martedì 27 febbraio 2018

Quando la lettura diventa un gioco



Negli ultimi anni i Social Network hanno acquisito sempre maggiore importanza, diventando elementi quasi imprescindibili all'interno della nostra quotidianità. Piano piano si sono trasformati in luoghi di aggregazione: una sorta di grandi arene virtuali in cui le persone possono conoscersi, confrontarsi e scambiare opinioni, ottenendo indubbi vantaggi su molti fronti poiché viene permesso loro di accedere a mondi che stanno al di fuori della solita routine.
All'interno di queste piattaforme virtuali – come Facebook, YouTube o Goodreads – una crescita notevole l'hanno avuta i cosiddetti "gruppi di lettura". Accanto agli scopi originari del confronto e dello scambio di idee, ha preso decisamente piede una nuova funzione: quella dell’organizzazione di giochi per mettere i membri alla prova.
Le tipologie di lettori che frequentano questi gruppi sono differenti ed estremamente variegate per età, cultura ed estrazione sociale. L’aspetto ludico e giocoso riesce quindi ad essere un ottimo “collante” per far partecipare queste persone ad un progetto comune, facendole nel contempo sentire parte di un “tutto indistinto” in cui il confronto intellettuale e il divertimento sono gli elementi ricorrenti.
Riguardo ai giochi di cui abbiamo testé parlato, possono rivestire una funzione molto importante per due grandi categorie di lettori che ricorrono con una certa frequenza all'interno dei vari raggruppamenti e, più precisamente:
  • I lettori compulsivi 
  • I lettori curiosi
La compulsività e la curiosità, presenti nel DNA di gran parte di coloro che partecipano ai gruppi letterari, portano spesso ad un accumulo smodato, incontrollato e spasmodico di libri. Capita così che il povero lettore, vittima del proprio incontenibile appetito, si ritrovi ad acquistare più testi di quelli che riuscirà mai a leggere, riempiendo gli scaffali della libreria di decine e decine di tomi che corrono il forte rischio di rimanere intonsi e dimenticati.
Queste prove rivestono, a tale proposito, una funzione importantissima: quello di strumento per "smaltire" questa eccedenza di libri accumulati. Allo stesso tempo, però, spingono i membri a confrontarsi con letture che, probabilmente, da soli non si sarebbero mai sognati di affrontare.
Cercheremo di fornirvi un breve sunto di quelli che sono i più ricorrenti giochi letterari, ponendo particolare attenzione alle loro caratteristiche ed ai loro scopi:

LETTURE CONDIVISE: viene scelto – o dall'organizzatore o tramite votazione – un libro da leggere in “comune”. Viene fissato un congruo periodo di tempo (in genere un paio di settimane) per permettere ai partecipanti di terminare la lettura a cui di solito fa seguito un’ampia ed accorata discussione. Le cosiddette “condivise” svolgono la duplice funzione di far scoprire nuovi autori ai membri del gruppo e di aiutare i lettori a smaltire libri rimasti per parecchio tempo nel dimenticatoio.

TBR (TO BE READ): Ogni membro stabilisce a priori un elenco di libri e programma di conseguenza le proprie letture, cercando di attenersi a quanto prefissato. La TBR è generalmente annuale, stagionale (ad esempio TBR estiva) o mensile, e svolge adeguatamente il compito di strumento adatto a smaltire i libri lasciati da parte. 

PROJECT: Anche qui, ogni membro sceglie un numero di libri da leggere ma, a differenza delle TBR, non può comprarne altri finché non li ha terminati e, nel caso in cui la lettura di un determinato volume venisse costantemente rimandata, le regole prevedono che questo venga regalato ad altri.

READING CHALLENGE: Questa è una vera e propria sfida per i lettori, che mettono alla prova se stessi spaziando attraverso generi ed autori differenti. Vengono stabilite delle categorie, per ognuna delle quali è prevista una lettura, e la prova si ritiene completata quando è stata terminata l’intera lista di obiettivi. 

SFIDE A PREMI: Molto simili alle reading challenge, ma con alcune differenze sostanziali. Gli obiettivi vengono assegnati di volta in volta dall'organizzatore che, al termine dell’evento, basandosi su alcuni criteri (rapidità, punteggi o, addirittura, casualità), nomina uno o più vincitori ai quali vengono assegnati premi (ad esempio libri, e-book, gift card o segnalibri).

GIOCO LETTERARIO: Un po’ come per i precedenti, anche questo prevede un insieme di regole da rispettare, obiettivi da raggiungere, libri da leggere, premi finali, ecc… Il tutto è posto in modo più divertente e organizzato, come se si trattasse di un vero e proprio gioco in scatola, con la differenza che è il lettore stesso a decidere i propri obiettivi e a scegliere il percorso a lui più congeniale per lo smaltimento, facendo riferimento allo schema di base solo per impostare “l’avventura”. Non vi son limiti temporali, ma una sola regola: dal momento che è stato progettato per smaltire le letture accumulate, si possono comprare libri solo quando il gioco lo richiede.

Quelle appena elencate sono le tipologie più frequenti di sfide letterarie. Ma, se consideriamo il fatto che la fantasia umana è molto sviluppata (e, di conseguenza, quella di chi legge lo è ancora di più), siamo sicuri che col tempo nuovi giochi – sfiziosi ed avvincenti, originali e seducenti – si aggiungeranno ai predecessori, permettendo a tutti coloro che amano i libri di divertirsi con garbo e raziocinio, sentendosi parte di una comunità transnazionale come quella dei lettori di tutto il mondo.

L’amore invisibile, Eric-Emmanuel Schmitt




Ognuno, secondo i propri gusti, predilige un tipo di lettura in particolare e ad esso fa riferimento quando è in cerca di un riparo confortevole. Il cosiddetto porto sicuro, che può essere scelto per genere, autore o anche –perché no?- per grandezza del volume.
Capita, però, di trovarsi faccia a faccia con un libro che mai si sarebbe pensato di leggere: si sente un richiamo magnetico per il titolo e per la copertina, magari rinforzato dal fatto che si conosce la scrittura dell’autore e si ha fiducia nella casa editrice che lo ha pubblicato. Aggiungiamo pure che anche la trama sembra interessante e… TOMBOLA! Il libro vince ogni nostra resistenza e ci convince prima all'acquisto e poi alla lettura (rigorosamente immediata). L'amore invisibile è una raccolta di racconti che sembra scritta apposta per chi i racconti non li ama e potrebbe essere un’ottima scelta quando si vivono dei momenti di difficoltà, bui, e si ha bisogno di una luce che rischiari il sentiero. Il testo si compone di cinque storie, di varia lunghezza, attraverso le quali viene narrato l’amore in tutte le sue forme: non solo come sentimento tra innamorati, ma anche come affetto per sconosciuti, legame tra genitori e figli, come fiducia nell'umanità ritrovata grazie ad un cane e altre vie particolari; non è mai quel rapporto che potrebbe risultare diretto, scontato e banale. Al contrario, e qui si vede l’abilità dell’autore: Schmitt riesce a catturare le emozioni del lettore, tenendolo attaccato pagina dopo pagina, riuscendo a descrivere magistralmente situazioni e personaggi nonostante la brevità della narrazione. Insomma, si tratta di una lettura che avvolge come un abbraccio nei momenti di sconforto e che riscalda come un sorso di tè caldo in una gelida sera d’inverno.

lunedì 26 febbraio 2018

Sorgo rosso, Mo Yan



Sorgo rosso, Mo Yan

Che Mo Yan sia uno dei più grandi scrittori viventi non è un mistero.
Al di là del Premio Nobel per la Letteratura, conferitogli nel 2012, questo scrittore è riuscito a rappresentare magnificamente le contraddizioni di un paese sospeso tra il passato rurale ed un futuro che lo vede nei panni di nuova superpotenza mondiale. 
Dopo aver letto lo straordinario Grande seno fianchi larghi e l’ottimo Le rane, ho affrontato questo romanzo carico di aspettative che, come previsto, non sono rimaste deluse.

