mercoledì 31 ottobre 2018

L'anno della lepre, Arto Paasilinna


La Finlandia: terra di immense foreste e nevi perenni, di placidi laghi ed animali selvatici. Questo è il fondale su cui si svolgono le avventure di Vatanen, giornalista di Helsinki, che dopo avere investito con l’auto una lepre decide di prendersi cura di lei. Abbandona quindi  lavoro e consorte e di punto in bianco si trasforma in un perfetto vagabondo, avventurandosi nelle lande impervie ma affascinanti del paese.
L'uomo e la lepre sono due esseri solitari che finiscono per unirsi in un irresistibile connubio. A poco a poco diventano i protagonisti di un’avventura incredibile, che esula dalla monotonia della quotidianità, in cui le regole della vita civile spesso condizionano l’esistenza dei loro protagonisti.

Il sapore della libertà, la forza attrattiva della natura, il desiderio di evasione: questi sono gli elementi salienti di questo libro che, in Italia, ha raggiunto un successo del tutto inaspettato (oltre 120.000 copie vendute in circa 30 edizioni). Il racconto è lieve e malinconico ma allo stesso tempo ricco di ironia, con un  gusto per il surreale che emerge man mano che ci si inoltra nella lettura. La prosa, agile ed asciutta, viene arricchita da una comicità che fa spesso affidamento al paradosso come estrema sintesi dell’esistenza.

Da amante dei film di Aki Kaurismaki non ho potuto non appassionarmi alle vicende dell’originalissimo Vatanen. Si tratta di un moderno antieroe che, attraversando mille difficoltà con uno straniamento in puro stile Buster Keaton, prende coscienza a poco a poco della propria dimensione umana.     
Il tutto stimola una profonda e sincera riflessione: nella vita di ogni essere umano c'è sempre bisogno di un segnale per riuscire a comprendere il senso delle cose. Questo, probabilmente, è l’unico modo per giungere al cuore dei problemi; per capire verso quale misteriosa direzione si sta incamminando la nostra ingarbugliata esistenza.


Consigliato a: coloro che amano i libri che riescono a far sorridere anche delle vicende più drammatiche ed a chiunque apprezzi la letteratura nordica, con il suo umorismo surreale e a tratti paradossale.


Voto: 7,5/10



martedì 30 ottobre 2018

Un giorno di festa, Enrico Pandiani





Sesto episodio di Les Italiens, la serie noir ambientata a Parigi ed incentrata sulla squadra di poliziotti di origine italiana guidata da Pierre Mordenti. Come al solito Pandiani non delude le attese e ci regala un romanzo rapido ed avvincente, che si legge tutto d’un fiato.
Stavolta i nostri protagonisti sono alle prese con una delle più grandi paure della nostra epoca: quella di un attentato terroristico che, oltre a seminare morte e distruzione, potrebbe buttare nel caos l’intero mondo occidentale. Riusciranno i nostri eroi a venire a capo della faccenda? Ovviamente non voglio anticiparvi niente... ma posso destare comunque il vostro interesse partendo dalla trama.  

Fred Céline, poliziotto della stradale, viene ucciso da un cecchino mentre sta guidando la sua auto lungo la Costa Atlantica. Leila Santoni, la sua compagna, riesce a sopravvivere all’attentato e si dà alla fuga, con un nugolo di assassini alle calcagna. I criminali, però, non sanno che Leila è un valido componente della Brigata Criminale guidata dal commissario Mordenti: da quel momento in avanti, la squadra di flics si farà in quattro per cercare di rimettere le cose a posto.   
In una Parigi torrida ed afosa, in cui sono in atto i preparativi per la festa del 14 luglio, Les Italiens dovranno ritrovare l’amica/compagna scomparsa, acciuffare i colpevoli dell’omicidio e – come se non bastasse – dare la caccia ad un ingente quantitativo di esplosivo che è riuscito ad arrivare in Francia e potrebbe essere il fulcro di un attentato che farebbe impallidire i fatti di Bataclan.

La vicenda, come sempre, è narrata in prima persona dal Commissario Mordenti: un uomo d’azione che sa essere al tempo stesso cinico ed ironico (anche se l’incontro con la bella Tristane sembra averlo ammansito un pochino). Col passare degli anni, ci siamo affezionati al suo personaggio e a quelli dei suoi colleghi – i vari Coccioni, Servandoni, Cofferati – e ne attendiamo con ansia il ritorno come se si trattasse di vecchi amici.   
L’ambientazione parigina è come al solito interessante, ricca di atmosfera, con la capitale francese che diventa col passare delle pagine coprotagonista a pieno titolo della storia.
Anche stavolta Enrico Pandiani ha fatto centro: Un giorno di festa è un romanzo incalzante, divertente e ben congegnato, che non deluderà sicuramente gli appassionati di letteratura poliziesca.


Consigliato a: coloro che amano i noir adrenalinici e ricchi di azione ed a tutti quelli che si sono affezionati a questo originale gruppo di poliziotti, attraverso le cui vicende l’autore riesce a raccontare – facendo ricorso agli strumenti del poliziesco - la situazione dell’Europa dei nostri giorni.


Voto: 7,5/10



lunedì 29 ottobre 2018

Le nostre anime di notte, Kent Haruf


Se devo dirla tutta, quando lessi questo romanzo di Kent Haruf - un paio di anni fa - mi aspettavo qualcosa di completamente diverso…
Si tratta di un racconto carino, delicato e garbato, ma che non riesce a elevarsi dalla mediocrità del prodotto di maniera. È vero che si legge in un paio d’ore, anche con discreto piacere, ma non aggiunge assolutamente niente alla storia della letteratura americana contemporanea…

La storia dei due fidanzati “fuori tempo massimo”, Louis Walters e Addie Moore, è tenera, ma fa sorgere reminiscenze di altre storie simili (chi di voi si ricorda il film Sul lago dorato… guarda caso interpretato da Jane Fonda, che ha ricoperto il ruolo di Addie nella trasposizione cinematografica?)
Le nostre anime di notte vorrebbe lanciare un messaggio di speranza, una sorta di “non è mai troppo tardi”, che giunga a sfiorare il cuore del lettore come una morbida carezza. Se non fosse che quest'immagine idilliaca stride bruscamente con la realtà: risulta senz'altro più credibile la vecchiaia “brutta, sporca e crudele” disegnata da Haneke nel celebratissimo film Amour che, rispetto al libro di Haruf, dimostra più cinismo ma anche una maggior onestà intellettuale.

