Il protagonista è un uomo senza nome. Per tutto l'arco del romanzo, infatti, viene definito semplicemente attraverso il lavoro che svolge: "il responsabile delle risorse umane". Pagina dopo pagina, impariamo a fare la sua conoscenza e ad entrare nel suo mondo.
Ex militare, divorziato, capo del personale del più grande panificio di Gerusalemme, si trova improvvisamente alle prese con un problema da cui potrebbe dipendere il buon nome dell'azienda per cui lavora.
Una dipendente morta in un attentato senza che nessuno reclami il suo cadavere; un giornalista rampante che sfrutta la vicenda per un articolo shock sulla scarsa umanità dell'azienda, che manco si è accorta dell'accaduto; il "responsabile" che viene incaricato dal vecchio proprietario di rimettere le cose a posto. Questo è l'incipit di un romanzo davvero originale e travolgente.
Una Gerusalemme sulfurea e incandescente, sempre all'erta per possibili azioni terroristiche, diventa teatro di una vicenda che sta esattamente a metà strada tra il realismo più crudo ed il "teatro dell'assurdo". Lungo lo svolgimento della trama, si viene sballottati qua e là come sacchi di iuta nel rimorchio di un camion (o, meglio, come la bara della vittima che viene trascinata in un viaggio che pare interminabile): non si capisce se prevalga il senso di colpa ovvero un sentimento di pietà, ma assistiamo alla presa di coscienza di un uomo qualunque, che inizia a capire ciò che fino a quel momento gli era sfuggito e ad agire di conseguenza.
Le chiavi di lettura del romanzo possono essere variegate e molteplici, ma conducono tutte verso il tema della responsabilità, sia collettiva che individuale. Per il "responsabile delle risorse umane" ha luogo una sorta di redenzione: una ricerca all'interno dei valori più reconditi, rimasti sigillati negli strati più profondi dell’anima. I personaggi di contorno, invece, dimostrano l'inespressa necessità di guardare in faccia una realtà tragica ed evanescente, alla ricerca di una via d’uscita.
Questo è stato il mio primo romanzo di Yehoshua. A distanza di anni, posso ancora dire di esere rimasto piacevolmente sorpreso dalla fluidità della narrazione, dall'ironia capace di avvolgere la drammaticità della vicenda, dalla capacità di descrivere stati d'animo, personaggi ed ambienti in maniera essenziale e mai esagerata.
Consigliato a: coloro che amano i grandi temi, raccontati in maniera ironica ed allo stesso tempo drammatica, ed a chiunque si lasci appassionare dalle storie di redenzione individuale.
Voto: 8/10
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