giovedì 20 dicembre 2018

Barabba, Pär Lagerkvist


Confesso la mia ignoranza! Quando qualche anni fa vidi il film Barabba, diretto da Richard Fleischer ed intrepretato da un magistrale Anthony Quinn (coadiuvato da due miti del cinema di casa nostra come Silvana Mangano e Vittorio Gassman), non avevo la minima idea che fosse stato tratto da un libro. Scoprii successivamente che la pellicola era la trasposizione del romanzo di Pär Lagerkvist, Premio Nobel nel 1951, tuttora considerato come uno dei massimi esponenti della letteratura svedese.
Come si può intuire dal titolo, l’opera narra le vicende di Barabba negli anni successivi alla crocifissione di Gesù.

Credo che chiunque sappia chi era Barabba, in base a ciò che sta scritto nel Vangelo: un malfattore condannato a morte e graziato da Ponzio Pilato al posto di Gesù. Che cosa gli sia accaduto dopo quell’inaspettato “colpo di fortuna” non è dato sapersi.
Da quel momento, ha inizio la storia immaginata da Lagerkvist: dieci scene attraverso cui vengono ripercorse le tappe fondamentali della sua esistenza; gli incontri con Lazzaro, con Pietro – straziato dal pentimento dopo aver rinnegato il Signore - e con lo schiavo Sahak rappresentano le stazioni di una sua personalissima via crucis, che dal colle del Golgota lo condurrà fino alla prigione di Roma in cui subirà la medesima sorte del figlio di Dio.

Si tratta di un dramma epico, potente, che in poco più di un centinaio di pagine riesce a raccontare la storia di un uomo che dallo status primitivo di bruto muta gradualmente in essere umano.
Scritto sotto la forma di un dramma in due atti, Barabba è un'opera di rara intensità, che ci fornisce un punto di vista alternativo sulla morte e la resurrezione di Cristo. Raccontando la storia di colui che è stato scelto per vivere al posto di colui che è stato condannato a morte, ribalta completamente la prospettiva dei vangeli apocrifi e ci consegna una straordinaria parabola sulla redenzione individuale, che colpisce nel profondo e lascia nel lettore un senso di appagamento sincero.
La scrittura è sublime, poetica, con una descrizione di ambienti e personaggi che rimanda ai grandi maestri della pittura come Masaccio, Mantegna, Rembrandt (soprattutto per gli interni).
Uno dei migliori romanzi letti nel corso del 2018 e che mi sento in dovere di consigliare a chiunque sia appassionato di letteratura di qualità.


Consigliato a: coloro che sono alla ricerca di un romanzo breve che colpisca per intensità e potenza espressiva e a chiunque voglia fare la conoscenza di un Premio Nobel poco conosciuto ma capace come pochi altri di parlare all’anima del lettore.


Voto: 8,5/10



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