Anche questa volta Iperborea ha fatto centro, proponendoci un romanzo in cui la realtà storica e l'invenzione dell'autore si fondono alla perfezione.
Io non mi chiamo Miriam è il racconto di un lungo e doloroso viaggio nella storia del popolo rom, che osserviamo attraverso gli occhi di Malika: una ragazzina che è riuscita a sopravvivere ai campi di sterminio. Majgull Axelsson ripercorre con una vena intimista vicende drammatiche, ormai lontane nel tempo, che parlano della deportazione, della vita nei campi di concentramento e del ritorno alla normalità dopo tanti anni trascorsi in prigionia.
"Io non mi chiamo Miriam".
Un'anziana signora svedese, il giorno del suo ottantacinquesimo compleanno, si lascia scappare queste parole di fronte alla famiglia riunita per festeggiarla. Dietro questa frase si cela una verità occultata per oltre settant'anni, che ora sta lottando per emergere: la storia di una giovane rom che si era finta ebrea, infilando i panni di una coetanea morta durante il viaggio ferroviario da Auschwitz a Ravensbrück.
Malika, così, è diventata Miriam e per tutto l'arco della sua vita ha continuato a mentire, anche dopo il suo approdo nella Svezia del dopoguerra.
I capitoli più dolorosi della storia europea e il crudele destino del popolo rom sono raccontati con spirito partecipato, quasi commosso; vengono descritte in maniera encomiabile la vita quotidiana dei prigionieri nel lager, le loro atroci sofferenze, il loro annientamento fisico e morale, gli esperimenti condotti sui bambini, il freddo e la sporcizia che li portavano alla morte.
Il libro, però, non si limita ad essere un resoconto delle brutalità naziste; rappresenta allo stesso tempo un’analisi attenta e perspicace sul significato di vivere un’esistenza costruita su "segreti e bugie" (parafrasando Mike Leigh) che non possono essere rivelati.
Nonostante la struttura narrativa proceda per concatenazioni, unendo tra loro differenti piani temporali, il lettore segue perfettamente il filo della narrazione senza perdersi mai.
Le parti del romanzo che descrivono la vita nei campi di concentramento sono sicuramente le più riuscite; quelle ambientate nell'attualità, in cui si svelano i rapporti di Malika/Miriam con i famigliari, risultano invece un po' manierate e non sempre efficaci.
Al di là di tutto, rimane un libro importante, capace di raccontare con garbo ed efficacia il dramma dell'Olocausto e della deportazione degli zingari.
Consigliato a: coloro che amano i romanzi che affondano le radici nella drammatica storia del Novecento ed a chiunque apprezzi i personaggi che si ritrovano a vivere una vita che non è la loro, richiudendo dentro di sé una marea di segreti mai rivelati.
Voto:7+/10
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