venerdì 7 settembre 2018

Chi è senza colpa, Dennis Lehane


La genesi di questo libro è abbastanza particolare. Qualche anno fa Dennis Lehane pubblicò un racconto breve intitolato Animal Rescue che, successivamente, venne trasposto sul grande schermo con Tom Hardy e il compianto James Gandolfini nel ruolo dei protagonisti. Dopo l’uscita del film, però, l’autore statunitense decise di rimettere mano al manoscritto, trasformandolo in un vero e proprio romanzo.
Purtroppo, questa cura “all’ingrasso” del racconto non ottiene gli effetti sperati: pur trattandosi di un libro scorrevole e ben congegnato, siamo lontani dai fasti di La legge della notte (con cui Lehane trionfò all’Edgar Award di qualche annetto fa).

La vicenda raccontata in Chi è senza colpa si svolge negli stessi luoghi in cui è ambientato Mystic River, il capolavoro dell’autore: una Boston notturna, che sa essere fredda e selvaggia.
Il protagonista, Bob Saginowski, è un lupo solitario che sconta la sua esistenza tra la casa in cui vive da solo ed il pub del cugino Marv, dove fa il barista. Dopo aver rinvenuto tra i rifiuti un cucciolo di pitbull, fa la conoscenza di Nadia: una ragazza dal carattere spigoloso e dall’aria vissuta. La notte stessa, il locale di Marv viene svaligiato, con Bob involontario testimone dell’accaduto. Ma il pub è di fatto controllato dalla mafia cecena, che lo sfrutta come “parcheggio” per i soldi delle scommesse: la faccenda, a questo punto, può diventare davvero pericolosa…

Un’umanità senza speranza, sola ed abbandonata a se stessa, è l’assoluta protagonista di questo noir metropolitano, in cui nessuno riesce a salvarsi dalle ataviche colpe. Il destino beffardo, sempre pronto a mettere i bastoni tra le ruote, è il regista insindacabile delle azioni dei protagonisti tra cui si eleva – indiscutibilmente – la figura di Bob: un uomo talmente tranquillo da risultare quasi invisibile.
Lehane muove bene le sue pedine nell’ombra, in un’atmosfera che riecheggia quella di tante sue opere precedenti, riuscendo ad imprimere in ogni personaggio (anche quelli più marginali) un carattere degno di nota.
Peccato solo che la materia a disposizione fosse più adatta ad un racconto che ad un romanzo in senso lato: l’operazione, pertanto, dà l’impressione di un brodo che, seppur gustoso e saporito, risulta forse un po’ troppo allungato.


Consigliato a: chi ama il noir, i personaggi “perdenti” e le atmosfere fredde e cupe di un’America ritratta alla perfezione nelle sue nevrosi metropolitane.


Voto: 6,5/10  


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