“Son contento di morire ma mi dispiace/Mi dispiace di morire ma son contento”
Dopo aver brillantemente risolto gli enigmi di Nero Caravaggio e Rosso Barocco, ritroviamo il libraio/investigatore Ettore Misericordia ed il suo fido aiutante Fango alle prese con un nuovo intrigante caso. Mentre le indagini precedenti erano intimamente connesse ai capolavori del cinque e seicento – con le figure dei sommi Caravaggio e Bernini ben in evidenza – stavolta i Morini Bros cambiano radicalmente registro: sempre di arte si tratta, ma di altro genere visto che l’elemento chiave del meccanismo narrativo è rappresentato da Ettore Petrolini, il celebre attore che nei primi anni del Novecento rivoluzionò il teatro di casa nostra.
Un giovane comico, Simone Rossmann, sembra svanito nel nulla. Nel suo appartamento viene rinvenuto un vecchio disco di Petrolini che, incantato sul grammofono, continua a ripetere in loop la medesima parola: morire. L’ispettore Ceratti, non sapendo dove sbattere la testa, decide di chiedere aiuto all’amico libraio, Ettore Misericordia, cooptandolo nell’indagine. Qualche tempo dopo, il cadavere del giovane attore viene ritrovato sotto il Ponte Sisto.
Toccherà a Misericordia ed al suo assistente cercare di dipanare l’intricata matassa, che presenta risvolti collegati ad eventi del passato e che hanno a che fare con la tumultuosa esistenza di Ettore Petrolini.
I fratelli Morini anche stavolta riescono a coniugare la trama poliziesca con lo smisurato amore che li lega alla loro città, Roma. Affidandosi alla collaudata coppia di “detective per caso” – Misericordia-Holmes e Fango-Watson – costruiscono un mystery dall’impianto classico, con un nugolo di sospettati tra cui si nasconde il colpevole del misfatto. La descrizione della capitale, con le sue strade antiche ed i suoi celebri palazzi, è resa in maniera esemplare: Roma non è solamente un semplice sfondo ma un’entità reale, che pare pulsare di vita propria ed interagire costantemente con le vicende narrate.
La “riscoperta” del mito di Petrolini dona sostanza alla narrazione, facendoci respirare l’atmosfera di inizio Novecento, con i suoi teatri ed i suoi spettacoli spumeggianti che costituirono il punto di partenza della commedia moderna.
L’umorismo è una costante all’interno del racconto: oltre ad alleggerire la tensione del giallo, rende sapidi i dialoghi – alcuni scambi di battute sono esilaranti – e dona ai protagonisti la giusta dose di ironia (ed autoironia) che li fa risultare istintivamente simpatici al lettore.
Consigliato a: chi apprezza i gialli che uniscono la struttura classica del poliziesco all’incedere da commedia ed a chiunque sia alla ricerca di una lettura leggera e distensiva da gustare sotto l’ombrellone.
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