Dopo aver letto l’ottimo In un chiaro gelido mattino di gennaio all'inizio del ventunesimo secolo di Roland Schimmelpfennig, per puro caso mi sono dedicato ad un altro romanzo ambientato nella Germania post-riunificazione: una nazione in pieno fermento socio-culturale ed in cui, talvolta, si intravedono forti resistenze al cambiamento. A differenza del libro precedente, però, il mio gradimento è risultato essere vicino ai minimi sindacali…
Ma procediamo per ordine, cominciando dalla trama.
Inge Lohmark è un’insegnante di Biologia in una minuscola cittadina dell'ex DDR. Ai suoi allievi cerca di trasmettere un unico, fondamentale messaggio: quello che la concorrenza tra le varie specie e la capacità di adattamento sono l’unica cosa che conta veramente. È pertanto propensa, nella sua attività di docente, a non difendere i ragazzi più goffi e più deboli in quanto la selezione naturale provvederà con la sua mannaia inesorabile a far piazza pulita di chi non è in grado di stare al passo con gli altri. La sua rigida applicazione del “darwinismo sociale” si scontrerà, però, con la nascita di un sentimento di quasi-tenerezza nei confronti di un'allieva.
Lo splendore casuale delle meduse racconta la scialba quotidianità della vita scolastica attraverso le (più o meno) discutibili riflessioni sull’esistenza di una professoressa che è, di fatto, un residuato di un’altra epoca: una sorta di reduce del socialismo reale – un sogno ormai spazzato via dal vento implacabile della storia – che tenta di riciclarsi in un contesto profondamente diverso da quello in cui era nata e cresciuta.
L’inarrestabile flusso di coscienza di Inge prende il via dalle sue larghe conoscenze biologiche/filogenetiche per raggiungere un punto di non ritorno, in cui si disvelano un’aridità sentimentale ed una frigidità emotiva davvero uniche.
Le divagazioni della protagonista, che di primo acchito possono sembrare interessanti, ad un certo punto diventano piuttosto fastidiose: ci si perde in una specie di onanismo cerebrale che si perpetua attraverso una narrazione spezzettata e ridondante.
A tutto ciò si aggiunga il fatto che lo stile di scrittura e la storia stessa assumono una pesantezza pachidermica, che non invoglia di certo a proseguire la lettura.
Il finale – in parte consolatorio – non riesce a riscattare un romanzo che, nonostante l’originalità e le particolarità della narrazione, rimane purtroppo relegato nell’arido territorio delle ”buone intenzioni”.
Consigliato a: coloro che desiderano lanciare uno sguardo sulla Germania di oggi ed a chiunque voglia provare a capire il disorientamento di coloro che hanno patito il brusco passaggio dal socialismo reale al capitalismo post-riunificazione.
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