lunedì 29 giugno 2020

Il giovane Holden, J.D. Salinger


Nonostante siano trascorsi quasi settant'anni da quando è stato pubblicato per la prima volta, Il giovane Holden continua ad essere un libro molto attuale nelle tematiche e nei contenuti.
Di gran lunga in anticipo sui tempi, ha deviato dai tradizionali metodi di narrazione, assumendo connotazioni quasi moderniste: una delle ragioni del suo successo è sicuramente quella di essere un romanzo "alternativo".
Si tratta di un testo che, indubbiamente, si presta a svariate controversie e dibattiti, ma forse è proprio questo a renderlo una lettura così interessante.

Holden Caulfield, il protagonista, è un ragazzo di sedici anni, precocemente ingrigito, che ci racconta in prima persona la sua storia. Rende subito edotto il lettore sul fatto che non dirà alcunché della sua vita precedente; non vuole dilungarsi in questioni biografiche ma solo metterci al corrente degli eventi che gli sono capitati nei giorni antecedenti l’ultimo Natale (che si presume sia quello del 1949), dopo essere stato cacciato dal College di Pencey. 
Con un lungo flashback che copre l'arco di tre giorni, Holden ci racconterà una serie di eventi al limite dell'assurdo, che ci mostreranno fino in fondo la solitudine, il cinismo, l’ipocrisia e le difficoltà di affrontare il mondo di oggi.
 
Quest'opera è diventata, col passare del tempo, un classico intramontabile della letteratura giovanile oltre che uno dei simboli della letteratura Americana del Novecento.
Romanzo di formazione che racconta il difficile passaggio dall'adolescenza all'età adulta, è sorretto da una trama coinvolgente e da un linguaggio scorrevole che riesce a rendere realistici i personaggi e le situazioni.
I periodi bui e i momenti di sconforto in cui si ritrova impastoiato il povero Holden, in fondo, rappresentano un elemento comune nell'adolescenza di molti giovani. Non è eccessivo sostenere che questo libro rappresenti una sorta di "campanello d'allarme" per gli adolescenti e, da un altro punto di vista, una lettura estremamente stimolante proprio perché capace di inviare un importante messaggio: malgrado tutto, dovremmo sempre mantenere la fiducia in noi stessi.
Il personaggio di Holden rimane per sempre nella mente e nel cuore. Continueremo a immaginarcelo in eterno col berretto girato al contrario, col suo anticonformismo e le sue contraddizioni, mentre continua a porsi quella domanda ormai passata alla storia: dove vanno a finire le anatre del Central Park quando il lago gela?


Consigliato a: coloro che non hanno ancora letto una delle pietre miliari della letteratura giovanile del Novecento e a chiunque cerchi un romanzo di formazione alternativo e dall'afflato modernista.  


Voto: 8/10 


mercoledì 24 giugno 2020

Lo specchio delle nostre miserie, Pierre Lemaitre


Con Lo specchio delle nostre miserie si conclude la straordinaria trilogia inaugurata con Ci rivediamo lassù (Premio Goncourt 2013) e proseguita con I colori dell'incendio (2018). Anche stavolta Lemaitre si dimostra un Signor Autore: riesce nuovamente nell'intento di raccontare pagine importanti della storia francese - in questo caso lo scoppio del conflitto, l'inarrestabile avanzata tedesca e l'imminente catastrofe - descrivendo le vicende più drammatiche con un tono disincantato e non scevro da humour.  

Siamo a Parigi, nell'aprile del 1940. Louise - che avevamo già incontrato nel primo volume, quand'era ancora bambina - insegna in una scuola elementare a Parigi e per arrotondare lavora come cameriera a Montmartre, al ristorante del signor Jules. Lì si parla spesso di quella "strana guerra", divampata con l'invasione teutonica della Polonia, ma che sembra ancora troppo lontana per creare vere preoccupazioni nel popolo francese..
Nessuno ha previsto la rapida e pesantissima débâcle dell'esercito nei mesi di maggio/giugno. Louise, come migliaia di altre persone, si ritroverà improvvisamente in mezzo alla strada, costretta alla fuga all'interno di un paese in cui imperano morte e distruzione. 
L'esodo dalla capitale sarà per lei l'occasione adatta per fare i conti con se stessa e per gettare luce su alcune zone scure del proprio passato. 

