Stoner, John
Williams
Ritengo
di essere un discreto lettore: mi piace spaziare tra i generi, alternando
letture di intrattenimento ad altre di qualità. Di conseguenza è enorme il mio
stupore di fronte alla marea di lodi sperticate ed entusiastiche per un romanzo
che – se devo essere sincero – ho trovato noioso, disfattista ed assolutamente
insensato. Visto che ci sono voluti quasi cinquant'anni dalla prima pubblicazione
(1965) per avere una versione italiana, mi è sorto il dubbio: se davvero si
tratta del capolavoro di cui parecchi parlano… come mai c’è andato cosi tanto
tempo per accorgersene?
William
Stoner, il protagonista che dà il titolo al romanzo, è un docente
universitario che conduce un’esistenza che definire deprimente è poco: non si
allontana mai dalla regione in cui è nato, esercita la stessa professione per tutta
la vita ed è sposato ad una donna semplicemente tremenda, algida nel cuore e
perfida nell'intelletto. Ma la cosa che colpisce di più è la sua totale ed
incredibile passività: nell'arco delle oltre trecento pagine del racconto non
fa assolutamente niente per dare una svolta alla sua vita, adagiandosi nell'infelicità
e nella rassegnazione di non poter cambiare alcunché.
La storia è tutta qui. Siamo al cospetto di una "ordinary life" in cui non si intravede niente di memorabile o eclatante (ma qualcuno - boh - ha sostenuto che proprio in questo stia la forza del romanzo!). Gli eventi che accompagnano la vita del
povero William, infatti, sono semplici spruzzi d’acqua piovana nella sabbia
riarsa del deserto: non aggiungono alcunché allo sviluppo di una trama che, a
tratti, sembra quasi l’elogio del più gretto nichilismo. Più che un anti-eroe
moderno, Stoner sembra l’amico abulico e svogliato a cui daremmo volentieri una
bella lavata di capo: la sua forza di volontà è del tutto inesistente, la sua
testa perennemente tra le nuvole e la sua capacità di affrontare la propria
inadeguatezza del tutto evanescente.
Più
che stoico ed imperturbabile, Stoner appare "pirla" oltre ogni ragionevole dubbio.
È incapace di reagire, non si sposta di un millimetro dal suo percorso
sonnolento e non prova mai a sfruttare la sua ragguardevole intelligenza al di fuori
delle lezioni universitarie: quando si trova al di là delle mura del
college, mostra fino in fondo il suo pressapochismo. Sinceramente, piuttosto che
la compassione, il fiacco William suscita nel lettore l'irresistibile desiderio
di prenderlo a ceffoni…
A
tutto ciò, va aggiunto l’utilizzo di una scrittura piatta e priva di "cambi di
marcia", incapace di fornire emozioni diverse da quelle di una noia diffusa e
persistente.
So
che molti hanno amato questo libro, ma... se devo essere onesto, il mio
giudizio è assolutamente negativo.
Consigliato
a: coloro che vogliono affrontare un romanzo che molti ritengono tra i più
significativi della recente storia letteraria ed a chi ama i personaggi
che "sopportano" le piogge acide della vita senza battere ciglio.
Voto:
4/10
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