domenica 30 maggio 2021

La donna nel frigo, Gunnar Staalesen



La donna nel frigo rappresenta il mio primo incontro - nonostante si tratti del quarto libro della serie - con l'investigatore privato Varg Veum: un personaggio molto noto nei paesi nordici (è stata fatta persino una trasposizione cinematografica dei suoi romanzi) ma semisconosciuto da noi. Il nome del protagonista ricalca, in realtà, un'antica espressione nordica - vargr i véum - che significa "lupo nel santuario", sinonimo della frase “persona non grata”.
Già da questo si capisce molto: Veum porta impresse su di sé le stimmate dell'antieroe e soffre inevitabilmente degli usuali problemi che sembrano affliggere gran parte dei detective nordici: eccessi di solitudine, abuso di alcool e rapporti piuttosto conflittuali con le donne. 
Arrivati a questo punto, non sembrerebbe esserci niente di nuovo. In realtà, Staalesen ha creato il suo private-eye alla fine degli anni Settanta: si può dire che sia stato, perciò, uno degli antesignani del thriller scandinavo, la cui definitiva affermazione a livello internazionale sarebbe arrivata parecchi anni dopo. 

Varg Veum viene ingaggiato dalla signora Samuelsen per rintracciare il figlio Arne, tecnico di una compagnia petrolifera americana, scomparso senza lasciare traccia. Deve quindi abbandonare Bergen - la città in cui vive ed opera - e recarsi a Stavanger, sul Mare del Nord, per cercare di scoprire quale sia stato il destino del giovane. Sembrerebbe un'indagine di mera routine... ma la sorpresa è dietro l'angolo. Perquisendo l'alloggio di Arne, all'interno del frigorifero, il nostro detective rinviene una macabra scoperta: il corpo di una donna priva di testa e di arti. Da quel momento in avanti, le cose si complicheranno terribilmente: il percorso investigativo, pieno di pericoli e false piste, condurrà il buon Varg a scontrarsi contro un muro di omertà, che pare avvolgere l'intera vicenda. 

Si tratta di un hard-boiled dal profilo assolutamente "classico", che riunisce in sé le caratteristiche principali del genere. Veig, infatti, non è il solito poliziotto sottovalutato e antisistema ma un detective privato; la vicenda viene narrata in prima persona dal protagonista e, last but not least, l'investigatore può prendersi alcune libertà che sarebbero impensabili per chi è costretto a indossare un'uniforme di servizio.
Staalesen sembra distanziarsi un poco dagli altri scrittori scandinavi. Nonostante venga acceso, di tanto in tanto, il riflettore sulla situazione economica norvegese e si parli del crescente tasso di criminalità del paese, non si riscontrano delle vere pretese di analisi sociale. Sembra piuttosto che l'autore abbia preferito concentrarsi sulla trama poliziesca, dando la prevalenza a una trama scorrevole e avvincente e mettendo sullo sfondo eventuali propositi sociologici.
La donna del frigo è un ottimo esempio di polar europeo: essenziale nella scrittura, costruito con dialoghi rapidi e efficaci descrizioni d'ambiente, rappresenta la prova evidente che l'esempio dei Maestri Hammett e Chandler ha fatto opera di proselitismo anche nel vecchio continente.  


Consigliato a: coloro che amano l'hard-boiled classico, imperniato su investigatori dal carattere problematico e solitario, rivisitato stavolta in un originale e coinvolgente contesto norvegese.


Voto: 7,5/10


 

sabato 29 maggio 2021

Emilia l'elefante, Arto Paasilinna



Emilia l'elefante è un romanzo ecologico, vivace e avventuroso, che possiede diverse anime. Se da un lato racconta la vita nella Finlandia contemporanea, con tutto il suo corollario di usanze e personaggi stravaganti; dall'altro si sofferma sul rischio di estinzione di determinate specie e sull'attivismo per i diritti degli animali.
Partiamo, come sempre, da un rapido accenno della trama.

