Oltre ad essere uno dei migliori scrittori statunitensi delle ultime generazioni, Whitehead è un vero e proprio paladino della lotta per i diritti civili delle persone di colore. Dopo lo straordinario successo di La ferrovia sotterranea - libro che gli è valso il Pulitzer e il National Book Award – l’autore ha scritto un nuovo romanzo che intende far luce su un'altra pagina oscura della storia americana. Rispetto all'opera precedente, però, la narrazione sembra appartenere più al realismo che ai territori della fantasia.
Siamo nel 1963, in un momento storico in cui il movimento per i diritti civili sta prendendo lentamente piede all'interno della comunità di colore. Elwood Curtis è un ragazzino senza genitori che è stato cresciuto dalla nonna e che è rimasto affascinato dagli insegnamenti di Martin Luther King. In procinto di cominciare il college, un giorno accetta incautamente un passaggio in auto: errore fatale! Elwood viene rinchiuso in una sorta di riformatorio chiamato Nickel Academy, che si rivelerà un vero e proprio teatro degli orrori.
Come ben sappiamo, il percorso verso l’uguaglianza di tutti i cittadini è stato lungo e violento. Proprio negli anni in cui è ambientato il romanzo, infatti, l’America era un magma incandescente in cui si stavano gettando le fondamenta per dare vita ad un “nuovo mondo”: la fine della segregazione nelle scuole, il gesto di Rose Parks (che su un tram occupò un posto riservato ai bianchi) e le pesanti condanne dei militanti del KKK erano tanti piccoli passi del tragitto verso la legge per i diritti civili, che avrebbe stabilita l’illegalità della discriminazione razziale.
Questo romanzo racconta una storia di disumano razzismo e di diritti negati in un’America attraversata dall'irresistibile vento del cambiamento; una vicenda fitta di crudeltà e di abusi di potere impuniti che si rivela un pugno allo stomaco persino per il più scafato dei lettori.
Purtroppo, però, sembra che Whitehead si sia fatto un po’ prendere la mano... il desiderio di denuncia arriva ben presto a prevalere sull'impianto narrativo, fagocitandosi un po’ tutto – descrizione di luoghi, caratterizzazione di personaggi e pathos espositivo – e rendendo piatto e didascalico l’intero svolgimento.
Nel complesso resta un encomiabile atto di accusa che merita di essere letto per la sua coerenza e la sua volontà di far emergere un dramma in cui vessazioni e crudeltà avevano il posto d’onore. Dall'autore, però, ci aspettiamo molto di più.
Consigliato a: coloro che amano le vicende di denuncia civile, che aprono uno squarcio sulle nefandezze della storia umana, ed a chiunque senta il dovere morale di affrontare l’ingiustizia con uno sguardo partecipato e sincero.
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