martedì 19 ottobre 2021

L'inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini, Simona Zecchi

 


Se nel precedente Pasolini, massacro di un poeta Simona Zecchi aveva focalizzato l'attenzione sul come e sul chi dell'agguato, in questa nuova inchiesta cerca finalmente di rivelare il perché.
Nel nuovo libro - che integra e approfondisce le conclusioni del volume precedente -  l'autrice si ricollega alle indagini che lo scrittore/regista, negli ultimi mesi di vita, aveva svolto riguardo alla strage di Piazza Fontana e ai piani eversivi della destra. Attraverso l'accurato utilizzo di documentazione inedita e di una serie di nuove testimonianze, viene ricostruito l'accerchiamento di cui Pasolini fu vittima e che fu, di fatto, la causa della sua morte: dal momento in cui il poeta venne in possesso di un dossier segreto sulla DC, la cui pubblicazione avrebbe generato un terremoto politico, fino al cruento epilogo avvenuto all'Idroscalo di Ostia

L'inchiesta spezzata costituisce il risultato di un duplice lavoro d’inchiesta: se da un lato individua il vero movente dell’omicidio, dall'altro si concentra sull'inchiesta che Pasolini avrebbe proseguito se non fosse stato tolto di mezzo. 
Simona Zecchi, prendendo le mosse dallo scambio epistolare intrattenuto con Giovanni Ventura - editore neofascista in possesso di documenti con rivelazioni "scottanti" - arriva a determinare quella sorta di assedio cui il poeta friulano fu sottoposto da parte delle frange estremiste di destra. 

Attraverso un meticoloso lavoro da cronista-segugio - categoria, ahimè, quasi scomparsa dai radar del giornalismo di casa nostra - l'autrice indirizza l'attenzione a più filoni d'inchiesta (ognuno, comunque, riconducibile alla matrice originaria). Giunge così a rivelare il nome del politico di cui Pasolini avrebbe scritto se non fosse stato eliminato (il presidente del consiglio Mariano Rumor), facendo emergere l'esistenza di un super-servizio segreto occulto denominato l'Anello, retto da Giulio Andreotti, le connessioni tra strategia della tensione e mondo culturale e il ruolo rivestito da Vaticano, CIA e criminalità organizzata a sostegno dell'eversione.

L'inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini è un libro d'inchiesta solido e documentato, che appassiona il lettore fino in fondo e aiuta - grazie alla sua forza storico-divulgativa - a vedere sotto una luce completamente nuova la strategia della tensione.


Consigliato a: chi ama i libri di inchiesta, costruiti su solide basi e accuratamente documentati, ed a chiunque desideri far luce su uno dei misteri irrisolti della difficile storia del nostro paese. 


Voto: 7,5/10


Gio




mercoledì 4 agosto 2021

Ragazze smarrite, Marco Vichi


Considero il Commissario Bordelli alla stregua di un vecchio amico: un personaggio di cui, da anni, seguo fedelmente le avventure e per cui nutro un'ammirazione sconfinata. 
In questo decimo episodio della serie, il nostro Commissario si trova ad una settimana dalla pensione. E, sin da subito, una domanda sorge spontanea: questa sarà davvero la sua ultima indagine? E quando sarà finalmente in pensione, cosà ne sarà degli enigmi ancora da risolvere, dei ricordi del passato e della relazione con la bella e giovane Eleonora?
Ma non fasciamoci la testa prima che sia rotta; godiamoci fino in fondo queste romanzo... prima di pensare a ciò che deve ancora avvenire.    

Siamo a Firenze, nel marzo del 1970, ai tempi della strage di Piazza Fontana; un'epoca di mutazioni in atto e in cui il femminismo sta cercando di rendere le donne sempre più libere ed emancipate.
Bordelli non riesce ancora a immaginarsi nei panni del pensionato. Si augura, soprattutto, che nei suoi ultimi giorni di servizio non vengano perpetrati altri delitti: sarebbe mortificante, per lui, andarsene dalla Polizia con un caso ancora aperto. 
Il destino, però, è di diverso avviso: lungo il greto di un fiume, poco distante da casa sua, viene rinvenuto il cadavere di una ragazza. Visto che la data fatidica della pensione si sta avvicinando a passo di carica, il commissario inizia a temere che quel delitto possa rimanere impunito. 

In questo libro troviamo un Bordelli sempre più curioso, che cerca di capire fino in fondo i cambiamenti in atto, ma scorgendone allo stesso tempo gli aspetti più deleteri e problematici. 
La trama - che sembra strizzare l'occhio al caso realmente accaduto di Wilma Montesi - è ben costruita, in grado di catturare il lettore pagina dopo pagina e di condurlo per mano nelle atmosfere dei tempi passati con intensità e suggestione.
Vichi possiede un encomiabile gusto per il dettaglio e, attraverso una prosa scorrevole e coinvolgente, riesce a rendere alla perfezione l'atmosfera fiorentina e quella delle campagne limitrofe. In quest'opera, più che in altre precedenti, la malinconia del commissario fa da contraltare allo svolgimento dell'indagine, creando un giusto mix tra l'emozione individuale e la ferrea applicazione del segugio a caccia del colpevole. 
Si tratta di un romanzo che mantiene fede alle aspettative e che coniuga adeguatamente la passione per l'indagine poliziesca con il gusto per la ricostruzione storica: ennesima scommessa vinta per un autore che non perde mai un colpo.   

P.S. Dimenticavo... nel corso dell'indagine, il Commissario Bordelli incrocia il suo omologo Achille De Luca, in servizio presso la Questura di Bologna: il personaggio protagonista di parecchi romanzi di Carlo Lucarelli.


Consigliato a: coloro che amano i gialli capaci di far coesistere indagine poliziesca e resoconto storico di un'epoca e a chiunque ami respirare l'aria di cambiamento in atto nei primi anni Settanta.


Voto: 7,5/10




lunedì 2 agosto 2021

Middle England, Jonathan Coe

 


Middle England è, prima di tutto, una celebrazione delle cose che cambiano e di quelle che rimangono fedeli a sé stesse; un accorato e nostalgico omaggio da parte di un autore sulla cinquantina che si rende conto di essere in procinto di "abbandonare" il paese della giovinezza perché quel mondo, semplicemente, non esiste più.
In questo romanzo, che conclude di fatto la trilogia, tornano i personaggi della Banda dei brocchi e di Circolo chiuso - Benjamin Trotter e i suoi amici - che ritroviamo ormai alla prese con le grane dell'età che avanza. L'attenzione, in questo caso, si concentra però sui membri più giovani della famiglia Trotter, come la figlia di Lois, Sophie. 

Il racconto va dalla primavera del 2010 all'autunno del 2018 e, sullo sfondo, vediamo svolgersi la storia britannica contemporanea: Gordon Brown, il governo di coalizione, le rivolte londinesi, l'omicidio Cox, le Olimpiadi di Londra e tutto il resto.
Nel riuscito mix tra la storia contemporanea e il romanzo, assistiamo quindi all'avvento della Brexit e alla lacerante spaccatura all'interno della società britannica tra leavers e remainers: eventi che, partendo dal piano politico, sono arrivati ad influenzare notevolmente i rapporti interpersonali e la psiche dei cittadini britannici.
All'interno di una nazione che si dibatte quotidianamente tra austerità, nazionalismo e politically correct, ritroviamo personaggi che, alla stregua di vecchi amici che si rivedono dopo una ventina d'anni, portano dentro di sé un velo di malinconia per il tempo che scorre via.

Nonostante non raggiunga le vette narrative del romanzo capostipite - il celebratissimo La banda dei brocchi -  quest'opera risulta attualissima e convincente.
Facendo affidamento su una prosa scorrevole e divertente, Coe riesce a mantenere il giusto equilibrio tra le vicende individuali e i temi generali sulle condizioni dell'Inghilterra di oggi, descrivendo con cura il quadro sociopolitico e le mutazioni in atto. Certo, non tutto fila alla perfezione - ad esempio, alcune sottotrame svaniscono troppo rapidamente, lasciando un po' di confusione passeggera - però l'autore, da veterano della scrittura, sa sempre come mantenere desta l'attenzione del lettore.


