venerdì 7 giugno 2019

In tutto c’è stata bellezza, Manuel Vilas



Partiamo da un dato di fatto. Il paragone con Patria di Aramburu, che ha accompagnato l’uscita dell’opera sul mercato italiano, è del tutto fuorviante: i due libri non hanno nulla in comune, se si eccettuano la nazionalità dell’autore e la casa editrice (entrambi sono prodotti Guanda). 
In tutto c’è stata bellezza, piuttosto che un romanzo in senso lato, rappresenta un’elegia della famiglia, dei rapporti umani e del tempo che scorre via. Perché i legami con chi ci ha messo al mondo – questo è l’assunto dell’opera - continuano a farsi sentire, in ogni singolo istante, anche quando paiono ormai recisi dalla fredda mannaia degli anni.

Manuel Vilas – che è allo stesso tempo autore e protagonista - si immerge con lirismo e disincanto in un fiume impressionante di ricordi, in cui si muovono personaggi e luoghi del passato più o meno recente. Gli ultimi decenni della storia di Spagna scorrono sullo sfondo, in maniera lieve e soffusa, mentre Vilas rievoca la storia della sua famiglia e, contestualmente, idealizza un rapporto inscindibile che, come un ponte, unisce tra loro  uomini e donne di generazioni diverse.
II percorso dell’autore, che si prodiga nella difficile ricerca di certezze ultraterrene al fine di dare linfa vitale ad un presente vuoto ed ammorbante, è la chiara espressione del tormento interiore di un uomo che rivive in maniera nostalgica ed appassionata i ricordi dell’infanzia. L'unicità del rapporto con i genitori scomparsi, ad un certo punto, diventa la sublimazione di una simbiosi indissolubile, che si protrae ben oltre il tempo della vita terrena.

La narrazione è fluviale. Non segue una precisa cronologia e presenta improvvisi salti avanti e indietro nel tempo; il lettore si trova così privo di punti di riferimento, avvinto saldamente da una prosa suadente e avvolgente. Il lavoro dell’autore è notevole, con approfondimenti psicologici e meditazioni metafisiche davvero degne di nota.
Purtroppo, talvolta, Vilas eccede nell’accumulo “ad oltranza”: frequenti ripetizioni dei medesimi concetti, eventi riportati più volte, personaggi ridisegnati fino allo sfinimento appesantiscono la narrazione, rendendola talvolta lenta e prolissa.
Questo romanzo/memoir rimane, al di là di tutto, un’opera originale, esempio di una letteratura spagnola più viva che mai. Un movimento in costante trasformazione che – come dimostrano le opere di Aramburu, Cercas e altri ancora - sembrerebbe aver trovato nella rivisitazione della storia patria un elemento fondamentale con cui dare il via ad una nuova e promettente stagione culturale.


Consigliato a: coloro che si appassionano a quei libri capaci di far riflettere sui legami ancestrali che legano passato e presente ed a chiunque ami i pensieri profondi, la forza dei ricordi ed il viaggio all’interno della memoria.


Voto: 7/10



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