Buonsalve, gente!
Dovete sapere che ultimamente mi sto dedicando a tantissime riletture.
Fino a qualche anno fa ero abbastanza "contraria" a questa cosa, nel senso che mi dicevo ho così tanti libri da leggere, perché dovrei mettermi a rileggere delle storie che conosco già?!
Perché? Ecco, finalmente mi sono data diverse risposte: per affrontare le storie in un modo diverso, notare dettagli sfuggiti al primo giro, stare di nuovo in compagnia di determinati personaggi, rivivere alcune emozioni e vedere se, col passare del tempo, il libro mi avrebbe lasciato le stesse sensazioni oppure no.
Perché noi cresciamo, viviamo situazioni diverse che ci cambiano... e anche i libri - o meglio, quello che i libri ci lasciano - cambiano in base al momento in cui li leggiamo.
Oggi voglio parlarvi quindi di un libro che già avevo letto. Voglio farlo perché mi sono accorta che la rilettura è stata ancora più potente della prima lettura... ma voglio farlo soprattutto perché mi dispiace che siano pochi a conoscere l'esistenza dei due libri che seguono il primo.
Tutti, bene o male, conoscono L'amico ritrovato.
Pochi sanno, come dicevo prima, che ne esistono altri due collegati.
La Trilogia del ritorno, di Fred Uhlman, è così composta:
L'amico ritrovato
Un'anima non vile
Niente resurrezioni, per favore
Si tratta di tre piccole opere che si leggono davvero in poco tempo e che fisicamente magari occupano poco spazio, ma ciò che si trova al loro interno è qualcosa di enorme.
Protagonisti sono Hans e Konradin, due adolescenti tedeschi di cui uno ebreo e l'altro di illustre famiglia ariana. Nel primo volume viene raccontata la storia della loro amicizia: cosa hanno fatto i due giovani per avvicinarsi, come si comportavano i rispettivi genitori, come passavano le giornate insieme, le idee sulla religione e sulla politica... fino al momento della rottura, cominciata in seguito ad una scena avvenuta in pubblico.
Dopodiché ritroviamo Hans diversi anni dopo, quando riceve per posta qualcosa che non gli passerà davanti in modo del tutto indifferente.
Dopodiché ritroviamo Hans diversi anni dopo, quando riceve per posta qualcosa che non gli passerà davanti in modo del tutto indifferente.
Già il primo libro fa molto riflettere su determinate tematiche, come l'amicizia, l'adolescenza, la vita degli ebrei nel periodo nazista.
Personalmente trovo che il secondo libro sia fondamentale perché si tratta di una lettera che Konradin scrive ad Hans: tra le righe gli spiega la situazione in cui viveva, il perché di determinati comportamenti - che Hans riteneva offensivi ma che per Konradin erano l'unico modo per portare avanti quell'amicizia a cui teneva così tanto. Viene rivelata l'altra faccia della medaglia, un punto di vista diverso dalle solite storie raccontate dagli ebrei: il punto di vista di un ragazzino tedesco che viene travolto dagli eventi, che deve agire in base a quanto richiesto dalla società, che non capisce in toto ciò che accade... fino ad un certo punto.
Nell'ultima parte della trilogia vediamo un nuovo personaggio che, vi dirò, mi ha abbastanza confusa: a tratti mi sembrava Hans, a tratti mi ricordava Konradin, ma non poteva essere nessuno dei due. Insomma, questo signore torna al paese dopo aver vissuto in America per diversi anni. Passeggia per le strade in cerca di qualcuno in particolare, ma incrocia anche molte altre persone. Tra queste, un vecchio compagno di scuola: ecco che di nuovo, ora dopo la guerra, vengono riavvicinati l'ebreo e l'ariano. Dai discorsi che saltano fuori si capisce che molti tedeschi non si rendevano ancora ben conto di cosa fosse successo, di cosa avessero fatto.
Alla prima lettura questo testo mi aveva un po' delusa, non mi era piaciuto come i precedenti... adesso invece l'ho totalmente rivalutato.
Trovo difficile parlare di questi libri, un po' per non fare spoiler un po' - un po' tanto, anzi - per via degli argomenti che tira in ballo e per le emozioni che si provano durante la lettura.
Per questo motivo consiglio a tutti di leggerli e di rifletterci su.
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