lunedì 1 ottobre 2018

L’abito da sposo, Pierre Lemaitre


Tra gli autori di gialli/thriller contemporanei Pierre Lemaitre è sicuramente una figura atipica, che agisce al di fuori dagli schemi e dalle convenzioni. Dopo aver conquistato, nel 2013, il Premio Goncourt con Ci rivediamo lassù è universalmente considerato tra i migliori scrittori d’Oltralpe al di là dell’angusto recinto dei “generi” letterari.
Questo romanzo – seppur lievemente inferiore al bellissimo Lavoro a mano armata – mantiene intatte le promesse, affascinando il lettore con una trama ottimamente congegnata: un plot originale, che riecheggia temi cari al grande Alfred Hitchcock, e riesce a mantenere alta la tensione nell’arco delle oltre trecento pagine del racconto.
Ma partiamo dal principio…

Sophie fa la baby-sitter. È una donna di circa trent’anni, problematica e ossessionata da un passato di cui nulla si sa. Una mattina scopre che Leo, il bambino che le era stato affidato, è morto nel sonno: strangolato con una stringa che appartiene proprio agli stivali di Sophie. Non ricordando nulla – e arrivando addirittura a sospettare di se stessa – la donna decide di fuggire, assumendo una falsa identità… Ma, come accade nei migliori gialli, niente è come sembra: potrebbe esserci una presenza misteriosa che agisce alle sue spalle, manipolando gli eventi della sua vita come fossero morbida creta.

Lemaitre costruisce con la consueta abilità un romanzo in “due tempi”. La vicenda viene mostrata attraverso differenti prospettive, simmetriche quanto antitetiche: quella della protagonista Sophie e quella del suo avversario, che si muove nell’ombra condizionando ogni passo della sua esistenza.
Alla fine, ci troviamo di fronte all’ennesima declinazione della lotta tra gatto e topo… con un inaspettato ribaltamento delle parti, che sfocerà in un epilogo davvero inatteso.
La scrittura è elegante, accurata, piena di acume e maestria: capace di infondere nobiltà e raffinatezza ad una vicenda che, in mani a scrittori meno talentuosi, sarebbe probabilmente scaduta nella solita “banalità del male”.


Consigliato a: coloro che vogliono leggere un buon thriller: veloce, avvincente ed in grado di tenere alta la tensione per l'intera durata del racconto.


Voto: 7,5/10



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