Sorgo rosso è, come anticipa l'autore, l’omaggio di un indegno discendente a tutti quegli spiriti eroici e oltraggiosi che ancora oggi vagano negli sterminati campi della Cina. 
Si tratta di un potente affresco della storia cinese tra gli anni Trenta e Settanta del secolo scorso. La vicenda è raccontata in prima persona da un ragazzo della provincia che, attraverso una narrazione contemporaneamente cruda e poetica, ripercorre i drammi della propria famiglia alternando sapientemente flashback e anticipazioni di ciò che accadrà. Dall'epoca del banditismo, passando attraverso la cruenta invasione giapponese fino ad arrivare al momento della Rivoluzione Culturale, assistiamo alla storia di un popolo capace di affrontare con eroismo e impassibilità le prove più drammatiche imposte dal destino. 

Mo Yan riesce a trasportare il lettore in un’epoca lontana, dai contorni magici e incantati, eternamente sospesa tra realtà e leggenda. Rievocando un passato di eroi, banditi e prodi guerrieri, l’autore costruisce un romanzo monumentale dalle molteplici facce: affascinante e violento, emozionante e granguignolesco, lancinante e commovente.
Nonostante sia spesso difficile comprendere culture diverse dalla nostra e non sempre si riescano a cogliere fino in fondo sfumature e significati nascosti, Sorgo rosso riesce a catturare ed appassionare anche i lettori affetti da "eurocentrismo": la narrazione sovverte la cronologia dei fatti e si presta benissimo per raccontare vicende che, nonostante l’atmosfera onirica, trasmettono uno straordinario valore simbolico.


Consigliato a: tutti coloro che amano la Letteratura con la L maiuscola, qui rappresentata da uno dei maggiori autori contemporanei, capace come non mai di colpire l’anima, il cuore e l’immaginazione dei lettori.


Voto: 8,5/10


venerdì 23 febbraio 2018

Ritratto: Jussi Adler-Olsen

Da alcuni anni a questa parte la fredda Scandinavia è diventata, per tutti gli amanti del thriller, una terra particolarmente fertile. Una nuova generazione di scrittori ha totalmente rivoluzionato la letteratura poliziesca, portando una ventata d’aria fresca in un genere che sembrava ormai procedere col pilota automatico: basti pensare – per fare qualche nome – a Henning Mankell, a Stieg Larsson, a Jo Nesbø o a Camilla Lackberg.Tra i vari autori venuti recentemente alla ribalta, particolarmente interessante è la figura del danese Jussi Adler-Olsen: un autore originale e poliedrico che, prima di dedicarsi alla scrittura, ha lavorato per fumetti, riviste e TV.
Con la serie dedicata alla "Sezione Q", Adler-Olsen ha ottenuto un enorme successo di critica e pubblico, vendendo milioni di copie nel mondo: i suoi romanzi sono stati pubblicati in 36 paesi ed hanno conseguito importanti riconoscimenti.


La storia di fondo:
La Sezione Q, diretta da Carl Mørck, si dedica alla risoluzione dei cosiddetti cold case: vecchi e polverosi casi per cui non è mai stata trovata la soluzione. Si tratta di indagini spesso associate ad avvenimenti brutali e violenti: persone scomparse, omicidi ed enigmi di ogni genere che restano irrisolti per anni… fino al provvidenziale intervento della squadra. Le vicende personali dell’ispettore Mørck, che si dipanano romanzo dopo romanzo, costituiscono una sorta di “filo rosso” che lega tra loro i vari episodi della serie.
Jussi Adler-Olsen alterna spesso dramma ed ironia, intervallando momenti angoscianti e carichi di tensione con altri contraddistinti da episodi comici, a tratti davvero esilaranti.
La narrazione ha un ritmo serrato, senza cedimenti, che ricorda le grande epopee cavalleresche ma anche i serial crime televisivi alla CSI.


I personaggi:
I componenti della Sezione Q sono:
  • Carl Mørck – Ispettore di polizia, capo della Sezione. Nonostante il passato alla Squadra omicidi, non è per niente amato dai colleghi. Ha una situazione familiare abbastanza sgangherata: un’ex moglie piuttosto sciroccata, un figliastro rockettaro e tecnologico, un coinquilino omosessuale ed un collega tetraplegico, di nome Hardy, di cui si sente responsabile. Ha una relazione piuttosto incasinata con Mona, psicologa del dipartimento. È rimasto profondamente segnato dall'indagine, conclusasi tragicamente, in cui il collega Anger ha perso la vita ed il menzionato Hardy è rimasto paralizzato.
  • Assad – Aiutante tuttofare di Mørck. Il suo ufficio è ubicato in uno sgabuzzino delle scope. Goffo ed incompetente solo in apparenza, è un preziosissimo collaboratore, capace di intuizioni geniali nel corso delle indagini. Nonostante asserisca di essere di origine siriana, ha un passato piuttosto misterioso (si percepisce qualche oscuro collegamento con l’Iraq di Saddam Hussein). Colleziona strafalcioni linguistici ed è un inesauribile dispensatore di proverbi sui cammelli.
  • Rose Knudsen – Segretaria di Mørck. Il terzo componente della Sezione Q è un personaggio originale e parecchio instabile. È quasi sempre lei a scegliere, nel calderone dei vecchi casi, l’indagine da portare avanti. Quando perde le staffe si mette in malattia, facendosi sostituire dalla gemella/alter-ego Yrsa, che si dimostra altrettanto efficiente e perspicace.
I romanzi:
I libri che vedono come protagonisti i membri della Sezione Q – pubblicati in Italia da Marsilio – sono sette: La donna in gabbia, Battuta di caccia, Il messaggio nella bottiglia, Paziente 64, L’effetto farfalla, La promessa e il recentissimo Selfie, uscito in Italia lo scorso autunno.
Jussi Adler-Olsen ha dichiarato in una recente intervista di aver voluto compiere una sorta di esperimento: quello di creare “la storia più lunga mai scritta tra le crime stories”. Prima di dedicarsi alla stesura della serie, ha infatti elaborato la sinossi dei vari personaggi – partendo da quella di Carl Mørk e proseguendo con Assad e Rose – costruendo minuziosamente la storia dei membri della Sezione Q. Questa scelta ha permesso all’autore di creare innumerevoli possibilità di interazione all’interno delle trame dei vari romanzi. “Ho messo queste storie in cassaforte e le conosco solo io”, ha ammesso candidamente Adler-Olsen.


Al cinema e in TV:
Finora sono stati realizzati tre film tratti dai primi romanzi della serie (La donna in gabbia, Battuta di caccia e Il messaggio nella bottiglia). Il primo è uscito in Italia col titolo Carl Mørck – 87 minuti per morire.
Zentropa, la casa di produzione che ha acquistato i diritti, ha in programma di portare sul grande schermo anche i romanzi successivi.
Jussi Adler-Olsen ha recentemente ceduto i diritti ad una major statunitense: è imminente la produzione di una serie televisiva incentrata su Carl Mørck ed i suoi collaboratori.