Siamo a Kerava, nel 1986. In una stalla del rinomato Circo Finlandia viene alla luce una tenera e dolcissima elefantina che la sua padrona, Lucia Lucander, decide di chiamare col nome di Emilia. Il piccolo pachiderma cresce rapidamente e inizia a farsi valere negli spettacoli itineranti. Purtroppo, qualche tempo dopo, entra in vigore una legge che proibisce l’uso degli animali selvatici a scopo di intrattenimento. 
Dopo aver lavorato per un breve periodo al Grande Circo di Mosca e partecipato a diversi spettacoli sulla transiberiana, Lucia decide di riportare Emilia in Finlandia. Grazie al prezioso aiuto di alcuni amici incontrati un po' per caso, prenderà ben presto una decisione: quella di cercare di accompagnare Emilia fino in Africa, nelle sconfinate praterie dove vivono i suoi simili.

Questa è la storia di un viaggio picaresco, dalle foreste finlandesi a una nave da carico in Africa, di una giovane donna e di una elefantina.
Così come in L'anno della lepre e Il migliore amico dell'orso, Paasilinna riesce a dare il meglio di sé quando i protagonisti dei suoi libri sono gli animali, che si ergono veri e propri paladini di quella libertà scanzonata e impertinente che dà gusto alla vita.
Anche in questo libro scopriamo i temi abituali tanto cari all'autore: l'amore per la natura, il radicato senso dell'umorismo e il gusto per le situazioni più improbabili. La storia di amicizia tra uomini e animali viene raccontata nel classico stile dello scrittore ed è sempre piacevole leggere le sue narrazioni assurde e divertenti. Nonostante l'originalità dell'impianto, però, si sente che manca qualcosa: forse quegli sprazzi di originalità presenti nei  libri precedenti. 
Al di là di tutto, il libro scorre via piacevolmente e si lascia divorare con una certa rapidità; pagina dopo pagina si rimane affascinati da questo straordinario personaggio a quattro zampe, capace di far sorridere, di intenerire e - perché no? - di commuovere il lettore.


Consigliato a: coloro che amano le storie ricche di humour e ironia, intrepretate da personaggi stralunati e in cui l'amore e il rispetto per la natura hanno una posizione di primo piano.


Voto: 6,5/10


Gio    


giovedì 27 maggio 2021

La finale, Leonardo Gori

 


Già pubblicato dalla ormai estinta Hobby & Work nel lontano 2003 ed ora ristampato da TEA, La finale è il terzo romanzo incentrato sulla figura del Capitano dei Regi Carabinieri Bruno Arcieri. Rispetto ai libri precedenti, ci troviamo sin da subito davanti a una grossa novità: Leonardo Gori sceglie di abbandonare la classica ambientazione fiorentina per trasferire il suo protagonista in un contesto completamente differente, la Francia del 1938 dove si stanno svolgendo i Campionati del Mondo di Calcio.
Partiamo, come sempre, dalla trama.

Arcieri giunge alla Gare de Lyon con una missione segreta da compiere: deve riportare in Italia un giovane fuoruscito torinese. In apparenza, l'incarico che gli è stato affidato pare roba di poco conto, quasi una sorta di vacanza. Il nostro (anti)eroe sarà ben presto costretto a ricredersi: si ritroverà coinvolto in una situazione difficile e irta di pericoli. Da quel momento in avanti, comincerà un'indagine "non autorizzata" nel mondo dei fuoriusciti, cercando di districarsi tra antifascisti militanti, agenti della polizia segreta fascista e spietati assassini.

La Parigi degli anni Trenta, gravida di bistrot e locali notturni e in cui coesistono in egual misura miseria e nobiltà, fa da sfondo ad una delle più avvincenti indagini del capitano Arcieri.   
Lavorando su una trama complessa ma estremamente coinvolgente, Leonardo Gori ci catapulta in uno dei periodi più oscuri della nostra storia recente. Con una prosa diretta e al tempo stesso ricercata, l'autore fiorentino ricostruisce l'azzeccato affresco di un'epoca, raccontandoci le drammatiche vicende della concentrazione antifascista e degli sgherri mussoliniani, molto attivi anche oltralpe.
L'indagine poliziesca, che ha tutte le parvenze di un "mosaico" - è composta da numerosi elementi che si fondono con armonia - diventa lo strumento essenziale per raccontare un momento storico decisivo per la storia patria. Il lettore viene preso per mano e trasportato nella Parigi del 1938; una città profondamente diversa da come è stata descritta in opere di altri autori - che ne hanno messo in luce la fioritura artistica e culturale - ma ugualmente affascinante, nonostante le sue zone d'ombra e i lati meno sfavillanti. Una Parigi di cui, grazie alla penna di Gori, riusciamo quasi ad assaporare il profumo, vivendo le medesime emozioni dei protagonisti.


