"Sono nella lavanderia a gettoni di corso Giulio, dove lavoro. Anzi, dove sto di base. Non mi occupo di lavatrici e detersivi, sono un investigatore privato senza ufficio."
Questo è l'incipit della prima indagine di Contrera... e già rende l'idea del personaggio con cui avremo a che fare. Nel mondo dell'editoria italiana, ridondante di ispettori e commissari, si sentiva proprio la mancanza di un private-eye. La via dell'hard-boiled all'italiana, a dire il vero, non è stata troppo frequentata e i nipotini di Chandler - se si esclude il fortunato caso dell'Alligatore di Carlotto - sono sempre rimasti un po' in disparte, quasi timorosi di entrare in competizione col fascino virile di un Rocco Schiavone o l'ammaliante timidezza di un commissario Ricciardi.
Frascella arriva al momento giusto: ci regala una detective story che funziona alla perfezione, con i meccanismi ben oliati e con un protagonista che, grazie alla battuta pronta e all'esistenza sgangherata, entra immediatamente nelle grazie del lettore costringendolo a seguirlo nelle sue peripezie (vi faccio subito una confessione: dopo aver finito questo romanzo, mi sono già "accattato" gli altri due della serie!)
Ma partiamo, come al solito, da un breve accenno della trama.
All'interno di un locale equivoco di Torino, in zona Barriera di Milano, un uomo viene accoltellato a morte. Si tratta del proprietario, un piccolo boss albanese, e il principale sospettato dell'omicidio è il giovane maghrebino Driss. Contrera, incaricato di ritrovare il ragazzo - che nel frattempo di è dato alla macchia - cercherà di dimostrare la sua innocenza; l'indagine non sarà affatto facile perché dovrà costantemente guardarsi alle spalle sia dalla malavita locale che da quella albanese che l'hanno - come si suol dire - messo nel mirino.
Fa troppo freddo per morire è un buon romanzo nonché l'inizio ideale per una nuova serie (che si prospetta molto lunga). Il punto di forza del libro, come si era intuito, è il protagonista: un detective squattrinato che ha il proprio ufficio in una lavanderia a gettoni e che ha alle spalle un'espulsione dalla polizia per traffico di droga, un matrimonio finito malamente e una paternità latitante; un uomo che veste in maniera dimessa, non ha un alloggio dove tornare la sera (da anni vive accampato dalla sorella) e guida una Panda Young vecchia come il cucco (non affezionatevi troppo alla sua macchina - e qui mi concedo un piccolo SPOILER - perché finirà arsa tra le fiamme a metà libro circa).
La caratterizzazione di Contrera è notevole, così come è degna di nota la descrizione del quartiere: un'enclave difficile, con un'alta concentrazione di extracomunitari, ma ricca di colori e vitalità. Siamo ben lontani dalla Torino-bene di Fruttero e Lucentini; qui scopriamo una capitale sabauda multietnica, periferica e multiculturale, di cui l'autore disegna sapientemente zone bianche e nere (non bianconere, però... perché l'autore, come il suo protagonista, è di assoluta fede granata) senza però cadere negli stereotipi e nei luoghi comuni
Il romanzo, che coniuga molto bene la trama investigativa e le vicende private di Contrera, è ottimamente costruito e non concede al lettore un attimo di tregua. Scritto in maniera scorrevole, popolato di personaggi e ambientazioni ben delineate, rispetta perfettamente i canoni del vecchio hard-boiled grazie ad una scrittura coinvolgente e ai dialoghi scoppiettanti e intrisi di ironia.
Consigliato: a coloro che amano i personaggi lontani dal politically-correct, le trame avvincenti e i dialoghi incalzanti e a chiunque voglia fare la conoscenza di un personaggio come Contrera: eternamente oscillante tra il dannato e lo sfigato, ma capace di appassionare il lettore con il suo modo di essere originale e debordante.
Voto: 7,5/10
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