A Lemaitre dev'essere attribuito un merito assoluto: quello di aver fatto rinascere il feuilleton, ovvero il romanzo d'appendice che andava per la maggiore nei primi decenni dell'Ottocento e che ha avuto in Dumas padre e in Hugo i suoi anfitrioni.
Meno "machiavellico" rispetto alle due opere precedenti, Lo specchio delle nostre miserie è articolato in maniera più classica, con uno scioglimento dei nodi narrativi abbastanza prevedibile, ma capace di allargare il campo di osservazione fino nei meandri più reconditi della società offrendo una visione d'insieme brulicante di dettagli.
Sono numerose le vicende che si mescolano tra loro, ma vengono infine riannodate da un personaggio molto particolare: un uomo dalle molteplici personalità, in grado di cambiare spesso identità, che si rivelerà il vero deus ex machina dell'intera narrazione.
Pierre Lemaitre occupa un posto speciale nel panorama editoriale francese; è uno scrittore in grado di attingere sia dal cerchio chiuso della letteratura classica che da quello dei "cantastorie". Con la sua scrittura limpida ed elegante costruisce una vicenda che non perde un colpo, in cui personaggi indimenticabili si stagliano su uno sfondo storico drammatico e funesto.


Consigliato: a tutti coloro che amano il romanzo storico, di solida impronta classica e capace di andare a braccetto con generi più leggeri come il racconto d'avventura o la commedia.  


Voto: 7,5/10 (ma l'intera trilogia merita un 8 pieno!)


lunedì 22 giugno 2020

Storia del pinguino che tornò a nuotare, Tom Michell


Vi mancavano le nostre letture di coppia, dite la verità?
Trovare libri da leggere insieme non è mai facile, considerate le profonde divergenze di gusti... ma ogni tanto ci riusciamo.
Questa volta, la nostra scelta è ricaduta su un testo che, partendo in sordina, è stato un piccolo caso editoriale in giro per il mondo. Stiamo parlando di Storia del pinguino che tornò a nuotare di Tom Michell: un romanzo toccante e simpatico, basato su una storia realmente accaduta.

Trama:
Siamo nel Sudamerica degli anni settanta. Tom, professore d'inglese in una scuola di Buenos Aires, si sta godendo l'ultimo giorno di vacanza in Uruguay prima di tornare al lavoro. Del tutto inaspettatamente, scorge sulla spiaggia una colonia di pinguini ricoperti di petrolio ed ormai privi di vita. Avvicinandosi, si rende conto che uno di loro - l'unico tra centinaia - è sopravvissuto. Nonostante l'animale versi in cattive condizioni, Tom decide di provare a salvarlo: non senza difficoltà, riesce a strappare la bestiola alla morte.
Nel momento in cui il professore cerca di riportare il pinguino nel suo ambiente naturale, però, il piccolo e buffo uccello zampettante si rifiuta di entrare in acqua e comincia a seguirlo. Tom decide quindi di portare l'animaletto con sé a Buenos Aires.
Sarà l'inizio di una grande amicizia fra Tom e Juan Salvador il pinguino.

Mely:
Trattandosi di una storia vera, non la si può giudicare come se fosse un romanzo. I momenti teneri e divertenti si alternano ad altri piuttosto tristi. 
La vicenda in sé sembrerebbe un po' banale, ma al suo interno scopriamo un sacco di cose interessanti: il rispetto per l'ambiente, l'amore per gli animali e il racconto di come gli stessi possano riuscire a cambiare il modo di vivere di un uomo. Le illustrazioni che separano i capitoli del romanzo sono molto carine. 
Alcune parti, purtroppo, sono un po' lente, ma nel complesso mi è piaciuto. 
Voto: 6,5/10

