Prima di addentrarci tra i meandri della Golden Age della letteratura gialla, facciamo un piccolo passo indietro…
La volta scorsa avevamo accennato ad un evento importantissimo nello sviluppo della detective story: la predisposizione di una serie di regole, ad opera di Ronald Knox (1929), che dovevano essere rispettate durante la stesura di un romanzo. Quali erano questi 10 punti?
1) Il colpevole deve comparire nella prima parte della storia; 2) Il lettore non deve essere in grado di seguire i pensieri del colpevole; 3) Non ci devono essere elementi soprannaturali; 4) Non ci deve essere più di una stanza o passaggio segreto; 5) Non si può far ricorso a veleni o sostanze sconosciute all'epoca della storia; 6) Il detective non può risolvere il caso grazie a intuizioni inspiegabili; 7) Il detective non può essere il colpevole; 8) Tutti gli indizi raccolti dal detective devono essere comunicati al lettore; 9) L'aiutante stupido del detective deve essere leggermente meno intelligente del lettore medio; 10) Solo in casi eccezionali si può far ricorso a gemelli e sosia.
Nonostante siano passati quasi cento anni dalla loro redazione, ci rendiamo conto che queste regole sono ancora attuali: chiunque desideri cimentarsi nella stesura di un mystery, al giorno d’oggi, deve conoscerle e rispettarle come una sorta di codice inviolabile.
Ed è proprio questo decalogo a costituire la base sulla quale si sviluppò e prosperò il Giallo Classico…
La volta scorsa avevamo accennato ad un evento importantissimo nello sviluppo della detective story: la predisposizione di una serie di regole, ad opera di Ronald Knox (1929), che dovevano essere rispettate durante la stesura di un romanzo. Quali erano questi 10 punti?
1) Il colpevole deve comparire nella prima parte della storia; 2) Il lettore non deve essere in grado di seguire i pensieri del colpevole; 3) Non ci devono essere elementi soprannaturali; 4) Non ci deve essere più di una stanza o passaggio segreto; 5) Non si può far ricorso a veleni o sostanze sconosciute all'epoca della storia; 6) Il detective non può risolvere il caso grazie a intuizioni inspiegabili; 7) Il detective non può essere il colpevole; 8) Tutti gli indizi raccolti dal detective devono essere comunicati al lettore; 9) L'aiutante stupido del detective deve essere leggermente meno intelligente del lettore medio; 10) Solo in casi eccezionali si può far ricorso a gemelli e sosia.
Nonostante siano passati quasi cento anni dalla loro redazione, ci rendiamo conto che queste regole sono ancora attuali: chiunque desideri cimentarsi nella stesura di un mystery, al giorno d’oggi, deve conoscerle e rispettarle come una sorta di codice inviolabile.
Ed è proprio questo decalogo a costituire la base sulla quale si sviluppò e prosperò il Giallo Classico…
Negli anni trenta le trame dei romanzi si trasformarono in una sorta di palcoscenico ed i grandi autori dell’epoca si ingegnarono per sbalordire i loro lettori, alla stregua di abili prestigiatori che colpiscono l’immaginazione del pubblico con esperimenti sempre più coraggiosi.
Si crearono parecchi punti di contatto con l'illusionismo: detective story e magia diventarono, così, un binomio inscindibile. Nella maggior parte delle opere venivano rappresentati eventi apparentemente inspiegabili, come cadaveri ritrovati in camere inaccessibili dall'esterno, assassini che svanivano nel nulla e personaggi che riuscivano ad attraversare i muri senza lasciare alcuna traccia.
Pur scervellandosi alla ricerca di una risposta al rompicapo, raramente il lettore era in grado di dipanare la matassa. E proprio in questi momenti – quando l’enigma pareva più che mai inspiegabile - l’investigatore era pronto a squarciare il velo di tenebre, rivelando la soluzione proprio come un mago, al termine del numero, racconta al mondo il proprio segreto.
