibile del Novecento che, un po' negligentemente, avevo lasciato in disparte. Ambientato nel periodo della ricostruzione post-bellica, questo libro rappresenta una feroce critica all'ipocrisia borghese e allo stato morale della società tedesca del dopoguerra.
Partiamo, come sempre, da un rapido accenno della trama.  

Hans Schnier, rampollo di una ricca famiglia protestante, ha fatto la sua scelta: meglio essere un pagliaccio onesto piuttosto che un ipocrita. Dopo che il matrimonio con Marie - a cui è stato  sposato per sei anni lunghi anni - è naufragato per la sua mancanza di impegno nel far crescere come cattolici i futuri figli, Hans non si dimostra in grado di sopportare la perdita. Colui che un tempo era un popolare uomo di spettacolo, maestro della pantomima, rifiuterà qualsiasi compromesso e finirà, come un clochard qualsiasi, a chiedere l'elemosina sui gradini della stazione di Bonn. 

Opinioni di un clown è il ritratto ironico e caustico, tragico e profondo di un personaggio indimenticabile: un perdente disincantato, ferocemente ancorato a un passato che ormai non c'è più, che si è ritrovato improvvisamente senza moglie, privo di soldi e lavoro e con il vizio del fumo e dell'alcool. 
La storia, che si svolge in un arco temporale di circa tre ore, consiste in un lungo e articolato lamento del clown in disarmo; questo lungo e acceso sfogo verbale rappresenta l'occasione per descrivere le convenzioni di una borghesia conservatrice che un tempo aveva familiarizzato col nazismo e che, col ritorno alla democrazia, tende a riproporre nel nuovo ordine sociale i suoi triti e ritriti preconcetti.
Scritto con uno stile impeccabile, questo romanzo è un severo atto d'accusa all'ipocrisia dilagante e vuole ristabilire - prima di ogni cosa - la superiorità dell'io individuale rispetto alla morale marcia e contaminata che viene proposta dalla chiesa e dalla società. Il protagonista, in particolare, si ritrova a propugnare l'ideale di un amore non vincolato ad un contratto statale o religioso, ristabilendo una sorta di "monogamia del cuore" rispetto a quella prevista dalle forme e dalle convenzioni.
Forse - nel caso in cui si volesse fare una critica a tutti i costi - il concentrarsi in tutto e per tutto sulla vicenda personale di Hans non permette di approfondire a sufficienza il contesto storico e sociale; l'immagine della Germania degli anni Sessanta rimane così sullo sfondo, appena accennata. Questo, tuttavia, nulla toglie ai meriti di un romanzo notevole, che si dimostra ancora attuale nonostante gli anni trascorsi dalla sua stesura.


Consigliato a: coloro che vogliono farsi un'idea della Germania degli anni Sessanta - un paese uscito da un sanguinoso conflitto e che è tornato a dopo a respirare l'aria delle democrazia - attraverso lo sfogo/confessione di un artista di palcoscenico in difficoltà ed a chiunque voglia affrontare una delle opere cardine della letteratura tedesca del Novecento.


Voto: 8/10


Gio  


Nessun commento:

Posta un commento