giovedì 29 aprile 2021

Io e Mr Wilder, Jonathan Coe


Io e Mr Wilder potrebbe rappresentare il momento della "rinascita" per Jonathan Coe, dopo alcuni romanzi non troppo memorabili. L'autore britannico, questa volta, ha scelto di esplorare territori diversi dal solito ideando una riuscita miscela storica di eventi reali e finzione, ambientata alla fine degli anni Settanta. Ne scaturisce un libro di facile e gradevole lettura, che si divora con lo stesso piacere che proviamo nel vedere un vecchio film.  

Calista è una cinquantasettenne, con due figlie in procinto di partire per l'università. Dopo aver accompagnato Francesca, una delle figlie, all’aeroporto, la donna ricorda il suo viaggio in America di parecchi anni prima - il lontano 1976 - in cui ebbe luogo l’incontro casuale che avrebbe cambiato la sua esistenza: quello col Maestro della commedia Billy Wilder. Un evento inaspettato che, l'anno successivo, l’avrebbe portata a lavorare come interprete di lingua greca sul set di Fedora (il penultimo film di Wilder) e che l'avrebbe spinta a intraprendere la carriera di compositrice di colonne sonore.

Questo è un libro di ricordi agrodolci, che rappresenta una vera e propria "lettera d'amore" nei confronti del cinema. Ci racconta l'incontro immaginario tra il regista di A qualcuno piace caldoViale del tramonto e L'appartamento e una giovane donna greca; una storia che viene narrata in flashback dalla protagonista che, all'epoca, aveva l'età che hanno ora le sue figlie  
Jonathan Coe ha creato un romanzo che parla di tante cose diverse: della creatività e su come si possa cambiare con l'incedere degli anni; del controverso rapporto tra l'Europa e gli Stati Uniti; della profonda amicizia tra due colleghi/artisti (Wilder e lo sceneggiatore Diamond) che, in certi momenti, appaiono più vicini di quanto lo siano alle loro mogli; della cognizione del dolore e del modo di affrontarlo.
Billy Wilder rinasce improvvisamente dalle ceneri, come una fenice, e si presenta agli occhi del lettore con il suo modo di essere, il suo stile, il suo senso dell'humour (non per caso, molte delle  battute di Wilder sono state recuperate da interviste e biografie).
Non sarà il miglior Coe di sempre - i tempi di La famiglia Winshaw, La casa del sonno e La banda dei brocchi sono ormai lontani e inarrivabili - ma rappresenta comunque una lettura piacevole, intelligente e in grado di far riflettere a fondo sulla forza dei ricordi e sullo strano rapporto che, spesso, si viene ad instaurare tra passato e presente. 


Consigliato a: coloro che amano i romanzi lievi e piacevoli come una foglia trasportata dal vento e per chiunque desideri osservare da vicino uno dei Grandi della Hollywood che fu (e che, probabilmente, non tornerà mai più). 


Voto: 7/10


Gio  

domenica 25 aprile 2021

La voce, Arnaldur Indriðason



Se esistono autori che hanno il merito di nobilitare la letteratura poliziesca, Arnaldur Indriðason è indubbiamente uno di questi. Con la serie dedicata a Erlendur Sveinsson, in particolare, lo scrittore islandese è riuscito a fondere alla perfezione trama gialla e indagine psicologica, dando ampio risalto alle vicende personali del protagonista. 
Questo romanzo rappresenta il mio terzo incontro con Indriðason e, se devo cercare a tutti costi un marchio di fabbrica, penso di averlo trovato nel fatto che i suoi libri parlino più del passato (sia dei personaggi sia dell'intero paese) piuttosto che dei tempi attuali.
La voce non sfugge affatto a questo schema distintivo e, come nel precedente La signora in verde, racconta un'indagine che si aggancia ad eventi risalenti a parecchi decenni prima.   