Considerazioni:
Dopo aver presentato per sommi capi gli elementi salienti della serie incentrata sulla Sezione Q, mi sembra doveroso fare alcune valutazioni conclusive.
In primo luogo, vorrei sottolineare la “smitizzazione” dell’eroe compiuta da Adler-Olsen. I protagonisti dei suoi romanzi, infatti, non sono dei semidei infallibili come tanti altri investigatori della letteratura poliziesca: Carl Mørck & c. sono dei veri e propri “freak”, che portano sulla pelle e nell'anima una serie di evidenti menomazioni, che li rendono senz'altro più umani agli occhi di un pubblico contemporaneo che – molto probabilmente – è stanco di eroi senza macchia e senza paura.
Come secondo punto, vorrei evidenziare la dimensione "sociale" dei romanzi di Olsen che – negli interstizi delle trame – arrivano ad affrontare interrogativi dal vasto significato politico e sociale, cercando nel contempo risposte in grado di raggiungere un pubblico più vasto possibile. Politici rampanti e ricchi arroganti, senzatetto abbandonati a se stessi e comunità di Rom si affacciano di volta in volta sulla scena, nel corso dei vari episodi. Queste figure non costituiscono solamente un sapido condimento per il "plot", bensì un ingrediente fondamentale nella riuscita del libro.
Infine, mi sembra essenziale ricordare per l’ennesima volta l’interessante esperimento di coniugare, all'interno di un’unica trama, momenti di enorme gravità con situazioni comiche capaci di strappare una risata anche al lettore più disincantato. Il risultato di questa scelta è evidente: rendere ancora più drammatiche le situazioni descritte, visto il manifesto contrasto tra le circostanze tragiche connesse ad omicidi o rapimenti e l’allentamento della tensione dovuto ad episodi ilari o grotteschi.




(Il doppio asterisco indica l'appartenenza alla rubrica: Ritratti d'autore)

giovedì 22 febbraio 2018

Il richiamo della foresta + Zanna bianca e altre storie di cani, Jack London


Il richiamo della foresta + Zanna bianca e altre storie di cani, Jack London

Edita nella collana dei Minimammut della Newton Compton, questa raccolta contiene due dei più celebri romanzi di Jack London: due opere che col passare degli anni sono entrate a far parte dei classici per l’infanzia, ma che continuano ad appassionare, allo stesso modo, anche il pubblico più disincantato e meno sognatore degli adulti.

In Il richiamo della foresta ripercorriamo la vita di Buck, un cane ormai assuefatto al clima del sud degli Stati Uniti che viene rapito e mandato al Nord come cane da slitta. Affrontando freddo e notevoli privazioni, riuscirà a restare in vita sentendo riemergere, dentro di sé, quegli istinti atavici e primordiali che appartengono alla natura della sua specie.
Nel secondo romanzo, Zanna Bianca, London racconta la storia di un giovane cane lupo e della sua dura lotta per la sopravvivenza. Nelle terre del Grande Nord, ricoperte di ghiaccio e di neve, imparerà a venire a patti con la fame e la paura senza lasciarsi sopraffare dalla natura spietata. Ad un certo punto, l'incontro con l'uomo – un dio sconosciuto ma capace di dominare sul mondo selvaggio - metterà a dura prova il suo istinto e la sua destrezza.

Le trame dei due romanzi sono assolutamente speculari. Se in Il richiamo della foresta assistiamo al manifestarsi della straordinaria forza persuasiva che la natura esercita su Buck, in Zanna bianca osserviamo invece il ritorno alla civiltà di un cane lupo. In entrambe le opere è originale - e del tutto innovativo - il punto di vista narrativo: la storia è raccontata attraverso la prospettiva di un cane che non riveste il ruolo di “spalla” di una figura umana, come invece accadeva in passato, ma diventa unico protagonista della vicenda.
Alla base di entrambi i romanzi è evidente la presenza del principio darwiniano: alla fine la legge del più forte non può essere smentita e solo chi ha la forza e l’indole per resistere alle traversie più difficili è in grado di sopravvivere.  
Sono straordinarie le descrizioni che l'autore propone di luoghi, paesaggi ed atmosfere. La violenza di un mondo selvaggio e crudele, in cui l’unica legge riconosciuta è quella "del bastone e della zanna", viene ricostruita in maniera straordinaria. Allo stesso tempo, è notevole la rappresentazione del contrasto di questo panorama di immense foreste e lastre di ghiaccio con il territorio aspro e violento della società umana: due facce della stessa medaglia che arrivano spesso a sovrapporsi senza mai integrarsi.


Consigliato a: coloro che amano i grandi classici e si appassionano a quelle opere senza tempo in grado di mettere d’accordo il pubblico dei ragazzi e quello degli adulti.


Voto: 8/10



mercoledì 21 febbraio 2018

VIVI E VEGETA – Un Noir Vegetariano, S. Simeone e F. Savino


Oggi facciamo la conoscenza di una graphic novel un po' particolare, che unisce il noir alla critica sociale, recuperata lo scorso anno a Tempo di Libri (fiera letteraria di cui, tra l'altro, si terrà a breve la seconda edizione).

Titolo: VIVI E VEGETA – Un Noir Vegetariano
Autori: S. Simeone e F. Savino

Editore: Bao Publishing
Pagine: 168

Prezzo: € 17.00

copertina: regular oppure variant limitata numerata (500 copie)



Ingredienti e procedimento:
tratto di buona qualità
scelta dei colori adeguata
fantasia q.b.
un pizzico di ironia
qualche colpo di scena

Mescolare tutto in un contenitore abbastanza grande, possibilmente senza far formare “grumi da pregiudizio”, ed ecco qui la Graphic Novel di cui parliamo oggi.

Piante e Fiori hanno deciso di separarsi dal mondo degli umani, dai quali ormai sono considerati come alimenti. Hanno cominciato a vivere in Distretti a loro riservati: quello delle Rose, che si sono accaparrate un quartiere esclusivo, quello dei Fiori e quello delle Piante, che risiedono in luoghi separati in quanto mal viste dagli altri due gruppi.
Cosa succede, allora, quando il cactus Carl si trova costretto ad andare al Distretto dei Fiori per cercare la fidanzata scomparsa?
Il nostro protagonista, abituato a vivere al sole del deserto, non viene di certo accolto in maniera calorosa: piove e nessuno lo vuole lì. Riuscirà, tuttavia, a ribaltare la situazione e ottenere il meritato rispetto.

Ci troviamo di fronte ad una graphic novel che mescola tematiche sociali ad elementi caratteristici del noir, adattando comportamenti umani in forma orto-floreale ed alleggerendo il tutto con un fondo di ironia.
A rivestire particolare importanza è il tema del “diverso”. Nello specifico, il cactus protagonista viene visto dai fiori come un estraneo: uno straniero considerato con sospetto e diffidenza in quanto potenziale ladro di risorse.
Un secondo argomento da evidenziare riguarda la separazione di gruppi etnici. I fiori e le piante diventano vere e proprie metafore dell’umanità, riproponendo gli stessi limiti e preconcetti purtroppo esistenti nel quotodiano.
Altri aspetti di critica sociale vengono a galla esaminando il comportamento del gruppo degli antagonisti. Al suo interno troviamo una setta (gli adoratori dello scalogno), due fratelli girasoli dalla connotazione mafiosa e un boss che si diletta con innovative tecniche di tortura (attenzione al minipimer!).
Puntando i riflettori sulla figura del protagonista, invece, ci rendiamo conto di come anche i muri più ostili possano essere abbattuti. Carl ci dimostra che pure le situazioni più difficili sono risolvibili: per raggiungere l’obiettivo prefissato, infatti, basta procedere lungo il proprio cammino senza dare troppo peso agli ostacoli e alle distrazioni che si presentano.




