lunedì 24 giugno 2019

1984, George Orwell


Un classico intramontabile, in cui teoria politica e finzione romanzesca si fondono alla perfezione. Nessun altro libro è riuscito ad eguagliare 1984 nella descrizione delle estreme conseguenze del sistema totalitario socialista; Orwell ha raggiunto lo scopo utilizzando un genere come il “distopico” che si è dimostrato adattissimo a rappresentare le brutture di un mondo impazzito.

Nel 1984 la Terra è spartita da tre potenze totalitarie - Oceania, Eurasia ed Estasia - impegnate in un eterno conflitto tra loro. La società è amministrata in base ai principi del  Socing (che sarebbe il Partito Socialista Inglese) ed è dominata da un partito unico con a capo il Grande Fratello,
Winston Smith è un impiegato del Partito Esterno, che lavora presso gli uffici del Ministero della Verità. Il suo compito consiste nel "correggere" gli articoli di giornale già pubblicati, che devono essere modificati in modo da renderli compatibili con le precedenti previsioni del Partito. La sua esistenza subisce un radicale cambiamento quando, nel corso di una manifestazione, incontra Julia.
I due si innamoreranno, vivendo un breve ed intenso idillio che durerà fino a quando verranno scoperti e catturati da uno squadrone della solerte Psicopolizia. Segregati in una prigione del Ministero dell'Amore, Winston e Julia verranno sottoposti al lavaggio del cervello al fine di essere rieducati.

Si tratta di un Grande Romanzo, su questo non ci sono dubbi. Una pietra miliare della letteratura del Novecento che si dimostra sempre attuale nonostante il passare degli anni. Futuristico e allo stesso tempo realistico, 1984 riesce a coniugare l’incedere distopico con i fatti reali collegati al dilagare dei regimi totalitari negli anni della seconda guerra mondiale. Anche se il mondo descritto nel libro appare, ad un primo sguardo, lontano nel tempo e nello spazio, con lo scorrere delle pagine arriva ad assumere una connotazione quasi realistica.
L’unico difetto, forse, è insito nella parte centrale del testo, in cui assistiamo alla lunga e prolissa esposizione del saggio “Teoria e prassi del collettivismo oligarchico”: una scelta sicuramente coraggiosa ma che non si amalgama granché col resto del tessuto narrativo, appesantendone a tratti lo svolgimento.
Al di là di tutto, quest'opera ha il grosso merito di riuscire ancora oggi ad instillare dubbi ed inquietudini nella nostra mente di lettori disincantati, facendoci riflettere sulla fragilità dell’essere umano e sulle possibilità di condizionarne il percorso in questo mondo.


Consigliato a: coloro che vogliono riscoprire uno dei classici moderni che ha avuto maggior impatto sulle ultime generazioni, con la sua capacità di prevedere il futuro attraverso un'azzeccata miscela di distopia e realismo.


Voto: 8/10




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