Consigliato a: coloro che vogliono comprendere l'impatto della Brexit sulla vita dei cittadini britannici e a chiunque ami le storie che, raccontando l'evoluzione di più personaggi dell'arco dei decenni, lasciano traspirare quella delicata miscela di tenerezza e nostalgia per il tempo che passa.


Voto: 7,5/10


Gio       



domenica 1 agosto 2021

Le avventure del bravo soldato Svejk nella Grande Guerra, Jaroslav Hašek

 


Pubblicato per la prima volta nel 1921 questo romanzo, intriso di uno sferzante humour nero, racconta le disavventure di uno dei personaggi tra i più simpatici ed originali della letteratura di tutti i tempi.
Di quest'opera - suddivisa in tre parti (oltre ad un'accenno della quarta) - erano inizialmente previsti sei volumi; purtroppo la sua stesura fu interrotta dalla morte dell'autore per una grave patologia cardiaca, avvenuta nel gennaio del 1923. Non sapremo mai, quindi, quale sia stato il destino ultimo del protagonista...  

Sveik è l'antieroe per eccellenza. Improvvisamente strappato dalla sua professione di allevatore di cani, viene inviato a combattere in difesa dell'impero austro-ungarico durante la Prima Guerra Mondiale. Nel turbinio incessante degli eventi, non si fa certo scoraggiare; riesce infatti a destreggiarsi in un marasma organizzativo senza precedenti facendo affidamento su quel misto di ingenuità e furbizia che contraddistinguono il suo carattere, giungendo a mettere alla berlina ogni forma di autorità.

Sveik è il fulcro attorno a cui ruota l'intero romanzo. Si tratta di un uomo ingenuo e sempliciotto, che non nasconde il suo entusiasmo di servire l'Impero, e che sa coniugare dentro di sé l'innato ottimismo e quell'astuzia prettamente contadinesca che, a tratti, ricorda il Bertoldo di Giulio Cesare Croce.
Attraverso le peripezie del suo protagonista, Hašek racconta il disfacimento dell'impero austro-ungarico. L'atrocità della guerra rimane spesso sullo sfondo, defilata, mentre l'autore sembra puntare il dito su un apparato burocratico arrivato al collasso, impersonato da vecchi generali rimbecilliti e ufficiali incompetenti. 
L'ambientazione è straordinaria: territori lontani dal fronte, stazioni sperdute e villaggi distrutti dalla guerra costituiscono lo sfondo su cui si sviluppa una narrazione fluente ed irresistibile, pregna di un umorismo tagliente e spietato.
Il libro si legge con gran godimento, grazie alla sua ricchezza di aneddoti e situazioni ai limiti dell'assurdo, costruite ad hoc per denunciare le contraddizioni di un intero periodo storico. 
Le avventure del bravo soldato Svejk nella Grande Guerra è una feroce ed azzeccata satira antimilitarista, che sottolinea l'idiozia di chi spesso detiene il potere di comando senza averne le capacità; utilizza alla perfezione i registri del grottesco ma il sorriso lascia spesso, dietro di sé, un retrogusto amarognolo.


Consigliato a: colore che vogliono affrontare un classico della letteratura antimilitarista, pieno di verve e di caustico umorismo, ed a chiunque ami i personaggi capaci di sconfiggere l'arroganza del potere facendo leva sugli strumenti dell'ottimismo e della semplicità. 


Voto: 8+/10


Gio 




martedì 27 luglio 2021

La canarina assassinata, S.S. Van Dine



La canarina assassinata di S.S. Van Dine, ambientato nella New York degli anni Venti, è il secondo romanzo della serie incentrata sul personaggio di Philo Vance. Questo libro, già oggetto di adattamenti radiofonici e cinematografici, rappresenta uno dei classici della cosiddetta "età dell'oro" del genere giallo. Philo Vance, in particolare, è un intellettuale con parecchio tempo libero a disposizione che risolve gli omicidi facendo affidamento alla logica e, attraverso il modello detective/consulente di polizia, ripropone ed attualizza il mito di Sherlock Holmes.

Margaret Odell, conosciuta come la Canarina, è una sorta di cortigiana attorno a cui gravitano numerosi amanti. Quando viene rinvenuta strangolata nel suo appartamento ermeticamente chiuso dall'interno, parrebbe trattarsi del classico mistero della camera chiusa. La polizia e il procuratore distrettuale Markham sono propensi a credere che la morte sia stata un incidente avvenuto a seguito di un furto con scasso; l'intervento di Philo Vance sarà decisivo per la risoluzione dell'enigma. 

Qui siamo agli albori del romanzo giallo americano. Pur risentendo dei ritmi blandi e rilassati dell’epoca, quest'opera ha come valore aggiunto il personaggio del protagonista e può contare su una trama originale e ben congegnata. 
Scorrevole e assai gradevole nella lettura, La canarina assassinata si legge ancora volentieri, malgrado qualche carenza sul piano della suspense.
Siamo nell'ambito del mystery essenzialmente deduttivo, nel quale l'autore è estremamente franco ed onesto nei confronti del lettore poiché gli fornisce tutte le indicazioni necessarie per risolvere il caso, adeguatamente disseminate come le briciole di Pollicino lungo il percorso narrativo. 
Certo, è difficile credere che tutti i potenziali sospetti - un certo numero di ex-amanti - si trovassero per puro caso a girovagare nella zona del delitto proprio in quel momento... ma vabbe', se non ci concentriamo troppo sulla verosimiglianza di questa scelta, il romanzo ha ancora oggi un suo valore, tanto da essere considerato tra le pietre miliari del genere: un vero trionfo della deduzione e dell'erudizione che ha avuto, tra i suoi estimatori, persino il grande Andrea Camilleri (che si vantava con orgoglio di possedere un'edizione originale del romanzo).  


Consigliato a: coloro che amano il giallo classico, con le sue implicazioni logico-deduttive, ed a chiunque apprezzi i detective intuitivi e geniali: categoria a cui Philo Vance appartiene senza ombra di dubbio.  


Voto: 7/10


mercoledì 21 luglio 2021

Cronosisma, Kurt Vonnegut


«Dicono che la prima cosa che parte quando diventi vecchio è la vista o l’uso delle gambe. Non è vero. La prima cosa che se ne va è la memoria.»
Cronosisma rappresenta il canto del cigno di Kurt Vonnegut. A metà strada tra il racconto autobiografico e la fiction fantascientifica, questo libro ripropone i temi prediletti dall'autore e li porta alla luce attraverso riflessioni che scaturiscono direttamente dall'io narrante.

Siamo nel 2001. A seguito di un evento catastrofico l'universo ha una profonda crisi di autostima e decide di non espandersi più, tornando indietro di dieci anni. In questo contesto Vonnegut espone vicende personali ma anche legate ad altri personaggi - tra cui lo scrittore di fantascienza Kilgore Trout, già presente in altri romanzi (tra cui Mattatoio n.5) -  attraverso una serie di aneddoti e riflessioni.

