martedì 30 luglio 2019

La fattoria dei malfattori, Arto Paasilinna


Paasilinna ci ha ormai abituato ai suoi personaggi straniati e surreali; uomini e donne che sembrano usciti di punto in bianco da un film di Aki Kaurismaki  e diventano protagonisti di vicende in cui coesistono humor e malinconia, amore per la natura e critica sociale. Stavolta, probabilmente, l’autore finnico non è riuscito a centrare del tutto il bersaglio: nonostante l’ottimo inizio il racconto perde per strada, a poco a poco, il suo brio iniziale e arriva al traguardo con un po’ di fiatone. Malgrado tutto, la mano dell’autore di razza si vede in ogni pagina e riesce a salvare un’opera che verrebbe spontaneo classificare come “minore” all’interno della sua vasta produzione letteraria.
Ma non anticipiamo troppo i tempi, partendo dalla trama...

Jalmari Jyllänketo, ispettore capo dei servizi segreti, viene inviato nel cuore della Lapponia con il compito di scoprire che cosa si nasconda dietro la Palude delle Renne, una sorta di kolchoz gestito in maniera abbastanza originale. Facendosi passare per un ispettore-bio - pur sapendo poco o nulla di coltivazioni e di allevamento di animali - l'agente segreto riesce ad infiltrarsi in questa grande oasi salutista.
Si renderà immediatamente conto che c’è qualcosa che non va. Ben presto scoprirà che la cooperativa cela, dietro la facciata linda e impeccabile, un colossale “centro di rieducazione”; un campo di detenzione in cui vengono internati i più grossi criminali di Finlandia e dintorni.

I romanzi del compianto Arto sanno essere lievi, ironici ed un po' surreali. In questa occasione, tra i vari ingredienti, scopriamo però degli imprevedibili risvolti horror: si pensi, ad esempio, al momento in cui il protagonista si introduce nelle miniere in cui vengono segregati i criminali.
Gli intenti di “critica sociale” sono evidenti; con una scrittura lineare in cui non mancano  slanci narrativi l’autore mette alla berlina un po’ tutti: dalla chiesa ai servizi segreti, dal management finlandese alle aziende agricole biologiche. D’altro canto, questo romanzo può essere interpretato come un duro monito rivolto al mondo di oggi: chissà quante volte, ciascuno di noi, si è augurato di vedere malviventi e politici corrotti rinchiusi in miniera!
Al di là di ogni intento critico, resta comunque un libro scorrevole, che si legge con estremo piacere, e che mostra un’invidiabile capacità di far riflettere sull’Europa contemporanea e sulle sue distorsioni economico-sociali.


Consigliato a: coloro che amano i romanzi surreali e ricchi di humor ed a chi apprezza la critica sociale condotta con garbo, ironia ed intelligenza.


Voto: 6,5/10




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