Qui elencherò tutti i post usciti sul blog per la rubrica 5 cose che, ideata dal blog Twins Booklover (da cui ho preso in prestito anche l'immagine).
Noi siamo Mely e Gio e questo è il nostro blog sulla passione che abbiamo in comune: i libri.
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mercoledì 30 gennaio 2019
5 cose che... 1
Buongiorno!
Da un po' di tempo volevo portare sul blog qualcosa di semplice e carino, che smezzasse la costante presenza di recensioni.
Quindi, finalmente, eccola qui: la rubrica - rigorosamente saltuaria - 5 COSE CHE, ideata dal blog Twins Booklover ed avviata da almeno un paio d'anni (sì, io arrivo sempre dopo, ormai lo sapete, e da loro prendo in prestito anche l'immagine).
Loro hanno pensato diversi argomenti ma io ne proporrò solo alcuni.
Basta perderci in chiacchiere e cominciamo!
5 libri che ho nella mia libreria ma che non ho ancora letto
Partiamo da qualcosa di relativamente semplice ma contemporaneamente doloroso: quali sono i cinque, fra i più di 70 libri che non ho ancora letto, che finiranno nella lista di oggi? Scopriamolo insieme! (Sì perché ovviamente non li ho ancora scelti...).
- - - - - - - - - - due ore dopo - - - - - - - - - -
1. Donne che amano troppo
Ok, cominciamo con un saggio.
Questo mi era stato consigliato, circa tremila anni fa, in un gruppo di lettori. L'argomento mi interessa tutt'ora, sia in maniera oggettiva sia in maniera soggettiva, dato che comunque è capitato di perdermi dietro a gente che oggi magari eviterei totalmente. 😅
2. Il petalo cremisi e il bianco
Sarò onesta: la mole mi spaventa non poco!
Questo, abbinato al fatto che ho sentito pareri discordanti, mi ha portata a rimandarne la lettura nonostante senta comunque un forte richiamo da parte del libro... chissà che non cada davvero in valigia, alla prossima vacanza!
3. Quella sera dorata
Ebbene sì, adoro Cameron ma non ho ancora letto quello che è ritenuto il suo miglior lavoro. Ho deciso di lasciarmelo per ultimo proprio perché tutti ne parlano così bene, ma non vi nascondo che ho un po' paura di beccarmi una delusioncina dovuta alle aspettative che, ora come ora, sono un pochino alte... 😁
4. Mio amato Frank
Questo alloggia tra gli scaffale da ALMENO quattro anni.
L'ho desiderato tantissimo, lo avevo inserito in una lista di Natale e ho tanto sperato che qualcuno lo scegliesse... è stato scelto, ero felice come non so cosa... eppure ancora non l'ho cominciato.
Perché? BOH!
5. Niceville
Va bene... volete la verità?
Ho comprato il libro perché due mie amiche ne avevano parlato strabene e, vedendolo lì a metà prezzo, ho detto "proviamo!".
Poi ho scoperto che era il primo di una trilogia, allora ho voluto recuperare anche i due volumi successivi - rigorosamente a metà prezzo anche loro.
Successivamente mi son detta che forse non è proprio del mio genere, dato che non amo particolarmente gialli/thriller...
Però devo dire che mi incuriosisce ancora e ogni tanto mi fa l'occhiolino dalla mensola, perciò prima o poi avrà la sua occasione.
Per oggi abbiamo concluso.
Spero che l'idea di portare questa rubrica vi piaccia e, in generale, spero che serva da spunto e confronto sia per me che per voi. 😊
Come sempre, se vi va, fatemi sapere se avete letto questi libri e come li avevte trovati, se anche voi li avete da leggere e/o quali sono 5 libri che ancora aspettano di essere letti.
Alla prossima!
lunedì 28 gennaio 2019
Soldati di Salamina, Javier Cercas
La caratteristica che contraddistingue Javier Cercas – rendendolo una figura quasi unica all’interno della letteratura contemporanea - è quella di riuscire a miscelare in maniera convincente la realtà storica e la finzione romanzesca. In questo libro, in particolare, il giornalista-scrittore analizza un episodio risalente all’epoca della Guerra Civile Spagnola che devastò la Spagna nella seconda metà degli anni Trenta.
Nel corso di un'intervista a Rafael Sánchez Ferlosio – padre dello scrittore e politico nonché ideatore della Falange Spagnola Sánchez Mazas – Cercas viene a conoscenza di un episodio risalente alle fasi conclusive della della Guerra civile. Mazas, caduto nelle mani dei soldati Repubblicani, sopravvisse incredibilmente ad un tentativo di fucilazione e riuscì a mettersi in salvo grazie soprattutto ad un miliziano della parte avversa, che fece finta di non vederlo nel corso di una perlustrazione.
Nella seconda parte dell’opera, Cercas ripercorre con ampiezza di dettagli la vita di Rafael Sánchez Mazas. Partendo dagli anni della giovinezza, passando attraverso l’impegno militare e l’esperienza politica, giungendo infine a delineare un punto di approdo tranquillamente borghese, l’autore ricostruisce l’esistenza di un personaggio controverso della storia spagnola per la sua vicinanza al fascismo e la sua partecipazione al governo Franchista.