Si crearono parecchi punti di contatto con l'illusionismo: detective story e magia diventarono, così, un binomio inscindibile. Nella maggior parte delle opere venivano rappresentati eventi apparentemente inspiegabili, come cadaveri ritrovati in camere inaccessibili dall'esterno, assassini che svanivano nel nulla e personaggi che riuscivano ad attraversare i muri senza lasciare alcuna traccia.
Pur scervellandosi alla ricerca di una risposta al rompicapo, raramente il lettore era in grado di dipanare la matassa. E proprio in questi momenti – quando l’enigma pareva più che mai inspiegabile - l’investigatore era pronto a squarciare il velo di tenebre, rivelando la soluzione proprio come un mago, al termine del numero, racconta al mondo il proprio segreto.
Nella terza ed ultima parte di questo articolo dedicato agli inventori del Giallo Classico, tracceremo il profilo degli autori venuti alla ribalta tra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta. In quel particolare momento storico la detective story raggiunse il suo apice, sviluppando la propria fulgida attrattiva su un pubblico desideroso di emozioni ed affamato di colpi di scena. Agatha Christie, Ellery Queen e gli altri portarono la narrativa di genere ad un livello tecnico mai raggiunto in precedenza, creando storie e personaggi che ancora oggi riescono a far breccia nel cuore e nella mente del lettore.
Dorothy L. Sayers (1893-1957):
Di origine britannica, poetessa e drammaturga (oltre che scrittrice), è celebre per i suoi romanzi ambientati tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Il protagonista di questi polizieschi è Lord Wimsey, che compare per la prima volta in Peter Wimsey e il cadavere sconosciuto (1923).
Si tratta di un aristocratico ed investigatore dilettante, che per mero divertimento si dedica alla risoluzione dei casi più complicati. Protagonista di undici romanzi e di due serie di racconti brevi, è rimasto nella storia del genere per la sua celeberrima esclamazione: "Oh maledizione!" Questo personaggio è stato oggetto di duri attacchi per il suo essere "troppo perfetto": libro dopo libro i vari talenti che manifesta diventano un po’ troppo numerosi da digerire.
Al di là delle critiche, la Sayers è considerata – assieme ad Agatha Christie – tra le regine della detective fiction… e scusate se è poco.
S.S. Van Dine (1887-1939):
Questo è lo pseudonimo di Willard Huntington Wright, critico d'arte statunitense, che ottenne un’enorme popolarità internazionale con i suoi gialli.
Le sue storie sono basate essenzialmente sulla razionalità e su quello che è stato definito un "gioco intellettuale": l’abilità di risolvere dei misteri servendosi della semplice logica, in questo caso prettamente deduttiva. Negli ultimi romanzi della sua carriera Van Dine cambiò però rotta: si staccò dall'impostazione del giallo deduttivo per dare spazio a scene di pura e semplice azione, sulla falsariga di quelle di Dashiell Hammet.
Il protagonista dei suoi mystery è l’investigatore-dandy Philo Vance, grande cultore di arte (come l’autore, del resto), che fuma un’unica marca di sigarette (le Regie) e fa uso di un monocolo per leggere. Il primo romanzo in cui fa la sua comparsa è La strana morte del signor Benson (1926).
Agatha Christie (1890-1976):
Agatha Mary Clarissa Miller, Lady Mallowan – questo è il suo vero nome – è ritenuta tra le scrittrici più influenti del ventesimo secolo ed è considerata la più grande giallista di sempre. I suoi romanzi possiedono un ottimo senso della suspense, descrizioni accurate, ambientazioni realistiche e personaggi ben caratterizzati I protagonisti dei suoi romanzi, col tempo, si sono trasformati in vere e proprie icone del genere: basti pensare all'ineffabile investigatore belga Hercule Poirot ed alla simpatica vecchietta appassionata di delitti che risponde al nome di Miss Marple. Tra le sue opere più note ricordiamo Assassinio sull'Orient Express (1934), Poirot sul Nilo (1937) e Dieci piccoli indiani (1939).
Ancora oggi i suoi libri sono pubblicati con enorme successo in tutto il mondo e Zia Agatha – come viene affettuosamente soprannominata - continua ad essere la scrittrice inglese più tradotta, se si eccettuano le opere di Shakespeare e la Bibbia.