Originalissima è la costruzione dei personaggi: tutti i vegetali hanno un aspetto antropomorfo, rappresentato da un corpo umano con testa ed altri elementi che riprendono caratteristiche floreali od ortofrutticole.
Dal punto di vista grafico, i tratti sono essenziali ma con una particolare attenzione per il dettaglio. La scelta di toni accesi conferisce alle atmosfere ed agli sfondi un aspetto irrealistico, quasi da “cartoon”, e trasmette al lettore un senso di energia.

Le graphic novel sono un genere spesso sottovalutato. Questo volume – che nasce come web comic – ci dimostra invece che possono comunicare messaggi importanti.
Un piccolo consiglio di degustazione:
Da questo momento in avanti, quando vi troverete di fronte ad una graphic novel, prima di dire “è una storiella per bambini” accertatevi almeno di essere al sicuro dai minipimer!



martedì 20 febbraio 2018

Tutto quello che non ricordo, Jonas Hassen Khemiri

Poiché inizierà a breve il festival dei Boreali, mi sembra opportuno recuperare la recensione di un testo portato in Italia lo scorso anno da Iperborea.


Questo libro parla di Samuel, un giovane che ha perso tragicamente la vita e la cui figura viene costruita a poco a poco da tutte le persone che lo conoscevano.

La struttura del romanzo è particolare: la suddivisione in capitoli è funzionale alla narrazione e permette di dedicare l’opportuno spazio ai vari personaggi che entrano in scena di volta in volta.
Il racconto dell’amico di Samuel ci accompagna per tutto il libro e si alterna con le testimonianze di altre persone, intervistate dallo scrittore nell'intento di dare forma, pagina dopo pagina, alla vita del ragazzo e scoprire ciò che si nasconde dietro la sua morte.
I personaggi che scorrono davanti agli occhi del lettore sono ben costruiti, ognuno celato dietro ad una sorta di maschera che nasconde la sua vera personalità: una dissimulazione che emergerà pian piano dall’accostamento di racconti tra loro discordanti.
Notiamo così che Samuel possedeva un’indole camaleontica che gli permetteva di modificare il suo modo di essere a seconda delle persone con cui entrava in contatto; Laide, la fidanzata, si dimostra un’antipatica e arrogante depositaria della verità assoluta (devo dire che un odio così intenso l’avevo provato solo per Edith, la moglie del famoso Stoner di John Williams); Vandad, l’amico del ragazzo, è un pezzo di Marcantonio che sembra non rendersi conto della sua stazza e della soggezione che la sua imponenza fisica può provocare negli altri.
Proseguendo nella disamina delle altre comparse, incontriamo la Pantera – una ragazza totalmente folle, come dev’essere ogni artista che si rispetti – e la nonna di Samuel, che riesce a far sorridere con i suoi offuscamenti di memoria dovuti all’età avanzata.
Lo scrittore, che ha un passato di autore teatrale, agisce dietro le quinte di questo spettacolo come una sorta di deus ex machina e, alla fine della rappresentazione, fa l'ingresso sulla scena per recitare la sua parte e dare un senso all’intera opera.

Nel complesso il romanzo è piuttosto gradevole, seppur non privo di difetti. Dopo un inizio un po’ difficile, in cui si corre il serio rischio di perdersi tra le varie voci narranti, il lettore riesce a trovare la strada giusta per destreggiarsi tra le parti, immergendosi nella storia. Il testo si sviluppa in maniera sempre più coinvolgente creando aspettative forse un po’ troppo alte, tanto che alla fine ci si ritrova a pensare: “ma come, è davvero tutto qua?”
Nonostante la lunghezza dei capitoli, la divisione in brevi paragrafi aiuta a riordinare le idee e a rendere la lettura più veloce e scorrevole.

La scelta editoriale del formato, caratteristica di Iperborea, è allo stesso tempo originale e intelligente: le pagine, più strette rispetto al modello classico, implicano una disposizione del testo che l’occhio riesce a leggere senza troppi affaticamenti.
E’ molto interessante la scelta grafica: l’immagine di copertina si estende al retro del libro con il medesimo disegno, ovvero una serie di casette indistinguibili l’una dall’altra, ma mostrando un cambiamento cromatico che lascia libero spazio all’interpretazione.



Personalmente, ritengo che il disegno voglia rappresentare un cambiamento assoluto, come il passaggio dal giorno alla notte. Una visione alternativa potrebbe invece sollecitare nel lettore una maggiore attenzione ai dettagli, con un monito del tipo: “Attenzione! Alla luce le cose sembrano essere andate in un certo modo, ma è nell’ombra che si cela la verità dei fatti.”

lunedì 19 febbraio 2018

Cartoline dalla fine del mondo, Paolo Roversi


Cartoline dalla fine del mondo, Paolo Roversi

Il giornalista/hacker Enrico Radeschi è davvero un bel personaggio: originale, simpatico e pieno di talento investigativo, sta a metà strada tra il Professor Langdon di Dan Brown e gli investigatori del noir classico.
È un vero piacere seguirlo, a bordo del suo Giallone (una vecchia vespa ridipinta di giallo), mentre si inoltra in un’indagine difficile, condotta nella Milano del dopo Expo: una metropoli moderna e cosmopolita che sa essere allo stesso tempo infida ed ambigua.
Ma partiamo dalla trama…
  
Nel corso di un party che si svolge all'interno dell’Arengario – la sede del museo del Novecento - uno degli invitati muore improvvisamente davanti a Il quarto stato, il celebre dipinto di Pellizza da Volpedo. A rivendicare il delitto, interviene un misterioso hacker che si fa chiamare Mamba Nero. Il vicequestore Loris Sebastiani si rende conto che l’unico in grado di risolvere il mistero è Enrico Radeschi, resosi irreperibile da più di otto anni. Decide così di contattare l’amico al fine di coinvolgerlo in un’indagine irta di pericoli: dovrà cercare di individuare un assassino implacabile che non fa sconti a nessuno e non intende fermarsi di fronte a niente.

Il libro è scorrevole ed avvincente. Sostenuto da un ritmo incalzante, tiene il lettore letteralmente incollato alle pagine. Con la sua straordinaria acutezza e la sua aria da nerd un po’ stagionato, Radeschi è un personaggio a cui ci si affeziona immediatamente: un detective diverso dai soliti e che, grazie alla sua capacità di superare timori e idiosincrasie, risulta più credibile di tanti poliziotti senza macchia e senza paura a cui la letteratura di genere ci ha abituati.
All'interno della trama, scorgiamo un interessante monito che riguarda il "controllo" a cui ciascuno di noi è quotidianamente sottoposto. Sì, perché l’evoluzione tecnologica e quella informatica mostrano un importante rovescio della medaglia: nel mondo di oggi ogni nostro gesto diventa perfettamente tracciabile ed è impossibile sfuggire a questo grande fratello che, con le sue enormi potenzialità, riesce ad individuare chiunque abbia la presunzione di sentirsi al sicuro.  


Consigliato a: coloro che vogliono scoprire uno dei personaggi più interessanti del noir di casa nostra e a tutti i lettori che amano i gialli adrenalinici e carichi di suspense.   