Infine, nella parte conclusiva del libro, Cercas – dopo un’intervista allo scrittore cileno Roberto Bolaño – scopre che un uomo di nome Miralles, che era stato un giovane soldato della Repubblica nel corso della Guerra Civile, per uno di quegli strani scherzi del destino era presente durante la tentata fucilazione del citato Mazas.
Javier Cercas è uno scrittore che riesce sempre ad emozionare. Con un’intensità epica ed una scrittura semplice ed essenziale, ci conduce attraverso un viaggio lungo quel drammatico crocicchio di eventi rappresentato da conflitto spagnolo del 1936-1939: una guerra che, nell'attenta rielaborazione dell’autore, si trasforma nel paradigma di tutte le guerre combattute in ogni epoca ed in ogni parte del mondo.
Il passato viene raccontato in una duplice prospettiva – sia falangista sia repubblicana – attraverso le parole ed il punto di vista di coloro che sono spesso i “reietti” ed i “dimenticati”; coloro che, alla fine della fiera, finiscono con l’incarnare la storia in maniera più compiuta ed esaustiva di quella che è la versione ufficiale dei libri di testo.
Libro d’atmosfera, che riesce a coinvolgere e ad appassionare, Soldati di Salamina dipinge pagine indimenticabili piene di dramma e di pathos. Attraverso un racconto che attinge a piene mani da espedienti narrativi (alludiamo alle frasi sentite per puro caso da Cercas stesso), questo romanzo riesce nell’intento di lanciare un ponte in direzione di un passato neanche troppo lontano, aiutando il lettore nella comprensione di uno dei più cruenti conflitti che abbiano dilaniato l’Europa del Novecento.
Consigliato a: coloro che amano i romanzi verità, capaci di coniugare storia e finzione, ed a chiunque desideri gettare lo sguardo verso il passato per cercare di comprenderne gli aspetti generali partendo da una micro-storia irrilevante solo in apparenza.
Voto: 7,5/10
venerdì 25 gennaio 2019
Vuoto (per i bastardi di Pizzofalcone), Maurizio De Giovanni
C’era una volta Maurizio De Giovanni, un autore capace di dare linfa al giallo di casa nostra attraverso due serie di romanzi che riuscivano a coniugare la tensione della narrativa di genere con una insolita ma notevole capacità di descrivere personaggi e ambientazioni...
C’era una volta, purtroppo!
Quanto sono lontani i tempi di Il metodo del coccodrillo (meritato vincitore dello Scerbanenco, alcuni anni or sono)! Il De Giovanni di oggi – purtroppo – è solo un lontano, sbiadito parente dell’acclamato autore di un tempo.
Ma partiamo, com’è doveroso, da un brevissimo sunto della trama...
Un’insegnante di lettere di un istituto tecnico scompare nel nulla ed i Bastardi hanno il difficile compito di scoprire che fine abbia fatto. Il marito - ricco industriale - sostiene che la moglie abbia tagliato la corda di sua volontà. Lojacono detto “il cinese” ed i suoi colleghi indagheranno negli anfratti di vite normali soltanto in apparenza, facendo emergere una tragica vicenda che affonda le radici nell’odio e nell’affarismo più bieco.
Una volta tanto il titolo corrisponde totalmente al contenuto. Vuoto non è un libro, ma una soap opera televisiva da far concorrenza a Beautiful. Su circa 350 pagine di testo, solo un centinaio sono dedicate allo sviluppo della trama gialla (neanche troppo di prima mano). Tutto il resto ripropone – sotto forma di sceneggiatura TV – lo sfiancante ed irritante rimescolamento dei medesimi ingredienti: storie che si ripropongono romanzo dopo romanzo senza arrivare ad una soluzione. Anche stavolta, pertanto, ci dobbiamo sorbire le vicende del frate serial killer che continua a sfuggire, della sovraintendente-mammina innamorata del vicequestore, della lesbica che vive male la propria sessualità, dell’ispettore padre di una figlia che sta crescendo… e molto altro ancora.
La serie ambientata nel commissariato di Pizzofalcone, ricettacolo di un gruppo di poliziotti reietti in cerca di riscatto, ha ormai raggiunto il suo punto di non ritorno: la totale simbiosi con la fiction tv Distretto di Polizia, di cui ha scopiazzato caratteri, evoluzioni e snodi narrativi.
Giunti alla fine ci rendiamo conto di aver letto un libro che – è brutto dirlo - non lascia assolutamente niente se non un vago e persistente senso di noia.
Speriamo che De Giovanni si renda presto conto di tutto ciò (anche se, stranamente, pare che buona parte dei suoi lettori sia soddisfatta di questa brodaglia insipida). Certamente dover pubblicare tre romanzi all’anno - per contratto o scelta personale? chi lo sa! - non gli è per niente d’aiuto. Occorrerebbe far tabula rasa e ripartire da capo, magari con nuovi personaggi, nuove idee, nuove storie. Proseguendo su questa china finirà – prima o poi – a far disaffezionare anche il lettore meno esigente.
P.S. Addio bastardi… il mio rapporto con voi finisce qui. Spero di ritrovare – un giorno o l’altro - il Maurizio De Giovanni che mi aveva fatto appassionare ai suoi libri ed alla sua scrittura.
Consigliato a: coloro che amano le serie poliziesche senza fine ed a chiunque crede che letteratura e fiction televisive, in fondo in fondo, siano la medesima cosa.
