Sara
Blædel, in Danimarca, è una vera e propria star: ha venduto nel corso degli
anni oltre due milioni di copie che, su circa sei milioni di residenti, rappresentano una cifra da
record.
La
curiosità, di conseguenza, mi ha letteralmente imposto di acquistare questo
romanzo per capire i motivi del suo successo travolgente (considerato che un
danese su tre possiede un volume dell’autrice).
Se
devo dire la verità, il libro non mi ha per niente esaltato: nonostante un buon
inizio, la prevedibilità della trama e la scarsa caratterizzazione dei
personaggi hanno progressivamente fatto scemare il mio interesse per la vicenda
e, alla fine, ho terminato la lettura senza particolari entusiasmi.
Dopo
una lunga esperienza alla Omicidi, Louise Rick ha appena assunto il ruolo di capo
del Dipartimento Persone Scomparse. Si trova sin da subito alle prese con un
caso difficile: il rinvenimento in mezzo ad un bosco del cadavere di una donna. Viste
le difficoltà di identificazione, Louise decide di rendere pubblica la
fotografia della vittima. Viene così a sapere che si tratta di Lisemette, una “bambina
dimenticata”, che parecchi anni prima era stata rinchiusa in un centro di
salute mentale. La poliziotta, però, ben presto scoprirà una verità ancora più
terrificante: la donna aveva una gemella ed entrambe, una trentina di anni
prima, erano state dichiarate morte...
Ho
trovato Le bambine dimenticate
piuttosto banale. Nonostante l’ottima partenza, in cui c’erano tutti i
presupposti per un buon thriller, la trama si perde ben presto per strada, adagiandosi in uno svolgimento
semplicistico e scontato. I personaggi sono di cartapesta: mancano di spessore
e non riescono a catturare l’attenzione di lettori che, dopo l’invasione di thriller
scandinavi, necessitano di qualcosa di più solido e convincente del solito plot
a sfondo macabro. Inoltre, i rimandi tra presente e passato non sempre filano
lisci, risultando eccessivamente meccanici e forzati.
Non
so se il problema di fondo sia legato al proliferare di scrittrici nordiche,
che hanno la tendenza a riproporre il medesimo stereotipato personaggio – donna
forte in apparenza, vulnerabile internamente, in lotta col maschilismo
dominante – ma la Louis Rick della Blædel lascia uno sgradevole senso di deja-vu
e non invoglia sicuramente a proseguire la serie.
Consigliato
a: tutti gli amanti del thriller nordico, per fare la conoscenza di quella che
è considerata - a torto o a ragione - la regina del giallo danese.
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