mercoledì 18 marzo 2020

Ballata irlandese, Adrian McKinty


Adrian McKinty è una delle voci più interessanti del thriller/noir contemporaneo. Dopo lo strepitoso successo di The chain - il libro che l'ha fatto conoscere a livello mondiale - la BUR ha rieditato quest'opera, passata quasi del tutto inosservata qualche anno fa, ma che merita senz'altro di essere recuperata. Si tratta di un romanzo torbido e divertente, duro e conflittuale, intenso ed a tratti persino poetico, ma comunque caratterizzato da una profonda "anima" irlandese. 

Michael Forsythe, il protagonista, deve lasciare Belfast dopo essere stato sorpreso a lavorare mentre era intento a percepire il sussidio di disoccupazione. Arrivato illegalmente a Brooklyn, entra a far parte della piccola ma ambiziosa banda criminale gestita dal boss Darkey White. Dopo aver effettuato diversi lavori per White, Michael e tre suoi colleghi vengono spediti in Messico per concludere un affare di droga. Purtroppo, qualcuno li tradirà e finiranno rinchiusi in una squallida prigione messicana, in cui dovranno affrontare la fame e violenti conflitti con gli altri prigionieri. Michael riuscirà a fuggire a costo di inimmaginabili patimenti, cominciando il suo viaggio di ritorno in America per vendicarsi di coloro che lo hanno tradito.

Noir di solida impostazione classica, con alcune digressioni nel "gangster book" ed una trama che strizza l'occhio a Il conte di MontecristoBallata irlandese è quasi interamente incentrato sulla figura complessa e ben disegnata del protagonista: un giovane uomo fedele alle tradizioni ed alla disperata ricerca della vendetta. È davvero notevole l'ambientazione newyorchese anni '90: una metropoli che si dibatte tra vandalismo ed abbandono ed in cui è in corso una crudele guerra tra bande per il controllo del traffico di droga. 
Dopo una lenta combustione, che dura il tempo di una manciata di pagine, la storia diventa avvincente e si dipana ad un ritmo vertiginoso. McKinty fa un ottimo lavoro nel catturare le immagini ed i suoni della New York pre-Giuliani, mostrando particolare attenzione alla descrizione dei luoghi (non per niente i capitoli portano spesso il nome di strade della Grande Mela) ed alle relazioni personali.   
La scrittura è scorrevole, densa di pathos e violenza ma non scevra da buone intuizioni politico/filosofiche; i dialoghi sono suggestivi, corredati da un sardonico senso dell'umorismo
Se dobbiamo per forza cercare un punto di riferimento, possiamo pensare ai primi romanzi di Dennis Lehane (il paragone con Mystic river sorge quasi spontaneo) o alle opere di David Peace. Al di là di tutto, McKinty sembra possedere i giusti cromosomi per entrare a far parte della ristretta élite dei maestri del noir contemporaneo; l'unica speranza è che mantenga saldo il vecchio spirito irlandese, senza lasciarsi catturare dalle sirene del business e del successo commerciale "ad ogni costo".


Consigliato a: coloro che cercano un noir adrenalinico e pieno di pathos ed a chiunque voglia fare la conoscenza di un autore promettente, da cui si attendono grandi cose. 


Voto: 8/10    







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