Voto: 3/10
Consigliato a: coloro che amano le serie poliziesche senza fine ed a chiunque crede che letteratura e fiction televisive, in fondo in fondo, siano la medesima cosa.
Voto: 3/10
mercoledì 23 gennaio 2019
Il sermone del fuoco, F. Haig
Buongiorno, signori!
Vi avevo annunciato che per quest'anno mi avreste vista solo in caso di libri belli... e fortuna ha voluto che la mia prima lettura dell'anno fosse già inaspettatamente meravigliosa.
Come sempre cercherò di evitare spoiler, quindi resterò MOLTO in superficie...!
In un mondo dove tutto è stato distrutto dall'elettricità, la vita degli uomini è cambiata parecchio: non solo si è tornati a vivere senza macchinari, ma c'è stato proprio un cambiamento nella società.
Ogni coppia può dare alla luce solo dei gemelli, rigorosamente un maschio e una femmina, di cui uno sano e l'altro con una qualche deformazione. Generalmente dopo lo svezzamento, i fratelli vengono divisi: quello sano (Alpha) resta a vivere con i genitori, può andare a scuola e ricoprire delle cariche al governo; l'altro invece viene mandato in un villaggio Omega.
I protagonisti di questa storia sono due gemelli la cui separazione è avvenuta molto più tardi, causando ad entrambi problemi di integrazione con gli altri ma provocando anche l'odio da parte dell'Alpha verso l'Omega.
Questo, com'è abbastanza prevedibile, li porterà ad essere nemici.
La storia è narrata dal punto di vista della sorella e grazie a lei conosciamo molte cose: le condizioni di vita di tutti, le dure leggi restrittive esistenti per gli Omega, i piani segreti del governo... e scopriamo anche se un luogo di cui si parla, ovvero un'isola in cui gli Omega sono in qualche modo liberi, è davvero esistente oppure no.
Confesso che inizialmente ho fatto un po' fatica ad entrare nella storia perché, nonostante i momenti di fuga e ansia, la scrittura riesce a mantenere un tono che definirei abbastanza calmo. Tuttavia, da un certo punto in poi la faccenda diventa estremamente intrigante, coinvolgente ed emozionante.
Insomma, c'è bisogno che lo dica?
...
...
...
VOGLIO IL SEGUITO E LO VOGLIO SUBITO!!!
lunedì 21 gennaio 2019
Cent’anni di solitudine, Gabriel García Márquez,
So
benissimo che con questo commento mi attirerò addosso gli strali di gran parte
dei lettori. E sono consapevole del fatto che quest’opera
sia considerata da molti come uno dei capolavori assoluti del Novecento.
Purtroppo, se devo essere sincero fino in fondo, Cent’anni di solitudine balza di diritto ai vertici della classifica delle letture più noiose e sgradevoli che mi sia capitato di affrontare.
Nonostante
abbia grande rispetto per Marquez – ho amato moltissimo Cronaca di una morte annunciata e L’amore ai tempi del colera – questo libro mi è risultato ostico al
limite della sopportabilità ed ho pure corso il rischio di abbandonarlo (cosa
che non mi capita da una decina d’anni).
La
trama credo che la conosciate tutti. Vengono narrate le vicende di ben sette generazioni
della famiglia Buendía il cui capostipite - José Arcadio - fondò alla fine del
XIX secolo la (immaginaria) città di Macondo. La storia è raccontata con uno stile che vorrebbe essere sontuoso ma
che risulta tedioso e soporifero. Compito del romanzo sarebbe quello di narrare
un universo di solitudini incrociate, dove si susseguono i destini ineluttabili di una famiglia.
“È come se il mondo continuasse a girare in
tondo” dice la capostipite Ursula, ad un certo punto. Il fatto che la
storia si ripeta – se questo voleva essere il messaggio più recondito dell’opera
- non è poi quella grossa novità: basterebbe sfogliare la Teoria dei periodi politici di Giuseppe Ferrari (pubblicata cent’anni
prima) per capire che tale ipotesi era già stata messa in campo ed
adeguatamente dissezionata.
Più
che un romanzo, sembra di leggere quattrocento pagine di “sinossi” abbozzata e
mal articolata. D’altra parte, se Marquez intendeva scrivere la storia di sette
generazioni di una famiglia sudamericana,
doveva dedicarci parecchie pagine in più. L’assenza di distinzione tra dialoghi,
narrazione e descrizioni dà proprio l’idea dell’incompiutezza della trama,
fornendo l’apparenza di un liofilizzato di libro (un “bignami” di un’opera
mastodontica che non è mai esistita) più che di un qualcosa di esaustivo e
totale.
I
personaggi sono tagliati con l’accetta e si succedono generazione dopo
generazione senza lasciare traccia memorabile del loro passaggio. Il fatto che ricorrano
sempre gli stessi nomi – padri, figli, nipoti, bis-nipoti e così via si
chiamano tutti Arcadio o Aureliano – complica tremendamente le cose: manco con
un albero genealogico della famiglia Buendía a portata di mano ci si
raccapezza.
La narrazione procede per accumulo ad oltranza di eventi sgangherati e confusionari, che si mescolano, si intrecciano e talvolta si ripetono, rischiando di sconfinare nella farragine più assoluta.
