sabato 13 marzo 2021

Il guardiano, Peter Terrin

 

Iperborea è sempre una sicurezza. Nonostante il passare degli anni, continua a rivestire alla perfezione il suo ruolo di "paladina" della letteratura nordica, regalandoci grazie alla sua lungimiranza perle letterarie che, altrimenti, non sarebbero mai arrivate fino a noi.   
Anche quest'ultimo romanzo - Il guardiano, opera dello scrittore belga di lingua olandese Peter Terrin - non delude affatto le aspettative. Si tratta di un racconto inquietante, claustrofobico e surreale, che descrive alla perfezione il grado di alienazione a cui possono giungere alcuni esseri umani.

I protagonisti sono due guardiani, Harry e Michel, che trascorrono le giornate sorvegliando un parcheggio sotterraneo che non lasciano mai. Vivono lì, dormono lì, sempre in attesa di un qualcosa di indefinito che però tarda ad arrivare. Riposano a turno, cuociono il pane e aspettano beni di prima necessità che accolgono ogni volta con le pistole in pugno. Al di fuori del parcheggio, forse, c'è un pericolo reale; non arrivano notizie dal mondo esterno e le uniche cose che riescono a penetrare nell'edificio sono alcune ombre, il ronzare di una mosca e il clangore di una bicicletta.

Siamo al cospetto di una storia piuttosto bizzarra, che racconta alla perfezione lo straniamento esistenziale, e che flirta da vicino con diversi generi letterari: il thriller, il distopico e il giallo a carattere metafisico.
La trama è lugubre, stravagante, a tratti persino horror. Pare che l'autore voglia far riflettere il lettore su un quesito abbastanza insolito: che cosa accadrebbe se ci trovassimo rinchiusi, tutto ad un tratto, in un luogo da cui non possiamo uscire, senza sapere che cosa sia realmente successo all'esterno? 
I riferimenti letterari sono abbastanza scoperti. Harry e Michel rimangono in uno stato di attesa costante come Vladimiro ed Estragone in Aspettando Godot; il mondo all'esterno del parcheggio in cui vivono e lavorano è un'entità sconosciuta, indecifrabile e inquietante come Il deserto dei Tartari descritto da Buzzati.
La scrittura è essenziale, disincantata, quasi ridotta all'osso. Abbiamo pochissime informazioni riguardo all'edificio e ai suoi residenti; non vengono fornite molte spiegazioni extra. Non sappiamo un granché sulle origini dei guardiani o sull'organizzazione da cui dipendono; Harry e Michel vivono costantemente in uno stato di allerta, nell'attesa di nuove provviste e dell'arrivo di un novello guardiano che, prima o poi, li sostituirà in modo da farli promuovere a un posto di responsabilità migliore. E su questi sogni ad occhi aperti pare il caso di fare una piccola riflessione conclusiva: l'autore riempie di desideri e speranze la testa dei suoi protagonisti ma, allo stesso tempo, dona loro pochissima prospettiva nei confronti del futuro.


Consigliato: a coloro che amano i romanzi capaci di raccontare il "tempo dell'attesa", cavalcando più generi letterari e descrivendo in maniera precisa lo straniamento e l'alienazione dell'uomo contemporaneo. 


Voto: 7/10




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