Un'avvertenza preliminare: non aspettatevi assolutamente il classico romanzo di fantascienza. Il cronosisma su cui è imperniata la vicenda, in realtà, non è altro che un geniale pretesto per mettere nero su bianco un lungo excursus di memorie. In questo contesto, con l'umanità che viene rispedita dieci anni nel passato, l'autore statunitense rielabora figure, personaggi e ricordi del passato più o meno recente.
La struttura è tutt'altro che lineare; Vonnegut ama spaziare in lungo e in largo nella materia narrativa, saltando avanti e indietro nel tempo, e creando l'intelaiatura ad hoc per l'inserimento dei suoi originalissimi pensieri.
Chi non ha mai letto niente dell'autore di Indianapolis potrebbe rimanere un po' spiazzato; si tratta di un volume adatto, indubbiamente, a  chi possiede confidenza con la sua scrittura e desidera approfondire alcune delle tematiche a lui care. Come per la maggior parte delle sue opere, non è tanto importante ciò che lui scrive, ma il come lo scrive: Vonnegut sa essere incisivo e divertente, senza mai sbagliare una frase. 
All'interno di quest'opera, si susseguono storie vere e storie fasulle, ma tutte finiranno col lasciarci qualcosa sull'essere umano e i suoi modi d'essere. Gli aspetti prevalenti, comunque, sono rappresentati dall'ironia, dall’introspezione e dalla satira.


Consigliato a: chi voglia leggere l'ultimo romanzo della carriera di un autore unico, capace di utilizzare il malleabile strumento della fiction per tessere una sorta di autobiografia, e a chiunque ami le riflessioni originali e debordanti.


Voto: 7/10


Gio 

sabato 17 luglio 2021

Una rabbia semplice, Davide Longo

 


Devo dire che le aspettative, quando ho iniziato questo libro, erano molto alte. La recensione entusiastica di Baricco, che riassumeva la scrittura di Longo in un cocktail composto da "due parti di Fenoglio, due di Simenon, una di Paolo Conte e cinque di Longo" era un biglietto da visita troppo ghiotto per non tuffarsi anima e corpo nella lettura.
Purtroppo, però, le attese sono andate quasi del tutto deluse...

Il Commissario Arcadipane ha superato i cinquant'anni, ha alle spalle un matrimonio fallito e si trascina stancamente nella sua quotidianità, divenuta ormai indolente e ripetitiva. Il caso di una donna di servizio selvaggiamente picchiata nei pressi della metropolitana torinese, con il colpevole acciuffato nel giro di poche ore, fa però rinascere in lui l'istinto del detective che pareva ormai perduto per strada: la soluzione troppo elementare di quel caso non lo convince per niente. 
Con l’aiuto del suo vecchio capo Corso Bramard e dell’agente Isa Mancini si troverà a indagare su un "gioco" folle e micidiale, che trae linfa vitale dal mondo nascosto della Rete.

Che dire? Anche se le premesse erano buone, mai come in questo caso mi pare giusto dire che la montagna ha partorito il topolino. 
La trama è scombinata e poco credibile; i personaggi sono poco coerenti, macchiettistici e al limite dell'inverosimile. 
Alla fine, il tutto risulta pesante più di un fardello e fastidiosamente ripetitivo, con un finale che più che alla letteratura poliziesca fa pensare a un fantasy azzardato e mal congegnato. 
Ovviamente, dopo aver terminato, non mi sento per niente invogliato a leggere gli altri due libri della serie.
Superfluo aggiungere che Simenon e Fenoglio, a questo punto, c'entrano come i cavoli a merenda. Non so quanto abbia inciso il fatto che Longo sia un docente della scuola Holden e lungi da me attribuire al buon Baricco intenzioni di fare una "marchetta editoriale" (in tal caso, non sarebbe né il primo né l'ultimo)... però i dubbi sulla corsia preferenziale che viene assegnata per diritto divino ad alcune opere letterarie rimangono vividi ed inestinguibili. 


Consigliato a: coloro che amano i polizieschi metropolitani, incentrati su personaggi piuttosto sopra le righe e che non si fanno troppi problemi per la verosimiglianza della vicenda.  


Voto: 4/10


Gio      

sabato 3 luglio 2021

Il labirinto delle ombre, Remigiusz Mróz

 


Remigiusz Mróz è il più celebre autore di thriller polacco; in patria ha venduto milioni di copie e la critica l'ha spesso paragonato a scrittori come Stieg Larsson e Jo Nesbø per la sua capacità di coinvolgere il lettore e di creare trame ad alto tasso di adrenalina. Logico che, viste le premesse, mi aspettassi molto da questo libro che, tra l'altro, è la sua prima opera ad essere tradotta in lingua italiana.
Purtroppo, il mio incontro con Mróz non è stato per niente positivo. Questo romanzo passa di diritto tra le peggiori esperienze letterarie della mia lunga vita di lettore.  
M andiamo con ordine...

Una sera di dieci anni prima Damian aveva chiesto alla fidanzata Ewa di sposarlo. Pochi istanti dopo, però erano stati aggrediti da un gruppo di malviventi; lui era svenuto e, al risveglio, la sua amata era scomparsa. Ora, a un decennio di distanza, un amico gli mostra una foto pubblicata su un profilo Facebook, che ritrae una ragazza perfettamente uguale a Ewa in mezzo al pubblico di un concerto. Damian, sperando che si tratti di lei, si reca immediatamente dall'ispettore che si era occupato del caso; nel giro di poche ore, però, la foto viene fatta sparire dal web e l'amico che gli aveva mostrato l'immagine viene misteriosamente ucciso.

Ci sono libri belli e libri brutti. Questo però, ad essere sinceri, rasenta l'idiozia!
Gli espedienti narrativi utilizzati dal buon Remigio non sono per niente plausibili; la storia è del tutto inverosimile, costruita attorno a personaggi di cartapesta e sorretta (si fa per dire!) da uno stile approssimativo
L'idea di partenza, di per sé, non sarebbe neanche male ma finisce, nel giro di una manciata di pagine, per scivolare in un racconto banale e alquanto ripetitivo. 
Anche la soluzione dell'enigma non funziona un granché: è "tirata via" e scricchiola più delle scale di un antico maniero scozzese.
Spero che le altre opere di Mróz siano un filino meglio: se questo libro vale come biglietto da visita con cui presentarsi ai lettori dello Stivale... be', direi che la scelta non è stata per niente azzeccata. Al termine della lettura, infatti, permane una sensazione indistinta, a metà strada tra la noia e l'irritazione.

N.B. Credo che, molto presto, questo romanzo farà un bel viaggetto verso il mercatino dell'usato...    


Consigliato a: (chi vuole farsi del male!!!)


Voto: 2/10


giovedì 1 luglio 2021

Il bar, Marco Fedele

 


Ogni tanto è bello uscire dal "seminato", rappresentato dagli autori più noti (i cui nomi sono sulla bocca di tutti), per dedicarsi a qualcosa di diverso. Stavolta, per l'appunto, vi parlerò di Il bar: un ambizioso noir di uno scrittore emergente di nome Marco Fedele che tenta di conciliare il mondo della ndrangheta con quello della placida provincia del nord est. 
Partiamo, come sempre, da un rapido sunto del plot.    

Nella prima parte del romanzo vengono raccontate le vicende di alcuni personaggi legati alla ’ndrangheta milanese: un'organizzazione ben strutturata, che poggia su gerarchie quasi militari, e che si dedica al riciclaggio di denaro sporco. Il commissario Umberto Fabbri della DIA di Milano assiste quasi impotente allo svolgersi di un drammatico conflitto tra bande, contraddistinto da conflitti a fuoco e morti violente.   
Poi, senza alcuna spiegazione, si passa direttamente alla seconda parte, ambientata in un piccolo paesino in provincia di Gorizia. Suzana Obradovic, una giovane cameriera che si è da poco trasferita in quei luoghi, viene misteriosamente assassinata. Sarà lo stesso Fabbri ad occuparsi del delitto; come nel più classico dei polizieschi riunirà tutti i sospetti nell’unico locale del paese per cercare di risolvere un enigma che si presenterà più complesso del previsto.