Ed
alla fine la domanda sorge spontanea: com’è possibile che Cent’anni di solitudine abbia avuto tale riscontro a livello
internazionale mentre libri di caratura nettamente superiore – cito a mero titolo
di esempio Grande seno, fianchi larghi di
Mo Yan e Gente indipendente di Halldor
Laxness – siano praticamente sconosciuti alla gran parte dei lettori?
Per
me è un mistero assoluto. D’altra parte essendo il sottoscritto un umile
lettore – e non un critico professionista, austero militante e severo (cit.
Guccini) - non ho la presunzione di possedere la verità assoluta.
Probabilmente
si tratta davvero di un capolavoro e sono io ad essere un cafone-ignorante che
non ha compreso l’enorme levatura di questo romanzo. Mi conforta comunque il
parere di Pierpaolo Pasolini che, all’uscita del libro, lo massacrò senza pietà
definendolo come il “romanzo di uno
scenografo o di un costumista, scritto con grande vitalità e spreco di
tradizionale manierismo barocco latino-americano, quasi ad uso di una grande
casa cinematografica americana.” Come dargli torto!?
Consigliato
a: coloro che vogliono affrontare un’opera ritenuta da molti – ma non da tutti –
come uno dei capolavori del Novecento ed a chiunque voglia farsi l’idea di che
cosa sia stato realmente il “realismo magico”.
Voto: per questa volta... passo oltre.
venerdì 18 gennaio 2019
ll re di denari, Sandrone Dazieri
Dopo Uccidi il Padre e L’angelo, si conclude (almeno per il
momento) la trilogia incentrata sui personaggi di Colomba Caselli e Dante
Torre. Pur non raggiungendo le auree vette del primo volume – senza dubbio il
migliore - il terzo capitolo mantiene desta
l’attenzione del lettore, supportato da una trama incalzante e da continui
colpi di scena.
La
vicenda prende le mosse proprio dalla scena finale del romanzo precedente,
riproposta integralmente nel prologo del libro: quella in cui un uomo senza identità
ha quasi ucciso Colomba ed ha rapito Dante.
Colomba
ha lasciato la polizia da un anno e mezzo e trascorre il tempo in una situazione
di semi-isolamento, vittima di angoscia ed insonnia.
Mentre
il paesino delle Marche in cui si è trasferita è flagellato da una terribile
tempesta di neve, l'ex vicequestore rinviene nel capanno degli attrezzi un
ragazzo autistico infreddolito ed imbrattato di sangue. Tommy – questo è il suo
nome – è sopravvissuto alla strage della propria famiglia e nel suo
comportamento si intravvedono similitudini con quelle delle vittime del Padre,
il rapitore/serial-killer che lei ha ucciso qualche anno prima.
La
poliziotta si renderà presto ben conto che c’è qualcuno che sta emulando il defunto assassino e che il ragazzo può essere il punto di partenza per
scoprire, finalmente, che fine abbia fatto Dante, che sembra essere sparito
dalla faccia della terra.
Sandrone
Dazieri, che ha ottenuto la celebrità grazie alla serie noir del “Gorilla”, dimostra
di aver ormai cambiato rotta, scegliendo un percorso completamente diverso:
quello del thriller d’azione adrenalinico, di matrice yankee ma con una caratterizzazione
dei personaggi ed un’ambientazione del tutto nostrana.
Come
nei due libri precedenti, l’autore sviluppa la sua narrazione a diversi livelli,
ottenendo così una sorta di effetto Matrioska:
ogni evento si sviluppa in maniera inaspettata, diventando preludio a sviluppi
del plot del tutto inattesi.
Il
rapporto sinergico tra Colomba e Dante, pieno di risvolti ed implicazioni inintelligibili,
è la chiave di volta attorno a cui si dipana la storia. Ogni tanto qualche
colpo di scena appare un poco forzato (se non inverosimile) ed alcuni snodi del
racconto non convincono del tutto… ma che volete fare? Quando ci si abbandona
al flusso ininterrotto della narrazione, calamitati dalla prosa scorrevole ed
avvincente di Sandrone, si è disposti a passare sopra a certe imperfezioni.
La
trama scorre veloce come un Intercity, gli eventi si susseguono alla velocità
della luce ed i protagonisti – a cui abbiamo imparato ad affezionarci in questi
anni - non annoiano mai.
Speriamo
che Dazieri decida, un giorno o l’altro, di tirare fuori Colomba e Dante dalla
naftalina. Per il momento, chiuso il terzo volume, la loro saga parrebbe
conclusa…
Però, mai dire mai!
Consigliato
a: coloro che amano i thriller adrenalinici, che non concedono un attimo di
tregua, ed a chiunque apprezzi i prodotti d’intrattenimento costruiti con grande ed incontrovertibile professionalità.
Voto:
7/10
mercoledì 16 gennaio 2019
Top e Flop 2018
Buongiorno, signori!
Siamo ormai giunti a metà mese e credo che sia decisamente l'ora di stilare le nostre classifiche per quanto riguarda i migliori/peggiori libri letti durante l'anno che si è da poco concluso.
Qui vi presentiamo foto e liste, ma ogni titolo sarà collegato al relativo post di recensione.