Pochi giorni prima di Natale, nel seminterrato di un albergo di Reykjavik viene rinvenuto il corpo senza vita di un uomo vestito da Babbo Natale. Si tratta del portiere, che durante le festività era solito travestirsi per divertire gli ospiti. 
Tra gli oggetti ritrovati nella sua stanzetta, ci sono alcuni vecchi dischi in vinile e un poster della baby-star Shirley Temple. Col procedere delle indagini, emergerà a poco a poco il passato della vittima: un ex bambino prodigio, dalla incredibile e angelica voce, che aveva inciso un paio di dischi a tiratura limitata. Oggetti da collezione che, a distanza di anni, hanno acquisito un valore inestimabile per gli appassionati.

Ambientato a Reykjavik, all'interno del paesaggio roccioso e spietato dell'Islanda, La voce è un romanzo solido e ben congegnato (anche se, a dire il vero, rappresenta solo un capitolo all'interno di una serie), imperniato su un personaggio principale forte e interessante, di cui i lettori imparano di volta in volta qualcosa in più.
La trama non è certamente di prima mano: la soluzione a un mistero con Babbo Natale risale al mystery di Gaston Leroux Il mistero della camera gialla, scritto nel lontano 1907. Indriðason ha però il merito di raggiungere notevoli profondità psicologiche all'interno della storia, affiancando al plot poliziesco una vicenda toccante che narra di violenze domestiche e di aspettative deluse.
Il tema del conflitto familiare viene sviscerato pagina dopo pagina; pare quasi che nell'universo dell'autore gli esseri umani si debbano per forza trovare a vivere relazioni disfunzionali con coloro che condividono i loro geni.
Con Indriðason la letteratura scandinava ha indubbiamente trovato una delle sue figure più autorevoli: un autore in grado di utilizzare il noir per raccontare la contemporaneità ed i suoi personaggi, che come burattini si muovono sul drammatico teatro dell'esistenza. Con un filo di amarezza che non va mai via.    


Consigliato a: coloro che amano i gialli con una profonda impronta psicologica ed in grado di raccontare fino in fondo le disfunzioni della società dei nostri giorni.


Voto: 7,5/10



sabato 24 aprile 2021

Qualcosa era successo e altri racconti, Dino Buzzati

 


Dopo aver rotto il ghiaccio, lo scorso anno, con Il deserto dei tartari e La famosa invasione degli orsi in Sicilia ed aver proseguito, in questo proficuo 2021, con Un amore, proseguo la mia personalissima conoscenza di uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento: Dino Buzzati.    
Stavolta ho affrontato un agile libretto (un'ottantina di pagine circa), reperito in un mercatino dell'usato, che racchiude tre racconti magistrali dell'autore bellunese: 

1) Qualcosa era successo: Il protagonista viaggia su un treno che è diretto verso il nord Italia. Attraverso il finestrino, è testimone di alcuni episodi che lasciano presagire eventi drammatici e che paiono preannunciare una tragedia imminente. Quando giungerà a destinazione, in una stazione deserta, un urlo agghiacciante lacererà la cappa di silenzio.  

2) L’uccisione del drago: Il conte Gerol, dopo aver appreso dell'esistenza di un drago, organizza una spedizione di caccia. I partecipanti, dopo aver spinto la bestia ad uscire dal suo rifugio, la tempestano di colpi e la riducono in fin di vita. In quel momento, però, il drago morente viene raggiunto dai suoi due cuccioli. 

3) Non aspettavano altroDue viaggiatori, in treno, arrivano in una città sconosciuta. Accaldati per la giornata torrida, dopo aver cercato invano una sistemazione in albergo, cercano refrigerio in una fontana. Il gesto scatena la riprovazione dei locali che aggrediscono i due rinchiudendoli in gabbia.