Un libro di contrapposizioni. Geografiche - da un lato la zona meridionale di Milano, in cui nascono e prosperano associazioni a carattere criminale, dall'altro l'atmosfera pacata e serena dell’estrema provincia italiana - ma anche stilistiche: ad una prima parte decisamente noir, che esplora i meccanismi del mondo della malavita, fa seguito un seconda che strizza l'occhio al giallo whodunit, con il commissario Fabbri che - da novello Ellery Queen (o Hercule Poirot, se preferite) - s'ingegna per dipanare l'intricata matassa.  
Sicuramente, è da apprezzare la scrittura di Fedele: l'autore dimostra una buona capacità di gestire una materia narrativa complessa che, di tanto in tanto, rischia di strabordare come lava da un vulcano. La prosa è scorrevole anche se l'uso del dialetto - con note "traduttive" a fondo pagina - in alcuni dialoghi risulta un po' eccessivo e rischia di far perdere il filo anche al lettore più paziente.
L'idea di scomporre la vicenda in due blocchi divisi e difficilmente conciliabili, però, lascia un pochino perplessi. La prima parte del romanzo, come si capirà ben presto, è preparatoria alla seconda; sarebbe stato più logico, però, ridurne l'impatto - magari condensandola in una sorta di incipit - invece di assegnarle il cinquanta percento delle pagine complessive: le due anime del racconto faticano così a conciliarsi e, al termine del libro, rimane la sensazione di aver letto due storie separate piuttosto che qualcosa di unitario e compatto.


Consigliato a: coloro che amano le storie di criminalità organizzata ma anche ai lettori che sanno apprezzare i meccanismi e le evoluzioni del giallo classico.


Voto: 6,5/10


Gio 

              

domenica 27 giugno 2021

Circolo chiuso, Jonathan Coe


Con Circolo chiuso Jonathan Coe prosegue la sua analisi della società britannica contemporanea, riprendendo il filo conduttore dal punto in cui si era concluso La banda dei brocchi. Ritroviamo così i personaggi già incontrati nel libro precedente, invecchiati di una ventina d'anni.
Partiamo, come al solito, da un rapido accenno della trama. 

Gli anni settanta sono finiti da un pezzo e Benjamin Trotter e i suoi vecchi compagni di scuola sono ormai diventati adulti. Siamo negli anni novanta e la vecchia banda non esiste più. Benjamin lavora come ragioniere e da decenni sta scrivendo un romanzo di migliaia di pagine; l'egoista fratello Paul è diventato un deputato laburista alle prese con problemi sentimentali e attentati terroristici; Claire Newman ha deciso di tornare in Inghilterra per scoprire definitivamente cosa sia accaduto a sua sorella Miriam, scomparsa misteriosamente nel 1978.

La narrazione, che parte dalla vigilia del millennio e raggiunge l'inizio del 2004, cerca di chiarire e sviluppare alcuni punti oscuri del romanzo precedente al fine di dipingere in un unico grande affresco la cultura anglosassone della seconda metà del secolo scorso. Purtroppo, però, questa operazione non convince del tutto: si riscontra un'enfasi eccessiva per quanto riguarda la critica sociale e l'intera opera sembra più una sorta di epilogo di La banda dei brocchi  piuttosto che un qualcosa a sé stante e dotato di "vita propria".
Circolo chiuso è senz'altro più cupo del lavoro precedente; a distanza di vent'anni i personaggi hanno perso gran parte della loro verve e sono diventati patetici e concentrati su sé stessi. Il trascorrere del tempo non è stato di certo benevolo nei loro confronti, mortificando sogni e aspirazioni e rendendoli vittime della disillusione, del tradimento e della vacuità di amori coniugali. 
A salvare parzialmente il libro rimane il ritratto acido e pungente della Gran Bretagna di inizio ventunesimo secolo; Coe, in particolare, punta il proprio dito ammonitore sul declino dello "stato sociale", che è stato abbandonato alla stregua di un ideale democratico decrepito e obsoleto.
Il finale lascia non poche perplessità, con parecchi interrogativi rimasti aperti... che saranno però chiariti nel successivo romanzo, Middle England - ambientato all'epoca della Brexit - di cui vi parlerò prossimamente.   


Consigliato a: coloro che hanno apprezzato La banda dei brocchi e sono curiosi di sapere cosa sia successo a Benjamin e agli altri personaggi e a chiunque voglia farsi un'idea della società e della cultura britannica dei primi anni del ventunesimo secolo. 


Voto: 6,5/10


Gio  

domenica 20 giugno 2021

Il decoro, David Leavitt

 


Siamo all'indomani delle elezioni presidenziali del 2016, in una lussuosa casa del Connecticut. Un gruppo di amici newyorkesi si è riunito per riprendersi da quella che considerano la più grande catastrofe politica della loro vita.
Eva Lindquist, la padrona di casa, propone una sfida: chi di loro sarebbe disposto a chiedere a Siri come assassinare Donald Trump? Tra gli ospiti ci sono editori, scrittori, un arredatore, un coreografo e un finanziatore liberale. Tutte persone di matrice progressista, ma che covano una sensazione di paura crescente nei confronti del nuovo clima politico.

Più che di un romanzo, si tratta di un un divertente pastiche da salotto. Il cast corale, l'ambientazione a Manhattan, le discussioni su letteratura e temi astratti (cosa significa "casa"?) fanno immediatamente pensare ad una sceneggiatura alla Woody Allen.
La reazione dei liberal newyorkesi, che vedono l'elezione di Trump come un affronto personale, viene descritta in maniera ironicamente accattivante. Questi "poveri ricchi", che non riconoscono più il paese in cui vivono, piangono in realtà la morte della loro rilevanza sociale.
L'analisi di Leavitt di questa situazione di stallo liberale non è particolarmente originale e tagliente, ma è sicuramente divertente. Malgrado ciò, una corrente sotterranea di persistente inquietudine scorre tra le pagine del romanzo: l'elezione di colui "che non deve essere nominato" ha scosso le certezze dei protagonisti, che si ritrovano a mettere in discussione i modelli di vita a cui si sono ispirati fino a quel momento.    

David Leavitt è un ottimo scrittore. Oltre a costruire dialoghi brillanti, possiede un innato senso del ritmo attraverso cui riesce a rendere benissimo i modi in cui le persone parlano tra loro, sia in pubblico sia in privato. Si viene così trascinati all'interno di questo romanzo ad osservare l'epicentro del caos che è divampato nell'esistenza di questi personaggi e si finisce con l'ascoltarli mentre cercano di formulare dentro di sé una nuova immagine del mondo che li circonda. 
La satira tagliente, la prosa fluente e l'ottima descrizione dei personaggi sono i punti di forza di quest'opera che riesce a restituire un interessante affresco della "middle class" americana, di cui dipinge splendori e miserie. Non pensate però che si tratti di un romanzo a sfondo politico: la svolta presidenziale rappresenta più un'escamotage per dare "pepe" alla storia che un elemento strutturale della trama.


Consigliato a: coloro che amano le commedie brillanti, i dialoghi scoppiettanti alla Woody Allen e i personaggi eccentrici ma ben delineati. 


Voto: 7,5/10


Gio 

sabato 19 giugno 2021

Amuleto, Roberto Bolaño

“Feci dei sogni, non erano incubi, ma sogni musicali, sogni di domande trasparenti, sogni di aerei affusolati e sicuri che attraversavano l'America latina da un capo all'altro in un cielo azzurro splendente e freddo.”
Siamo nel settembre 1968. Le forze dell'ordine di Città del Messico irrompono nell'Università ed arrestano chiunque si trovi sul loro cammino: studenti, professori o bidelli che siano.
Durante la sua forzata reclusione nei bagni dell'ateneo la protagonista nonché voce narrante Auxilio Lacouture - una donna di origine uruguaiana che si professa "madre della poesia messicana" - rivive una serie di incontri passati e futuri con artisti e letterati della capitale messicana 

Quando ci si trova immersi in un libro di Roberto Bolaño diventa sempre più complicato cercare di separare la finzione dalla realtà. Il lettore, d'altro canto, si ritrova imprigionato in una sorta di labirinto; un universo parallelo agghiacciante e spaventoso che scarica i suoi riflessi attraverso i continenti e le epoche.
Anche in questo romanzo breve sarebbe del tutto insensato cercare di sviscerare le componenti-base di una trama. Personaggi reali e immaginari – tra cui lo stesso Ernesto Che Guevara – danzano ipnoticamente davanti agli occhi del lettore come statue nel corso di una processione. Spazio e tempo si intersecano di continuo, senza soluzione di continuità, non permettendo di distinguere il confine che separa il sogno dalla realtà.

