Procedendo nella lettura, si ha quasi la sensazione di aver scoperto un Grossman atipico, quasi alternativo. Questo romanzo, infatti, si discosta notevolmente dalla precedente produzione dello scrittore, sia dal punto di vista narrativo che da quello sostanziale.
La vicenda si svolge nel pieno rispetto delle unità aristoteliche di tempo, di luogo ed azione.
Su un palcoscenico, nell'arco di un'intera una serata, il protagonista Dova'le G. riesce a spiazzare tutti gli spettatori che erano accorsi per una rappresentazione cabarettistica. Gli astanti, ignari, capiscono a poco a poco che stanno assistendo a qualcosa di profondamente diverso da ciò che si aspettavano. Dova'le è pronto per mettere in scena lo spettacolo della sua vita: la storia di un ragazzino particolare e solitario, che camminava sulle mani, che nel corso di un campeggio paramilitare venne raggiunto dalla tremenda notizia della scomparsa di uno dei genitori (ma senza sapere quale dei due).
Grossman parte in sordina, ma in un accumulo progressivo riesce a sorprendere e ad emozionare attraverso le parole del suo originalissimo protagonista. Dova'le si mostra nudo ed inerme davanti ad un pubblico stupefatto, che non riesce o non vuole accettare quello che si vede scorrere davanti agli occhi. Col suo corpo scarno e macilento, in cui si intravvedono i segni della malattia, si incammina lungo una personalissima via crucis: una sorta di umiliazione, in cui arriva a percuotersi il viso e le membra con violenza inaudita. Attraverso questo processo, riesce a tirare fuori la parte più vera e profonda di se stesso, raggiungendo una sorta di redenzione, tornando a far pace con un passato lontano ma sempre doloroso e opprimente.
Riuscire a tener desta l'attenzione per 176 pagine, quasi interamente dedicate al lungo monologo di Dova'le G., non è cosa da tutti.
Sopra questo palcoscenico di assi logore e rabberciate, in cui non esiste altra scenografia al di fuori di una vecchia e frusta poltrona, l'attore spreme la parte più vera e profonda del proprio io e la dona al pubblico, in una continua catarsi che, attraverso oscillazioni e sbandamenti, lo conduce lungo una strada senza via di uscita.
Il pubblico a poco a poco va via: chi per irritazione, chi per disinteresse, chi per incapacità di sostenere lo sguardo implorante ed accusatorio di Dova'le....
Rimangono solo le due persone che l'hanno conosciuto durante l’adolescenza, prima che tutto accadesse, prima che la sua vita si rivelasse in tutta la sua dirompente tragicità: il giudice Lazar e la piccola (ma umanamente grande) Frugolina.
Questo romanzo di Grossman potrebbe essere erroneamente catalogato come "opera minore". In realtà il talento dello scrittore israeliano emerge prepotentemente, in ogni singola parte, lasciando nel lettore la sensazione di aver assistito ad uno spettacolo maestoso, in cui la vita umana si mostra in tutta la sua realtà: cruda e dolorosa, forse, ma soprattutto autentica e vera.
Consigliato a: coloro che vogliono affrontare una lettura insolita, anticonvenzionale, ma capace di spiegare la storia di una vita attraverso i meccanismi dell'arte scenica e a chiunque voglia conoscere uno dei più straordinari narratori contemporanei.
Voto: 7,5/10
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