Una graditissima sorpresa.
Dopo aver letto alcune incisive recensioni, non ho potuto fare a meno di dedicarmi a questo romanzo del premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz e, in tutta sincerità, devo riconoscere di aver letto uno dei migliori libri tra quelli che mi sono recentemente capitati tra le mani.
La vicenda si dipana tra i muri vecchi e logori di un antico vicolo del Cairo, nel corso del secondo conflitto mondiale: una strada in cui la precarietà e l’indigenza la fanno da padroni e che rappresenta il crocevia di una serie di vicende e situazioni umane estremamente variegate.
Le giornate scorrono via pigre, indolenti, tra i rumori di fondo del bazar ed il ronzio delle mosche che tagliano l’aria immota e satura di umidità. La guerra rimane sullo sfondo, appena accennata, ma sempre presente: un evento con cui tutti gli abitanti del vicolo devono comunque fare i conti.
In questo ambiente, quasi impermeabile al passare del tempo, si svolgono le vicende umane dei protagonisti, che lottano quotidianamente per sopravvivere alla morte, alla povertà e all'oblio.
Tra queste mura aride, madide di storia, che hanno il sapore della polvere e della calce, incontriamo una serie di personaggi tratteggiati con sensibilità ed originalità...
Zaita, che per vivere fa il "fabbricatore di infermità"; Padron Kirsha, che si lascia trascinare da una irresistibile inclinazione omosessuale; Kamil, il mastodontico ma innocuo venditore di basbusa; il barbiere Abbas, la cui ambizione è sospinta dall’amore per una donna; la bellissima Hamida, concupita da tutti gli uomini del quartiere; Sayyd Selim, il ricco ma indolente proprietario del bazar.
E così, senza nemmeno rendersene conto, ci ritroviamo immersi nel flusso inarrestabile di una narrazione da cui è davvero difficile separarsi: sembra di camminare davvero tra le mura del Vicolo del Mortaio, di respirarne gli odori caldi e speziati, di sorseggiare il tè nella bottega e di acquistare profumi o chincaglieria nel bazar.
Cinquant'anni prima di Paul Auster, Mahfuz ci regala una storia in cui l’esistenza dei protagonisti si intreccia profondamente con le vicende del quartiere in cui vivono: i personaggi interagiscono tra loro, le loro strade si incontrano, spesso si intersecano – per pochi minuti o per giorni interi - ed alla fine ogni uomo ed ogni donna che posa i piedi sul territorio del "Vicolo del Mortaio" rimane condizionato per sempre, quasi soggiogato dalla potenza della storia che come una brezza irresistibile penetra tra le fessure.
Questa strada polverosa e dissestata, in cui ambizioni e speranze vanno a braccetto con sgomento e rassegnazione, diventa la vera protagonista del romanzo: si eleva su tutti i personaggi in carne ed ossa ed assurge al proprio ruolo di moderatrice/coordinatrice delle vite altrui.
Lo stile di Mahfuz è fluido, leggero e scorrevole, ma allo stesso tempo intenso ed elegante. I personaggi vengono tratteggiati con grazia, quasi "in punta di penna", con un’inaspettata leggerezza ma anche con un’intensità assolutamente coinvolgente.
Un libro che oserei definire "bello" a prescindere, al di là di qualsiasi discorso su generi, mode o contesti storici, e che aiuta a ritrovare il piacere della lettura senza cadere nella trappola del compromesso.
Consigliato a: coloro che vogliono affrontare un autore straordinario, insignito del Premio Nobel nel 1988, in una delle sue opere più celebri e riuscite.
Voto: 8/10
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