Una delle cose più importanti di Amuleto è la voce di Auxilio: è affascinante seguire il flusso dei suoi pensieri, con tutto il suo corollario di eccentricità e di ribellione. Poetessa appassionata a sua volta dalla poesia, presenta una fede incrollabile nei giovani scrittori emergenti e svolge il ruolo di  "levatrice" durante il parto della storia: una storia che solo attraverso il magico potere della scrittura può essere trattenuta  e non lasciata cadere nel dimenticatoio
La scrittura di Bolaño è unica. Sostenere che le sue opere possiedano esclusivamente qualità oniriche sarebbe piuttosto limitativo; l'autore riesce a muoversi con destrezza tra i richiami onirici e le constatazioni concrete e realistiche riguardanti la cruda realtà della vita in America Latina.
Arturo Belano, che fa capolino all'interno del racconto, è l'alter ego dello scrittore a cui fa raccontare le vicissitudini accadute all'autore durante il golpe di Pinochet e la caduta di Allende.


Consigliato a: coloro che amano gli autori capaci di coniugare realismo e elementi onirici; a chi apprezza i flussi di coscienza inarrestabili e sinceri ed a chiunque voglia approcciarsi a uno dei più grandi scrittori sudamericani dell'epoca contemporanea.


Voto: 7,5/10


Gio 

domenica 13 giugno 2021

Assassinio sull'Orient Express, Agatha Christie

 


Credo che chiunque di voi sia in grado, almeno sommariamente, di raccontare la trama di Assassinio sull'Orient Express, uno tra i più famosi romanzi gialli di Agatha Christie con protagonista il detective Hercule Poirot. Oltre ad aver avuto due celebri trasposizioni cinematografiche nel 1974 e nel 2017, questo libro - come pochi altri - è entrato a far parte dell'immaginario collettivo tanto da essere considerato tra i capisaldi del giallo classico.
Fu vera gloria? Sì e no. Indubbiamente si tratta di un'opera ben congegnata, con un plot che non perde un colpo e avvinghia il lettore sin dalle prime pagine, senza lasciarlo un attimo. D'altra parte, l'eccentrico e maniacale Poirot è davvero difficile da sopportare: dopo un paio di capitoli avresti già voglia di tirargli una botta in testa per farlo star zitto, con la sua alterigia e supponenza che non lo rendono per niente simpatico. 
Partiamo, come sempre, da un breve sunto del romanzo.

L'Orient Express è in viaggio da Istanbul a Londra quando, poco dopo la mezzanotte, un cumulo di neve ferma la sua corsa. Il lussuoso treno è al completo, ma al mattino si ritrova con un passeggero in meno: un magnate americano giace morto nel suo scompartimento, accoltellato una dozzina di volte, con la porta chiusa a chiave dall'interno. Isolato dal resto del mondo e con un assassino in piena libertà, il detective Hercule Poirot dovrà cercare di identificare il colpevole il prima possibile.

Un rompicapo complesso. Tredici personaggi: tutti con un alibi inattaccabile ma, al tempo stesso, con un motivo valido per compiere il delitto. Innumerevoli indizi e una mente formidabile che dovrà stabilire come è avvenuto un omicidio apparentemente impossibile. Questi sono i principali ingredienti di un libro che ha fatto la storia del romanzo poliziesco moderno.   
Assassinio sull'Orient Express è un giallo classico che si legge tutto d'un fiato grazie alla scrittura fluida e scorrevole. L'elemento che salta subito agli occhi è lo stimolo ad utilizzare unicamente la mente per giungere alla soluzione dell'enigma. Il lettore si ritrova, infatti, a seguire tutti i ragionamenti di Poirot, basati essenzialmente su una manciata di indizi e sulle deposizioni dei vari viaggiatori, ed è spinto ad una sorta di sfida sotterranea con l'investigatore. 
I personaggi sono numerosi, tutti ben caratterizzati ed ognuno con la propria voce distinta. 
Purtroppo, permane quella sensazione di star leggendo qualcosa di ormai datato e polveroso: l'avvento dell'hard-boiled, che proprio in quegli anni si stava sviluppando, avrebbe tirato una mazzata colossale al cosiddetto giallo whodunit, portando una ventata di realismo in un genere che si stava sempre più trasformando in una sorta di gioco matematico, rappresentato dal semplice confronto tra autore e fruitore dell'opera. 


Consigliato a: coloro che vogliono (ri)leggere uno dei più importanti esempi del giallo classico ed a chiunque interpreti la letteratura poliziesca più come un "gioco" che come un qualcosa in grado di avere anche significati sociali.


Voto: 7/10


Gio  

sabato 12 giugno 2021

Luce d'estate: ed è subito notte, Jón Kalmar Stefánsson


Con Luce d'estate: ed è subito notte ho (finalmente!) scoperto Jón Kalmar Stefánsson, uno scrittore che qualche anno fa era stato inserito nel novero dei papabili per il Premio Nobel per la letteratura. Questo romanzo è un gioiello, ricco di poesia, grazie a cui l'autore riesce a far immergere il lettore in una piccola realtà del Nord Europa, dove - come dice lo stesso Stefánsson - “a volte nei posti più piccoli la vita diventa più grande”.

La trama, in realtà, è piuttosto esile. Viene raccontata la vita di un paesino di quattrocento anime della campagna islandese, racchiuso tra la luce magnetica dell'estate e le fredde notti invernali (capaci, però, di accendere la magia delle stelle); una sorta di microcosmo attraverso cui vengono descritte storie di vita quotidiana, che assumono ben presto un valore universale.
Le vicende narrate sono varie: un direttore d'azienda che si appassiona improvvisamente al latino e alle stelle; una jogger che tradisce il marito con il contadino della porta accanto; una cooperativa in cui accadono strani eventi, come se il luogo fosse infestato dai fantasmi. L'autore, però, non scorda mai la dimensione "corale" dell'opera, pur dedicandosi di volta in volta alla particolare traiettoria di uno degli abitanti del paese.

Stefánsson non è mai avaro di dettagli divertenti sulla psicologia dei personaggi ed evoca temi importanti come l'infinito o la morte senza prendersi troppo sul serio. 
Grazie ad una scrittura asciutta e dal respiro universale, piuttosto sobria nell'evocare gli stati d'animo, riesce a toccare le corde dell'anima del lettore con rara maestria, utilizzando talvolta toni da poesia ermetica.
Pagina dopo pagina, assistiamo ad una profonda riflessione sul significato della vita e sulle dinamiche che segnano l’umana esistenza; perfino il tempo appare dilatato in questo avamposto remoto in cui l'alternanza tra buio e luce arriva a condizionare l’umore dei suoi abitanti.
Con il susseguirsi delle varie storie, dal ritmo lento ma ammaliante, l'autore riesce a cogliere l'intensità di ogni attimo attraverso una prosa poetica che suscita una struggente nostalgia anche per chi in Islanda non c'è ancora stato.


Consigliato a: coloro che vogliono fare la conoscenza di uno dei più talentuosi autori nordici contemporanei, capace di fondere minimalismo e realismo e di utilizzare una piccola realtà per raccontare vicende dal significato assolutamente universale.