Consigliato a: coloro che amano la letteratura giallo/noir mai fine a se stessa, ma come strumento adatto a raccontare la storia recente del nostro paese, unendo l'invenzione letteraria ad una profonda e meticolosa indagine storica.


Voto: 7,5/10


Gio  

mercoledì 26 maggio 2021

Mozart deve morire, Max e Francesco Morini


Siamo a Vienna nel 1811 e sono trascorsi vent’anni esatti dalla morte di Wolfgang Amadeus Mozart.
Cherub Hofner è un giovane giornalista che, dopo aver assistito alla replica delle Nozze di Figaro, decide di intraprendere un'indagine approfondita su quella morte assai discussa e ancora avvolta dalle nebbie del mistero. Comincia così a scrivere un reportage a puntate sul giornale per cui lavora, "Die Wiener Stimme". Nel suo percorso investigativo alla ricerca della verità incontrerà amici, musicisti e confratelli massoni che hanno conosciuto da vicino il geniale musicista, ognuno dei quali consegnerà al cronista la sua personalissima versione dei fatti. 

Il libro che non ti aspetti dai Morini Bros!
Sinceramente, prima di iniziare la lettura credevo che si trattasse di un qualcosa sulla falsariga dei romanzi precedenti: un buon giallo artigianale con un'adeguata miscela tra commedia e trama poliziesca.
Quei ragazzacci dei Morini, però, mi hanno piacevolmente stupito; hanno preso la difficile decisione di abbandonare (provvisoriamente? chi lo sa!) la vecchia strada, su cui si stagliava la figura suadente e divertente del libraio/detective Ettore Misericordia, per tuffarsi in un'oceano completamente nuovo: quello del giallo maturo, quasi metafisico, basato su una struttura in cui le "testimonianze" contano più dei fatti reali e tangibili.
Mentre procedevo nella lettura, il pensiero è andato immediatamente al capolavoro conclamato di Orson Welles, Quarto potere. Gli autori, utilizzando un procedimento similare a quello del grande regista, ricostruiscono la figura di Mozart e le sue vicende personali attraverso una narrazione volutamente frammentaria; tutti questi pezzi, derivanti dal racconto delle persone interpellate dal cronista, si ricompattano pian piano fino a formare un puzzle che assume, agli occhi del lettore, la sua forma compiuta.
Riusciamo così, da un lato, a ripercorrere l'esistenza dell'uomo e musicista di Salisburgo; dall'altro a comprendere fino in fondo quella che possiamo definire come la "solitudine del genio": una situazione di straniamento/isolamento in cui, spesso, si vengono a ritrovare le menti più brillanti e illuminate e che finisce per condizionarne il percorso e le scelte.

La prosa è scorrevole, diretta e senza fronzoli. La Vienna dell'epoca Napoleonica, ammantata di gusto raffinato e di attrattive artistico-culturali, è il palcoscenico più adatto su cui rappresentare questo mystery dai contorni sfumati, in cui nulla è ciò che sembra e dove ad ogni pagina si respira il profumo di un'epoca che non c'è più: un tempo lontano, che ovviamente non abbiamo vissuto, ma di cui possiamo percepire l'essenza nelle melodie del grande genio attorno a cui ruota la struttura narrativa.


Consigliato a: coloro che amano i mystery costruiti attraverso una meticolosa indagine del protagonista, in cui le testimonianze raccolte finiscono col formare un quadro d'insieme completamente diverso dai frammenti che lo compongono.


Voto: 7,5/10


domenica 16 maggio 2021

Brothers, Yu Hua

 



Ambientato in una zona costiera nei pressi di Shanghai, Brothers racconta le vite di due ragazzi cresciuti nella Cina maoista: Li Testapelata e il suo fratellastro Song Gang. La loro infanzia si svolge durante l'aspra stagione della rivoluzione culturale, durante la quale il padre di Song Gang viene torturato a morte, pochi anni dopo la morte della moglie Li Lan.
I due adolescenti, rimasti orfani, cominciano a farsi strada nel nuovo mondo imprenditoriale dell'era di Deng Xiaoping. Song Gang trova lavoro in una fabbrica statale; l'irriverente e smargiasso Li Testapelata diventa uomo d'affari, destinato a raggiungere una posizione di prestigio e di ricchezza. La lealtà reciproca dei due fratelli verrà messa a dura prova quando entrambi si innamoreranno della medesima donna: la bellissima Lin Hong

