lunedì 2 luglio 2018

Uomini e topi, John Steinbeck


Un capolavoro della letteratura mondiale.
George Milton e Lennie Small, due braccianti stagionali, giungono in un ranch della California. Siamo alla fine degli anni venti: l’epoca della grande crisi, che ha lasciato i suoi strascichi in un’America che si è dimostrata, alla prova dei fatti, meno forte di quel che credeva di essere.
Lennie è forte e possente come un toro ma ha il cervello di un bambino piccolo: nonostante l’impegno di George per proteggerlo (dagli altri ma, soprattutto, da se stesso), non riuscirà a sfuggire al proprio destino, andando incontro alla tragedia incombente.

In poco più di cento pagine Steinbeck è riuscito a condensare lo spirito e le problematiche di un’epoca difficile e piena di contraddizioni. Povertà ed utopia, amicizia e solitudine, razzismo e disillusione sono gli ingredienti di un racconto che tocca il lettore nel profondo. Il sogno americano – il desiderio di possedere un pezzo di terra, con un orto, qualche mucca e dei conigli - viene frantumato e dissolto nel vento caldo della California dalla inoppugnabile crudeltà degli eventi: la speranza si rivela essere una semplice illusione; i sogni un qualcosa di intangibile che scivola via pian piano, come sabbia tra le dita.

Scrittura asciutta, essenziale, diretta, che restituisce – grazie anche all'ottima traduzione di Cesare Pavese – l’anima di un’America che non è ancora nazione ma un manipolo di persone che si muovono, agiscono e si sfiancano inseguendo le proprie inquietudini e insoddisfazioni.
Fu il mio primo Steinbeck… che instillò in me il desiderio di leggere anche gli altri romanzi (Furore e La valle dell'Eden, prima di tutti).


Consigliato a: coloro che vogliono confrontarsi con un caposaldo della letteratura americana del Novecento: un romanzo breve ma capace di rendere l'idea e lo spirito di un'epoca.


Voto: 8/10



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