domenica 29 dicembre 2019

Tutta quella brava gente, Marco Felder



La collana Nero Rizzoli ha il grande merito di aver sdoganato il noir di casa nostra, fornendo un "rifugio" sicuro ed accogliente ad autori di assoluto talento come Piergiorgio Pulixi, Enrico Pandiani, Andrea Cotti ed altri ancora. Purtroppo, però, si è anche lasciata prendere la mano ed ha pubblicato romanzi di scrittori che con il poliziesco ci azzeccano come i cavoli a merenda. Se Enrico Franceschini, con il suo Bassa marea, aveva evitato il naufragio facendo ricorso alle sue ineguagliabili doti di giornalista/narratore, peggio di lui è andata a Marco Felder - un nom de plume dietro cui si celano Jadel Andreetto e Guglielmo Pispisa, membri dell'ensemble narrativo Kai Zen - che è riuscito a concepire uno dei peggiori romanzi che mi sia mai capitato di leggere (e ne ho letti parecchi...)

L'idea di partenza sarebbe anche buona: quello di un poliziotto in servizio a Roma - Tanino Barcellona - che viene trasferito (per dispetto? per punizione? per puro caso? questo non si sa) in una fredda regione del Nord Italia. Però... però... E vabbe'... credo che al buon Antonio Manzini siano un po' fischiate le orecchie, anche se stavolta al posto di Aosta c'è Bolzano, altra città in cui purtroppo... Non è (mai) stagione!
Appena arrivato, viene immediatamente coinvolto in un'indagine delicatissima: quella su un assassino seriale che strangola le sue vittime senza lasciare traccia. Tanino viene pertanto affiancato al rude Karl Rottensteiner, un veterano della Squadra Mobile che ricorda un po' il vecchio Serpico di Paciniana memoria. 
La strana coppia di poliziotti dovrà risolvere un enigma che affonda le proprie radici in un passato mai dimenticato, in cui l'eco dei nazionalismi e delle bombe al tritolo non è ancora stato del tutto silenziato. 

Personaggi tagliati con l'accetta, una trama infarcita di luoghi comuni e la totale assenza di ispirazione (pare quasi che qualcuno abbia chiesto a (ai) Felder: "scrivici qualcosa di noir da schiaffare nella collana!") sono gli aspetti più irritanti di un romanzo che non lascerà grande traccia del suo passaggio all'interno della letteratura di genere. 
Il gruppo Kai Zen si è sicuramente fatto valere in altri ambiti diversi dal noir; in questo contesto i due componenti del collettivo appaiono come due pugili suonati che cercano di fare stare in piedi una baracca traballante. Il plot confuso e ripetitivo non li aiuta di certo nell'intento; i colpi di scena sono telefonati e lo sfondo storico/politico che sta alle spalle della vicenda ha la friabilità di un biscotto secco. 
La noia ben presto giunge a farla da padrone, ricoprendo con la sua patina viscida ed appiccicosa ogni dettaglio, ogni pagina, ogni buon proposito del lettore. 
Che altro c'è da dire? Spero che chi cura la collana Nero Rizzoli, d'ora in avanti, faccia delle scelte più sagge e meno improntate al "numero" dei noir da pubblicare.... perché esiste un livello di decenza letteraria sotto cui nessuna casa editrice dovrebbe mai scendere. E credo che con Tutta quella brava gente si sia, come si suole dire, toccato veramente il fondo. 


Consigliato a: chi vuole farsi un'idea dell'Alto Adige e dei suoi nazionalismi mai sopiti e sempre pronti a sbocciare come funghi dopo un temporale. 


Voto: 2/10 


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