Brothers è una commedia nera, epica e scatenata, che vuole raccontare la società cinese contemporanea. La nascita del mercato di stato capitalista viene esposta attraverso una vicenda familiare che assume, pagina dopo pagina, risvolti diversi: schietti e sentimentali, comici e tragici, violenti e paradossali. La storia è supportata da personaggi di cui non ci si dimentica facilmente ed è estremamente utile per comprendere l'intensità e la complessità dei cambiamenti avvenuti della cultura cinese nella seconda parte del Novecento. 
Yu Hua, in particolare, mette in evidenza l’ipocrisia e la corruzione della società moderna, concentrandosi su alcune "sfaccettature" che i cinesi stessi ancora faticano ad accettare. 

Il romanzo si articola in due parti distinte, Brothers e Arricchirsi è glorioso: la prima più improntata al realismo, la seconda più bizzarra e provocatoria. La scrittura è semplice ma efficace; la prosa scorrevole riesce a mantenere l'attenzione del lettore senza cedimenti. L'autore, comunque, riesce a dare il meglio di sé quando racconta i momenti più drammatici, seguendoli fino alle loro estreme conseguenze. 
Sia per la sua mole ponderosa, sia per la narrazione ad ampio respiro Brothers è, probabilmente, l'opera migliore di Yu Hua: un autore che possiede un talento incredibile nella descrizione di ambienti, personaggi e stati d'animo e che ha la rara capacità mettere a nudo la naturalezza e la spontaneità degli esseri umani. Mai come in questo romanzo, infatti, lo scrittore cinese è riuscito ad allontanarsi dalla complessità del presente per abbracciare un percorso che conduce alla semplicità dei fatti: un merito che gli va riconosciuto, al di là di qualsivoglia giudizio critico sulla sua opera.


Consigliato a: coloro che amano le saghe famigliari, capaci di raccontare i cambiamenti sociali e culturali in atto, ed a chiunque apprezzi i romanzi in grado di coniugare elementi apparentemente contraddittori come comicità e tragedia, realismo e senso dell'assurdo.


Voto: 8+/10


Gio       



sabato 15 maggio 2021

L'assassino ci vede benissimo, Christian Frascella

 


"Io sono Contrera. Compagno del cavolo, padre di merda, fratello approfittatore, cognato insopportabile, figlio degenere, ma investigatore coi controcazzi".
Mai poche parole sono state così adatte a descrivere un personaggio. Contrera è davvero irresistibile: geniale come detective, disastroso per tutto il resto. È una perfetta canaglia, che conduce un'esistenza da scriteriato; talvolta diventa insopportabile ma si continua ad amarlo; dà sui nervi a chiunque ma si finisce con l'affezionarsi a lui. Ma partiamo, come sempre, dalla trama.

Siamo nel quartiere multietnico di Barriera di Milano. In una gelida sera di novembre, due uomini vengono assassinati a sangue freddo all'interno di una rivendita di kebab. Contrera, per puro caso, si trova sul luogo del delitto. Il sospettato è Eddie, un possente extracomunitario di colore, grande amico dell'investigatore. A questo punto non ci sono alternative: Contrera deve cercare di scoprire il colpevole prima che la situazione diventi irreparabile. A complicare le cose si aggiunge l'improvvisa creazione di una Ronda - un gruppo di facinorosi decisi a riportare l'ordine ad ogni costo - che sta cercando di mettere a ferro e fuoco il quartiere.

Il terzo episodio della serie Contrera si svolge, nell'arco di sole ventiquattro ore, in una Torino gelida ed invasa dalla nebbia. Come sempre, la miscela ideata da Frascella funziona alla perfezione: humour, ritmo e detective story coesistono alla perfezione; la narrazione alterna momenti di tensione ad altri più ilari e divertenti.  
La Barriera è il giusto scenario per la rappresentazione del tutto: un quartiere violento, gonfio di locali e bar di quart'ordine, dove talvolta le stesse forze dell'ordine imboccano la strada del giustizialismo ad ogni costo e in cui vivono troppi emarginati senza che nessuno mostri il minimo interesse per loro. 
La scrittura di Frascella è rapida, essenziale; i dialoghi sono scoppiettanti, gravidi di frasi e citazioni memorabili.
E arrivati all'ultima pagina... non si vede l'ora di leggere una nuova avventura con questo protagonista: così immorale e disordinato, ma allo stesso tempo davvero irresistibile nella sua unicità.