Questi tre testi brevi fanno in realtà parte della celebre raccolta Sessanta racconti: una selezione curata personalmente dall'autore e che rappresenta una pietra miliare della letteratura italiana del secolo scorso. 
Si tratta di racconti snelli, tratteggiati in poche pagine ma scritti in maniera impeccabile. Le tematiche a sfondo sociale - evidenti specialmente nel primo e nel terzo episodio - che all'epoca si affacciavano in maniera abbozzata risultano oggi, a distanza di decenni, ancora particolarmente attuali e suggestive.
Lo stile di Buzzati è immediato, per niente superficiale; il registro narrativo amalgama alla perfezione allegorie, elementi surreali, fatti di cronaca e creazioni fantascientifiche, con una ineguagliabile venatura di grottesco che pervade la suspense. 
Da vero Maestro del Mistero (le maiuscole, mai come in questo caso, sono d'obbligo!), l'autore riesce ad alimentare la tensione, diffondendo una sensazione di angoscia crescente e lasciando il lettore inerme e spaurito, impegnato ad immaginarsi il finale di ogni singola vicenda.
Questo testo, in conclusione, rappresenta un ottimo aperitivo... nell'attesa di leggere gli altri 57 racconti della raccolta completa (prima o poi lo farò!) 


Consigliato a: coloro che vogliono farsi un'idea dell'abilità di Buzzati nel genere "racconto" e a chiunque ami le storie brevi animate dalla suspense e da un angosciante senso del brivido.


Voto: 8/10


Gio 

domenica 18 aprile 2021

Una cosa divertente che non farò mai più, David Foster Wallace


Non sono in grado di dire se il compianto David Foster Wallace fosse, come ha sostenuto qualcuno, "la mente migliore della sua generazione". Al di là di tutto, non è esagerato ammettere che si trattasse di un mago della prosa, uno scrittore in grado come pochi altri di lottare con forza per cercare di carpire lo spirito della sua epoca.
Il nostro David, infatti, aveva parecchie frecce al suo arco; già dalla più giovane età dimostrava la rara capacità di scrivere in maniera divertente ma anche di saper trattare argomenti tristi, di alternare il registro ironico a quello più serio, di riuscire ad accostare temi di importanza capitale a un coté mondano.
Dopo aver rotto il ghiaccio con un breve saggio sul tennis e aver proseguito col bellissimo romanzo La scopa del sistema, nell'attesa di affrontare l'impegnativa - soprattutto per numero di pagine - avventura di Infinite jest, ho deciso di leggere questo saggio, in cui ritroviamo gli elementi principali della prosa di DFW: la caustica ironia, lo stile pirotecnico e un gusto particolare per la dispersività.

Verso la fine degli anni Novanta al giovane David Foster Wallace venne commissionato un reportage relativo ad una settimana di crociera nei Caraibi, a bordo della nave MV Zenith (da lui ribattezzata, ironicamente, Nadir).
Il viaggio si trasformò sin dall'inizio in un'esilarante e dissacrante cronaca ma, allo stesso tempo, in un azzeccato ritratto dell'americano medio: un personaggio rozzo e volgare, vittima di abitudini ottuse e "costretto" alla ricerca di un obbligatorio relax.

Questo saggio, oltre a rappresentare un ritratto smitizzante - e spesso pure imbarazzante - delle crociere di lusso, offre un ineguagliabile spaccato di quella che era (lo è ancora?) la classe media americana: un gruppo sociale affetto da profonda immaturità e desideroso di essere catapultato in un un eterno "parco dei divertimenti": un altrove mistificante in cui anestetizzare un'esistenza grezza e superficiale, imperniata sul nulla più assoluto.
Si ha quasi la sensazione che, tra i lazzi e frizzi del "divertimento" a tutti i costi, si innesti a mo' di ombra imperiosa la paura della non esistenza. Gran parte dei passeggeri, infatti, era rappresentata da pensionati già in là con gli anni: nel loro (eroico?) sforzo di cercare di divertirsi, si intravvedeva l'atavico timore della morte. 
Leggendo questo libro si capisce sin da subito di trovarsi al cospetto di una perla preziosa, in cui cinismo e sarcasmo procedono a braccetto in perfetta armonia; un testo che non lascia affatto indifferenti per la sua capacità di divertire il lettore e di farlo sentire, allo stesso tempo, profondamente a disagio.


Consigliato a: coloro che apprezzano i saggi ricchi di sarcasmo e ironia ma capaci di far riflettere sulle brutture e distorsioni della società contemporanea ed a chiunque voglia tentare un primo approccio nei confronti di uno dei più grandi scrittori contemporanei, purtroppo scomparso troppo presto.  