Prima di cominciare, ma per chiudere l'introduzione, volevo precisare che:
- abbiamo scelto solo 5 titoli per categoria al fine di non dilungarci troppo
- le letture più belle sono divise in generiche/serie/graphic novel per Mely e generiche/gialli per Gio, mentre quelle più brutte sono generiche e basta
Fine dell'introduzione, passiamo alle cose interessanti. 😂😂😂
CLASSIFICHE DI GIO
Libri Migliori
1. Lo stato delle cose, R. Ford
2. Il conte di Montecristo, A. Dumas
3. Turbine, J. Zeh
4. Sorgo rosso, Mo Yan
5. Uno scià alla corte d'Europa, K. Abdolah
Gialli Migliori
1. Tra due mondi, O. Norek
2. L'assemblea dei morti, T. Bárbulo
3. Mai dimenticare, M. Bussi
4. Il sospettato X, K. Higashino
5. La lunga notte del detective Waits, J. Knox
Libri Peggiori
1. Stoner, J. Williams
2. Il gioco di Gerald, S. King
3. Le bambine dimenticate, S. Blædel
4. Il senso di una fine, J. Barnes
5. Lo schiaffo, C. Tsiolkas
CLASSIFICHE DI MELY
Libri Migliori
1. La manutenzione dei sensi, F. Faggiani
2. Una scacchiera nel cervello, A. Gillot
3. Teo, L. Gentile
4. Il vestito dei libri, J. Lahiri
5. La commedia dei pazzi, M. Pennella
1. La ragazza nell'ombra, L. Riley (Le sette sorelle, vol. 3)
2. Sotto i venti di Nettuno, F. Vargas (Commissario Adamsberg, vol. 4)
3. La dama bendata, S. De Castell (Shadowblack, vol. 2)
4. Obsidio, A. Kaufman e J. Kristoff (Illuminae files, vol. 3)
5. Il marchio della peste, K. Sands (Blackthorn, vol. 2)
Graphic Novel Migliori
1. Stella di mare, G. Macaione
2. Basilicò, G. Macaione
3. Gli anni dolci vol.1, J. Taniguchi
4. Gli anni dolci vol.2, J. Taniguchi
5. Quaderni giapponesi 2, Igort
Libri Peggiori
1. Chie-chan e io, B. Yoshimoto
2. Tramonto di un cuore, S. Zweig
3. La via del sole, M. Corona
4. Di cosa parliamo quando parliamo d'amore, R. Carver
5. Cappuccetto bianco, B. Munari
Insomma, il 2018 è stato un anno abbastanza soddisfacente!
Possiamo chiuedere qui sia l'articolo che il capitolo dell'anno passato.
Adesso concentriamoci nel nuovo anno e nelle letture che ci riserva.
martedì 15 gennaio 2019
La promessa dell’alba, Romain Gary
Questo romanzo – che è stato recentemente oggetto di una trasposizione cinematografica (in Italia uscirà a marzo) – rappresenta una sorta di autobiografia di Romain Gary, uno dei più grandi scrittori francesi del Novecento, vincitore di due Premi Goncourt.
Si tratta, in particolare, di una personalissima riflessione sull’influsso esercitato dalla figura materna - un'attrice russa in disarmo, trasportata da un amore incondizionato per il figlio – sul suo percorso di crescita.
Seguiamo così le vicende di Gary, nato Kacew, dall’infanzia in Lituania fino al trasferimento in Francia: il suo paese adottivo, nel cui esercito si distinguerà con onore durante il Secondo Conflitto Mondiale.
Il punto nevralgico della narrazione è rappresentato – come si è detto - dal rapporto tra Romain e la propria madre: un sentimento assoluto ed incondizionato, maniacalmente ricambiato. Questa corrispondenza biunivoca diventa quindi il leit-motiv di un'avventura “a due”, che si sviluppa nel tempo, in un’Europa stritolata tra due guerre devastanti.
Gli anni dell’infanzia e della giovinezza vengono ripercorsi con una verve instancabile, piena di umorismo e tenerezza, che trasmette la forza invincibile di un grande amore: quello di una madre vivace ed esuberante nei confronti di un figlio per il quale prevede un futuro da eroe di guerra, letterato e ambasciatore di Francia, attraverso cui strapperà vittoriosamente il possesso di questo mondo ai potenti e ai malvagi.
Dopo la guerra, Gary si dedicherà completamente alla realizzazione dello scopo materno, diventando scrittore nonché Console Generale di Francia… troppo tardi purtroppo per mostrare alla madre la concretizzazione dei suoi sogni.
L’amore materno è la chiave di volta del romanzo: un’emozione ricorrente e inestinguibile, che permea di sé l’intera opera, emerge con prepotenza in ogni singolo capitolo. Esponendo con piglio ironico fatti talvolta drammatici, Gary riesce nell’intento di raccontare la storia di una lotta instancabile contro le avversità, condotta da due esseri umani legati indissolubilmente da un calore ed una dolcezza senza eguali.
Non sempre Gary riesce a mantenere alta la tensione narrativa: la parte destinata all’esperienza militare, probabilmente, è meno riuscita di quelle che riguardano gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Al di là di tutto, il libro merita di essere letto per la sua capacità di raccontare un rapporto straordinario, in cui ognuno di noi può immedesimarsi andando alla ricerca di frammenti della propria personale esperienza.
Se La promessa dell’alba rappresenta, da un lato, il tributo ad una madre coraggiosa, generosa e ambiziosa; è allo stesso tempo la testimonianza di quanto possa essere forte l'amore di un genitore per il proprio figlio e viceversa.