Alla fine della fiera, il messaggio del romanzo è abbastanza evidente: è bello credere che l’unica cosa che conta veramente sia l’adesso, ovvero il “momento presente”. Un significato scontato, che pare contenuto in una cartina dei Baci Perugina, e che mi ha portato a paragonare quest'opera ad un Harmony per la terza età.
Di questo autore, successivamente, ho letto Benedizione: un altro libro che mi ha convinto davvero poco e mi ha costretto a gettare la spugna. Non sono riuscito a trovare in Haruf, nella sua scrittura e nelle storie da lui raccontate, quell’unicità e particolarità che mi era stata prospettata: per questo ritengo il mio incontro con l'autore del Colorado - (ri)scoperto dal mondo intero a distanza di anni - una delle più grosse delusioni della mia carriera di lettore.


Consigliato a: coloro che amano le storie semplici, ricche di buoni sentimenti, e non si fanno troppi problemi di verosimiglianza ed a chiunque crede che anche nella vecchiaia ci sia posto per la gioia e la speranza.


Voto: 5/10


venerdì 26 ottobre 2018

L’impostore, Javier Cercas




Non avevo mai letto niente di Javier Cercas… ma dopo aver terminato la lettura di L’impostore, European Book Prize 2016, ho deciso di inserire in wish-list anche le altre sue opere. Come avevano già fatto prima di lui Truman Capote (A sangue freddo) e Emmanuel Carrère (L’avversario), l’autore si è ispirato ad un fatto reale per costruire – sotto forma di romanzo – la storia di un personaggio di nome Enric Marco Batlle. Ma chi sarà mai quest’uomo?

Si tratta di un anziano signore di Barcellona, dichiarato antifranchista, che in passato aveva ricoperto il ruolo di  segretario della CNT (il partito anarchico) e qualche tempo dopo era assurto ai vertici della Amical Mathausen, l’associazione dei sopravvissuti ai campi di sterminio. Per il coraggio e l’eroismo dimostrati, nel corso degli anni era stato sommerso da medaglie, onorificenze ed attestati da parte di numerosi governi ed istituzioni.  
Nel 2005, però, lo storico Benito Bermejo stabilì che i racconti di Marco erano incoerenti oltreché inconsistenti e dimostrò che il sedicente eroe aveva raccontato al mondo un sacco di fregnacce: non era mai stato internato nel campo di Flossenbürg e anche la sua attiva partecipazione alla guerra civile pareva tutt’altro che certa.

Javier Cercas, dopo vari tentennamenti, decise di scrivere un romanzo per cercare di svelare l’enigma di questo controverso personaggio, per scoprire le sue verità e le sue bugie. Sì, perché Marco non si limitò a mentire in maniera spudorata – in tal caso sarebbe stato smascherato in un batter d’occhio – ma impastò la finzione del suo passato con grumi di realtà, al fine di rendere credibile il racconto della sua vita.
Cercas non è uno storico, quindi se cercate un resoconto fattuale e preciso di questa vicenda rivolgetevi altrove. È però un grande romanziere che, inaspettatamente, viene catturato dal mistero che si nasconde dietro una scelta individuale del tutto inspiegabile: quella di voler costruire la propria gloria su una montagna di menzogne.
L’autore arriva ad ipotizzare che dietro lo sguardo ingannatore di Marco si nasconda la medesima indolenza di tanti spagnoli che, dopo aver trascorso interi decenni a capo chino, si erano  proclamati convinti democratici dopo la morte del Caudillo Franco.
Raccontando la vicenda di un bugiardo seriale, lo scrittore spagnolo costruisce un libro lucido e prezioso, sostenuto da una scrittura di assoluta qualità e da una profondità di analisi dirompente. Ci regala così un romanzo/verità che, raccontando la storia spagnola (ma anche europea) del Novecento, ci fa riflettere su ciò che è reale e su ciò che non lo è, attraverso una vicenda umana che diventa lo specchio di un popolo, di una nazione, di una civiltà.


Consigliato a: coloro che amano le storie reali raccontate in forma romanzata ed a chiunque apprezzi i libri capaci di sgretolare la patina vischiosa dell’apparenza per andare a vedere che cosa si nasconde dietro una maschera, una tenda o un paravento.


Voto: 8/10



giovedì 25 ottobre 2018

BiblioFurgone #8

Buongiorno gente!
Oggi BiblioFurgone più o meno monotematico e indirizzato in particolare a chi ha a che fare con bambini.
I libri di cui vi vado a parlare, infatti, sono stati scritti da Bruno Munari e sono una rivisitazione - in altri colori e con qualche dettaglio cambiato - della favola di Cappuccetto Rosso.


Cappuccetto Verde
Questa è la versione più simile alla storia classica.
La bimbetta di verde vestita ha per amici una tartaruga e una ranocchia. Insieme vanno dalla nonna a portare il cestino pieno di cibarie (rigorosamente verdi) e sarà la rana a bloccare il lupo perché non le faccia del male.

Cappuccetto Giallo
Siamo in centro città e Cappuccetto deve attraversare le strisce. In sua compagnia, ed in suo aiuto, troviamo ora un uccellino giallo: questo distrae il lupo, che aveva proposto alla bambina un passaggio in auto, e creerà un po' di confusione così lei può raggiungere l'altro lato della strada in totale sicurezza (non è lo stesso per le macchine, mi tocca dire, ma sorvoliamo).

Cappuccetto Bianco
La solita signorina viene mandata dalla solita nonna col solito cesto, ma fuori c'è tanta neve e non si vede nulla. Per di più, quando arriva alla casetta scopre che la nonna non c'è.
La storia è davvero breve, praticamente senza illustrazioni (solo in un pagina compaiono gli occhi di Cappuccetto e nient'altro) e sinceramente per me non aveva senso di esistere.