Voto: 7,5/10


sabato 17 aprile 2021

Il pregiudizio della sopravvivenza, Paolo Roversi

 


L'ottavo romanzo con protagonista Enrico Radeschi - lo scanzonato cronista hacker che scorrazza per Milano sul suo Giallone (una vespa gialla degli anni Settanta ma ancora in forma strepitosa) - non delude di certo le aspettative. Al pari dei volumi precedenti scorre tra le dita che è un piacere e si legge alla velocità della luce. Questa volta, il nostro amico si trova a dover uscire dal territorio nazionale: all'abituale ambientazione meneghina si affianca così una seconda location austriaca. Ma partiamo dall'inizio, con un rapido accenno della trama... 

Nella Milano-bene, durante un rinfresco che vede protagonisti ricconi e autorità cittadine, un misterioso quartetto di donne mascherate compie un'ingegnosa rapina. La polizia, nonostante l'impegno profuso, brancola nel buio.
Servirebbe l'aiuto di Radeschi... ma in quel momento lui ha ben altro a cui pensare. Un nemico geniale quanto crudele, riemerso improvvisamente dal passato, è alla ricerca di un'eclatante vendetta: Hurrycane - questo è il soprannome con cui è conosciuto il criminale che Enrico ha incrociato per la prima volta in L'uomo della Pianura - ha rapito la sua ragazza Andrea, che si trovava a Salisburgo per una conferenza. Ora, come il gatto che gioca col topo, sta coinvolgendo il giornalista in una sfida all'ultimo sangue. Radeschi avrà bisogno dell'aiuto degli amici di sempre - il vicequestore Sebastiani e il Danese - per riuscire a liberarsi dalla ragnatela che il suo avversario, come un ragno crudele, gli sta tessendo tutt'attorno.  

Quella tra Radeschi e Hurrycane è una sfida che va avanti da tempo. Questa volta, però, è forse giunto il momento di una definitiva resa dei conti. Il nostro (anti)eroe non potrà di certo sottrarsi alla tenzone: si troverà coinvolto in una drammatica corsa contro il tempo, in un susseguirsi di colpi di scena che risucchieranno il lettore in un vortice irresistibile. 
Il racconto dal taglio cinematografico, imperniato su brevi capitoli e dialoghi trancianti come proiettili, asseconda alla perfezione il ritmo della storia; la suspense, accuratamente dosata, accompagna ogni singola pagina senza tentennamenti o cadute di tensione.  
I capitoli incentrati su Radeschi, come sempre, sono vissuti in prima persona dal protagonista; per gli altri personaggi vige la regola della narrazione in terza persona. 
E giunti all'ultima pagina... si rimane con la speranza di non dover attendere troppo prima di ritrovare presto Enrico e il suo Giallone, per essere coinvolti in una nuova e adrenalinica avventura.


Consigliato a: coloro che amano i thriller/noir metropolitani ricchi di ritmo e tensione e a chiunque apprezzi le vicende in cui i colpi di scena si susseguono senza tregua e inaspettati.


Voto: 7,5/10


Gio   



venerdì 9 aprile 2021

Gli aerostati, Amélie Nothomb

 


Dopo un po' di tempo torniamo alle nostre recensioni di coppia. Vi siamo mancati vero? (dite di sì per favore!)
Stavolta, abbiamo scelto un'autrice molto apprezzata da Mely: questo è infatti il suo sesto incontro con la Nothomb. Gio, differentemente, non ha mai avuto un grosso feeling con la scrittrice belga: l'unico libro da lui letto, Acido solforico, non è stato oggetto di particolare apprezzamento.
Com'è andata? Leggete e saprete...