Consigliato a: coloro che desiderano leggere una biografia straordinaria, più avvincente di un racconto di fantasia, ed a chiunque voglia riscoprire uno dei più grandi autori del Novecento, non sempre adeguatamente considerato dalla critica.
venerdì 11 gennaio 2019
Tra due mondi, Olivier Norek
Ed allo spirare del 2018, del tutto inaspettatamente… mi è capitato di leggere il miglior noir dell’anno!
Nell’onda montante della letteratura poliziesca ho scoperto questo gioiello: un romanzo avvincente che riesce ad essere allo stesso tempo commovente e, soprattutto, talmente scioccante da risultare duro ed improvviso come un pugno allo stomaco.
Olivier Norek, l’autore, è un ex poliziotto che conosce alla perfezione gli argomenti di cui parla: prima di dedicarsi alla scrittura del libro ha trascorso parecchio tempo nei luoghi in cui ha ambientato la storia, interagendo con chi ha vissuto in prima persona i drammi descritti. Tutta la vicenda è quindi intrisa di un realismo spaventoso – a tratti persino disturbante - che riesce a coinvolgere intimamente il lettore, scuotendolo nel profondo ed arrivando a minare ogni sua singola opinione o certezza.
Adam è un agente siriano, in fuga da un regime sanguinario, che ha mandato la moglie e la figlioletta in un posto lontano per preservarle dal pericolo. Il suo obiettivo è quello di riunirsi a loro a Calais per poi transitare in Inghilterra. Giunto sul posto, però, non trova traccia delle due donne della sua vita; come se non bastasse, si riscoprirà prigioniero in una sorta di universo parallelo in cui neppure la polizia osa mettere piede.
Lì farà la conoscenza del tenente Bastien Miller, da poco trasferitosi in quel fazzoletto di terra - da cui tutti vogliono scappare - che racchiude la più grande bidonville d’Europa: un immenso campo profughi che è conosciuto come la giungla di Calais. Un sordido rifugio per i dannati della Terra che scontano la loro esistenza sospesa “tra due mondi”.
Norek non fa sconti a nessuno, riuscendo nella difficile impresa di spiegare che cos’abbia realmente rappresentato la giungla di Calais: un accampamento di rifugiati, in essere dal gennaio 2015 a ottobre 2016, che separava di fatto i molti migranti ancora in Francia dalla'Inghilterra, loro destinazione finale.
Con una narrazione violenta, crudele ed intransigente l’autore racconta una vicenda talmente realistica da far rabbrividire il lettore medio, in cui la suspense è demandata non tanto all’intreccio giallo ma al confronto/scontro tra i due mondi ed al reciproco tentativo di comprendersi a vicenda.
Ne scaturisce un libro che, travalicando gli angusti confini del poliziesco, diventa uno straordinario racconto sulla crudeltà umana e sulla lotta per la sopravvivenza, in un occidente che si culla in un colpevole disinteresse per chi è arrivato da lontano per sfuggire alla guerra e alla miseria.
Consigliato a: coloro che desiderano leggere uno dei migliori noir degli ultimi anni e a chiunque sia alla ricerca di un romanzo realistico ed intelligente, duro e toccante.
mercoledì 9 gennaio 2019
Un sacchetto di biglie, Joseph Joffo
Uscito in sordina nel lontano 1973, questo libro è diventato col passare degli anni un classico della letteratura per ragazzi oltre che un importante testimonianza sul tema della Shoah. Con una narrazione semplice ed avvincente l’autore, Joseph Joffo, è riuscito a ripercorrere la storia della sua vita e quella della sua famiglia, costretta a dividersi ed a ricongiungersi più volte nella Francia occupata.
Siamo nel 1941. Due fratelli ebrei, Joseph e Maurice, vivono nella Parigi invasa dai tedeschi. Una sera vengono chiamati dal padre che comunica loro un’importante novità: dovranno cominciare una lunga fuga attraverso il territorio francese, per sfuggire dai nazisti e raggiungere la zona “libera”.
Dopo aver ricevuto del denaro, i due ragazzi salutano i loro cari e partono per un viaggio che si rivelerà particolarmente difficile. Emergerà pian piano il coraggio dei due fratelli, che si troveranno ad affrontare situazioni pericolose ed esperienze che li faranno maturare prima del tempo.
Dopo aver ricevuto del denaro, i due ragazzi salutano i loro cari e partono per un viaggio che si rivelerà particolarmente difficile. Emergerà pian piano il coraggio dei due fratelli, che si troveranno ad affrontare situazioni pericolose ed esperienze che li faranno maturare prima del tempo.
Romanzo di formazione, scritto per i ragazzi ma sicuramente adatto ad ogni età, Un sacchetto di biglie è l'autobiografia di un giovane ebreo che racconta la propria difficile infanzia, tormentata dalle persecuzioni subite dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale.
Con una scrittura appassionata ed a tratti commovente, Joffo illustra la sensazione di sradicamento di chi è costretto ad una fuga perenne per riuscire a sopravvivere. Pur non affrontando direttamente il tema dei campi di sterminio, l’opera racconta le traversie di un giovane che rappresenta un po' il simbolo di tutti quei ragazzi che, in un periodo storico drammatico, hanno dovuto mettere da parte i giochi e la spensieratezza dell’infanzia - il loro sacchetto di biglie - per dedicarsi quotidianamente ad una lotta per la sopravvivenza.