Personalmente, quello che ho apprezzato di più è stato il primo - vuoi perché il verde è il mio colore preferito, vuoi perché l'idea era abbastanza originale, vuoi perché dei tre è il più lungo; del secondo ho apprezzato che ci fosse l'ambientazione diversa, ovvero la città, e il fatto che ci sia il monito del non dar retta agli sconosciuti; il terzo mi è sembrato quello più deludente e da "presa in giro". Mi spiego meglio: ormai la storia l'hai rigirata varie volte, sarebbe carino cambiare personaggio; di diverso c'è il finale, che sembra più che altro un voler fare pubblicità ai due volumi precedenti perché tutto si svolge con giochi di parole sui colori che, onestamente, non so quanto un bambino possa comprendere; in ultimo, 9.00 euro (NOVE) per qualche pagina bianca con due righe di parole mi sembra veramente una follia, soprattutto considerato che gli altri due hanno più o meno lo stesso prezzo ma molte pagine in più, molte parole in più e soprattutto molto colore in più.

Devo poi ammettere di non aver capito se esiste un ennesimo Cappuccetto, questa volta di colore Blu, perché l'ho visto citato in un titolo di un testo ormai fuori catalogo ma non ho trovato traccia di un singolo volumetto a lui dedicato.

Probabilmente il mio giudizio è anche dovuto all'età, perciò chiedo a chi ha bambini e ha letto questi libri di farmi sapere quel è la reazione dei piccoletti alla lettura.

Detto ciò, mi resta solo da ringraziarvi per l'attenzione e...
ALLA PROSSIMA!


mercoledì 24 ottobre 2018

Il sopravvissuto, Antonio Scurati


Antonio Scurati, a mio personalissimo parere, è uno dei migliori autori italiani contemporanei. La sua scrittura - avvolgente, ricercata, precisa – è in grado di analizzare in maniera esaustiva ogni argomento trattato, avvalendosi di una proprietà lessicale più unica che rara.
Il sopravvissuto (Premio Campiello 2005) parte da un fatto di cronaca inventato ma per nulla improbabile per raccontare il mondo contemporaneo. Perché il giovane Vitaliano Caccia – un ventenne  che nel giorno dell’esame di maturità si presenta armato di pistola, facendo strage della commissione esaminatrice – rappresenta solamente la punta dell'iceberg di un malessere, doloroso e inspiegabile, che come una sordida cortina ha avvolto la società in cui viviamo.

Ad Andrea Marescalchi, l’unico insegnante risparmiato dal discente-killer, toccherà il gravoso compito di dare una risposta all’assurdità del massacro. È vero che di fronte al “perché?”, urlato ad alta voce da tutto il mondo circostante (accademico e non), esistono tante, troppe possibili repliche… ma forse nessuna è in grado di cogliere in profondità le motivazioni più recondite di quel gesto crudele ed insensato.
Marescalchi si tufferà così in un’indagine condotta in prima persona, cercando nel passato recente – in particolare, gli accadimenti dell’ultimo anno scolastico – i germi di quell’esplosione di violenza che hanno trasformato un ragazzo bello e carismatico come Vitaliano in un assassino senza scrupoli.

Si tratta di un ottimo romanzo, giocato in continui rimandi tra presente e passato, che non si limita ad esaminare la vicenda narrata, ma è capace di allargare l’attenzione sui mali di questa nostra epoca. Le difficoltà insite nel mondo scolastico, il ruolo ossessivo dei mass-media, il carrierismo esacerbato, la deriva dei valori, i conflitti generazionali… si trasformano in fattori scatenanti di un dramma che poteva essere evitato.
Un libro che fa riflettere a lungo e lascia dietro di sé una scia di interrogativi a cui ciascun lettore dovrà – volente o nolente – provare a dare una risposta.     


Consigliato a: coloro che amano i romanzi che, partendo da fatti di cronaca, riescono a raccontare il malessere del mondo contemporaneo ed a chiunque sia attratto dalle storie ricche di pathos ed introspezione. 


Voto: 7,5/10


martedì 23 ottobre 2018

L’ombra del campione, Luca Crovi





Luca Crovi è uno dei maggiori intenditori del poliziesco di casa nostra, tanto che – qualche tempo fa – una giornalista affermò: “se hai scritto un giallo e non ti ha intervistato Crovi… non sei nessuno.” Noto al grande pubblico per la trasmissione radiofonica “Tutti i colori del giallo”, con L’ombra del campione fa il suo esordio ufficiale nel genere romanzo. Un vero salto della barricata visto che questa operazione lo costringe a spogliarsi delle vesti di critico per indossare quelli di autore a tutto tondo.  

Non aspettatevi un giallo classico, con omicidio, indagine e cattivo da incastrare… assolutamente no. Si tratta piuttosto di una sorta di amarcord in salsa milanese, dal sapore vagamente retrò. Siamo nel 1928, in piena epoca fascista, in una Milano infestata da borseggiatori, contrabbandieri e scassinatori: una varia umanità impegnata a combattere la sua quotidiana guerra con i "ghisa".
Per questa nostalgica operazione, Crovi riesuma dalle nebbie del tempo il Commissario Carlo De Vincenzi: il protagonista dei libri di Augusto De Angelis, uno dei pionieri del giallo di casa nostra. Un poliziotto soprannominato “il poeta del crimine” che ama leggere Platone e adora la cassoeula.
De Vincenzi diventa così il trait d’union tra diverse vicende – che riguardano furti clamorosi, bombe anarchiche, lettere misteriose – in cui il poliziotto incrocerà la strada di Giuseppe Meazza, futuro campione del mondo, svelando il mistero che circonda la vita del calciatore.