Consigliato a: coloro che amano l'hard-boiled, qui rappresentato in una versione italiana originale e pregna d'ironia, e a chiunque apprezzi i personaggi "contro", tutt'altro che perfetti ma comunque capaci di entrare nel cuore del lettore.


Voto: 7,5/10


Gio     

venerdì 14 maggio 2021

Puttane assassine, Roberto Bolaño



"Adesso non c'è tempo per annoiarsi, la felicità è scomparsa da qualche parte sulla terra e rimane solo lo stupore."
 

In questa frase, pronunciata dal protagonista di uno dei racconti, si percepisce l'essenza che attraversa l'intero volume.
Puttane assassine è l'ultima raccolta di storie di un autore che si è affermato come una delle voci più importanti della letteratura in lingua spagnola; è importante evidenziare come ogni singola vicenda sia intrecciata con la biografia dello stesso Bolaño e con la sua vita (dapprima in Cile, poi in Messico e in Spagna).

Il libro è composto da tredici racconti brevi. 
In Ultimi crepuscoli sulla terra viene narrato un viaggio ad Acapulco che, a poco a poco, si trasforma in una discesa all'inferno. Nella Prefigurazione di Lalo Cura (personaggio che comparirà poi in 2666) ci si immerge in una vicenda di narcotraffico e registi di film a luci rosse. Il ritorno racconta una stravagante storia di morte e necrofilia. Buba è una sorta di parabola a tema calcistico che si mescola a eventi di magia nera. Dentista ci rivela il rapporto tra un misterioso adolescente e due adulti dal passato vissuto e burrascoso. In Fotografie facciamo la conoscenza di Arturo Belano - alter ego dello scrittore - che sarà poi protagonista di I detective selvaggiCarnet di ballo affronta la controversa figura di Pablo Neruda. In Puttane assassine - il racconto che dà il nome alla raccolta - incrociamo una giovane spietata che pare uscita di getto da un film di Quentin Tarantino. 

Questa raccolta può essere la giusta introduzione per coloro che, per la prima volta, si accostano all'opera di Roberto Bolaño. Come spesso accade nelle raccolte eterogenee, non tutti componenti sono del medesimo livello; in questo libro ci sono però alcune storie di sicuro valore, che brillano come gemme preziose all'interno di una collana.
Parlando dei temi ricorrenti, alcuni dei racconti hanno come protagonisti uomini solitari, che intraprendono un viaggio verso una meta indefinita; in altri incrociamo personaggi che si ritrovano improvvisamente ad affrontare situazioni fuori dall'ordinario - caratterizzate da elementi surreali o magici -, in altri ancora percepiamo una forma di violenza alla quale nessuno pare in grado di sottrarsi.
Si rimane comunque affascinati dal talento narrativo dell'autore e dalla sua immaginazione, capace di amalgamare vita reale ed eventi immaginari, quasi arrivando all'estremo confine del "sogno".
Nei vari racconti ritroviamo, infine, alcuni degli elementi che compongono l'universo letterario di Bolaño: il potere anticonformista della letteratura, il bisogno di svelare l'ignoto, l'esistenza delle persone comuni, il viaggio come fuga e la lotta dei "diseredati" per trovare il loro posto nel mondo (specie in un territorio straniero).


Consigliato a: coloro che amano i racconti brevi capaci di miscelare realtà e invenzione, realismo e elementi soprannaturali, e a chiunque voglia fare la conoscenza di uno dei più grandi scrittori della letteratura sudamericana (ma non solo) contemporanea.


Voto: 7,5/10



domenica 9 maggio 2021

Flora, Alessandro Robecchi



Flora è l'ottavo romanzo della serie imperniata sul personaggio di Carlo Monterossi, autore televisivo di successo ma divenuto refrattario alla tv del dolore - ormai trasformatasi in una baracconata furbetta e disonesta - che lui chiama col termine spregiativo di "fabbrica della merda" (bip!)
In questo nuovo episodio Flora De Pisis - la cinica conduttrice nonché artefice dello spregevole modello televisivo - è vittima di un rapimento (un po' com'era capitato alla presentatrice del recente Un colpo al cuore di Piergiorgio Pulixi). Si tratta di un sequestro reale o di un escamotage pubblicitario? Che cosa succederà? 

