lunedì 7 ottobre 2019

Gli omicidi dello zodiaco, Shimada Soji


Strana vicenda quella di Gli omicidi dello zodiaco. Pubblicato in Giappone nel  lontano 1981, è stato riscoperto – e trasposto prima in lingua inglese e poi pure in Italiano – dopo che l’eminente “The Guardian” lo ha inserito tra i migliori dieci libri riguardanti il tema “enigma della camera chiusa”. Purtroppo, dissento completamente da questo giudizio. Al di là del fatto che il delitto perpetrato in una stanza inaccessibile dall’esterno rappresenta un aspetto del tutto secondario della vicenda (e con un soluzione per nulla sorprendente), per il resto ci troviamo  di fronte ad un’opera che – più che all’ingegno giapponese – sembra far riferimento alle truffe in stile napoletano, del genere “pacco, doppio pacco e contropaccotto”.  Inoltre (e scusate lo spoiler) la storia dell’esile e tranquilla donnina del Sol Levante che – come già avvenuto in Le quattro casalinghe di Tokyo della Kirino – si munisce di seghetto e fa a pezzi i cadaveri per spargerli in ogni dove risulta più ridicola che avvincente. 

Siamo in Giappone, verso la fine degli anni Trenta. Il corpo senza vita di Heikichi Umezawa – un ricco artista che si diletta in astrologia - viene ritrovato nel suo studio chiuso a chiave dall'interno. Tra i suoi appunti viene rinvenuto uno scritto che fa riferimento ad un progetto folle ed inconcepibile: la creazione di Azoth - l'essere femminile perfetto – che lo studioso avrebbe ottenuto unendo pezzi dei corpi delle sue figlie, nipoti e figliastre. Dopo la morte dell'artista, i cadaveri smembrati delle sei ragazze vengono scoperti in diversi luoghi dell'arcipelago giapponese; gli inquirenti però non riescono a venire a capo dell'orrido delitto.
Parecchi anni dopo, due improvvisati detective riapriranno le indagini, giunte ad un punto morto, alla ricerca delle due risposte fondamentali: chi ha ucciso Umezawa ma, soprattutto, chi ha messo in atto il suo assurdo e crudele disegno?

La letteratura nipponica ci ha fornito, nel corso degli anni, ottimi esempi di narrativa gialla: per dire un titolo a caso, cito Il sospettato X di Keigo Higashino. Stavolta, però, non ci siamo proprio…
La narrazione è tediosa e ridondante; la soluzione del mistero arriva attraverso un’analisi  quasi morbosa di dettagli infinitesimali, che in un'indagine seria e realistica verrebbero sicuramente trascurati. Nei colloqui tra i due investigatori c’è una continua ripetizione dei medesimi temi, che finiscono per l’allungare un po’ troppo un brodo piuttosto insipido.

Non so chi abbia redatto la classifica apparsa su “The Guardian”, che ha inserito il libro di Shimada al secondo posto dopo Le tre bare del sommo Dickson Carr. Che qualcuno abbia ritenuto questo gialletto superiore a capolavori del genere come Il mistero della camera gialla di Leroux, La banda maculata di Conan Doyle e Delitti da mille e una notte del medesimo Carr… fa davvero gridare vendetta!


Consigliato a: coloro che apprezzano i gialli dalle soluzioni fantasiose - seppur poco plausibili – ed a tutti gli amanti della cultura del Sol Levante.


Voto: 5/10



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