Si
è appena conclusa la quarta edizione del Book Pride - la Fiera Nazionale
dell'editoria indipendente – che come di consueto si è tenuta negli spazi dell'ex
Ansaldo: il centro polifunzionale Base Milano, ormai diventato il vero e
proprio polo culturale cittadino.
Organizzata
da Odei, l’Osservatorio degli editori indipendenti in collaborazione con il
Comune di Milano, la manifestazione ha visto la partecipazione di 150 case
editrici ed ha proposto al pubblico più di 200 incontri.
Certo,
il fatto che l'evento si sia tenuto ad un paio di settimane di distanza da
Tempo di libri ha reso inevitabile il confronto (anche se,
rispetto alla citata fiera, il Book Pride conserva inalterato l’orgoglio per il
“prodotto libro”, svincolato da tutte le logiche commerciali che cercano furbescamente
di attrarre un pubblico di non lettori).
Ma
vediamo quelle che sono state le novità dell’edizione appena conclusa (che – è bene
ricordarlo – continua a mantenere le caratteristiche di fiera no-profit con l’ingresso
libero).
In primo luogo, va posta una particolare attenzione all'allestimento degli stand: anche se è giusto e democratico concedere a tutti lo stesso spazio, l’aver sostituito il cartello identificativo della casa editrice con riferimenti laterali e poco visibili ha costituito un passo indietro rispetto al passato ed ha creato un po’ di disorientamento nel pubblico.
Ha
lasciato un po’ perplessi la politica degli sconti, priva di logica o regolamentazioni.
Sarebbe stata più corretta la comunicazione da parte degli esercenti dell’applicazione
(o meno) di eventuali riduzioni-fiera: sia per attirare il pubblico sia per
evitare alla gente di dover porre domande imbarazzanti ("ma lo sconto lo fate o no?").
La
disposizione “affiancata”, che segue una struttura ad anello, continua ad
essere uno dei pezzi forti dell’evento: ha
consentito una migliore deambulazione, rendendo più facile e ordinato il giro
tra i vari espositori, facendo evitare antipatici “scontri tra pedoni” e
permettendo un flusso regolare nonché la visita completa dei vari banchi.
Ottima, come sempre, la disposizione degli stand: tanto spazio per i libri - i veri protagonisti dell'evento - e poco interesse per il glamour fieristico (sempre ammaliante, ma che rischia di trasformare le fiere in gigantesche baracconate). Sarebbe
auspicabile, però, che gli editori (o comunque chi si occupa delle vendite) si
dedicassero più al pubblico che non a conversazioni personali, che possono
denotare pressapochismo e disinteresse oltre a creare disagio ai lettori di passaggio.
Un netto miglioramento, rispetto agli anni passati, ha riguardato la gestione degli spazi dedicati agli incontri: il numero delle sale è cresciuto ed ha permesso l’organizzazione di più eventi (anche contemporaneamente).
A
parte i pro e i contro, il Book Pride resta sempre un’ottima occasione per ritrovarsi
con gli amici e confrontarsi con loro su eventi, acquisti e tutto ciò che
riguarda il mercato librario. Questa manifestazione – al di là di tutto – continua
a rimanere sullo sfondo, quasi come se si trattasse di un evento di nicchia: un
po’ più di pubblicità non le farebbe male, visto che sono ancora tanti coloro
che ne ignorano l’esistenza.
Abbandonando
la veste seriosa ed “ufficiale”, vediamo quali sono stati i nostri acquisti…
Gio
Forte
della recente scoperta di Arto Paasilinna, complice anche lo sconto del 20%, mi
sono lanciato nel recupero delle sue opere più celebrate:
- Piccoli
suicidi tra amici
- Il
mugnaio urlante
- I
veleni della dolce Linnea
Visto
il mio interesse per opere di saggistica che riguardano la storia italiana
recente, ho preso La criminalità servente nel caso Moro di Simona Zecchi, da
poco uscito per La nave di Teseo.
Per
concludere, Mely mi ha regalato Le bambine dimenticate di Sara Blædel.
Mely
Continuando
a navigare nel mare degli acquisti (esageratamente) razionali, anche questa volta
la mia spesa è stata contenuta.
Ho
preso, infatti, solamente due libri:
- Io
sono un gatto, recente trasposizione in forma di graphic novel del celebre
romanzo di Soseki (Lindau)
- La
manutenzione dei sensi di Franco Faggiani, che avevo precedentemente preso in
prestito in biblioteca e di cui ho sentito l’irresistibile necessità di
possedere una copia appena dopo averne terminata la lettura.
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