Devo ammettere che, probabilmente, le mie attese erano troppo alte. Dopo aver letto decine di commenti entusiastici su Ohio, mi aspettavo qualcosa di completamente diverso: un romanzo corale, moderno, innovativo e capace di toccare con efficacia le corde più nascoste dell'animo umano. Purtroppo, non ho trovato niente di tutto ciò.
Questo libro mi è sembrato inutilmente prolisso, deprimente e troppo lungo... Sono comunque convinto che questo sia il tipo di romanzo destinato a dividere il pubblico dei lettori: c'è sicuramente chi lo amerà ma anche chi lo detesterà tout-court (io mi schiero decisamente con i secondi).
Siamo nella cittadina di New Canaan, un luogo dimenticato da Dio, capace di trasmettere in chiunque un senso di vuoto e desolazione.
In una calda notte d'estate, per puro caso, quattro ex compagni di liceo si ritrovano in quei luoghi che hanno abbandonato da tempo. All'indomani del diploma, una decina di anni prima, se ne erano andati via lasciandosi alle spalle una spirale di sconcertanti avvenimenti. L'attivista disilluso Bill; la dottoranda omosessuale Stacey, il reduce dell'Iraq Dan e l'ex cheerleader Tina, nel corso di quattro lunghi capitoli, racconteranno la loro verità sui fatti che hanno contrassegnato le loro giovani esistenze, fino a giungere - al termine di quella lunga notte - a disotterrare il segreto che ha cambiato per sempre il loro domani.
Il romanzo è indubbiamente ambizioso, con una trama complessa e piena zeppa di personaggi tra cui, però, non emerge un vero e proprio protagonista.
La capacità narrativa di Markley è interessante, ma viene pesantemente condizionata da una limitatezza di interessi che lascia basiti. Droga, sesso e violenza... per l'autore sembra quasi che non esista nient'altro al mondo: pare voglia per forza dar ragione a coloro che sostengono che la letteratura USA contemporanea non abbia un granché da dire (ma sappiamo benissimo che non è così!)
La scrittura non è per niente memorabile: rapida, fastidiosamente sperimentale, da neo-diplomato a un corso di scrittura creativa, eccelle solamente nell'utilizzo di metafore di cattivo gusto: paragonare gli sparuti ciuffi d'erba di un campo da baseball ai radi capelli di un malato di cancro, sinceramente, è roba da far accapponare la pelle.
Ohio vorrebbe ritrarre la disperazione ed il vuoto della società nordamericana contemporanea, ma fallisce su tutta la linea: crea una serie di personaggi cinici e disillusi che, col passare delle pagine, si trasformano nella caricatura di loro stessi.
Alla fine, quest'opera risulta talmente eccessiva, autoreferenziale e gravida di violenza gratuita da oscillare incessantemente dall'horror (rischiando addirittura la deriva splatter) alla farsa.
P.S. Premio ad honorem per il libro più antipatico degli ultimi anni!
Consigliato a: coloro che sono curiosi di approfondire le nuove frontiere della letteratura USA contemporanea e a chi ama i romanzi corali, infarciti da una miriade di personaggi che interagiscono - più o meno consapevolmente - tra di loro.
Voto: 5
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