Voto: 8/10


Gio 

giovedì 3 giugno 2021

Terra alta, Javier Cercas



Terra alta rappresenta un cambiamento radicale nella carriera letteraria di Javier Cercas. Coloro che hanno letto - e apprezzato - i precedenti romanzi come Soldati di Salamina, L'impostore Anatomia di un istante si sentiranno decisamente spiazzati di fronte alla svolta noir dell'autore. Rispetto alle opere citate, infatti, non ritroviamo né la voce narrante autobiografica, né le riflessioni metanarrative, né il passato storico rispolverato, ma una storia poliziesca abbastanza comune, raccontata attraverso uno stile alleggerito e manierato che non convince del tutto. 

Siamo nel Sud della Catalogna. Gli Adell, proprietari della più impor­tante azienda della zona, vengo­no ritrovati morti nella loro tenuta. Sono stati sottoposti a cruente torture. Ad occuparsi del caso è Melchor Marín, poliziotto che ha alle spalle un coraggioso atto di eroismo a seguito del quale si è visto costretto a lasciare Barcellona. 
Melchor è riuscito, in quei luoghi, a rifarsi una vita grazie all'amore della moglie Olga e della figlia Cosette. L'indagine lo costringerà a mettere in gioco ciò che ha di più caro, ritrovandosi schiacciato tra l'incudine della legge e il poderoso martello della vendetta.

Questo libro rappresenta, indubbiamente, un evidente e smaccato omaggio al romanzo poliziesco a vocazione popolare. Peccato che l'autore esca ridimensionato da questo improvviso "flirt letterario", lasciandosi un po' troppo trasportare dalle convenzioni del genere. A tratti, Terra alta non sembra neanche un'opera di Cercas, ma un noir di mera routine, di quelli scritti con la "mano sinistra". La domanda, a questo punto, sorge spontanea: perché uno scrittore di talento decide, improvvisamente, di intraprendere un nuovo percorso, tuffandosi in un genere che non gli appartiene? Forse per ampliare il numero dei lettori? O per altre ragioni a noi oscure?      
Fatto sta che il romanzo non convince un granché. Alterna capitoli dedicati al caso ad altri incentrati sul passato del protagonista, cercando di combinare i due piani narrativi, ma senza ottenere un risultato degno di nota. 
Speriamo che Cercas ritrovi un poco di ispirazione e riprenda a scrivere quei libri di "docu-fiction" con cui si è fatto conoscere a livello internazionale. Con Terra alta, probabilmente, avrà ottenuto una cassa di risonanza più ampia del solito... ma il risultato, purtroppo, non è stato fedele alle attese.


Consigliato a: coloro che amano i noir dalle atmosfere cupe e polverose, la cui soluzione va cercata in eventi di un lontano passato, ed a chiunque apprezzi i poliziotti tutti di un pezzo e sempre disposti a mettersi in gioco per la verità.


Voto: 5/10


Gio     
 

domenica 30 maggio 2021

La donna nel frigo, Gunnar Staalesen



La donna nel frigo rappresenta il mio primo incontro - nonostante si tratti del quarto libro della serie - con l'investigatore privato Varg Veum: un personaggio molto noto nei paesi nordici (è stata fatta persino una trasposizione cinematografica dei suoi romanzi) ma semisconosciuto da noi. Il nome del protagonista ricalca, in realtà, un'antica espressione nordica - vargr i véum - che significa "lupo nel santuario", sinonimo della frase “persona non grata”.
Già da questo si capisce molto: Veum porta impresse su di sé le stimmate dell'antieroe e soffre inevitabilmente degli usuali problemi che sembrano affliggere gran parte dei detective nordici: eccessi di solitudine, abuso di alcool e rapporti piuttosto conflittuali con le donne. 
Arrivati a questo punto, non sembrerebbe esserci niente di nuovo. In realtà, Staalesen ha creato il suo private-eye alla fine degli anni Settanta: si può dire che sia stato, perciò, uno degli antesignani del thriller scandinavo, la cui definitiva affermazione a livello internazionale sarebbe arrivata parecchi anni dopo. 

Varg Veum viene ingaggiato dalla signora Samuelsen per rintracciare il figlio Arne, tecnico di una compagnia petrolifera americana, scomparso senza lasciare traccia. Deve quindi abbandonare Bergen - la città in cui vive ed opera - e recarsi a Stavanger, sul Mare del Nord, per cercare di scoprire quale sia stato il destino del giovane. Sembrerebbe un'indagine di mera routine... ma la sorpresa è dietro l'angolo. Perquisendo l'alloggio di Arne, all'interno del frigorifero, il nostro detective rinviene una macabra scoperta: il corpo di una donna priva di testa e di arti. Da quel momento in avanti, le cose si complicheranno terribilmente: il percorso investigativo, pieno di pericoli e false piste, condurrà il buon Varg a scontrarsi contro un muro di omertà, che pare avvolgere l'intera vicenda. 

Si tratta di un hard-boiled dal profilo assolutamente "classico", che riunisce in sé le caratteristiche principali del genere. Veig, infatti, non è il solito poliziotto sottovalutato e antisistema ma un detective privato; la vicenda viene narrata in prima persona dal protagonista e, last but not least, l'investigatore può prendersi alcune libertà che sarebbero impensabili per chi è costretto a indossare un'uniforme di servizio.
Staalesen sembra distanziarsi un poco dagli altri scrittori scandinavi. Nonostante venga acceso, di tanto in tanto, il riflettore sulla situazione economica norvegese e si parli del crescente tasso di criminalità del paese, non si riscontrano delle vere pretese di analisi sociale. Sembra piuttosto che l'autore abbia preferito concentrarsi sulla trama poliziesca, dando la prevalenza a una trama scorrevole e avvincente e mettendo sullo sfondo eventuali propositi sociologici.
La donna del frigo è un ottimo esempio di polar europeo: essenziale nella scrittura, costruito con dialoghi rapidi e efficaci descrizioni d'ambiente, rappresenta la prova evidente che l'esempio dei Maestri Hammett e Chandler ha fatto opera di proselitismo anche nel vecchio continente.  


Consigliato a: coloro che amano l'hard-boiled classico, imperniato su investigatori dal carattere problematico e solitario, rivisitato stavolta in un originale e coinvolgente contesto norvegese.


Voto: 7,5/10


 

sabato 29 maggio 2021

Emilia l'elefante, Arto Paasilinna



Emilia l'elefante è un romanzo ecologico, vivace e avventuroso, che possiede diverse anime. Se da un lato racconta la vita nella Finlandia contemporanea, con tutto il suo corollario di usanze e personaggi stravaganti; dall'altro si sofferma sul rischio di estinzione di determinate specie e sull'attivismo per i diritti degli animali.
Partiamo, come sempre, da un rapido accenno della trama.

Siamo a Kerava, nel 1986. In una stalla del rinomato Circo Finlandia viene alla luce una tenera e dolcissima elefantina che la sua padrona, Lucia Lucander, decide di chiamare col nome di Emilia. Il piccolo pachiderma cresce rapidamente e inizia a farsi valere negli spettacoli itineranti. Purtroppo, qualche tempo dopo, entra in vigore una legge che proibisce l’uso degli animali selvatici a scopo di intrattenimento. 
Dopo aver lavorato per un breve periodo al Grande Circo di Mosca e partecipato a diversi spettacoli sulla transiberiana, Lucia decide di riportare Emilia in Finlandia. Grazie al prezioso aiuto di alcuni amici incontrati un po' per caso, prenderà ben presto una decisione: quella di cercare di accompagnare Emilia fino in Africa, nelle sconfinate praterie dove vivono i suoi simili.