Trama:
Ange, studentessa di filologia, dopo aver risposto a un annuncio comincia a dare ripetizioni a Pie: un sedicenne allampanato e stravagante, incompreso dai genitori. Il ragazzo, appassionato di matematica, non ha un bel rapporto con la letteratura (materia che disprezza). Mentre l'autoritario genitore di Pie li controlla costantemente - grazie ad una sorta di specchio segreto -, Ange si dedica al suo compito e spinge il ragazzo a cimentarsi nella lettura di classici come La certosa di Parma, L'Iliade e L'Odissea. Il rapporto tra insegnante e discente assumerà fin da subito una forma insolita, influenzando irrimediabilmente le esistenze dei due protagonisti.   

Giudizio di Mely:
Mi è piaciuto molto (anche se lo presentivo già prima di cominciare la lettura). Di questo libro ho apprezzato lo stile diretto, senza fronzoli e senza troppi giri di parole, ma anche la costruzione della trama, con la giovane insegnante che avvicina il ragazzo al mondo della letteratura: elemento che adoro trovare nei libri che leggo.
Inoltre sono rimasta particolarmente soddisfatta dalla costruzione dei personaggi e per l'approfondimento psicologico di cui gli stessi sono stati oggetto (anche se taluni li ho trovati veramente insopportabili!)
Voto: 8/10

Giudizio di Gio:
La Nothomb, stavolta, si cimenta in un romanzo breve dall'afflato metaletterario, intriso di cinismo e permeato da una persistente vena noir (i punti di contatto col Grande della letteratura belga, Georges, appaiono evidenti).   
Nonostante l'ottima idea di partenza, la trama non convince  del tutto: i nodi narrativi vengono sciolti un po' troppo precipitosamente e la struttura del romanzo, forse, risulta troppo fragile. Fino a un certo punto la narrazione procede abbastanza bene, con ottime descrizioni di ambienti e personaggi; peccato che la scrittrice scelga di concludere lo strambo rapporto instauratosi tra Ange e Pie con un finale troppo precipitoso: una scelta non condivisibile e che, nelle dieci pagine finali, cambia completamente il senso del racconto lasciando il lettore esterrefatto. 
Voto: 6,5/10

Ebbene? Che ve ne pare? 
Anche stavolta ci siamo divisi sul giudizio conclusivo: Mely ha adorato il libro; Gio - pur non disprezzandolo del tutto - è rimasto piuttosto tiepido nella sua valutazione conclusiva.
Fateci sapere - nel caso vi capitasse di leggere Gli aerostati - il vostro punto di vista: i vostri pareri sono sempre ben accetti!
Arrivederci a presto! (Speriamo...)


  


martedì 6 aprile 2021

Il delitto ha le gambe corte, Christian Frascella


Dopo essersi fatto conoscere in Fa troppo freddo per morire, Contrera - l'ex poliziotto ormai riciclatosi come detective privato e che ha il suo ufficio in una lavanderia a gettoni - torna in questo secondo romanzo che non delude affatto le aspettative.
Christian Frascella appare come una mosca bianca nel panorama degli scrittori contemporanei italiani; mentre i colleghi insistono nel proporre i classici commissari o ispettori, solidamente inquadrati e rispettosi dell'ordine, il suo protagonista è di tutt'altra pasta: un uomo dall'esistenza sgangherata, insensibile al rispetto delle regole, che rievoca più i grandi dell'hard-boiled (un sottogenere che - se si eccettuano i validi esempi di Carlotto e di Dazieri - in Italia è stato abbastanza trascurato) piuttosto che i questurini di casa nostra.    

Questa volta, il nostro (anti)eroe si trova alle prese con ben tre casi, uno più scottante dell'altro. In primis, deve rintracciare l'affascinante Catherine Rovelli: una ragazza italo-americana conosciuta ad una festa, che dopo aver investito uno spacciatore è scomparsa nel nulla. In secondo luogo, deve trovare Long Lai, un ristoratore cinese scappato di casa e sottrattosi ai doveri famigliari. Infine, ha l'arduo compito di occuparsi di uno stalker che ha preso di mira l'ex moglie e l'ex figlia: evento che lo costringerà, per qualche tempo, a far ritorno al domicilio coniugale (con tutte le implicazioni, più o meno comiche, del caso).

