Israel J. Singer, come ben sappiamo, è il fratello maggiore del premio Nobel Isaac Bashevis. A volte, però, mi sorge il dubbio che abbiano assegnato il prestigioso premio al fratello sbagliato. Mentre i libri di Isaac Bashevis paiono invecchiare col passare del tempo, quelli di Israel Joshua sono ancora capaci di emozionare, intrattenere ed appassionare nonostante il trascorrere inesorabile degli anni.
Yoshe Kalb è il mio quinto incontro con I.J. - in precedenza avevo letto La famiglia Karnowski, I fratelli Ashkenazi, La fuga di Benjamin Lerner e A oriente del giardino dell'Eden - e rappresenta una lettura di grande spessore, che ci fa toccare con mano quello che accadeva al cospetto di una corte ebraica dell'Ottocento.
Mai come in questo romanzo - e questo fatto va sottolineato con vigore - è stata tratteggiata in maniera così completa la tragica figura del cosiddetto "ebreo errante": un personaggio leggendario che ha avuto numerose elaborazioni in quasi tutte le letterature europee.
Ma partiamo dall'inizio....
Un personaggio misterioso giunge presso la corte rabbinica di Nyesheve, in Galizia, causando un putiferio.
Chi è veramente quest’uomo vestito di stracci? Il genero del Rabbi di Nyesheve, che era scomparso quindici anni prima in modo misterioso, oppure Yoshe Kalb, un miserabile e silenzioso mendicante soprannominato "il tonto di Bialogura”?
Infatti, mentre diverse persone lo reputano il genero dell'anziano Rabbi Melech, altri riconoscono in quello strambo soggetto il marito della figlia dello scaccino di Bialogura, fuggito la notte delle nozze e ritenuto responsabile della cruenta epidemia che aveva travolto la città.
Numerosi saggi, accorsi a Nyesheve da tutte le parti d'Europa, cercheranno di risolvere l'enigma che sta tormentando l'intero mondo ebraico: "Chi è veramente quell'individuo?" .
Non c'è che dire: I.J. Singer, come al solito, si dimostra abilissimo nel raccontare una società lontana da noi nel tempo e nello spazio, attingendo ad una minuziosa ricerca storica e facendo ricorso ad un sapiente uso delle parole.
L'ambientazione nell'est europa asburgico, in mezzo ad ebrei hassidici - e pertanto molto ligi ed osservanti - gli dà modo di descrivere una serie di personaggi a tinte vivaci, alcuni dotati di una vitalità debordante ed altri, invero, piuttosto slavati e silenziosi.
La prosa dello scrittore polacco è notevole: prende per mano il lettore ed allontana da lui qualsiasi accenno di noia o disaffezione. Il senso dell'umorismo tipicamente Yddish Humor è un altro elemento che non va sottaciuto, in quanto aiuta a sdrammatizzare le situazioni tragiche che, di tanto in tanto, costeggiano la narrazione.
Lievemente inferiore ad altre opere (personalmente ritengo che sia quasi impossibile raggiungere l'aureo livello degli Ashkenazi), questo romanzo possiede dentro di sé i cromosomi e le sembianze di una favola... che si accompagna però con le luci e l'allegria di una fiera paesana.
Consigliato a: coloro che amano la letteratura ebraica, con le sue ambientazioni ed i suoi personaggi indimenticabili, ed a chiunque apprezzi le storie che - in maniera assolutamente pirandelliana - raccontano le evoluzioni di una "doppia identità" a metà strada tra tragedia e commedia.
Voto: 7,5/10
Mai come in questo romanzo - e questo fatto va sottolineato con vigore - è stata tratteggiata in maniera così completa la tragica figura del cosiddetto "ebreo errante": un personaggio leggendario che ha avuto numerose elaborazioni in quasi tutte le letterature europee.
Ma partiamo dall'inizio....
Un personaggio misterioso giunge presso la corte rabbinica di Nyesheve, in Galizia, causando un putiferio.
Chi è veramente quest’uomo vestito di stracci? Il genero del Rabbi di Nyesheve, che era scomparso quindici anni prima in modo misterioso, oppure Yoshe Kalb, un miserabile e silenzioso mendicante soprannominato "il tonto di Bialogura”?
Infatti, mentre diverse persone lo reputano il genero dell'anziano Rabbi Melech, altri riconoscono in quello strambo soggetto il marito della figlia dello scaccino di Bialogura, fuggito la notte delle nozze e ritenuto responsabile della cruenta epidemia che aveva travolto la città.
Numerosi saggi, accorsi a Nyesheve da tutte le parti d'Europa, cercheranno di risolvere l'enigma che sta tormentando l'intero mondo ebraico: "Chi è veramente quell'individuo?" .
Non c'è che dire: I.J. Singer, come al solito, si dimostra abilissimo nel raccontare una società lontana da noi nel tempo e nello spazio, attingendo ad una minuziosa ricerca storica e facendo ricorso ad un sapiente uso delle parole.
L'ambientazione nell'est europa asburgico, in mezzo ad ebrei hassidici - e pertanto molto ligi ed osservanti - gli dà modo di descrivere una serie di personaggi a tinte vivaci, alcuni dotati di una vitalità debordante ed altri, invero, piuttosto slavati e silenziosi.
La prosa dello scrittore polacco è notevole: prende per mano il lettore ed allontana da lui qualsiasi accenno di noia o disaffezione. Il senso dell'umorismo tipicamente Yddish Humor è un altro elemento che non va sottaciuto, in quanto aiuta a sdrammatizzare le situazioni tragiche che, di tanto in tanto, costeggiano la narrazione.
Lievemente inferiore ad altre opere (personalmente ritengo che sia quasi impossibile raggiungere l'aureo livello degli Ashkenazi), questo romanzo possiede dentro di sé i cromosomi e le sembianze di una favola... che si accompagna però con le luci e l'allegria di una fiera paesana.
Consigliato a: coloro che amano la letteratura ebraica, con le sue ambientazioni ed i suoi personaggi indimenticabili, ed a chiunque apprezzi le storie che - in maniera assolutamente pirandelliana - raccontano le evoluzioni di una "doppia identità" a metà strada tra tragedia e commedia.
Voto: 7,5/10
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