Questa è la storia di un viaggio picaresco, dalle foreste finlandesi a una nave da carico in Africa, di una giovane donna e di una elefantina.
Così come in L'anno della lepre e Il migliore amico dell'orso, Paasilinna riesce a dare il meglio di sé quando i protagonisti dei suoi libri sono gli animali, che si ergono veri e propri paladini di quella libertà scanzonata e impertinente che dà gusto alla vita.
Anche in questo libro scopriamo i temi abituali tanto cari all'autore: l'amore per la natura, il radicato senso dell'umorismo e il gusto per le situazioni più improbabili. La storia di amicizia tra uomini e animali viene raccontata nel classico stile dello scrittore ed è sempre piacevole leggere le sue narrazioni assurde e divertenti. Nonostante l'originalità dell'impianto, però, si sente che manca qualcosa: forse quegli sprazzi di originalità presenti nei  libri precedenti. 
Al di là di tutto, il libro scorre via piacevolmente e si lascia divorare con una certa rapidità; pagina dopo pagina si rimane affascinati da questo straordinario personaggio a quattro zampe, capace di far sorridere, di intenerire e - perché no? - di commuovere il lettore.


Consigliato a: coloro che amano le storie ricche di humour e ironia, intrepretate da personaggi stralunati e in cui l'amore e il rispetto per la natura hanno una posizione di primo piano.


Voto: 6,5/10


Gio    


giovedì 27 maggio 2021

La finale, Leonardo Gori

 


Già pubblicato dalla ormai estinta Hobby & Work nel lontano 2003 ed ora ristampato da TEA, La finale è il terzo romanzo incentrato sulla figura del Capitano dei Regi Carabinieri Bruno Arcieri. Rispetto ai libri precedenti, ci troviamo sin da subito davanti a una grossa novità: Leonardo Gori sceglie di abbandonare la classica ambientazione fiorentina per trasferire il suo protagonista in un contesto completamente differente, la Francia del 1938 dove si stanno svolgendo i Campionati del Mondo di Calcio.
Partiamo, come sempre, dalla trama.

Arcieri giunge alla Gare de Lyon con una missione segreta da compiere: deve riportare in Italia un giovane fuoruscito torinese. In apparenza, l'incarico che gli è stato affidato pare roba di poco conto, quasi una sorta di vacanza. Il nostro (anti)eroe sarà ben presto costretto a ricredersi: si ritroverà coinvolto in una situazione difficile e irta di pericoli. Da quel momento in avanti, comincerà un'indagine "non autorizzata" nel mondo dei fuoriusciti, cercando di districarsi tra antifascisti militanti, agenti della polizia segreta fascista e spietati assassini.

La Parigi degli anni Trenta, gravida di bistrot e locali notturni e in cui coesistono in egual misura miseria e nobiltà, fa da sfondo ad una delle più avvincenti indagini del capitano Arcieri.   
Lavorando su una trama complessa ma estremamente coinvolgente, Leonardo Gori ci catapulta in uno dei periodi più oscuri della nostra storia recente. Con una prosa diretta e al tempo stesso ricercata, l'autore fiorentino ricostruisce l'azzeccato affresco di un'epoca, raccontandoci le drammatiche vicende della concentrazione antifascista e degli sgherri mussoliniani, molto attivi anche oltralpe.
L'indagine poliziesca, che ha tutte le parvenze di un "mosaico" - è composta da numerosi elementi che si fondono con armonia - diventa lo strumento essenziale per raccontare un momento storico decisivo per la storia patria. Il lettore viene preso per mano e trasportato nella Parigi del 1938; una città profondamente diversa da come è stata descritta in opere di altri autori - che ne hanno messo in luce la fioritura artistica e culturale - ma ugualmente affascinante, nonostante le sue zone d'ombra e i lati meno sfavillanti. Una Parigi di cui, grazie alla penna di Gori, riusciamo quasi ad assaporare il profumo, vivendo le medesime emozioni dei protagonisti.


Consigliato a: coloro che amano la letteratura giallo/noir mai fine a se stessa, ma come strumento adatto a raccontare la storia recente del nostro paese, unendo l'invenzione letteraria ad una profonda e meticolosa indagine storica.


Voto: 7,5/10


Gio  

mercoledì 26 maggio 2021

Mozart deve morire, Max e Francesco Morini


Siamo a Vienna nel 1811 e sono trascorsi vent’anni esatti dalla morte di Wolfgang Amadeus Mozart.
Cherub Hofner è un giovane giornalista che, dopo aver assistito alla replica delle Nozze di Figaro, decide di intraprendere un'indagine approfondita su quella morte assai discussa e ancora avvolta dalle nebbie del mistero. Comincia così a scrivere un reportage a puntate sul giornale per cui lavora, "Die Wiener Stimme". Nel suo percorso investigativo alla ricerca della verità incontrerà amici, musicisti e confratelli massoni che hanno conosciuto da vicino il geniale musicista, ognuno dei quali consegnerà al cronista la sua personalissima versione dei fatti. 

Il libro che non ti aspetti dai Morini Bros!
Sinceramente, prima di iniziare la lettura credevo che si trattasse di un qualcosa sulla falsariga dei romanzi precedenti: un buon giallo artigianale con un'adeguata miscela tra commedia e trama poliziesca.
Quei ragazzacci dei Morini, però, mi hanno piacevolmente stupito; hanno preso la difficile decisione di abbandonare (provvisoriamente? chi lo sa!) la vecchia strada, su cui si stagliava la figura suadente e divertente del libraio/detective Ettore Misericordia, per tuffarsi in un'oceano completamente nuovo: quello del giallo maturo, quasi metafisico, basato su una struttura in cui le "testimonianze" contano più dei fatti reali e tangibili.
Mentre procedevo nella lettura, il pensiero è andato immediatamente al capolavoro conclamato di Orson Welles, Quarto potere. Gli autori, utilizzando un procedimento similare a quello del grande regista, ricostruiscono la figura di Mozart e le sue vicende personali attraverso una narrazione volutamente frammentaria; tutti questi pezzi, derivanti dal racconto delle persone interpellate dal cronista, si ricompattano pian piano fino a formare un puzzle che assume, agli occhi del lettore, la sua forma compiuta.
Riusciamo così, da un lato, a ripercorrere l'esistenza dell'uomo e musicista di Salisburgo; dall'altro a comprendere fino in fondo quella che possiamo definire come la "solitudine del genio": una situazione di straniamento/isolamento in cui, spesso, si vengono a ritrovare le menti più brillanti e illuminate e che finisce per condizionarne il percorso e le scelte.

La prosa è scorrevole, diretta e senza fronzoli. La Vienna dell'epoca Napoleonica, ammantata di gusto raffinato e di attrattive artistico-culturali, è il palcoscenico più adatto su cui rappresentare questo mystery dai contorni sfumati, in cui nulla è ciò che sembra e dove ad ogni pagina si respira il profumo di un'epoca che non c'è più: un tempo lontano, che ovviamente non abbiamo vissuto, ma di cui possiamo percepire l'essenza nelle melodie del grande genio attorno a cui ruota la struttura narrativa.


Consigliato a: coloro che amano i mystery costruiti attraverso una meticolosa indagine del protagonista, in cui le testimonianze raccolte finiscono col formare un quadro d'insieme completamente diverso dai frammenti che lo compongono.


Voto: 7,5/10


domenica 16 maggio 2021

Brothers, Yu Hua

 



Ambientato in una zona costiera nei pressi di Shanghai, Brothers racconta le vite di due ragazzi cresciuti nella Cina maoista: Li Testapelata e il suo fratellastro Song Gang. La loro infanzia si svolge durante l'aspra stagione della rivoluzione culturale, durante la quale il padre di Song Gang viene torturato a morte, pochi anni dopo la morte della moglie Li Lan.
I due adolescenti, rimasti orfani, cominciano a farsi strada nel nuovo mondo imprenditoriale dell'era di Deng Xiaoping. Song Gang trova lavoro in una fabbrica statale; l'irriverente e smargiasso Li Testapelata diventa uomo d'affari, destinato a raggiungere una posizione di prestigio e di ricchezza. La lealtà reciproca dei due fratelli verrà messa a dura prova quando entrambi si innamoreranno della medesima donna: la bellissima Lin Hong

Brothers è una commedia nera, epica e scatenata, che vuole raccontare la società cinese contemporanea. La nascita del mercato di stato capitalista viene esposta attraverso una vicenda familiare che assume, pagina dopo pagina, risvolti diversi: schietti e sentimentali, comici e tragici, violenti e paradossali. La storia è supportata da personaggi di cui non ci si dimentica facilmente ed è estremamente utile per comprendere l'intensità e la complessità dei cambiamenti avvenuti della cultura cinese nella seconda parte del Novecento. 
Yu Hua, in particolare, mette in evidenza l’ipocrisia e la corruzione della società moderna, concentrandosi su alcune "sfaccettature" che i cinesi stessi ancora faticano ad accettare. 

