martedì 26 novembre 2019

Il viaggio delle bottiglie vuote, Kader Abdolah


Prosegue la mia personalissima scoperta di Kader Abdolah, un autore con cui è stato “amore a prima vista”. In questo romanzo sono abbozzati argomenti importanti, che verranno esplicitati ed approfonditi nei libri successivi (in particolare in Un pappagallo volò sull’Ijssel): sto parlando del tema dell’integrazione, molto dibattuto ai giorni nostri, che viene analizzato all’interno di un paese di antica emigrazione ma che è anche meta di nuovi arrivi.

Bolfazl, il protagonista, è un esule iraniano che si è rifugiato nei Paesi Bassi. Nel suo percorso verso l’integrazione è aiutato dal vicino di casa René, un artista omosessuale separato e con una figlia. Alla fine dei conti, l'emarginazione dell’esule e quella del diverso risultano molto simili; per Bolfazl, però, le difficoltà incontrate nell’essere accettato diventeranno un impulso notevole verso la costruzione di una nuova vita mentre la lingua olandese costituirà un utile grimaldello con cui scardinare quel portone che lo separa dal nuovo mondo.

Il viaggio delle bottiglie vuote racconta la storia di una lotta: quella di un profugo che cerca di reinventare la propria esistenza in Olanda: una nazione che, in questo contesto, diventa un vero e proprio simbolo dell’intero mondo occidentale. Descritta  attraverso la prospettiva di chi è nato in un paese lontano, la vicenda rappresenta uno sguardo d’insieme sul mondo contemporaneo, in cui si sviluppa quel conflitto latente tra indigeni ed immigrati.
Abdolah riesce a raccontare lo stato d’animo di un uomo che si ritrova ad essere “estraneo” non solo per via dell’etnia e del paese d’origine, ma anche per il fatto di doversi confrontare con un sistema di valori completamente diverso se non radicalmente opposto a quello a cui è stato abituato.
La frustrazione dell’esule senza patria, solo con i propri valori, ci fa capire come l'emarginazione sia uguale in ogni posto del mondo; il diverso, talvolta, riesce a farsi accettare usando le stesse armi del "nemico” (in particolare la lingua) e la capacità di adattamento è una dote fondamentale per non sentirsi esclusi/segregati/estraniati.
Non è ancora il miglior Abdolah – quello che emergerà con le successive opere quali La casa della Moschea e Uno scià alla corte d’Europa – ed alcuni passaggi del romanzo appaiono, a tratti, frettolosi e senza un approfondimento che probabilmente sarebbe stato necessario. 
Il libro, al di là di tutto, è ben scritto, supportato da una narrazione asciutta e diretta che sa rivelarsi nel contempo lirica e suadente.


Consigliato a: coloro che amano i romanzi imperniati su temi attuali e importanti come quello dell’immigrazione ed a chiunque ami le vicende che raccontano la storia di un percorso di rinascita individuale.


Voto: 7/10


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