Gio:
Se fossi un insegnante non avrei dubbi: questa è una bella storia, tenera ed edificante, da far leggere ai ragazzi tra i 12 e i 16 anni.
Il libro è estremamente scorrevole e sa alternare momenti divertenti ad altri molto tristi. La scrittura è asciutta e si fa apprezzare per la schiettezza con cui racconta una vicenda che, in fondo, non è altro che una metafora dell'esistenza: ovvero quanto sia importante il dare e il ricevere nel rapporto con gli altri.
Il ritratto dell'Argentina dei primi anni 70 - il periodo in cui si insediò il regime liberticida di Videla - si staglia sullo sfondo senza mai interferire troppo; la propensione a favore dell’ecologia e contro l’inquinamento ambientale è un elemento portante della trama, ed aiuta la storia ad uscire dall'angusto microcosmo rappresentato dal rapporto tra Tom e il suo amico pennuto.
Non sempre equilibrato tra le sue parti, è comunque un libro molto istruttivo, pregno di valori e di nobili sentimenti. 
Voto: 7/10 

Ed anche questa volta ce l'abbiamo fatta. Come giudizio conclusivo, stranamente, siamo quasi d'accordo (mezzo punto, in fondo...che cosa volete che sia?)
Grazie per l'attenzione... e arrivederci a una delle prossime letture di coppia.


venerdì 19 giugno 2020

Mattatoio n.5, Kurt Vonnegut



Mattatoio n.5 rappresenta un'opera-chiave del pacifismo moderno. Selezionato dalla Modern Library tra i cento migliori romanzi di sempre, è senza ombra di dubbio uno dei migliori libri mai pubblicati contro la guerra. Al suo interno ritroviamo, vivida ed attuale, la testimonianza dell'autore sulla sua prigionia in Germania e sul bombardamento di Dresda nel corso del secondo conflitto mondiale.

Kurt Vonnegut, americano di origine tedesca, partecipò alla guerra per liberare l'Europa dalla barbarie nazista. Da questa dura e indelebile esperienza nacque quest'opera straordinaria, che ha come sottotitolo La crociata dei bambini. Attraverso una narrazione dall'evidente sapore postmoderno, viene raccontata  la vicenda semiseria di Billy Pilgrim, assurdo e strampalato personaggio, affetto da un disturbo particolarissimo - delle improvvise crisi di pianto - e in possesso di un segreto impossibile da confessare: la percezione della vera natura del tempo e l'incredibile capacità di viaggiare attraverso le sue pieghe.

Questo è un libro insolito, ma assolutamente geniale nella sua costruzione. È del tutto impossibile inserire Mattatoio n. 5 in un genere specifico, in quanto si tratta di un romanzo unico: riesce a miscelare elementi difficilmente conciliabili come amore e odio, sanità mentale e follia, amare riflessioni e pungente ironia, crude descrizioni e fantascienza di serie B.
Personalmente, credo che questo testo non abbia eguali dal punto di vista dell'originalità e della capacità di osare: Vonnegut scaraventa il lettore in contesti e atmosfere diverse, senza soluzione di continuità, facendo scorrere la storia alla velocità della luce.
La prosa è lieve, talvolta persino scanzonata, ma supportata da una ricercatezza lessicale non comune. Lo stile narrativo frammentario, in cui si susseguono brevi paragrafi, garantisce una lettura abbastanza rapida; di tanto in tanto, però, i continui salti temporali rallentano un pochino la scorrevolezza del racconto (ma credo che questo fosse nella volontà dello scrittore).
Alla fine, si rimane stupiti dalla capacità di Vonnegut di cementare fantasia e lirismo, dramma e umorismo, mentre sullo sfondo si svela una delle pagine più tragiche della nostra storia.


Consigliato a: coloro che vogliono scoprire un'opera imprescindibile della letteratura bellica/antibellica ed a chiunque desideri far la conoscenza di uno degli scrittori più originali e coraggiosi del ventesimo secolo. 


Voto: 8/10


Gio  




domenica 14 giugno 2020

Il detective Kindaichi, Seishi Yokomizo



Seishi Yokomizo è stato uno dei fondatori del giallo nipponico. Con questo romanzo assistiamo all'esordio del detective Kindaichi Kōsuke: un giovane e strampalato investigatore che veste in maniera trasandata e si pone nei confronti del prossimo con una presunzione che rasenta lo sprezzo.
Siamo nell'ambito del classico "delitto della camera chiusa", ovvero quella tipologia di racconto poliziesco in cui le indagini si svolgono intorno a un delitto compiuto in circostanze apparentemente impossibili, come nel caso di una stanza chiusa dall'interno (tra le opere più celebri annoverabili in questa categoria, ricordiamo Il mistero della camera gialla di Gaston Leroux e Le tre bare di John Dickson Carr).