Voto: 7,5/10


venerdì 16 febbraio 2018

Breve storia del giallo italiano: da Augusto De Angelis a Antonio Manzini (Terza parte)


Dopo aver analizzato, nei due articoli precedenti, quella che è stata la lenta ma progressiva affermazione del Giallo italiano… non potevamo terminare senza lasciare un po’ di spazio agli autori contemporanei.
Sembra quasi uno scherzo del destino, ma il romanzo poliziesco di casa nostra – che per anni è stato trascurato/disprezzato/sminuito - dimostra oggi una vitalità al di fuori del comune, tanto da essere diventato l’unico Genere Letterario capace di tenere in piedi il traballante mercato editoriale.
Col passare del tempo il numero degli ispettori e commissari nostrani si è moltiplicato in maniera esponenziale; abbiamo così fatto la conoscenza di personaggi originali, ben caratterizzati ed inseriti in un contesto geografico che molto spesso assume una rilevanza non secondaria all'interno della storia. Alcuni di loro sono divenuti eroi delle fiction TV, arrivando a competere con modelli stranieri che, fino a poco tempo prima, erano predominanti.
Gli autori italiani meritevoli di attenzione sono davvero numerosi e, mai come in questo caso, risulta difficile operare una scelta che non faccia torto a nessuno. Abbiamo però puntato il riflettore sui cinque scrittori che, probabilmente, hanno avuto il maggior impatto sulla definitiva consacrazione della crime fiction italiana.
Detto questo… non ci resta altro da fare che andare alla loro scoperta.

Gli anni del successo
   

Sandrone Dazieri (1964):
Oltre ad essere scrittore è sceneggiatore di numerose fiction tv (tra cui ricordiamo RIS Roma e Squadra antimafia). Ha esordito nella narrativa nel 1999 con il romanzo Attenti al Gorilla, il primo di una serie noir che ha come protagonista un detective soggetto a sdoppiamenti di personalità,  che oltre ad essere omonimo dell’autore condivide anche parte della sua biografia.
Successivamente, con il volume Uccidi il padre (2014), si è dedicato ad una nuova serie incentrata sulla poliziotta Colomba Caselli e sul suo stravagante collaboratore Dante Torre, di cui è imminente l’uscita del terzo episodio.
Ha rivestito la carica di direttore della celebre collana dei Gialli Mondadori e quella  di direttore dei Libri per Ragazzi del medesimo gruppo editoriale. I suoi romanzi sono tradotti in venti Paesi.

Marco Malvaldi (1974):
Ricercatore presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa, ha esordito nella narrativa nel 2007 con il giallo La briscola in cinque pubblicato dalla casa editrice Sellerio.
Con questo romanzo ha dato il via alla serie del BarLume, di cui i personaggi principali sono il barista Massimo, gli anziani frequentatori del bar (Ampelio, Aldo, il Rimediotti e il Del Tacca) ed il commissario Fusco. Visto lo straordinario successo, a partire dal 2013 dai libri è stata tratta una serie televisiva intitolata I delitti del BarLume.
Il punto di forza delle opere di Malvaldi è rappresentato, oltre che dai personaggi, dallo spiccato senso dell’umorismo. Seguendo il percorso tracciato dal maestro Camilleri, che ha sdoganato un certo tipo di scrittura, l’autore ha fatto spesso ricorso allo strumento del dialetto che, nelle bocche degli anziani protagonisti, produce esiti esilaranti.  

Maurizio De Giovanni (1958):
Napoletano purosangue, nel 2005 partecipò a un concorso riservato a giallisti emergenti con un racconto ambientato nella Napoli degli anni trenta intitolato I vivi e i morti. Questo racconto, successivamente, divenne la base del romanzo Le lacrime del pagliaccio (edito da Graus nel 2006) che fu ripubblicato l'anno successivo con il titolo Il senso del dolore e rappresenta il primo episodio della serie di inchieste del Commissario Ricciardi. La caratteristica principale di questo poliziotto, da lui chiamata "il Fatto", è quella di poter percepire le ultime parole e sensazioni delle vittime di morta violenta e di scorgerne il fantasma sul luogo del delitto che si fa via via più evanescente.
A partire dal 2013, De Giovanni ha affiancato a quella di Ricciardi una seconda serie intitolata I bastardi di Pizzofalcone: un “police procedural” ispirato all'87º Distretto di Ed McBain, da cui è stata recentemente tratta una fiction televisiva di successo andata in onda su Rai 1.


Donato Carrisi (1973):
Dopo essersi laureato in giurisprudenza con una tesi su Luigi Chiatti, il Mostro di Foligno, si è specializzato in criminologia e scienza del comportamento. Gli studi condotti hanno avuto un peso notevole nella genesi dei suoi romanzi: le indagini descritte nei libri sono frutto di un meticoloso lavoro di ricerca da parte di Carrisi, che ha trasfuso le sue conoscenze della materia nell'ambito della crime fiction.
Ha iniziato la sua fortunata carriera con Il suggeritore, il primo episodio dedicato all'investigatrice Mila Vasquez (Longanesi nel 2009), con cui ha vinto il Premio Bancarella.
In seguito, ha affiancato a questa serie un secondo ciclo imperniato sui personaggi di Marcus e Sandra, che comincia con il romanzo Il tribunale delle anime (2011).
All'attività di scrittore ha affiancato quella di giornalista – scrive per il Corriere della sera – e quella di sceneggiatore, sia per la tv che per il cinema.

Antonio Manzini (1964):
Prima di dedicarsi alla scrittura, ha lavorato come attore cinematografico e televisivo ed è stato sceneggiatore di alcuni film di successo (tra cui ricordiamo Come Dio comanda di Gabriele Salvatores del 2008).
Con Pista nera (Sellerio, 2013) ha dato il via alla fortunatissima serie di romanzi che ha come protagonista il Vicequestore Rocco Schiavone: un poliziotto romano trapiantato ad Aosta che ormai è diventato il beniamino di milioni di lettori. Burbero, cinico e sarcastico, amante del loden e delle Clarks (che indossa nonostante le ostili condizioni atmosferiche) questo personaggio è poco avvezzo ai compromessi ed agisce al di fuori degli schemi, scontrandosi spesso col potere.
Il grande successo di pubblico ha fatto sì Rocco Schiavone diventasse una serie televisiva di successo, trasmessa recentemente su Rai 2.

Ed eccoci arrivati alla fine…
Siamo partiti da Augusto De Angelis e dal suo Commissario De Vincenzi per approdare a quello che ormai è considerato il Rocco nazionale, ideato dalla fantasia di Antonio Manzini. Cos'altro resta da dire?
Il Giallo di casa nostra si sta dimostrando più vivo che mai, pronto ad accogliere sotto il suo mantello quegli autori che – utilizzando lo strumento della serialità – si dimostrano pronti a regalare al pubblico nuovi personaggi carismatici ed affascinanti... personaggi a cui, volente o nolente, chiunque finisce per affezionarsi.   




Breve storia del giallo italiano: da Augusto De Angelis a Antonio Manzini (Seconda parte)


È nota a tutti la storia del brutto anatroccolo destinato a trasformarsi in un cigno meraviglioso.
Le vicende del giallo di casa nostra non sono poi troppo diverse: dopo anni difficili, vissuti "in trincea" per difendersi da accuse di vacuità ed inconsistenza, la letteratura poliziesca italiana è improvvisamente uscita dalle zone d’ombra in cui pareva confinata per accaparrarsi le luci della ribalta.
Se dobbiamo cercare le radici di questo successo  – giunto in maniera del tutto inaspettata – non possiamo di certo sottovalutare l’importanza di alcuni personaggi che, nati quasi per scommessa, sono stati in grado di penetrare l’immaginario collettivo diventando vere icone della narrativa. Dal Commissario Montalbano in avanti, infatti, la crime-fiction si è arricchita di una serie di nuovi protagonisti capaci di catturare le simpatie del lettore più disincantato, diventando nel contempo simboli di un’italianità esemplare. Poliziotti e Marescialli dell’Arma, Avvocati e Magistrati si sono così trasformati da mere figure istituzionali nello strumento attraverso cui la nuova generazione di autori è riuscita a raccontare il Paese dei nostri giorni, con tutte le sue contraddizioni e le sue peculiarità.
In questa seconda parte ci occuperemo degli scrittori che, facendo tesoro degli insegnamenti dei precursori, sono riusciti a “sdoganare” definitivamente un genere troppo spesso sottovalutato, ritenuto precipitosamente una sorta di "fratello minore" della detective story d’oltreoceano.
Anche in questo caso, limitare la scelta ad appena cinque nomi non è per niente facile: sono davvero tanti i giallisti che, incuneandosi nel solco di una tradizione recente ma ormai consolidata, hanno regalato al pubblico romanzi memorabili, in grado di coniugare la tensione del poliziesco con elementi tipici del "sentire comune" italiano. Faremo comunque questo tentativo, accendendo il riflettore su cinque scrittori che hanno fornito un innegabile contributo alla crescita e alla stabilizzazione di un certo tipo di letteratura che, da qualche anno a questa parte, si è trasformata in una delle chiavi di volta su cui poggia l’intero mercato editoriale.      