Il romanzo si articola in due parti distinte, Brothers e Arricchirsi è glorioso: la prima più improntata al realismo, la seconda più bizzarra e provocatoria. La scrittura è semplice ma efficace; la prosa scorrevole riesce a mantenere l'attenzione del lettore senza cedimenti. L'autore, comunque, riesce a dare il meglio di sé quando racconta i momenti più drammatici, seguendoli fino alle loro estreme conseguenze. 
Sia per la sua mole ponderosa, sia per la narrazione ad ampio respiro Brothers è, probabilmente, l'opera migliore di Yu Hua: un autore che possiede un talento incredibile nella descrizione di ambienti, personaggi e stati d'animo e che ha la rara capacità mettere a nudo la naturalezza e la spontaneità degli esseri umani. Mai come in questo romanzo, infatti, lo scrittore cinese è riuscito ad allontanarsi dalla complessità del presente per abbracciare un percorso che conduce alla semplicità dei fatti: un merito che gli va riconosciuto, al di là di qualsivoglia giudizio critico sulla sua opera.


Consigliato a: coloro che amano le saghe famigliari, capaci di raccontare i cambiamenti sociali e culturali in atto, ed a chiunque apprezzi i romanzi in grado di coniugare elementi apparentemente contraddittori come comicità e tragedia, realismo e senso dell'assurdo.


Voto: 8+/10


Gio       



sabato 15 maggio 2021

L'assassino ci vede benissimo, Christian Frascella

 


"Io sono Contrera. Compagno del cavolo, padre di merda, fratello approfittatore, cognato insopportabile, figlio degenere, ma investigatore coi controcazzi".
Mai poche parole sono state così adatte a descrivere un personaggio. Contrera è davvero irresistibile: geniale come detective, disastroso per tutto il resto. È una perfetta canaglia, che conduce un'esistenza da scriteriato; talvolta diventa insopportabile ma si continua ad amarlo; dà sui nervi a chiunque ma si finisce con l'affezionarsi a lui. Ma partiamo, come sempre, dalla trama.

Siamo nel quartiere multietnico di Barriera di Milano. In una gelida sera di novembre, due uomini vengono assassinati a sangue freddo all'interno di una rivendita di kebab. Contrera, per puro caso, si trova sul luogo del delitto. Il sospettato è Eddie, un possente extracomunitario di colore, grande amico dell'investigatore. A questo punto non ci sono alternative: Contrera deve cercare di scoprire il colpevole prima che la situazione diventi irreparabile. A complicare le cose si aggiunge l'improvvisa creazione di una Ronda - un gruppo di facinorosi decisi a riportare l'ordine ad ogni costo - che sta cercando di mettere a ferro e fuoco il quartiere.

Il terzo episodio della serie Contrera si svolge, nell'arco di sole ventiquattro ore, in una Torino gelida ed invasa dalla nebbia. Come sempre, la miscela ideata da Frascella funziona alla perfezione: humour, ritmo e detective story coesistono alla perfezione; la narrazione alterna momenti di tensione ad altri più ilari e divertenti.  
La Barriera è il giusto scenario per la rappresentazione del tutto: un quartiere violento, gonfio di locali e bar di quart'ordine, dove talvolta le stesse forze dell'ordine imboccano la strada del giustizialismo ad ogni costo e in cui vivono troppi emarginati senza che nessuno mostri il minimo interesse per loro. 
La scrittura di Frascella è rapida, essenziale; i dialoghi sono scoppiettanti, gravidi di frasi e citazioni memorabili.
E arrivati all'ultima pagina... non si vede l'ora di leggere una nuova avventura con questo protagonista: così immorale e disordinato, ma allo stesso tempo davvero irresistibile nella sua unicità.


Consigliato a: coloro che amano l'hard-boiled, qui rappresentato in una versione italiana originale e pregna d'ironia, e a chiunque apprezzi i personaggi "contro", tutt'altro che perfetti ma comunque capaci di entrare nel cuore del lettore.


Voto: 7,5/10


Gio     

venerdì 14 maggio 2021

Puttane assassine, Roberto Bolaño



"Adesso non c'è tempo per annoiarsi, la felicità è scomparsa da qualche parte sulla terra e rimane solo lo stupore."
 

In questa frase, pronunciata dal protagonista di uno dei racconti, si percepisce l'essenza che attraversa l'intero volume.
Puttane assassine è l'ultima raccolta di storie di un autore che si è affermato come una delle voci più importanti della letteratura in lingua spagnola; è importante evidenziare come ogni singola vicenda sia intrecciata con la biografia dello stesso Bolaño e con la sua vita (dapprima in Cile, poi in Messico e in Spagna).

Il libro è composto da tredici racconti brevi. 
In Ultimi crepuscoli sulla terra viene narrato un viaggio ad Acapulco che, a poco a poco, si trasforma in una discesa all'inferno. Nella Prefigurazione di Lalo Cura (personaggio che comparirà poi in 2666) ci si immerge in una vicenda di narcotraffico e registi di film a luci rosse. Il ritorno racconta una stravagante storia di morte e necrofilia. Buba è una sorta di parabola a tema calcistico che si mescola a eventi di magia nera. Dentista ci rivela il rapporto tra un misterioso adolescente e due adulti dal passato vissuto e burrascoso. In Fotografie facciamo la conoscenza di Arturo Belano - alter ego dello scrittore - che sarà poi protagonista di I detective selvaggiCarnet di ballo affronta la controversa figura di Pablo Neruda. In Puttane assassine - il racconto che dà il nome alla raccolta - incrociamo una giovane spietata che pare uscita di getto da un film di Quentin Tarantino. 

Questa raccolta può essere la giusta introduzione per coloro che, per la prima volta, si accostano all'opera di Roberto Bolaño. Come spesso accade nelle raccolte eterogenee, non tutti componenti sono del medesimo livello; in questo libro ci sono però alcune storie di sicuro valore, che brillano come gemme preziose all'interno di una collana.
Parlando dei temi ricorrenti, alcuni dei racconti hanno come protagonisti uomini solitari, che intraprendono un viaggio verso una meta indefinita; in altri incrociamo personaggi che si ritrovano improvvisamente ad affrontare situazioni fuori dall'ordinario - caratterizzate da elementi surreali o magici -, in altri ancora percepiamo una forma di violenza alla quale nessuno pare in grado di sottrarsi.
Si rimane comunque affascinati dal talento narrativo dell'autore e dalla sua immaginazione, capace di amalgamare vita reale ed eventi immaginari, quasi arrivando all'estremo confine del "sogno".
Nei vari racconti ritroviamo, infine, alcuni degli elementi che compongono l'universo letterario di Bolaño: il potere anticonformista della letteratura, il bisogno di svelare l'ignoto, l'esistenza delle persone comuni, il viaggio come fuga e la lotta dei "diseredati" per trovare il loro posto nel mondo (specie in un territorio straniero).


Consigliato a: coloro che amano i racconti brevi capaci di miscelare realtà e invenzione, realismo e elementi soprannaturali, e a chiunque voglia fare la conoscenza di uno dei più grandi scrittori della letteratura sudamericana (ma non solo) contemporanea.


Voto: 7,5/10