La morte necessaria di Lewis Winter, primo romanzo della Trilogia di Glasgow, è un debutto letterario straordinariamente originale ed efficace.
Pur raccontando la storia di un omicidio, riesce a distinguersi dalla maggioranza degli altri prodotti presenti sul mercato editoriale: la trama, infatti, non prevede la ricerca di un assassino sconosciuto, un'indagine serrata ovvero una corsa contro il tempo per evitare il peggio; si aggiunga a tutto ciò che la figura del poliziotto/investigatore non viene introdotta fino alla metà circa del libro. La genialità dell'autore sta invece nell'aver scelto come protagonista un sicario di ventinove anni, attorno a cui ruota l'intera vicenda.
Calum MacLean è un giovane killer free-lance che ha l'opportunità di scegliere, di volta in volta, quali incarichi accettare e quali rifiutare. Quando John Young - braccio destro di Peter Jamieson, uno dei più grandi boss criminali di Glasgow - gli chiede di far fuori Lewis Winter, un piccolo trafficante di droga, lui accetta l'incarico senza troppe esitazioni.
In realtà Lewis, da qualche tempo, sta tentando di far espandere il suo giro d'affari e risulta evidente come dietro la sua figura si celi qualcuno dotato di maggior potere. Secondo Jamieson è dunque giunto il momento di inviare un messaggio forte e chiaro. Calum dovrà occuparsi di tutto attraverso un'accurata pianificazione... anche se sopprimere un altro essere umano non è una cosa da niente e può comportare conseguenze imprevedibili.
La storia di un sicario che svolge il suo "lavoro sporco", con gli effetti a catena che ne derivano, viene raccontata in uno stile così secco e laconico da far volare via le pagine tra le dita. Mackay ha l'indubbio talento di riuscire ad afferrare il lettore per la gola, immergendolo senza alcuna pietà negli inferi del crimine organizzato.
La città di Glasgow, teatro della vicenda, mostra ad ogni pagina il suo aspetto ipnotico e surreale; ne scaturisce un quadro mesto, desolante, ma spaventosamente plausibile del sottobosco criminale scozzese: una sorta di pozzanghera maleodorante e periferica in cui sguazzano piccoli e grandi criminali, prostitute e poliziotti, tossici ed avvocati ambigui.
Mackay rappresenta una voce nuova ed importante all'interno del cosiddetto tartan-noir: un movimento che ha avuto i suoi grandi alfieri nei sommi William McIlvanney e Ian Rankin e che continua a dimostrarsi un'inesauribile fucina di talenti. Ma risulta debitore soprattutto nei confronti di autori statunitensi come Elmore Leonard - soprattutto per la capacità di disegnare i suoi personaggi - oltre, ovviamente, ai classici del genere come Jim Thompson, Raymond Chandler e Dashiell Hammett.
La scrittura è essenziale ed incisiva; le frasi sono brevi e semplici, con uno stile "staccato" in cui non si riscontra alcunché di inutile o riempitivo: solo le ossa nude del racconto, che attanaglia il lettore e lo trascina a bordo di un treno lanciato ad alta velocità nella notte più nera.
Consigliato a: coloro che vogliono fare la conoscenza di un talento emergente del noir contemporaneo ed a chiunque apprezza le storie "nere che più nere non si può", scritte con uno stile adrenalinico e tranciante come un proiettile in corsa.
Voto: 7,5/10
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