Il consolidamento di un genere


Andrea Camilleri (1925): 
Il 1994 rappresenta una data-chiave nella storia del poliziesco italiano. In quell'anno viene pubblicato La forma dell’acqua, primo romanzo incentrato sulla figura del Commissario Montalbano. L’autore, Andrea Camilleri, è vicino alla soglia dei settant'anni ed ha alle spalle un passato di sceneggiatore/regista. Con un linguaggio originalissimo, basato su una commistione di italiano e siciliano, lo scrittore inventa un nuovo tipo di romanzo in cui la trama gialla si interseca con uno stile narrativo da "commedia all'italiana". Sarà il primo libro di una lunga serie, ambientata nell'immaginaria cittadina siciliana di Vigata.
Salvo Montalbano è un poliziotto dal carattere un po’ burbero, ma che sa essere anche gentile e comprensivo. Si trova ad indagare sui più svariati eventi criminosi della sua terra, che si tratti di delitti di stampo mafioso, di omicidi o di rapimenti. Unendo la forza dell’ingegno allo spirito di abnegazione, il commissario siculo riesce di volta in volta a ricostruire la realtà dei fatti, trovando la giusta soluzione.
Il successo di pubblico di Camilleri è stato strepitoso, tanto da fare di lui il vero fenomeno letterario degli ultimi decenni. Questo trionfo di popolarità non ha mai avuto, però, adeguati riscontri da parte della critica nostrana, che ha sempre mostrato nei suoi confronti un malcelato snobismo: di volta in volta le accuse sono state di stucchevolezza, di faciloneria o di una patologica assenza di disincanto. Al di là delle accuse mosse dai detrattori, è importante sottolineare come questa assenza di sacralità, questo tentativo di voler sdrammatizzare a tutti i costi, lo fanno avvicinare ad alcuni grandi della letteratura mondiale quali Georges Simenon e Graham Greene.
In sintesi, Andrea Camilleri rappresenta uno spartiacque tra ciò che c’era prima e ciò che avverrà successivamente: dopo la sua comparsa, il giallo italiano non sarà più lo stesso.

Carlo Lucarelli (1960): 
Personaggio poliedrico, che ha rivestito con successo il ruolo di regista, sceneggiatore, giornalista e conduttore televisivo (oltre ovviamente a quello di scrittore), rappresenta il primo grande "sperimentatore" nell'ambito della crime-fiction nostrana: ha attraversato sottogeneri diversi del giallo, riuscendo sempre a far presa sull'esigente popolo dei lettori.
Con la serie dedicata al Commissario De Luca, Lucarelli ha puntato sul romanzo a sfondo storico, operando una riuscita fusione tra l’invenzione letteraria e le solide basi documentali a cui ha attinto. Ambientate tra il 1945 e il 1948 – dagli ultimi istanti della Repubblica di Salò alla nascita della Repubblica Italiana – le vicende di De Luca sono legate ad inchieste in cui la storia e la cronaca nera diventano inscindibili.
Il personaggio di Coliandro – un poliziotto con caratteristiche profondamente diverse da quelle degli investigatori tradizionali – rientra invece in quel filone di giallo all'italiana in cui gli elementi da commedia arrivano di frequente a contaminare la trama poliziesca. Il poliziotto, pasticcione ed impulsivo, si trova spesso alle prese con vicende delittuose e complotti eversivi, a cui riuscirà nonostante tutto a dare un’adeguata risposta.
I romanzi con protagonista Grazia Negro strizzano invece l’occhio al thriller americano: le indagini narrate riguardano la ricerca di spietati serial killer dai nomi terrificanti (l’Iguana, il Pitbull), con la poliziotta specializzata nel dar loro la caccia.
Se bisogna trovare un tratto in comune tra i vari romanzi – spesso differenti per epoca storica, caratterizzazione dei personaggi e accentuazione drammatica – possiamo denotare come Lucarelli riesca sempre ad estrapolare l’essenza della società contemporanea: quello che rappresenta il "succo sociale" del nostro tempo ovvero dell’epoca evidenziata di volta in volta all'interno della vicenda.


Massimo Carlotto (1956): 
Molto amato da pubblico e critica, è considerato come uno dei migliori scrittori di noir e hard boiled a livello internazionale. Il suo personaggio più noto è quello dell’Alligatore, ovvero Marco Buratti, un originale detective privato che assume incarichi che gli altri investigatori non accetterebbero per niente al mondo.
Il quadro che scaturisce dai romanzi di Carlotto è quello di una società ormai priva di valori morali, che non è più in grado di riconoscere il senso del limite ed in cui si sviluppa una smodata propensione ad agire in maniera violenta e sconsiderata. Le vicende narrate sono spesso ambientate nel ricco nord-est: in quel territorio che è considerato come la realtà economica portante dell’intero "Sistema-Italia". L’autore individua all'interno delle sue opere una sorta di "zona grigia": una terra di nessuno in cui la criminalità organizzata entra in collusione con le istituzioni politiche e con i rappresentanti del grande capitale.
Ma l’importanza di Carlotto all'interno del giallo nazionale non si ferma qui. Va sottolineata la sua indubbia abilità di talent-scout: con l’ideazione della collana Sabot/Age delle Edizioni e/o, con cui ha dato il via ad un interessante esperimento – quello di utilizzare il romanzo di genere per raccontare la società che ci circonda – ha fatto conoscere ai lettori autori emergenti come Piergiorgio Pulixi e Matteo Strukul (per citare due nomi a caso).
Inoltre, non può essere sottaciuta la sua attenzione per il noir d’oltre confine: è stato proprio lo scrittore di origine padovana ad introdurre in Italia i romanzi di Jean-Claude Izzo, un autore con cui mostra parecchie similitudini e di cui può essere considerato, a torto o ragione, il continuatore dell’opera.
Ambientando i propri romanzi all'interno della realtà quotidiana, Carlotto è riuscito a restituire alla narrativa poliziesca alcuni quarti di nobiltà, dimostrando che il noir può diventare il genere più adatto per interpretare a fondo la crisi contemporanea.

