lunedì 19 agosto 2019

Un pappagallo volò sull’Ijssel, Kader Abdolah





Questo è stato il mio terzo Abdolah - dopo Uno scià alla corte d’Europa e La casa della Moschea - e non ha fatto altro che consolidare il mio giudizio riguardo a questo scrittore iraniano, rifugiato politico in Occidente e naturalizzato olandese: un autore che vanta la straordinaria capacità di coniugare uno stile narrativo avvincente con un afflato lirico in grado di toccare le corde più profonde dell’animo umano.
Un pappagallo volò sull’Ijssel è un romanzo profondamente attuale, che chiunque dovrebbe leggere in questo particolare momento: racconta vicende di immigrazione e di integrazione sociale con una lucidità ed una partecipazione emotiva encomiabili e riesce a trasmettere, attraverso le micro-storie dei protagonisti, quella che rappresenta la realtà dei nostri giorni e che monopolizza quotidianamente il dibattito politico.     

Le vicende si svolgono in quattro paesini dell’Olanda, che sono candidati ad accogliere un gruppo di rifugiati.
Facciamo così la conoscenza di Memed, aspirante meccanico e padre di una bambina gravemente malata; di Lina, validissima interprete che arriverà ad essere eletta in Parlamento; di Khalid, erede di una dinastia di miniaturisti che farà valere il suo formidabile talento di pittore e restauratore; di Pari che dopo essersi separata dal coniuge inizierà una difficile emancipazione collaborando con un quotidiano locale.
Il passare del tempo farà però emergere populismi e conflitti mai sopiti; eventi drammatici come gli omicidi del politico Pim Fortuyn e del regista Theo van Gogh ma, soprattutto, la tragedia delle Torri Gemelle giungeranno a distruggere il precario equilibrio raggiunto a fatica tra la popolazione locale e gli immigrati.

Si tratta di un romanzo corale, denso di personaggi, di cui seguiamo pagina dopo pagina l’evoluzione attraverso le piccole storie quotidiane. Abdolah con passione intrisa di sguardo poetico, riesce ad evidenziare le difficoltà di integrazione fra la cultura occidentale e quella islamica, contrastata soprattutto da endemiche differenze socio-politiche e dalla diffidenza reciproca.
Seguiamo così un percorso che, dall'iniziale accoglienza da parte degli indigeni olandesi, condurrà ad un’intolleranza forte, pervicace e manifestata quotidianamente.  
A differenza dei romanzi precedenti, l’autore inserisce la propria narrazione nel contesto dell’attualità, riuscendo però a non perdere per strada il proprio tono fiabesco ed a tratti surreale. La nota di speranza con cui si conclude il libro è un segnale forte, che indica un percorso difficile ma tutto sommato non impossibile.
L’impronta autobiografica è notevole: alcuni dei personaggi (Memed e Pari in particolare) affrontano esperienze già vissute dallo stesso Abdolah che – non dimentichiamolo - è stato a sua volta immigrato e rifugiato.


Consigliato a: coloro che amano i romanzi che sanno essere avvincenti e poetici allo stesso tempo ed a chiunque voglia lanciare uno sguardo “dall’interno” sulla vita dei profughi e le loro difficoltà di integrazione in un nuovo mondo.


Voto: 8/10




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