Ellery Queen (1905-1982 e 1905-1982):
Ellery Queen non è un personaggio reale: è il nom-de-plume utilizzato da Frederick Dannay e Manfred B. Lee, due cugini newyorkesi di origine ebraica cresciuti a Brooklyn, creatori del detective che si chiama… come il loro pseudonimo.
Ellery Queen – protagonista delle loro opere - è un giovane scrittore di gialli, ma anche un investigatore dilettante dalla mente analitica, che si interessa al crimine per mera curiosità. Il padre, Richard Queen, è ispettore capo della squadra Omicidi: in ogni occasione Ellery è sempre disponibile ad aiutare il genitore quando si trova alle prese con un delitto difficile da risolvere.
In un arco temporale compreso tra il 1929 ed il 1972 sono stati pubblicati ben 40 romanzi: il primo è La poltrona n. 30. Dai loro libri è stata tratta una nota serie televisiva – con Jim Hutton nel ruolo del protagonista - trasmessa in Italia alla fine degli anni settanta.
John Dickson Carr (1906-1977):
È considerato uno dei più grandi autori dell'epoca d'oro del giallo classico, oltre ad essere uno dei maggiori esponenti del cosiddetto enigma della camera chiusa (il romanzo Le tre bare, pubblicato nel 1935, è considerato il migliore di sempre in quel sottogenere). Molti dei suoi libri sono stati pubblicati con lo pseudonimo di Carter Dickson.
Carr possedeva una notevole abilità nel creare atmosfere gotiche, in grado di catturare e sconvolgere il lettore; degna di nota era anche la sua passione per l'epoca degli Stuart.
Nel corso della sua lunga carriera, creò tre investigatori destinati ad entrare nella storia della letteratura poliziesca. Parliamo di Henri Bencolin, prefetto della polizia parigina, dell’esimio dottor Gideon Fell, corpulento detective ispirato dal modello di G. K. Chesterton, e di Sir Henry Merrivale, avvocato e medico nonché capo del controspionaggio militare.
Rex Stout (1886-1975):
Di origine statunitense, è stato il primo scrittore in grado di unificare due generi narrativi storicamente separati: l’hard boiled (ovvero il giallo d'azione americano) ed il giallo classico-deduttivo (il giallo intellettuale all'inglese). Questa simbiosi è riscontrabile nei suoi personaggi più famosi: Archie Goodwin e Nero Wolfe.
La coppia di investigatori fece il suo esordio nel 1934, nel romanzo La traccia del serpente, ottenendo un clamoroso successo editoriale. Da quel momento in avanti, la strada di Stout fu spianata: pubblicò altri 42 volumi, mantenendo il ritmo invidiabile di una pubblicazione all'anno.
La sua opera-omnia è stata valutata come "migliore serie del secolo" al Boucheron 2000, la più grande convention per la letteratura gialla; in quell’occasione Rex Stout è stato nominato il Miglior Giallista del Secolo.
E siamo arrivati alla conclusione…
Da quel momento in avanti, il giallo classico terminerà il suo percorso e lascerà spazio ad altre tipologie narrative che sfoceranno in nuovi generi: il thriller, la spy-story e il mystery psicologico.
Se vogliamo stabilire il momento di rottura, lo possiamo collocare tra gli anni venti e gli anni trenta del secolo scorso, quando - negli Stati Uniti - venne alla ribalta un nuovo genere di crime fiction: l'hard boiled (chiamato anche polar o noir).
Iniziarono così ad essere pubblicate storie in cui il delitto non era più il centro focale della narrazione, ma lasciava ampio spazio alla caratterizzazione dell’ambiente e dei personaggi, utilizzando spesso toni oscuri e negativi. A rubare la scena agli investigatori razionali e deduttivi arrivarono tipacci duri e disincantati, come Sam Spade, creato da Dashiell Hammett, e Philip Marlowe, nato dalla penna di Raymond Chandler.
Ma questa è tutta un’altra storia… che racconteremo in un’altra occasione.
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