Questo libro è fatto di ricordi, di antichi sapori ed odori, di vecchie storie ancora buone da raccontare: un vero e proprio vademecum dedicato alla Milano di un tempo lontano, una città inquieta e brumosa che di tanto in tanto assurge al ruolo di protagonista come una presenza costante seppur impalpabile.
Un esordio positivo per Crovi… che speriamo non rimanga un esperimento isolato: con la sua conoscenza sterminata di giallo, noir e dintorni, sicuramente possiede gli strumenti per regalarci altre opere degne di nota.


Consigliato a: tutti coloro che amano i libri nostalgici, capaci di riscoprire un passato lontano e farlo rivivere sotto i nostri occhi come se si stesse svolgendo in questo momento.   
  
Voto: 7/10



lunedì 22 ottobre 2018

Cronache della famiglia Wapshot, John Cheever


John Cheever è universalmente riconosciuto come uno dei maestri del genere racconto.
Cronache della famiglia Wapshot, pubblicato nel 1958, è il suo romanzo d’esordio, con cui ha ricevuto uno dei premi più prestigiosi: il National Book Award.
In questo romanzo vengono narrate le vicende dei Wapshot: una famiglia piuttosto sopra le righe. Il capofamiglia Leander, la consorte Sarah, i figli Moses e Coverly sono personaggi normali solo in apparenza: la loro eccentricità e il loro essere “fuori dal coro” si delineano pagina dopo pagina, attraverso il racconto delle loro vicende che si svolgono in un villaggio immaginario ma più autentico di quelli disegnati sulla cartina geografica.

Potremmo descrivere la vicenda come una sorta di “storia figurata” che rappresenta la metafora di un’America malata, costruita su basi perfettamente corrette ma che si è fossilizzata in un costante compromesso che ha le ha fatto perdere per strada ogni traccia di umana solidarietà.
La prosa non è semplicissima: ci va un poco ad ingranare. Cheever comunque scrive in maniera divina, alternando momenti di umorismo a situazioni drammatiche, con un lirismo di fondo che emerge ad ogni descrizione, che si tratti di un carattere, di un ambiente o della natura in generale.

Forse la sua scrittura – a differenza di quella di altri autori della sua epoca – non è invecchiata benissimo e pare a tratti legata ad un modo di vedere le cose ormai lontano nel tempo. Al di là di tutto ciò, Cheever rappresenta sicuramente uno dei grandi scrittori del Novecento americano e la sua influenza su alcuni autori contemporanei – Philip Roth, ad esempio – non può essere passata sotto silenzio. 
Va sottolineato che la casa editrice Modern Library, nel 1998, ha classificato Cronache della famiglia Wapshot al sessantatreesimo posto nella classifica dei 100 migliori libri in lingua inglese del ventesimo secolo: un giusto riconoscimento per un'opera che va assolutamente riscoperta.


Consigliato a: coloro che vogliono fare la conoscenza di un grande autore del Novecento - che ha influenzato parecchi contemporanei - e di cui si parla forse troppo poco.


Voto: 7/10


venerdì 19 ottobre 2018

Lo smemorato di Tapiola, Arto Paasilinna





Da qualche giorno Arto Paasilinna se n’è andato. Sentiremo molto la sua mancanza. Questo ex guardaboschi convertito alla letteratura ci ha lasciato in eredità una serie di libri bellissimi: favole spensierate, ironiche e divertenti attraverso cui siamo entrati in contatto con un ambiente naturale incontaminato, che sa mostrarsi al tempo stesso bellissimo e terribile. Tra le doti di quest’autore, una delle principali è sicuramente quella di essere riuscito a raccontare col sorriso sulle labbra vicende drammatiche e toccanti.
Lo smemorato di Tapiola, che ho terminato di leggere pochi giorni fa, è un libro che si inserisce alla perfezione nella produzione dello scrittore finlandese: riesce ad essere spassoso ma anche molto commovente, trattando con garbo temi come la vecchiaia e l’Alzheimer.  

I protagonisti del racconto sono il taxista Seppo Sorjonen e l’agrimensore in pensione Taavetti Rytkönen. Per uno di quegli scherzi del destino i due si incontrano nella cittadina di Tapiola. Taavetti, che soffre di un inizio di demenza senile, incontra il taxista proprio “in mezzo alla strada”: Seppo è infatti costretto ad arrestare l’auto di servizio nel mezzo di una delle vie più trafficate in quanto “sbarrata” dalla figura dell’anziano tecnico che sta cercando di annodarsi la cravatta.
Da quel momento in avanti i due diventeranno inseparabili: inizieranno una lunga avventura lungo i paesaggi dell'Ostrobotnia, incontrando numerosi personaggi, attraverso cui verremo a conoscenza di alcuni frammenti del passato dell’anziano passeggero.
La svolta del romanzo arriverà nel momento in cui la strana coppia giungerà alla fattoria di un vecchio commilitone di Taavetti, Heikki Mäkialo: un agricoltore ed allevatore intenzionato a far saltare in aria i suoi possedimenti.

Lo stile di Paasilinna è inconfondibile, così come sono unici i temi di fondo delle sue novelle: l'amore incondizionato nei confronti della natura selvaggia ed affascinante; il desiderio di fuga dalla grigia routine della civiltà; il gusto per la comicità ed il paradosso.
La meravigliosa Finlandia, piena di laghi, di boschi sterminati e di gente originale, costituisce l’ambientazione ideale per i suoi romanzi ed interagisce ad ogni pagina con i protagonisti, diventando co-protagonista a pieno titolo della vicenda.   
Ed alla fine del libro, voltata l’ultima pagina, avremo recepito un importante messaggio: come sia possibile venire a capo delle situazioni più difficili e problematiche, anche se queste rispondono – tristemente – ai nomi di vecchiaia ed abbandono.


Consigliato a: C’è bisogno di consigliarlo? Paasilinna si legge a prescindere! Strano che nessuno, in questi ultimi anni, abbia mai fatto il suo nome in prospettiva Nobel: sicuramente non sarebbe stato un premio demeritato...


Voto: 7,5/10 per questo libro; 9/10 per tutta la sua carriera.