Un doppio omicidio ha luogo nella dépendance della grande casa degli Ichiyanagi, una famiglia di ricchi proprietari terrieri che risiede in una suggestiva dimora protetta da mura di cinta. Il primogenito Kenzō e la giovane moglie vengono ritrovato sgozzati, immersi in un lago di sangue, la stessa notte delle nozze.
La stanza in cui si è consumato il dramma è ermeticamente chiusa dall'interno e l'arma del delitto - una tradizionale katana giapponese - viene rinvenuta fuori dalla porta.
Toccherà a Kindaichi, chiamato da un parente delle vittime, esaminare la situazione per cercare di risolvere un caso in cui la polizia sta brancolando nel buio. 

Il mio giudizio è un ni...
Questo romanzo, cerebrale come tutti i gialli giapponesi, possiede indubbiamente fascino da vendere dal punto di vista dell'ambientazione: lo sfondo esotico, in una magione con pareti in carta di riso, ci riporta all'atmosfera di un antico mondo contadino, dalle connotazioni quasi feudali.
Purtroppo, la soluzione dell'enigma non è un granché: la spiegazione del delitto non convince del tutto e si dimostra complicata ai limiti dell'inverosimile, facendo rimpiangere i classici del genere.
Attendiamo di leggere i successivi volumi della serie - a proposito, è appena uscito La locanda del gatto nero! - per appurare se l'autore sia davvero in grado di proporre trame solide e intriganti, invece di limitarsi a utilizzare le indagini poliziesche come semplice escamotage per descrivere a noi occidentali i luoghi comuni della cultura giapponese.


Consigliato: a chi ama le atmosfere dell'estremo oriente e a chiunque voglia scoprire uno dei più celebri autori nipponici della letteratura gialla. 


Voto: 6/10



  

sabato 13 giugno 2020

La storia, Elsa Morante


La storia di Elsa Morante è un romanzo corale, toccante e palpitante, che possiede l'eterna attualità dei classici. Quando fu pubblicato, nel lontano 1974, fu fonte di interminabili polemiche da parte dell'intellighenzia, che bollò l'autrice come "patetica"; in realtà il libro spiazzava completamente le ideologie dell’epoca - tanto a destra quanto a sinistra - proponendo una visione del mondo "poetica" al di là di ogni convincimento politico o sociale. 
Ambientato a Roma durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra, ci permette di vivere la storia del Novecento dall'interno, facendoci comprendere fino in fondo come gli eventi bellici abbiano influenzato l'esistenza della gente comune. 

Quest'opera rappresenta, prima di tutto, un poderoso affresco di un'epoca, percepita attraverso gli occhi degli indimenticabili protagonisti: una povera donna, ingenua al punto da risultare quasi sprovveduta, e i suoi due figli, lo scavezzacollo Nino e il piccolo Useppe, immensamente amato nonostante sia stato il frutto indesiderato di una violenza.
La Roma devastata dai bombardamenti, con le sue borgate periferiche piene di nuovi e vecchi poveri, viene descritta con assoluto realismo, che si mescola ad una straordinaria visione poetica.

La Storia con la “S” maiuscola - il macrosmo delle grandi potenze - divora e digerisce crudelmente tutte le storie singolari: il microcosmo in cui si muovono Iduzza Raimondo, detta Ida, e la sua progenie. 
Il quadro di riferimento è realistico e allo stesso tempo permeato di una forte carica sentimentale: la narrazione procede ricca di emozioni, con una tragicità talmente coinvolgente da risultare dolorosa. Ad emergere, col fluire delle pagine, è soprattutto una commovente e ineguagliabile storia d'amore: quella di una madre per i propri figli.
Elsa Morante utilizza un tono distaccato che però non è mai indifferente. Temi importanti come la guerra, la violenza e il mondo dell’infanzia vengono raccontati evitando ogni scoglio retorico e i momenti più drammatici - che nel romanzo non mancano affatto - sono descritti senza eccedere in sentimentalismo.
La visione storica dell'autrice non coincide però con la rassegnazione che scorgiamo in opere come I Malavoglia; i suoi personaggi, nonostante la tragica fatalità che accompagna le loro vite, sono mossi dal forte desiderio di riscatto umano di chi ha visto consumarsi una guerra insensata  e spietata. 
È impossibile non affezionarsi agli straordinari protagonisti de La storia: persone comuni, di un'umiltà rara, ma la cui dignità arriva sempre a superare povertà e rassegnazione. Tra di loro, risulta indimenticabile la figura del piccolo Useppe: uno dei personaggi più belli della letteratura italiana contemporanea.