Giorgio Faletti (1950-2014): 
Nel 2002 riuscì a stupire l’intero mercato editoriale pubblicando il suo primo thriller: Io uccido. Il successo fu notevole, con oltre quattro milioni di copie vendute.
Faletti non era certo uno sconosciuto per il pubblico italiano: aveva alle spalle una solida carriera di attore, di comico e di cantautore (con all'attivo un clamoroso secondo posto al Festival di Sanremo).
Con questo romanzo riuscì a dare un’ulteriore scossa ad un genere che, dopo l’avvento di Camilleri, era in fase di prepotente decollo.
Sebbene i lettori accorressero in massa ad acquistare i suoi libri, la critica si mostrò fredda – se non del tutto ostile – nei suoi confronti. Ad esempio, Pietro Citati (che rappresenta l’archetipo  del vecchio critico colto e noioso) affermò senza peli sulla lingua che “piuttosto che leggere Faletti sarebbe meglio non leggere niente”.
Non stiamo qui a discutere il valore letterario dei suoi romanzi, questo esula totalmente dal compito dell’articolo. L’importanza dello scrittore piemontese all'interno della narrativa del nuovo millennio non può però essere passata sotto silenzio.
Faletti arrivò in un momento opportuno: il terreno era già fertile affinché un autore di thriller raggiungesse il grande successo. Nonostante il contenuto dei suoi libri non fosse del tutto innovativo (tematiche e vicende sono simili a quelle di alcuni autori americani, come Jeffery Deaver ad esempio), l’ex comico ha assestato il colpo decisivo, quello che ha aperto la strada ad una serie di seguaci/emulatori che hanno portato il giallo di casa nostra a primeggiare all'interno del mercato librario.
I romanzi di Giorgio Faletti – ripetiamo – possono piacere o no, ma l’impulso dato ad un genere in forte ascesa mediatica e commerciale è evidente al di là di ogni minimo dubbio.

Gianrico Carofiglio (1961): 
Con alle spalle un passato in Magistratura (è stato Pretore, Pubblico Ministero ed ha svolto le funzioni di Sostituto Procuratore alla DIA di Bari), ha esordito nella narrativa con Testimone inconsapevole. Con questo romanzo si può dire che Carofiglio abbia aperto il filone del legal thriller all'italiana (un genere che, fino a quel momento, era esclusivo appannaggio di autori americani come John Grisham e Scott Turow), adattando le tortuosità procedurali del processo penale alle vicende di casa nostra.
Protagonista dei suoi romanzi è l’avvocato Guido Guerrieri: un antieroe moderno, introverso, malinconico ed amante della boxe, che si avventura spesso in cause disperate. Le sue vicende si svolgono in una Bari raffinata e allo stesso tempo underground, che rappresenta una sorta di "Milano del sud": il teatro ideale per rappresentare storie di crimini che giungono a turbare la tranquilla realtà cittadina.
Come è avvenuto per altri suoi colleghi di cui abbiamo parlato in precedenza, il successo di pubblico non è stato supportato dall'appoggio della critica: molto spesso l’autore è stato accusato di essere ripetitivo e sopravvalutato.
Al di là dei giudizi personali, non va però scordata l’abilità di Carofiglio nel trattare in maniera convincente delle tematiche che, pur non essendo del tutto nuove, riescono ad arrivare al cuore della gente. E ad accompagnare la narrazione, romanzo dopo romanzo, percepiamo quella languida sfumatura di ineluttabilità che segna una sorta di "discesa all'inferno" del protagonista.
L’autore mostra l’invidiabile capacità di prendere per mano il lettore e di condurlo sull'orlo di un baratro: solo per questo meriterebbe un posto di rilievo all'interno della letteratura del nostro paese.

E siamo arrivati agli albori del ventunesimo secolo...
Abbiamo assistito, in poco più di cinquant’anni, alla nascita e presa di coscienza di un genere che, partendo da una posizione di nicchia (quasi carbonara, in un certo senso), è giunto a risultati insperati, sconfinando talvolta nei territori della cosiddetta "alta letteratura".
Negli ultimi anni sono innumerevoli gli scrittori che sono arrivati al successo, seguendo il percorso tracciato da De Angelis e Scerbanenco. Nomi come quelli di Antonio Manzini e Maurizio De Giovanni, di Marco Malvaldi e Donato Carrisi sono ormai sulla bocca di tutti: costituiscono l’ultima generazione di giallisti, quella capace di sfornare il best-seller di rito in ogni stagione.
È importante non dimenticare, però, il lungo percorso che sta alle loro spalle: una strada costellata di sassi e di buche che alcuni audaci pionieri sono riusciti ad attraversare, preservando il poliziesco italiano affinché giungesse fino a noi.


Gio*

Breve storia del Giallo Italiano: da Augusto De Angelis a Antonio Manzini (Prima parte)


Sarebbe sbagliato dare tutto per scontato.
Anche se oggi la letteratura gialla di casa nostra è all'avanguardia e continua a colonizzare le classifiche di vendita, non è sempre stato così.
Prima dell’avvento di Manzini e De Giovanni, di Carrisi e Malvaldi, il romanzo di genere, nel nostro paese, ha vissuto una lunga e lenta evoluzione, fatta di improvvisi balzi in avanti ma anche di pericolosi momenti di stallo che hanno rischiato di comprometterne l’esistenza.
Basti pensare a ciò che accadeva poco più di una ventina di anni fa, quando Loriano Macchiavelli doveva nascondersi dietro il nom de plume di Jules Quicher ed un autore statunitense di chiara origine italiana come David Baldacci doveva scegliersi lo pseudonimo di David B. Ford: insoliti stratagemmi per aggirare lo "sprezzo" con cui, solitamente, venivano trattati gli italiani che si cimentavano nella letteratura poliziesca.
Nonostante – dicevamo poc'anzi – il successo meritatamente raggiunto, il percorso che ha condotto a questa eroica situazione non è stato per niente facile: aspro, tortuoso, accidentato, è stato costellato di geniali scoperte ma anche di improvvisi ripensamenti, che ne hanno rallentato la crescita ma, in un certo senso, l'hanno anche reso più forte ed autonomo all'interno di quel grande circo mediatico rappresentato dal panorama internazionale.
L'intento di questo articolo è quello di selezionare dieci autori che si sono rivelati fondamentali per la nascita, lo sviluppo ed il consolidamento della crime-fiction nostrana. Certo, è importante sottolineare che vigorosi ed incisivi contributi sono giunti – forse inaspettatamente – da scrittori "non di genere", quali Carlo Emilio Gadda, Leonardo Sciascia e Umberto Eco. In questa sede, però, ci limiteremo a parlare dei "giallisti purosangue", coloro che hanno dedicato la loro esistenza al poliziesco e, a modo loro, si sono ricavati un posticino nella storia della letteratura contemporanea.
Idealmente, possiamo operare una distinzione in tre gruppi: quello composto dagli scrittori che hanno di fatto creato il genere, lottando contro tutto e tutti per la sua affermazione; quello dei loro successori, che hanno contribuito al suo definitivo assestamento; e quello degli autori di oggi, che svettano nelle classifiche di vendita. 
Qualcuno forse storcerà il naso di fronte a qualche dimenticanza: sono davvero tanti gli autori che meriterebbero un posto al sole in questa lista, tutt'altro che esaustiva. Siamo però convinti che gli scrittori prescelti siano fondamentali per raccontare la storia di un filone narrativo che, passo dopo passo, è diventato uno dei fiori all'occhiello dell’editoria nazionale.

Nascita e crescita di un genere    


Augusto De Angelis (1888-1944):
Questo autore può essere considerato il padre putativo del giallo italiano. Nei duri anni del Regime fascista creò il Commissario De Vincenzi: un funzionario esperto e competente, capace di destreggiarsi in un’epoca impregnata fino al midollo dall'ortodossia burocratica e costellata da guerre patriottiche. De Angelis scrisse i suoi romanzi in un periodo storico  particolarmente difficile e dovette navigare a vista tra i frangiflutti della retorica, imposta violentemente dall'alto, subendo spesso le ritorsioni della censura mussoliniana (perché non era gradito, in quell'ostentata età dell’oro, che si parlasse di crimini e misfatti). Il genere noir veniva guardato con sospetto dal regime, in quanto ritenuto un prodotto della degenerata cultura anglo-sassone: De Angelis fu dapprima arrestato con l’accusa di antifascismo e, successivamente, aggredito da un repubblichino in seguito a una banale discussione. Morì pochi giorni dopo a causa delle percosse ricevute.
De Angelis può essere assimilato ad una variante piuttosto letteraria e poetica del modello Maigret. Il suo commissario si muove nella Milano fascista, umida e nebbiosa, circondata da orrendi palazzi in stile liberty, stracarichi di curve e svolazzi. Dopo un periodo di oblio, fu riscoperto nel 1963 da Oreste Del Buono e ancora oggi i suoi romanzi appaiono attuali ed intriganti, capaci di coniugare la trama gialla con il ritratto di un’epoca.