Buon viaggio Grande Arto. R.I.P. 



giovedì 18 ottobre 2018

La stranezza che ho nella testa, Orhan Pamuk


Una meravigliosa saga famigliare.
Attraverso cinquant’anni di storia, seguiamo le vicende del personaggio principale – Mevlut - in una Istanbul in piena trasformazione socio-demografica, che risulta a pieno titolo coprotagonista della vicenda, dando vita ad un filone narrativo che si interseca perfettamente con gli eventi della storia principale.

Il giovane Mevlut ad un matrimonio incrocia lo sguardo di una ragazza e ne rimane incantato. Per tre lunghi anni le scrive lettere intense ed appassionate, convincendola infine a fuggire con lui. Ma al momento del fatidico incontro… si rende conto che non si tratta della ragazza dagli occhi belli che gli ha rubato il cuore, ma della di lei sorella.
Seguiamo così, nel corso degli anni, le vicende umane e familiari del protagonista: un uomo qualunque che si muove in una città in perenne trasformazione, industriandosi in tutte le maniere possibili e svolgendo le più svariate professioni: venditore di yogurt, gelataio, commerciante di riso con ceci, sorvegliante di un parcheggio, gestore di un associazione. Unica costante, le sue uscite notturne per vendere la “boza”, la bevanda popolare turca, che all’interno del racconto rappresenta una sorta di filo rosso che unisce le varie vicende, punto di raccordo tra il prima ed il dopo. E proprio in questi momenti, nel buio della notte, dove le immagini, gli oggetti e le ombre si confondono tra loro, emerge la “stranezza” nella testa di Mevlut: un groviglio inestricabile di sogni, di emozioni, di quesiti che cercano risposta nelle vecchie strade, nelle luci sfocate e nei nostalgici inviti  provenienti dai palazzi.

Mevlut vive la sua esistenza in un mondo incomprensibile, instabile e privo di certezze. Attorno a lui si svolge quel confuso processo di trasformazione sociale: la popolazione turca, liberatasi dal giogo opprimente dello Stato, reinventa se stessa giorno dopo giorno. Ed Istanbul – città cosmopolita, in cui lo spirito della tradizione contamina ogni aspetto della modernità - è il teatro su cui va in scena questo grande spettacolo, intriso di implicazioni socio-politiche, religiose, etiche. Uno spettacolo che somiglia un po’ alla vita.
Giudizio: Uno dei migliori romanzi degli ultimi anni.


Consigliato a: coloro che amano la letteratura orientale, pregna di raffinate atmosfere ed eleganti descrizioni, ed a chiunque voglia affrontare uno dei libri più convincenti di un grandissimo autore, meritatamente insignito del Nobel per la Letteratura. 


Voto: 8,5/10 


mercoledì 17 ottobre 2018

Dove siamo arrivati #13

Buongiorno, lettori!
Eccoci con una nuova "puntata" delle mie mini recensioni.
Oggi rimbalzeremo da un genere all'altro come una pallina da flipper durante una partita, ma sono tutti libri che mi hanno veramente sorpresa.


La pattinatrice sul mare
Sesto volume della serie con protagonista il commissario Igor Attila.
Questa volta la squadra che si occupa dei crimini sportivi viene spedita in mezzo al mare per proteggere una pattinatrice durante gli allenamenti.
Il romanzo in sé è piacevole da leggere, la scrittura è sempre molto scorrevole e i personaggi ormai si conoscono. Il problema sta proprio qui: i personaggi si conoscono, perciò ritengo che sia ormai ripetitivo - arrivati al sesto libro - occupare circa un quarto di tutto il volume per ripassarli tutti un'altra volta.
Un'altra cosa destabilizzante, almeno per me, è che cambia lo schema. Infatti la parte "crimine" passa molto in secondo piano rispetto ai ricordi e alle faccende amorose di Attila. Insomma... l'adrenalina non manca, ma questo volume tende quasi più al rosa che al giallo. Mi è piaciuto, però sinceramente mi aspettavo qualcosina di più.
(SPOILER! Spero che Titta ora vada veramente fuori dalle scatole perché inizia a darmi i nervi.)

Scorre la Senna
Sparo subito la bomba: il rapporto numero di pagine/prezzo è davvero sproporzionato. Tolto questo, siamo davanti a tre racconti - accompagnati da qualche illustrazione - in cui troviamo di nuovo Adamsbrg e Danglard alle prese con altrettanti casi da risolvere.
Questo volumetto non ha nemmeno 100 pagine, ma lo ritengo una perla. La Vargas è riuscita a coinvolgermi anche in queste storie così brevi rispetto ai romanzi e, soprattutto, è stata bravissima nel tirar fuori tutta l'umanità presente nel suo personaggio. Sono rimasta davvero piacevolmente sorpresa.

I dieci amori di Nishino
Quando ho saputo che sarebbe uscito un nuovo romanzo di Hiromi Kawakami il mio neurone è passato subito alla fase comprare immediatamente!!! senza nemmeno passare dal via o leggere la trama. Perciò devo fare mea culpa per essermi fatta prendere alla sprovvista all'inizio della lettura: il libro in questione, infatti, è composto da dieci racconti collegati a formare una storia. Un po' come se fossero le dieci tessere di un mosaico, prima messe in fila e poi riordinate nel disegno. Un po' come dieci donne che, una alla volta, ci parlano di un uomo con cui hanno avuto un rapporto. E da questi racconti, che all'inizio possono sembrare un po' meh, viene fuori il ritratto di quell'uomo che non sapeva amare ma che attirava tutte.
Questo libro mi ha colpita molto perché durante la lettura non mi sentivo particolarmente coinvolta, invece alla fine mi ha lasciato una strana sensazione.

La dama bendata
Passiamo a questo secondo volume della serie fantasy di Shadowblack.
CHE SPETTACOLO!!! Kellen è ancora in fuga dal suo clan e viaggia insieme a Ferius e Reichis. Una notte, dopo uno scontro, incrociano un'altra Argosi che accompagna una ragazza con qualcosa di strano all'occhio. Si metteranno in cammino tutti insieme verso la città della giovane ed è qui che si svilupperà tutto il resto della storia. Nonostante i pochi spostamenti, ci sono alcuni combattimenti e un sacco di sosprese, con contorno di lacrime e di risate.
Reichis, in particolare, mi piace moltissimo com'è caratterizzato.
Inutile dire che ora aspetto con tantissima ansia i volumi successivi!