Consigliato a: coloro che vogliono (ri)scoprire uno dei capolavori della letteratura italiana contemporanea ed a chiunque ami i romanzi capaci di fondere il microcosmo delle piccole vicende famigliari alla storia universale.


Voto: 8,5/10 


martedì 9 giugno 2020

Il mistero del treno azzurro, Agatha Christie


Il mistero del treno azzurro, pubblicato nel lontanissimo 1928, è il quinto romanzo di Agatha Christie con protagonista Hercule Poirot: il geniale e raffinato investigatore belga divenuto un mito per tutti i cultori del mistery.
L'ambientazione ferroviaria - su un lussuoso treno che unisce Londra alle assolate spiagge della Costa Azzurra - ci spinge a considerarlo come una sorta di "prova generale" prima della redazione di Assassinio sull'Orient Express, che uscirà qualche annetto dopo.
Partiamo, come sempre, dalla trama...

Siamo a bordo del treno azzurro, un mezzo sulle cui carrozze è possibile incontrare tutti i protagonisti del jet set internazionale: nobili europei, miliardari d'oltreoceano, ricche ereditiere ma anche celebri detective come Hercule Poirot. 
Nel corso del viaggio, la giovane e fascinosa Ruth Kettering, figlia del miliardario Van Aldin e moglie infedele del nobile decaduto Lord Kettering, viene ritrovata strangolata nel suo scompartimento. La preziosa collana di rubini che aveva con sé risulta misteriosamente scomparsa. Toccherà a Poirot prendere in mano le redini dell'indagine per cercare di dissipare un enigma che pare più complicato che mai.

Si tratta di un giallo nel classico stile di Agatha Christie, pregno di quell'atmosfera tipicamente british che costituisce un marchio di fabbrica dell'autrice di Torquay. Il fatto che quest'opera sia stata inizialmente ideata come racconto e poi, successivamente, rimaneggiata fino a diventare un romanzo, non è congeniale al funzionamento della trama: la lettura risulta sicuramente scorrevole ma con un'evidente carenza di mordente.  
Poirot è ancora un embrione di ciò che diventerà in seguito: il suo carattere risulta incompleto e non molto ben definito.
L'autrice, inoltre, effettua scelte narrative tutt'altro che felici: il frequente ricorso a espedienti narrativi abbastanza improbabili quali travestimenti o scambi di persona risulta abbastanza irritante (specialmente se si ha bene in mente ciò che la Christie produrrà negli anni successivi). Il fatto che l'esimio Poirot scopra il colpevole basandosi su esagerate intuizioni anziché su fatti concreti, inoltre, non ci aiuta ad apprezzare fino in fondo un romanzo che non è certo tra i migliori nella vasta produzione dell’autrice.

N.B. La Christie stessa definì Il mistero del treno azzurro come il suo peggior romanzo in assoluto... come darle torto? 


Consigliato a: tutti i cultori del giallo classico, ricco di atmosfere e di personaggi carismatici, ed a chiunque ami le letture scorrevoli e leggere, che volano via come una piuma.


Voto: 6/10


domenica 7 giugno 2020

L'intuizionista, Colson Whitehead


Maggio è stato un mese particolarmente proficuo per le nostre "Lettura di coppia": siamo arrivati alla ragguardevole quota di tre libri condivisi (credo sia il nostro record)!
Dopo Vite scritte di Javier Marias e Cercando Alaska di John Green, la nostra "buddy read", stavolta, si è concentrata su un romanzo molto particolare, a metà strada tra il mistery e il distopico: L'intuizionista di Colson Whitehead.
Vediamo com'è andata...    

