venerdì 9 giugno 2023

I miei Americani senza Nobel!

 

Stati Uniti e Premio Nobel… un connubio che in passato ha consacrato alla storia della letteratura scrittori stratosferici come Ernest Hemingway, William Faulkner e John Steinbeck.

Dagli anni Sessanta in avanti, però, pare che qualcosa si sia rotto e che le scelte dell’Accademia di Svezia si siano un poco allontanate dagli scrittori del Nuovo Mondo. È vero che ci sono stati ancora un paio di sussulti – come scordarsi di Saul Bellow (1976) e di Toni Morrison (1993) – ma nell’ultimo trentennio il Grande Romanzo Americano è stato completamente dimenticato e relegato in secondo piano rispetto alla letteratura del resto del mondo.

Se si parla di autori premiati negli ultimi anni, non possiamo di certo scordare come gli USA abbiano portato a casa due riconoscimenti: Bob Dylan nel 2016 e Louise Glück nel 2020. A mio personalissimo parere, però, questi due Nobel (assolutamente imprevedibili e, probabilmente, non indispensabili) hanno ancora di più accentuato una situazione diventata insostenibile. Il Romanzo Americano degli ultimi decenni è stato rappresentato da autori straordinari che sono stati totalmente dimenticati al momento della scelta.

Partiamo da Philip Roth, scomparso nel 2018, probabilmente uno dei più grandi narratori americani di sempre. Un artista nel giostrarsi in quel turbinoso gioco di specchi che spesso si viene a instaurare tra un autore e i suoi personaggi, tra la parola scritta e l’esistenza reale e vissuta. Roth, con la sua scrittura solo apparentemente autobiografica, è riuscito a raccontare qualsiasi argomento della contemporaneità: il sesso, la malattia, il “mestiere di vivere” e le angherie della vecchiaia che sopraggiunge.

Un altro autore venuto a mancare troppo presto è l’immenso e problematico David Foster Wallace. Scrittore dotato di un talento e di una sensibilità fuori dal comune, la cui scrittura era costantemente rivolta alle relazioni umane e al rapporto che si instaura tra sé stessi e gli altri. Nella sua breve esistenza ha prodotto formidabili distillati di ironia quasi-kafkiana, sapientemente mediati da una pregnante riflessione sullo scorrere del tempo e sull’inevitabilità della morte.

Come scordarci, poi, del grandissimo Cormac McCarthy: un personaggio rimasto sempre lontano dagli ambienti letterari e per cui la scrittura ha rappresentato una pratica viscerale, esplicitata attraverso uno stile ascetico e radicale? Un autore di romanzi unici, dall’afflato potente e insieme enigmatico, scritti con un uno stile visionario, al confine tra l’arcaico e la modernità.

Proseguiamo poi con Don De Lillo, probabilmente il più autorevole tra gli scrittori americani contemporanei. Un autore che ha abbinato una straordinaria maestria narrativa – definita ingiustamente “troppo cerebrale” - a una scelta crepuscolare e personale, dimostrando nella propria evoluzione una notevole coerenza abbinata a una invidiabile produttività.

Come non parlare di Paul Auster, vero e proprio cantore dell’America e della città di New York, la cui vicenda letteraria si intreccia alla perfezione con quella cinematografica? Un narratore dotato di uno sguardo capace di osservare e giudicare il mondo circostante, comprensivo dei riflessi di politica e società.

E ancora possiamo proseguire con Thomas Pynchon, un genio maniacale e matematico alla Stanley Kubrick, alfiere del postmodernismo e capace di condensare, all’interno della sua opera, la percezione esaustiva di un'epoca in cui passato, presente e futuro si cementano in un tratto indissolubile.

Potrei proseguire ancora a lungo, citando Jonathan Franzen, Jonathan Safran Foer, Richard Ford, Joyce Carol Oates e tanti altri…

Non credo che ci sia molto altro da aggiungere. La letteratura made in USA contemporanea rappresenta una miniera inesauribile di autori straordinari, portatori di idee e suggestioni letterarie difficilmente eguagliabili.

La mia speranza – e quella di tanti altri – è che prima o poi l’Accademia Svedese si renda conto dell’unicità di questo movimento e provveda, seppur in ritardo, a consegnare l’ambito Nobel a uno di questi autori ineguagliabili.

Se così non fosse, la dimenticanza salterebbe all’occhio di noi contemporanei… ma ancora di più a quello delle generazioni che seguiranno.      

Gio

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