venerdì 27 settembre 2019

Il rimedio miracoloso, H.G. Wells


Partiamo da due semplici constatazioni:
1) H.G. Wells è un Grande (la G maiuscola è d'obbligo) della letteratura mondiale;
2) Questo libro è un "pacco" totale.
Come si conciliano tra loro questi due antitetici punti di vista?
Molto semplice. Wells è stato sicuramente un genio della fantascienza, autore di opere meravigliose che ancora oggi si leggono con gusto e con trasporto: citiamo, a mero titolo di esempio, La macchina del tempo, L'uomo invisibile e La guerra dei mondi. Il romanzo sociale, però, non è affatto cosa sua: in questo libro finisce con lo scimmiottare Charles Dickens in maniera tutt'altro che apprezzabile, riuscendo nella difficile impresa di annoiare anche il più ben disposto dei lettori.

George Ponderevo, il protagonista, è il figlio della governante di un'antica casa di campagna. Ad un certo punto della sua adolescenza, viene mandato a Wimblehurst per farsi le ossa come apprendista dello zio Edward: un uomo ingegnoso e ricco di smodata ambizione. Successivamente approderà a Londra, dove assisterà alla svolta imprenditoriale dello zio, che ha lanciato sul mercato la "Tono-Bungay": un dozzinale intruglio spacciato come ricostituente che sarà il punto di partenza per la creazione di un notevole impero finanziario. La storia del "rimedio miracoloso" si intreccerà con quella personale di George; assisteremo così al suo disastroso matrimonio, alla sua turbolenta vita sentimentale ed alle sue esperienze di progettista di azzardati aerostati e deltaplani. 

Niente da dire sulla scrittura di Wells: elegante, ricercata, a tratti avvolgente. Il romanzo però non funziona per niente. Nonostante l'idea di partenza - quella di raccontare la società britannica di inizio novecento attraverso una vicenda di ascesa e caduta - sia davvero encomiabile, la narrazione si impantana ben presto in una palude tediosa e soporifera. La volontà dell'autore, si capisce sin da subito, sarebbe quella di raccontare l'evoluzione di un mondo illusorio, in cui non esistono certezze; purtroppo, Wells non riesce a trasfondere sulla pagina scritta il suo intento e gira a vuoto per pagine e pagine perdendo spesso la bussola. Inoltre - e questo è il peccato più grande per colui che è stato un mago della letteratura di evasione - non riesce per nulla ad appassionare il suo pubblico: ne scaturisce un libro bolso, arduo, appesantito... quel tipo di opera in grado di causare il classico "blocco del lettore".
Sembra che H.G. Wells abbia definito questo romanzo come il suo più riuscito... dopo averlo letto, in tutta franchezza, fatico a crederlo.


Consigliato a: coloro che amano il "romanzo sociale" alla Dickens ed a chi si appassiona per le vicende ambientate nell'Inghilterra di inizio Novecento.


Voto: 5/10



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