Trama:
Siamo in una gigantesca metropoli, cresciuta verticalmente grazie alla proliferazione di interminabili grattacieli. Lila Mae Watson è la prima ispettrice di sesso femminile e di colore a essere assunta all'ispettorato ascensori. Fa parte della cosiddetta scuola degli "intuizionisti" - coloro che sentono gli ascensori e li analizzano alla stregua di esseri viventi - che si contrappone alla fazione avversaria degli "empiristi", più legati a un metodo di indagine classico.  
Quando un mezzo di trasporto verticale controllato da Lila precipita inaspettatamente, la giovane ispettrice è certa di essere vittima di un deliberato sabotaggio. Comincerà un'indagine clandestina sull'incidente, facendo emergere situazioni in grado di incidere profondamente su tutto ciò in cui ha creduto fino a quel momento.    

Mely: 
Non ho apprezzato del tutto lo stile di scrittura a causa dei ripetuti salti temporali che contaminano la narrazione.  
La storia mi è piaciuta decisamente di più nella prima parte; la seconda l'ho trovata noiosa e piuttosto lenta per i canoni a cui sono abituata.  
Avrei gradito una maggiore attenzione sulla corrente dell'intuizionismo, con tutte le sue peculiarità e caratteristiche, e un ulteriore approfondimento sul discorso relativo agli ascensori che invece non ho trovato.
Non mi sento né di lodarlo né di bocciarlo su tutta la linea.   
Voto: 5/10

Gio: 
Premetto che non è stato il mio primo incontro con Whitehead, di cui avevo già letto La ferrovia sotterranea e I ragazzi della Nickel. Rispetto ai romanzi citati, ho trovato questo libro meno riuscito, forse a causa dei troppi salti temporali e di alcuni momenti di "stanca" che fanno perdere il filo della narrazione. 
Ho apprezzato invece la commistione tra generi diversi: si passa agevolmente dal distopico alla science-fiction, dal romanzo di denuncia al thriller tecnologico, con un acume visionario che rimanda alle opere di Bradbury e Orwell. Bella la scelta di individuare (ma anche di criticare), attraverso l'immagine dei grattacieli, i modelli gerarchici che contraddistinguono la società contemporanea. 
Un buon esordio per un autore che, nei libri successivi, affinerà notevolmente le sue qualità narrative.
Voto: 6,5/10

E anche stavolta non siamo del tutto d'accordo... ma che ci volete fare? 
Comunque, al di là del giudizio complessivo, su alcuni punti specifici - ad esempio l'eccesso di divagazioni temporali - siamo perfettamente allineati.
Grazie per l'attenzione... e arrivederci a presto per una nuova lettura di coppia! 











giovedì 4 giugno 2020

Il delitto non invecchia, Ross MacDonald



Si parla troppo poco di Ross MacDonald, nonostante sia considerato dalla critica il terzo grande autore della letteratura hard-boiled (dopo i sommi Raymond Chandler e Dashiell Hammett). 
Nel corso della sua lunga carriera, lo scrittore statunitense - ma canadese di origine - riscosse un notevole successo con la serie dedicata a Lew Archer: un detective privato dai modi spicci, in apparenza cinico e intransigente, ma dotato di una personalità in cui coesistono lealtà, coraggio ed ironia.
Il delitto non invecchia è forse il più riuscito tra i romanzi della saga (sono in tutto diciotto): un libro che, nonostante siano trascorsi quasi sessant'anni dalla prima pubblicazione, continua a funzionare alla grande come se fosse stato appena dato alle stampe. 

Lew Archer, dopo un'efficace testimonianza in tribunale, vorrebbe riposarsi un poco. Viene però avvicinato da Alex Kincaid, un giovane di buona famiglia, che gli chiede di rintracciare Dolly, la neo consorte, misteriosamente scomparsa il giorno successivo al matrimonio. Accettato l'incarico, Lew si troverà ben presto invischiato in una complessa spirale di gelosie, segreti e delitti; l’indagine lo porterà a fare i conti con una serie di crimini efferati, alcuni risalenti a parecchi anni prima, che risulteranno però inscindibilmente collegati ai fatti del presente. 