Cifrari e Codici Segreti
Per l'ultimo libro di oggi si cambiano totalmente i toni: questo è un manuale sulle tipologie di cifrari e di codici segreti (come penso abbiate capito dal titolo 😅).
Vengono presentati i loro utilizzi nella storia, gli sviluppi e i cambiamenti.
In coda al libro si trova anche una paginetta di esercizi, tuttavia trovo che sia confusionaria rispetto a quanto spiegato nel libro.
Il testo, tuttavia, risulta di semplice lettura, è molto scorrevole ed interessante.
Letteralmente: si legge che è un piacere. Lo consiglio a chi vuole curiosare un po' nll'argomento senza avere particolari basi di studio alle spalle.


Per oggi è tutto. Spero di avervi incuriositi almeno un po' per qualcuno di questi libri, vi ringrazio per l'attenzione e vi rimando alla prossima!


martedì 16 ottobre 2018

L’ultimo giro della notte, Michael Connelly


Connelly è il migliore di tutti! Continuo a dirlo e ridirlo senza paura di sbagliare: nel variegato mondo del thriller nessuno è in grado di mantenere, romanzo dopo romanzo, una produzione di così alto livello, senza il minimo segno di cedimento.
Anche quest’ultimo libro mantiene tutte le promesse e scorre via veloce, come un proiettile in corsa, trascinando il lettore pagina dopo pagina fino all’imprevedibile finale. 
Dopo averci fatto conoscere, nel corso degli anni, personaggi oramai entrati nel cuore dei lettori come Terry McCaleb, Jack McAvoy, Mickey Haller e – soprattutto – il mitico Harry Bosch, Connelly decide di cambiare registro: per la prima volta sceglie di affidarsi ad un detective di sesso femminile.

Renée Ballard è una ex reporter di cronaca nera che ha deciso di fare il grande salto ed entrare nella polizia. Ma un evento spiacevole ha interrotto la sua brillante carriera di detective e la povera Renée è stata retrocessa, insieme al collega Jenkins, al turno di notte (che i poliziotti chiamano scherzosamente “l'ultimo spettacolo”).
Due casi la strapperanno al grigiore della routine: quello di un travestito picchiato selvaggiamente e quello di una cameriera, con velleità da attrice, deceduta nel corso di una sparatoria in un locale di Hollywood.
Per l’intrepida Ballard giungerà il momento di fregarsene delle procedure: perché, dietro i due crimini, ha intravisto qualcosa che va molto al di là di un casuale scoppio di violenza.

Michael Connelly, come al solito, descrive alla perfezione i personaggi, le atmosfere e le ambientazioni, attingendo alla sua vasta esperienza di reporter di nera. Anche stavolta ci regala un romanzo “ad orologeria”: un meccanismo perfetto in cui vicende torbide e casi da risolvere si innestano su una spirale di violenza (che, però, non risulta mai gratuita). 
Con un ritmo implacabile ed una scrittura intensa e pulita, l’autore statunitense costruisce un racconto convincente, che sa essere realistico nonostante il taglio prettamente cinematografico.
Il personaggio di Renée, con la sua grinta che contrasta le piccole debolezze, esce vincente da questa prima esperienza: ora attendiamo con ansia l’incontro con il veterano Harry Bosch (già annunciato nel prossimo libro) e vediamo cosa accadrà…


Consigliato a: coloro che amano il thriller made in USA, qui rappresentato dal suo miglior esponente: uno scrittore capace di regalare anima e pathos anche alle vicende più nere e drammatiche.


Voto: 7,5/10




lunedì 15 ottobre 2018

Martin Eden, Jack London


Periodo piuttosto fortunato: sto continuando ad inanellare letture meravigliose, l’una dopo l’altra.
Martin Eden è considerato, giustamente, il capolavoro di Jack London: una sorta di autobiografia, esposta in terza persona, attraverso cui lo scrittore statunitense raccontò le vicende di un ragazzo qualunque destinato a diventare scrittore di successo.
Anche se gli inizi paiono puntare nella direzione del cosiddetto “romanzo di formazione”, che all’epoca andava per la maggiore, ad un certo punto diventa evidente il cambio di traiettoria: questo romanzo costituisce, in realtà, una delle più feroci e caustiche critiche dell’individualismo.

Martin Eden - il protagonista - è un ragazzo che cerca in ogni modo di elevarsi al di sopra della sua condizione di "popolano di scarsa cultura", cominciando un difficile ed appassionato periodo di studi in autonomia per affermarsi come scrittore.
Analizzando la sua ascesa sociale, London rappresenta in maniera precisa ed efficace le difficoltà di integrazione nel mondo borghese che gli si pone davanti. Se da un lato lo stile di vita ed i modelli a cui si ispirano le classi superiori sono troppo lontani dal sistema di valori del protagonista, d’altro canto non è più possibile tornare indietro: la classe popolare da cui Martin proviene è ormai inaccessibile, quasi si trattasse di un mondo distante ed irraggiungibile.
E così, come un pesce fuor d’acqua, Martin trarrà la conclusione dell’inutilità del suo percorso: l’approdo ad uno status borghese con cui non ha nulla in comune, una casta di “bottegai” che disprezza profondamente.

Sullo sfondo delle vicende narrate, assistiamo al disvelarsi di un vero e proprio “microcosmo”: un palcoscenico su cui si muovono popolani e borghesi, ognuno arroccato sulle proprie posizioni, nell’attesa di una lotta di classe sempre pronta ad esplodere.
È un romanzo che lascia largo spazio all’introspezione, con un’attenta analisi psicologica dei protagonisti, e che merita di essere letto. Nonostante siano passati più di cento anni dalla prima pubblicazione, riesce ancora a cogliere nel segno con una lucidità ed una forza espositiva dirompente.