Qualche lungaggine di troppo in alcune parti ed una certa ingenuità stilistica non tolgono valore ad un'opera che mantiene intatta la sua freschezza e spontaneità nonostante il passare degli anni.
Consigliato a: coloro che amano le storie vere raccontate con semplicità ed a chiunque desideri un ulteriore ma originale punto di vista sugli abominii nazisti e sulla persecuzione degli ebrei.
Voto: 7,5/10
Con una scrittura appassionata ed a tratti commovente, Joffo illustra la sensazione di sradicamento di chi è costretto ad una fuga perenne per riuscire a sopravvivere. Pur non affrontando direttamente il tema dei campi di sterminio, l’opera racconta le traversie di un giovane che rappresenta un po' il simbolo di tutti quei ragazzi che, in un periodo storico drammatico, hanno dovuto mettere da parte i giochi e la spensieratezza dell’infanzia - il loro sacchetto di biglie - per dedicarsi quotidianamente ad una lotta per la sopravvivenza.
Qualche lungaggine di troppo in alcune parti ed una certa ingenuità stilistica non tolgono valore ad un'opera che mantiene intatta la sua freschezza e spontaneità nonostante il passare degli anni.
Consigliato a: coloro che amano le storie vere raccontate con semplicità ed a chiunque desideri un ulteriore ma originale punto di vista sugli abominii nazisti e sulla persecuzione degli ebrei.
Voto: 7,5/10
lunedì 7 gennaio 2019
Sharpe all’attacco, Bernard Cornwell
Siete
amanti dell’avventura?
Cercate qualcosa che oltre ad essere avvincente sia anche ottimamente documentato?
La saga di Sharpe è sicuramente ciò che fa per voi!
Cercate qualcosa che oltre ad essere avvincente sia anche ottimamente documentato?
La saga di Sharpe è sicuramente ciò che fa per voi!
Questa serie, che si compone di oltre venti titoli (anche se in Italia ne sono usciti appena una decina), è incentrata sulla figura di Richard Sharpe: un militare dell’esercito inglese che, partendo dalla posizione di soldato semplice, grazie all'innato eroismo raggiungerà il grado di ufficiale.
Sullo
sfondo delle sue avventure viene raccontata la prodigiosa carriera di Sir
Arthur Wellesley, ovvero il Duca di Wellington. Assistiamo così al racconto delle
campagne militari britanniche in India e successivamente al divampare delle
guerre napoleoniche, in un’accurata commistione tra eventi storici (descritti
in maniera straordinaria) e romanzo d’intrattenimento.
Sharpe all’attacco, settimo
romanzo della serie (seguendo l’ordine cronologico), è ambientato nel 1809.
Dopo che l'esercito di Bonaparte ha invaso il Portogallo - colpevole di aver
violato il blocco continentale - il tenente Richard Sharpe è incaricato assieme
al suo gruppo di Fucilieri di raggiungere una sperduta località a nord di
Oporto per rintracciare una giovane ereditiera, Kate Savage. La bella Kate, fuggita
per amore di un tenente colonnello dell’esercito, non sa che lo spasimante ambisce a sposarla solamente per impossessarsi del suo
ingente patrimonio. Ma l'ambiguo ufficiale fa pure il doppio gioco: appartiene
al Foreign Office e, d’accordo con i francesi, sta tramando per scatenare una
rivolta per instaurare una dittatura militare in Portogallo… il che
costituirebbe un gravissimo pericolo per la stabilità europea.
Sharpe
è l'ultimo dei grandi eroi, su questo non vi è alcun dubbio! Immaginate una
via di mezzo tra Indiana Jones e Dirk Pitt, trasportartelo indietro di un paio
di secoli… ed il gioco è fatto.
Nonostante
la struttura del libro sia quella del classico “romanzo d’avventura”, la
ricostruzione dei fatti storici è estremamente dettagliata. Bernard Cornwell –
autore tra l’altro di un notevole saggio sulla battaglia di Waterloo – conosce alla
perfezione l’argomento di cui parla e riesce a restituire al lettore lo spirito e l'atmosfera di un’epoca lontana.
Attraverso l’accostamento
tra le peripezie di Sharpe – talvolta al limite del credibile – e gli eventi reali descritti, mette in evidenza ciò che non sempre emerge dai libri di
storia: la crudeltà dei francesi, il coraggio dei fucilieri, la resistenza delle popolazioni locali.
Alla
fine della fiera, la saga di Sharpe adempie ad un duplice compito: far
divertire il lettore, ma anche insegnargli la Storia, quella vera e con la S
maiuscola.
Consigliato
a: coloro che amano gli eroi tutti d'un pezzo ed a chiunque apprezzi i romanzi di
avventura capaci di coniugare il brivido del racconto con una meticolosa ed
attenta ricostruzione storica.
Voto:
7,5/10
venerdì 4 gennaio 2019
Pian della Tortilla, John Steinbeck
Questo
fu il romanzo che fece conoscere al mondo John Steinbeck, Premio Nobel per la
Letteratura nel 1962, decretandone il successo letterario. Nonostante sia stato
scritto più di ottant'anni fa, mostra ancora oggi il fascino dell'epopea
americana, proponendo alcuni stilemi che ricorreranno – con molta frequenza –
nelle successive opere dell’autore di Salinas (basti pensare a Furore, per citare un titolo a caso): il
tema della povertà, il legame autentico e profondo che si instaura tra coloro che
rappresentano i reietti della società americana, la lotta per sopravvivere.