Questo non è un poliziesco qualsiasi. Si tratta di un libro pieno di suspense, con personaggi disperatamente credibili e una trama intricata ed avvincente al punto giusto; un 'opera che ci mostra Ross MacDonald al suo apice. 
Ambientato in una California in cui tutti sembrano voler rompere i ponti col passato, Il delitto non invecchia descrive perfettamente il ritratto di una borghesia frastornata e incapace di vedere al di là del proprio naso, con interpreti ambigui e misteriosi che considerano la vita umana esclusivamente in termini di utilità o di ostacolo ai propri scopi. 
Il ritmo e la struttura del racconto sono eccellenti; i dialoghi sono tesi, frenetici e scattanti, con scambi di battute che, talvolta, ricordano i migliori noir degli anni Quaranta (quelli col vecchio Bogey, per intenderci!). E, a far da sfondo all'intera narrazione, troviamo un'umorismo sapido e amaro: quello con cui lo stesso Archer, anziano bucaniere tra i flutti dell'esistenza, dipinge la gente e il mondo che gli stanno attorno.


Consigliato a: chi ama gli hard-boiled solidi, intricati e coinvolgenti e a chiunque voglia andare alla (ri)scoperta di uno dei più grandi autori della letteratura poliziesca classica.


Voto: 8/10


martedì 2 giugno 2020

Tutto quello che non ricordo, Jonas Hassen Khemiri


Tutto quello che non ricordo è un libro che si colloca nella terra di nessuno fra il romanzo e la non-fiction, cercando di ricostruire la vita di Samuel: un ragazzo svedese di origine straniera deceduto nel corso di un grave incidente automobilistico. 
Sarà stata una disgrazia ovvero si sarà trattato di un suicidio? Questa è la domanda che, come un filo conduttore, percorre l'ossatura del racconto, permeando ogni singolo aspetto o situazione. 

Qualche tempo dopo la tragedia, un giovane scrittore si mette in testa di rintracciare i famigliari e gli amici più stretti della vittima, al fine di farsi un’idea del suo carattere e della sua vita. Comincia così una serrata indagine attraverso cui il narratore entrerà in contatto con tutti coloro che conoscevano Samuel, per tentare di comprendere - attraverso i loro ricordi - chi fosse veramente il giovane. 
Dal confronto con l’amico Vandad, con l'artista underground soprannominata la Pantera, con l'ex compagna Laide e con la nonna affetta da demenza senile, emergerà, a poco a poco, un mosaico di voci - non sempre lineari e a volte sfalsate temporalmente - in cui ciascuno degli intervistati si troverà a raccontare la sua personale verità sullo scomparso.  

Si tratta di un romanzo piuttosto celebrale, con una trama particolare e una struttura complessa. Il flusso narrativo - che all'inizio pare confuso e frammentario - fa emergere pian piano un puzzle di testimonianze che, talvolta, possono sembrare persino contraddittorie: punti di vista diversi sulla stessa vicenda che dimostrano le mille sfaccettature che compongono la personalità di un individuo.
Mi pare che mai come in quest'opera la "forma" riesca a prevalere sulla "sostanza", facendoci comprendere quanto può apparire assurda la ricerca di una verità universalmente riconosciuta (visto che ogni versione raramente coincide con le altre).
L'immagine della Svezia rappresentata nel romanzo appare un po' distante da quella solita a cui siamo ormai abituati: dalla lettura emerge infatti il ritratto di una nazione multietnica, socialmente irrequieta ed in cui hanno enorme rilievo i problemi legati all'immigrazione. 
Personalmente, ho trovato un po' faticoso seguire i continui cambi di prospettiva e di punti di vista; inoltre, mi sembra che manchi un approfondimento dei personaggi che, talvolta, paiono figure di cartapesta che faticano ad assumere connotati realistici.
Al di là di tutto, Khemiri dimostra di possedere un'ottima scrittura e un talento a cui non si resta indifferenti: leggerò sicuramente altro di lui, nei mesi a venire.  


Consigliato a: coloro che amano la letteratura nordica - specialmente quando è profondamente inserita in un contesto sociale in pieno movimento - ed a chiunque apprezzi le storie raccontate a più voci, con una verità nascosta che emerge a poco a poco attraverso il loro contrasto/confronto. 


Voto: 7/10


Gio