Proprio a Monterossi, sollecitato dal mega-dirigente della Grande Tivù Commerciale, toccherà dipanare una matassa che, sin dall'inizio, pare sprovvista di capo e di coda. Carlo, assistito dagli investigatori Oscar Falcone e Agatina Cirrielli e dalla compagna Bianca Ballesi (produttrice del programma di Flora), avrà il compito di intavolare la trattative con i sequestratori, cercando di riportare a casa il prima possibile la mal capitata presentatrice. 

I romanzi di Robecchi consistono di due anime ben distinte (anche se spesso arrivano a fondersi tra loro): quella prettamente noir, rappresentata dal duo di poliziotti Ghezzi-Carella, e quella più in stile commedia, incentrata soprattutto sulle vicende di Monterossi. Mentre col precedente I cerchi nell'acqua, malgrado l'assenza del protagonista/autore-tv, la storia funzionava alla grande, stavolta l'assenza del duo di questurini si sente eccome. La parte poliziesco/investigativa, infatti, non decolla: la trama è piuttosto scarna e, ad un certo punto, pare quasi accartocciarsi su se stessa in un profluvio di ripetizioni e aderendo a schemi già utilizzati nei romanzi precedenti. Mi sento, quindi, di fare una constatazione (del tutto personale ma non per questo insostenibile): Ghezzi e Carella senza Monterossi: OK; Monterossi senza Ghezzi e Carella: assolutamente NO.   
Gli intermezzi in cui l'autore si concentra sulla poesia francese e sul movimento surrealista parigino non convincono molto; Robecchi vorrebbe parlarci della libertà dell'arte e della deriva della cultura televisiva, ma non sempre riesce a centrare il bersaglio.
Massima stima in Robecchi, che ritengo tra gli autori di punta del noir italiano contemporaneo, ma penso che questo libro costituisca un evidente passo indietro rispetto a tutta la produzione precedente: forse un'eccessiva dose di ambizione l'ha spinto a cercare nuove strade narrative, purtroppo con risultati non in linea con le intenzioni. Attendiamo speranzosi un pronto riscatto... già a partire dal prossimo volume (che uscirà, almeno credo, a inizio 2022). 


Consigliato a: coloro che apprezzano i noir con una grossa componente lasciata alla commedia e a chiunque desideri farsi un'infarinatura sulla poesia surrealista francese di inizio Novecento.


Voto: 5,5/10 


martedì 4 maggio 2021

La casa degli spiriti, Isabel Allende


Oggi vi parlerò di un volume che attendeva sullo scaffale da qualche tempo (un bel po' di annetti a dire il vero) e che mi sono finalmente deciso a prendere in mano. 
La casa degli spiriti è il primo e forse più celebre romanzo della scrittrice peruviana (ma cilena d’adozione) Isabel Allende. Pubblicato nell'ormai lontano 1982, il libro racchiude una saga familiare lunga tre generazioni in cui si riflettono la storia e il destino di un intero popolo.

Nel periodo compreso tra i primi anni del Novecento e l'avvento della dittatura degli anni Settanta, alla splendida tenuta "Tre Marie", si svolgono le vicende di Esteban Trueba e della sua famiglia. Ricchi latifondisti e miseri contadini, sostenitori e contestatori del Presidente Allende, forze di destra e di sinistra, si confrontano in questa opera che intende rappresentare un affresco della cultura, della società e della politica cilena del Novecento.

Parto da un assunto: io e il "Realismo magico" non andiamo per niente d'accordo. Mi ritengo realista fino al midollo; pertanto quando vedo il mondo concreto e reale, così com'è visibile, contaminato da elementi magici o di fantasia vengo colto da una sensazione di sconforto che mi spinge a rifiutare indiscriminatamente ciò che sto leggendo.
Detto questo, è palese che La casa degli spiriti - così com'è accaduto con Cent'anni di solitudine e altri romanzi annoverabili alla corrente - non mi abbia appassionato granché, lasciandomi addosso una sensazione di noia indistinta. 
L'opera, in realtà, può essere letta come una sorta di diario, nel senso che narra la storia di un nucleo familiare attraverso un lungo flash-back in cui, spesso, narrazione e intreccio non vanno di pari passo. La commistione tra vicende reali e invenzioni romanzesche non sempre funziona alla perfezione; gli eventi effettivamente accaduti, celati dietro una patina di finzione, risultano un po' attenuati ed edulcorati e persino gli accadimenti più tragici e drammatici vengono spogliati della loro forza dirompente: fatti che dovrebbero lasciarci indignati, confusi e sconvolti scivolano via, in maniera fiabesca, come acqua tra le dita. 
Ecco... in poche parole vi ho spiegato perché non mi piace il realismo magico: per il fatto di cercare di camuffare il mondo circostante, tramutando il dolore in fiaba e la tragedia in soft opera. 
Al di là di tutto, la Allende risulta per me eccessivamente verbosa e ridondante; questo romanzo, in particolare, è a tratti dispersivo e prolisso e ho trovato davvero arduo appassionarmi alle vicende di Esteban Trueba e dei suoi famigliari. 