"Plan
della Tortilla" è un quartiere collinare di Monterey, in California, in cui i paisanos - discendenti dei primi
californiani e nelle cui vene circola sangue messicano, indio e spagnolo –
trascinano in modo comico e surreale la loro quotidiana esistenza.
Le
vicende ruotano attorno alla figura di Danny, il protagonista, ereditiere di
ben due case in cui abita assieme a sette amici.
In
un posto – ed in un momento storico – in cui conta soprattutto sopravvivere, questi
simpatici perdigiorno formano una bizzarra associazione di persone povere ma allegre,
che trascorrono il tempo ingurgitando galloni di vino, destreggiandosi tra truffe
e vari espedienti.
Ambientato
durante la Grande Depressione degli anni Trenta, in una situazione di miseria e
di degrado, quando l’esistenza per le minoranze etniche non era per niente
facile, Pian della Tortilla è sorretto
da una narrazione di indole cronachistica.
Nonostante
la realtà circostante si dimostri difficile, con povertà e malattie sempre in
agguato, i protagonisti appaiono al lettore pieni di gaiezza e disincanto… una
differenza notevole rispetto a ciò che verrà rappresentato nelle successive
opere dello scrittore.
Con
la sua scrittura essenziale ma potente, Steinbeck riesce a ritrarre alla
perfezione l’immobilismo giornaliero di una compagnia di (s)ventura, che si adagia
nell'ozio e nelle quotidiane sbronze: attività che perpetuano comunque il senso
della comunità, del volersi bene e dello stare insieme (non per niente l'autore paragona spesso la magione di Danny alla Tavola Rotonda ed i suoi amici a prodi
cavalieri).
In
conclusione, possiamo ritenere Pian della
Tortilla un’opera che lascia intravedere il talento di un narratore meraviglioso, che troverà piena celebrazione e compimento nei romanzi
successivi (citiamo, oltre a Furore, Uomini e topi e La valle dell’Eden).
Consigliato
a: coloro che vogliono affrontare una delle prime opere di un Gigante della
Letteratura del Novecento, capace come pochi altri di ritrarre un momento
storico, una nazione ed una società con tutte le sue contraddizioni.
Voto:
7,5/10
giovedì 3 gennaio 2019
Mai dimenticare, Michel Bussi
Finalmente
ci (ri)siamo!
Dopo
ben quattro romanzi di attesa il Bussi di Ninfee nere è tornato! Non
fraintendetemi: i quattro libri dell’autore d’oltremanica che hanno preceduto
questa lettura – Tempo assassino, Non lasciare la mia mano, Il quaderno rosso e La doppia madre – non erano affatto malvagi; mancava però quel quid in più che distingue le opere accettabili
da quelle memorabili. Con Mai dimenticare,
invece, ritroviamo quella perfetta sincronia di movimenti e quella capacità di
ingannare il lettore che contribuiscono a rendere il “meccanismo ad orologeria”
ideato da Bussi a prova di bomba.
Siamo
in Normandia, nelle zona delle falesie
– ovvero quei costoni rocciosi con pareti a picco, alte e continue – che rendono
questi luoghi un posto unico al mondo. Il protagonista, Jamal Salaoui, è un trentenne
con una protesi di carbonio al posto della gamba sinistra che si trova lì per
allenarsi in vista delle Paraolimpiadi. Nel
corso di un allenamento, assiste alla tragica caduta di una ragazza dall’alto
di una roccia e cerca inutilmente di soccorrerla. Da quel momento in avanti, un
susseguirsi di eventi che sfuggono ad ogni logica rischiano di trasformare l’impotente
atleta da testimone a sospettato del più spregevole dei delitti.
Congegnato
con sapienza e mestiere Mai dimenticare
è il classico “page-turner”, dalla costruzione impeccabile, che è in grado di risucchiare
l’attenzione senza mollare la presa per un nano-secondo.
Sostenuto
da una trama originale, da un ritmo notevole e da una raffica di colpi di
scena che lasciano di stucco, è un thriller che si legge alla velocità della
luce, culminando in un finale che riesce a stupire ed allo stesso tempo a commuovere
(trattandosi di letteratura di genere… scusate se è poco!)
Per
l’ennesima volta – se ce ne fosse bisogno – Michel Bussi trascina l’inerme
lettore attraverso avvenimenti apparentemente inspiegabili, rimescolando più
volte le carte e confondendo le piste prima di giungere alla spiegazione di un
enigma che si fa sempre più difficile da dipanare con lo scorrere della
narrazione.
L'intreccio,
come al solito, è il punto forte del romanzo; meritano però un particolare encomio
l’ottima caratterizzazione dei personaggi e la descrizione di luoghi ed
ambienti naturali, che vengono riprodotti dalla penna dell’autore in maniera realistica
e credibile.
Consigliato
a: coloro che cercano un thriller mozzafiato, da leggere in stato di apnea, ed
a chiunque voglia fare la conoscenza di uno dei migliori giallisti francesi
delle ultime generazioni.
Voto:
8/10