Giorgio Scerbanenco  (1911-1969):
Di origine russa, incredibilmente prolifico, ha spaziato tra una marea di generi diversi. Fu però con il poliziesco che raggiunse la meritata fama: ancora oggi è considerato come uno degli scrittori più importanti della letteratura gialla oltre che il maestro di quella generazione di autori italiani venuta alla ribalta a partire dagli anni settanta del secolo scorso.
I suoi romanzi –  riletti a distanza di anni – rappresentano un quadro piuttosto bruciante e doloroso degli anni ’60, mostrando l’immagine di un paese difficile, desideroso di risollevarsi dalla polvere ma al tempo stesso pregno di disillusione, e pertanto lontano anni luce da quell'apparenza piena di lustrini che spesso veniva associata agli anni del boom economico.
Scerbanenco può essere considerato il fondatore di quella corrente definita "giallo sociale", che utilizza la letteratura poliziesca come una sorta di “specchio della realtà”. Nei suoi libri è riuscito a sviscerare le contraddizioni di un’Italia in cui si sta sviluppando un nuovo genere di criminalità, sempre più spietata e sanguinaria, fortemente collegata ai meccanismi della politica e del potere.
Tra i suoi personaggi più riusciti, merita di essere ricordato Duca Lamberti: un ex medico radiato dall'ordine, protagonista di quattro romanzi noir (il primo è Venere privata).

Fruttero & Lucentini:
Il sodalizio artistico fra gli scrittori Carlo Fruttero (1926-2012) e Franco Lucentini (1920-2002) ha prodotto – oltre a collaborazioni giornalistiche e traduzioni – alcuni romanzi molto amati dal pubblico.
Il grande successo arrivò nel 1972 con La donna della domenica, un libro ambientato in una Torino quasi metafisica, che da molti è considerato – a torto o ragione – il vero "capostipite" del giallo italiano. Il Commissario Santamaria – che tornerà in un altro romanzo memorabile, A che punto è la notte – è un personaggio affascinante, brillante, intuitivo: un “non torinese”, costretto suo malgrado a interpretare un codice cittadino fatto di gesti, di allusioni e di cose non dette. Nell'omonimo film avrà il volto del grande Marcello Mastroianni.
Le trame dei romanzi di Fruttero & Lucentini sono molto attente alla società e all'evoluzione dei costumi. Molto spesso giungono a sondare il vizio e l’ipocrisia che si nascondono nel cuore della borghesia piemontese, ironizzando sulle sue velleitarie aspirazioni ed arricchendo i dialoghi con esilaranti chiacchiericci.
"Siamo una ditta di onesti artigiani con il culto del lavoro ben fatto" affermarono nel corso di un’intervista. Questa sorta di understatement ha però prodotto, col passare del tempo, uno stuolo di allievi/discendenti che hanno tratto profitto dal loro insegnamento ed hanno dato voce al nuovo romanzo giallo di casa nostra.


Loriano Macchiavelli (1934):
In un’epoca in cui il poliziesco italiano veniva guardato con diffidenza – se non con malcelato scherno – creò una fra le coppie di investigatori meglio riuscita nel panorama del giallo: quella composta da Sarti Antonio, un questurino realistico, coriaceo e leale, ma non particolarmente intuitivo, e Rosas, eterno studente universitario, dotato di una capacità di analisi degna di Sherlock Holmes. Il primo romanzo incentrato sull'anomalo ma azzeccato connubio è Le piste dell’attentato del 1974.
All'interno dei romanzi di Macchiavelli, la città di Bologna non è mai una semplice comprimaria, ma assume il ruolo di protagonista alla pari dei personaggi principali.
Fu tra i primi a battersi in prima persona al fine di creare un’associazione di scrittori italiani di poliziesco, che avrebbe contribuito a smuovere le acque stagnanti del giallo nostrano. Dapprima con Sigma (Scrittori del Giallo e del Mistero Associati) e successivamente con il Gruppo 13, fondato insieme a Lucarelli e Fois, ha dato il la alla grande rinascita del genere, creando le basi per l’avvento di una nuova generazione di scrittori.
Negli ultimi anni ha iniziato una proficua collaborazione con Francesco Guccini – il cantautore di più generazioni – che ha prodotto due interessanti serie: quella che ha per protagonista il Maresciallo Benedetto Santovito e quella incentrata sulla guardia forestale Marco Gherardini, detto “Poiana”.

Renato Olivieri (1925-2013):
Quando nel 1978 pubblicò il suo primo romanzo giallo, Il caso Kodra, il pubblico italiano fece la conoscenza di un nuovo ed interessantissimo protagonista della crime-story: il   commissario Ambrosio (che nella trasposizione cinematografica di uno dei romanzi verrà interpretato da Ugo Tognazzi).
Giulio Ambrosio è un personaggio realistico: introverso, un po’ malinconico, amante del bello e buon conoscitore d’arte (di cui l’autore era grande appassionato). Il suo metodo investigativo è tutt’altro che intuitivo: il commissario è fautore di un sistema di indagini quieto e paziente, che crede sì alle prime impressioni, ma assai di più al racconto dei testimoni del crimine.
I libri di Olivieri, ambientati nella Milano degli anni ‘70/’80, rendono perfettamente l’immagine della città meneghina e sono caratterizzati da atmosfere languide, intense, a tratti melanconiche. Con le sue tangenziali, l’aeroporto, la sua fauna urbana di malviventi, tossici e di luoghi in cui la notte si spara, Milano diventa nelle intenzioni dell’autore una sorta di piccola New York: lo sfondo ideale per delitti cruenti ed efferati.
Per un lungo periodo di tempo i libri di Renato Olivieri sono stati di difficile reperibilità. Negli ultimi anni, però, la sua opera è stata completamente ristampata in una nuova edizione: e così anche i lettori delle nuove generazioni potranno conoscere romanzi indimenticabili come Largo Richini, Villa Liberty, Dunque morranno e Maledetto ferragosto.  

Arrivati al termine di questa prima parte, è necessario fare alcune puntualizzazioni.
In primo luogo, va evidenziato il carattere “regionalista” del giallo italiano. Ogni personaggio di cui abbiamo parlato è strettamente connesso ad una realtà cittadina, in perenne quanto costante trasformazione, che assume spesso un’importanza fondamentale nello sviluppo del racconto.
Va poi sottolineato il realismo utilizzato dagli autori nella costruzione dei personaggi. Raramente abbiamo a che fare con “superuomini” capaci di intuizioni geniali ed improvvise, come accade di frequente nel cosiddetto “giallo classico”. I protagonisti del poliziesco di casa nostra sono tutt'altro che perfetti: sono spesso vittime di ossessioni, di paure e di fobie che li rendono più umani all'occhio attento del lettore.

Infine, non va dimenticato l’aspetto sociale della letteratura di casa nostra. Le trame criminali e delittuose non rappresentato il "tutto" nell'architettura del romanzo: diventano sovente uno strumento per indagare la società che sta attorno, con i suoi drammi e le sue incomprensioni, le sue vicissitudini e le sue repentine trasformazioni.   


Gio*