Consigliato a: chi ama la letteratura sudamericana e la sua capacità di coniugare avvenimenti realistici con elementi magici e a chiunque apprezzi le saghe raccontate in maniera sfarzosa e ampollosa.


Voto: n.g. (come sempre, quando non mi trovo d'accordo con la stragrande maggioranza dei lettori, evito di dare un voto).







      

sabato 1 maggio 2021

Morte di una sirena, Thomas Rydhal e A. J. Kazinski

 


Nonostante le premesse di questo romanzo fossero originali e promettenti, lo svolgimento non è stato di certo pari alle attese: credo di aver letto uno dei peggiori pastrocchi della mia carriera di lettore, un guazzabuglio che miscela le ambientazioni gotiche (Tim Burton docet) con una trama thriller sciatta, poco credibile e al limite dell'umorismo involontario. Ma partiamo, prima di tutto, dalla trama.  

Siamo a Copenaghen nel 1834. La capitale danese - afflitta da povertà, malattie e tensioni sociali - è funestata da crimini atroci.
Anna è una prostituta, madre di una bambina di sei anni, che vende il proprio corpo in una delle peggiori zone della città. Una sera viene brutalmente assassinata e il suo cadavere viene rinvenuto nella discarica dove si raccolgono i rifiuti di Copenaghen.
I sospetti del delitto cadono sin da subito sul giovane che è stato visto uscire per ultimo dall’appartamento della vittima. Il suo nome è Hans Christian Andersen ed ha l'ambizione di diventare uno scrittore; i suoi tentativi, però, sono finora falliti, stroncati dalla penna implacabile  della critica.
Ad Andersen viene però offerta un'inaspettata via d'uscita: gli vengono concessi tre giorni per trovare il vero colpevole. In caso di insuccesso, il giovane verrà condannato per assassinio!

...ATTENZIONE SPOILER!!!...

Mentre sto scrivendo il mio commento a questo libro, mi viene in mente una celebre battuta di Steve Martin: "Non potrei mai essere una donna: starei tutto il giorno a toccarmi le tette".
Ecco, il proposito di costruire un intero thriller sull'invidia del seno femminile mi pare veramente assurdo se non risibile... ma alla fine, purtroppo, i buoni (?) Rydhal e Kazinski hanno seguito né più né meno questo discutibile itinerario.     
L'idea di trasformare un personaggio famoso in detective non è di certo nuova per i lettori: negli ultimi anni abbiamo visto Dante, Galileo e altri ancora indossare i panni dell'investigatore dilettante, ingegnandosi per la risoluzione del caso. Stavolta, però, Andersen mi pare un pesce fuor d'acqua: viene catapultato - senza paracadute - in una trama di pessima qualità, poco credibile e con personaggi scarsamente caratterizzati, infarcita da descrizioni da film splatter di bassa lega. 
Il romanzo sbanda pericolosamente di qua e di là: le trovate, talvolta, sono improbabili e al limite dell'assurdo; altre volte la fantasia degli autori propone scelte narrative improponibili. Si rimane, così, sullo scivoloso crinale che separa il romanzo storico dal fantasy, senza capire da che parte stare.
Anche lo stile, freddo e per nulla memorabile, non è per niente d'aiuto a rendere più piacevole la lettura.
Unico elemento degno di nota: la scena finale - che potremmo intitolare "come nacque, in Andersen, l'idea per la fiaba della piccola fiammiferaia" - che riscatta solo in piccola parte un romanzo per niente riuscito.


Consigliato a: coloro che amano le indagini investigative condotte da celebri personaggi storici e a chiunque non si preoccupi troppo per la verosimiglianza della trama.


Voto: 5/10