Consigliato a: coloro che vogliono (ri)scoprire un grande "classico", dalla forza dirompente e sempre attuale, a cui dovrebbe essere tributata più attenzione (a mio parere, è un libro di cui si parla troppo poco rispetto ad altri calssici di valore probabilmente inferiore).


Voto: 8/10


venerdì 12 ottobre 2018

M. Il figlio del secolo, Antonio Scurati





Definire il fascismo è anzitutto scriverne la storia” scrisse, nel suo celebre Nascita e avvento del Fascismo, Angelo Tasca alla fine degli anni Trenta. Anche se sono passati ottant’anni, il concetto rimane sempre valido.
Antonio Scurati se ne è appropriato, l’ha fatto suo e l’ha rimodellato, trattando il personaggio Mussolini come creta malleabile e ricostruendone l’incredibile parabola alla stregua di un romanzo. Una sfida sicuramente complessa, ma che l’autore napoletano ha affrontato senza eccessive remore o tentennamenti, regalandoci uno dei libri più importanti della stagione.

Gli anni dell'ascesa del fascismo, compresi tra il 1919 ed il 1924, vengono ricostruiti con lucidità esemplare, attraverso un esame quasi entomologico dei personaggi dell’epoca - quelli arcinoti ma anche i semplici gregari – di cui vengono ricostruiti gesti ed affermazioni. Benito Mussolini riuscì a far innamorare di sé – del suo carisma, della sua carica propulsiva e, perché no, della sua cialtroneria – un paese allo sbando, esausto, ostile nei confronti della vecchia politica e della democrazia che viveva una fase di profonda ed irreversibile agonia. La violenza dello squadrismo, dilagante più di un fiume in piena, fu lo strumento con cui il Fascismo riuscì ad accaparrarsi il potere, facendolo suo e consolidandolo in maniera energica e decisa.  

Antonio Scurati, l’ho già detto e ridetto allo sfinimento, è uno dei migliori scrittori delle ultime generazioni. Con questo romanzo documentario, basato su una sterminata quantità di fonti, ha raggiunto probabilmente l’apice della sua carriera letteraria. Miscelando alla perfezione rigore storico (ogni singolo aspetto dell’esistenza del futuro Duce è documentato nei minimi dettagli) ed una scrittura di altissimo livello, è riuscito nell’intento di costruire un’opera monumentale, che sa essere al tempo stesso coraggiosa ed equilibrata, e che aggira qualsivoglia pericolo di caduta nella faziosità.
Certo, M. Il figlio del secolo non aggiunge niente di nuovo dal punto di vista storico o politologico a quanto già conosciamo (attraverso gli studi di Renzo De Felice, ad esempio). Riesce però nell’encomiabile intento di rendere disponibile al Grande Pubblico la Storia con la S maiuscola, utilizzando lo strumento “romanzo” per far conoscere in maniera diretta ed efficace un periodo fondamentale per la vita del nostro paese.      
Non so se Scurati abbia avuto ragione nel dire che raccontare il fascismo attraverso i fascisti può costituirne la condanna più efficace; al di là di tutto, in un’epoca di nazionalismo risorgente e xenofobia dirompente, uno sguardo al passato può essere utile per capire chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando.


Consigliato a: coloro che hanno sempre temuto la storia, ritenendola una materia pedante e noiosa, e che potrebbero attraverso opere come questa appassionarsi alle vicende di uomini, movimenti ed istituzioni; ma anche a tutti quelli che amano i grandi romanzi a prescindere.


Voto: 8/10



giovedì 11 ottobre 2018

Libri sotto i portici (6 e 7 ottobre 2018)




Si è da poco conclusa la dodicesima edizione di “Portici di carta”, la rassegna che nello scorso weekend ha trasformato Torino nella libreria – a cielo aperto, è importante sottolinearlo – più grande d’Europa. 123 bancarelle di librai ed editori piemontesi hanno formato un vero e proprio serpente di carta che si è snodato lungo i due chilometri di percorso di via Roma, piazza San Carlo e piazza Carlo Felice.
La suddivisione in 19 tratti tematici ha favorito il raggruppamento omogeneo di libri a seconda delle diverse specializzazioni (dalla spiritualità alla linguistica, dalla storia locale alle culture orientali, dall’arte all’antiquariato).


La mossa vincente di questa originalissima manifestazione - che sembra godere di un successo sempre crescente – è sicuramente quella di portare i libri in mezzo alla gente. In una nazione che conta una media di lettori abbastanza bassa rispetto al resto del continente, la scelta di creare interesse portando “la montagna da Maometto” è risultata superlativa: in mezzo al gruppo di lettori forti, lungo i portici del centro sabaudo si sono viste famiglie, gruppi di amici e semplici curiosi, alla ricerca di una passeggiata domenicale diversa dal solito (se poi, per qualcuno, sia scattato un improvviso innamoramento per l’oggetto libro… be’, questo non ci è dato saperlo).
Leit-motiv di questa edizione è stato il sessantesimo compleanno di Pippi Calzelunghe. Oltre alle passeggiate letterarie, “Portici di carta” ha proposto numerose iniziative di interesse: incontri con gli autori (citiamo, tra i vari partecipanti, Michela Murgia, Fabio Stassi, Aldo Cazzullo e Diego De Silva), attività per i bambini e lezioni di yoga. Inoltre, ha visto il debutto della prima biblioteca itinerante della città: il bibliobus.


Occasione di ritrovo, che rappresenta un’ideale connubio tra gli splendori architettonici torinesi e la bellezza delle sue librerie, la manifestazione è un vero pozzo di opportunità (per chi sa cercare e guardarsi attorno). Si può trovare un po’ di tutto: dagli ultimi best sellers ancora freschi di stampa a libri più “vissuti” ma non per questo meno meritevoli di attenzione, fino ad arrivare a romanzi nuovi smerciati a prezzi di occasione (Gio, per fare un esempio, ha trovato l’ultimo Lucarelli a metà del prezzo di copertina). 
Ovviamente il “fenomeno libro” ha avuto la parte del leone; c’è stato però spazio a sufficienza per altri prodotti editoriali quali stampe, manifesti, fumetti e via discorrendo, che hanno attirato alcune frange di pubblico che altrimenti sarebbero rimaste un po’ estranee alla fiera a cielo aperto.


