Concludo la mia personalissima analisi delle
Nemesi di Philip Roth – i quattro romanzi
che rappresentano il canto del cigno dell’autore prima del definitivo ritiro dalle
scene letterarie – occupandomi di L’umiliazione.
Il tema comune al quartetto di opere è
rappresentato dall’ambiguo rapporto dell’uomo col destino. Dopo aver sviscerato
il tema della morte (Everyman), quello
dell’umana inadeguatezza nei riguardi della storia (Indignazione) e quello dell’impotenza di fronte alla malattia (Nemesi), questa volta lo scrittore di
Newark analizza le conseguenze della perdita del talento, occupandosi della
deriva di un attore che ha perso per strada l’ispirazione artistica.
Simon Axler, celebre attore teatrale, dopo
aver superato i sessant'anni di età sente di non riuscire più ad entusiasmare il
pubblico. Dopo una serie di clamorosi fiaschi è ridotto come un pugile al
tappeto: ogni volta che si presenta sul palcoscenico, scopre fino in fondo la
propria incapacità ed inettitudine. L’abbandono della moglie, inoltre, contribuisce
ad acuire il suo stato depressivo.
Precipita così in una terrificante spirale
che lo spinge all’autodistruzione. Il rapporto con una ragazza parecchi anni
più giovane – figlia di vecchi compagni d’accademia – lo spingerà ad alimentare
un insolito ed insano desiderio erotico attraverso cui cercherà un simulacro di
conforto e consolazione in un’esistenza ormai priva di punti fermi.
La solitudine, la perdita di sicurezza e la
sconfitta sono gli elementi chiave di
quest’opera, che vuole rappresentare la decadenza dell'individuo di fronte ad
una realtà che, per lungo tempo, l’aveva incensato e celebrato.
I temi ricorrenti sono quelli a cui l’autore
ci ha abituato nel corso degli anni: brama sessuale, ataviche paure, rapporti difficili
tra figli e genitori e la vecchiaia che, come un rullo compressore, avanza
distruggendo ogni cosa.
Non concordo con coloro che ritengono L’umiliazione un'opera minore di Roth.
Certo, i vertici di Pastorale americana
e Ho sposato un comunista sono
parecchio lontani; la descrizione dei personaggi, le derivazioni psicologiche e
la capacità di analisi rimangono però di livello assoluto.
La trama, forse, non mostra il consueto
equilibrio: il passaggio dalla prima alla seconda parte risulta un po’
macchinoso e comporta un certo stridio. Si tratta però di peccati veniali che,
ad uno scrittore come Roth, possiamo perdonare senza farci troppi problemi.
Consigliato a: coloro che amano i romanzi in
grado di rappresentare l’evoluzione degli individui, con straordinari approfondimenti
psicologici ed un’attenta analisi sociale, ed a chiunque voglia godersi la prosa
caustica ed inconfondibile di uno dei maggiori autori a cavallo tra ventesimo e
ventunesimo secolo.
Voto: 7/10
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