Il nostro giudizio sulla manifestazione – nel caso non l’aveste ancora capito – è sicuramente positivo. Vanno sottolineate solo un paio di note stonate. Le condizioni meteo si sono rivelate tutt’altro che propizie, con cielo nuvoloso e precipitazioni soprattutto nella giornata di sabato; con il clima però è difficile venire a patti. 
Un miglioramento, invece, sarebbe necessario per quanto concerne l’organizzazione degli stand: molto spesso i singoli banchi hanno peccato di scarsa coerenza, miscelando fra loro generi e autori, creando un po’ di confusione negli allibiti astanti, che hanno fatto fatica a individuare ciò che stavano cercando… 
Ma queste, in fondo, sono solo quisquiglie: “Portici di carta” è una manifestazione fresca, giovane e piena di energia, che ci accompagnerà negli anni a venire accrescendo – questa è la speranza di tutti – la sua forza di attrazione, fondata su tutte quelle piccole cose che fanno felici i lettori. 

[foto prese da internet]



mercoledì 10 ottobre 2018

Dove Siamo Arrivati #12

Salve, gente!
Oggi finalmente recupero un po' di mini recensioni, perché sono rimasta LIEVEMENTE indietro. 😄
Cominciamo con le note dolenti: questa volta sono due i libri abbandonati e la cosa che mi dispiace di più è che avevo grandi aspettative per entrambi.

Hyperversum
Questo è il primo libro di una serie che vede protagonisti alcuni ragazzi, giocatori in un mondo virtuale chiamato Hyperversum. Durante una partita speciale qualcosa non va come previsto e tutti si ritrovano indietro nel tempo.
Il motivo per cui ho cominciato questo libro è che ne avevo sentito solo pareri positivi, ma personalment4e l'ho trovato lento e noioso: mi sono fermata praticamente subito perché, quando cercavo di proseguire, mi veniva sonno già dopo due pagine. 

Moshi Moshi
In sintesi, parla di una donna che decide di andare a vivere con la figlia dopo essere rimasta vedova.
Generalmente la Yoshimoto mi piace e questo era l'ultimo che avevo da leggere, tra molti dei suoi libri che avevo recuperato qualche anno fa. Tuttavia la storia non mi prendeva e i personaggi mi risultavano insopportabili. Ultimamente non è andata benissimo, con quest'autrice, perciò ho deciso di prendermi una pausa...

Tolti i due sassolini nella scarpa, vediamo quali sono state le letture positive!

The Sun And Her Flowers
Si tratta del secondo libro di Rupi Kaur, in cui vengono raccolti alcuni suoi post. Personalmente non li ritengo poesie e forse, presi singolarmente, possono sembrare anche banali. Tuttavia, considerando il quadro generale di tutto il testo, trovo che siano invece parole di conforto per tutte le donne, in particolare quelle che hanno subito perdite, tradimenti e violenze. Anche questo volume è diviso in varie parti, che in un certo senso corrispondono alle varie fasi che si vivono tra il cadere e il rialzarsi in piedi.
L'ho trovato molto interessante perché tratta anche di origini e di identità. 

Neurocomic
Ogni volta che andavo in libreria, nella sezione graphic novel, mi trovavo a girare attorno a questo volumetto. Poi, un giorno, ho avuto l'immensa botta di fortuna e l'ho trovato al mercatino dell'usato ad un prezzo davvero minuscolo: ovviamente non ci ho pensato due volte e me lo sono presa.
Rifacendosi un po' al Viaggio Allucinante di Asimov, questa storia a fumetti ci spiega - a grandi linee e in maniera semplificata - come funziona il cervello umano. Il protagonista viene catapultato all'interno di questo organo e qui, passando da una sezione all'altra, incontra grandi scienziati che hanno fatto scoperte importanti.
Devo dire che è stata una lettura molto piacevole ed interessante, consigliata sia ad adulti che a ragazzini.

Latin Lover
Se ricordate, qualche tempo fa avevo parlato di due volumi - editi dalla Marcos y Marcos - riguardanti la traduzione di parole e modi di dire in altre lingue. Einaudi Ragazzi ha fatto un libretto simile, però relativo ai modi di dire IN LATINO!
Certo, è davvero molto breve, ma è comunque fatto davvero bene: le spiegazioni sono espresse in modo semplice e sono accompagnate da coloratissime illustrazioni.
Alla faccia di chi dice che il latino è una lingua morta! 😜

Per concludere, arriviamo adesso agli ultimi due libri - di cui vi parlo insieme perché fanno parte della stessa serie.
In teoria avrei dovuto scriverne già un mesetto fa, ma Gio aveva appena pubblicato le sue recensioni (che trovate rispettivamente qui e qui) e mi sembrava ripetitivo dire subito la mia. Lo so, forse sono menate mentali inutili, ma ormai me le son fatte... eheh 😅

Nero Caravaggio e Rosso Barocco
Rispettivamente il primo e il secondo volume della serie gialla con protagonista il libraio Ettore Misericordia: un tizio alla Sherlock Holmes che tutto fa, tra indagini e giri vari, tranne stare in libreria. 
I casi sono incentrati su una chiave artistica; la storia diventa un mezzo per tramandare anche qualche nozione sulla storia dell'arte e sulle chiese di Roma, ma la scrittura scorrevole e ricca di ironia fa sì che non vi siano parti noiose e pesanti. Si tratta di letture semplici e veloci, ma i colpi di scena non mancano. In particolare mi è piaciuto molto il secondo volume, nello specifico la scena del capitolo da cui il volume prende il titolo.
Insomma, se cercate dei "gialli da ombrellone", secondo me questi sono perfetti!


Per oggi è tutto: spero di non avervi tediato troppo e mi auguro di ritrovarvi al prossimo post! 😊