La trama, come avrete capito, è raccontata attraverso diversi piani paralleli che talvolta si accostano fino ad arrivare a intersecarsi. La parte noir divide adeguatamente lo spazio con le vicende umane del povero Contrera, costantemente sul filo del rasoio di un'esistenza disordinata.  
Rispetto al romanzo precedente, Frascella affina maggiormente le doti di sarcasmo ed ironia del suo personaggio; i dialoghi sono scoppiettanti e la battuta sulle labbra del detective è più pronta di un meccanismo ad orologeria. 
Lo svolgimento delle indagini è adrenalinico e riesce a contemperare l'ironia con amarezza, l'umorismo con lo sconforto.
La Barriera di Milano, colorata e multietnica zona della Torino contemporanea, è il teatro ideale in cui ambientare la vicenda: un territorio in "ebollizione", pieno di problematiche socio-economiche mai risolte, in cui le organizzazioni criminali italiane si scontrano apertamente con quelle d’importazione.


Consigliato a: coloro che amano i "personaggi contro", ostili ad ogni regola ma capaci di farsi amare dal lettore (che, al tempo stesso, vorrebbe prenderli a calci nel sedere!), e a chiunque apprezzi le storie avvincenti sorrette da un ottimo senso del ritmo e da una buona dose di ironia. 


Voto: 7,5/10


Gio   

lunedì 5 aprile 2021

Una pistola in vendita, Graham Greene

 


Graham Greene, di solito, è maggiormente  apprezzato per le sue opere cosiddette "serie" - scritte nel secondo dopoguerra - che per i suoi romanzi popolari ("intrattenimenti", come era solito definirli). Nonostante tutto, anche nei libri meno ambiziosi e più commerciali (se mi permettete di usare un termine anacronistico) riusciva ad eccellere, costruendo trame con personaggi ottimamente caratterizzati e ponendoli in un contesto storico credibile e ben delineato.   

Il protagonista di Una pistola in vendita, Raven, è un sicario inglese che viene assoldato per eliminare un ministro di un paese europeo (probabilmente la Cecoslovacchia): un atto deliberato per scatenare un nuovo e sanguinoso conflitto.
Dopo aver svolto impeccabilmente il suo compito, l'assassino viene ingannato dai suoi committenti che lo pagano con banconote segnate. Riuscito miracolosamente a scampare all'arresto, è costretto a una fuga repentina. Il suo duplice obiettivo, da quel momento in avanti, sarà quello di rintracciare l'agente che l'ha ingannato e di sfuggire alla polizia, diventando contemporaneamente cacciatore e preda.

Il buon noir "vecchio stile", nonostante il passare impietoso degli anni, dimostra di saper resistere egregiamente alla prova del tempo.
Al di là della trama dalle venature thriller, questo romanzo descrive accuratamente una precisa epoca storica, evidenziando le problematiche della Gran Bretagna degli anni Trenta e la minaccia incombente di un'altra guerra in Europa; l'autore riproduce infatti un'atmosfera ricca di tensioni politiche e in cui persiste la consapevolezza che la pace potrebbe non durare molto a lungo
Una pistola in vendita è la storia - semplice solo in apparenza - di un assassino in cerca di vendetta. Greene, da abile indagatore della condizione umana, riesce però a spostare il riflettore sul conflitto interiore dei suoi personaggi, raccontandone il disagio, lo straniamento ed il dolore; costruisce così il brillante ritratto di un antieroe - figlio di un padre impiccato, di una madre che si è tagliata la gola e contraddistinto da un vistoso labbro leporino - per cui il lettore riesce a provare una sensazione di empatia (se non proprio di pietà). 
La trama, forse, è il punto debole del libro: si riscontrano, a mio parere, un po' troppe coincidenze che arrivano a minare la credibilità generale dell'impianto narrativo. Va comunque apprezzata la straordinaria capacità di Greene di catturare i dettagli e la sua abilità più unica che rara nella costruzione dei dialoghi.


Consigliato a: chi ama i romanzi di "intrattenimento" (come li definì lo stesso Greene) ma capaci, al tempo stesso, di trasmettere il resoconto di un'epoca difficile: un momento storico in cui il mondo stava per scivolare in un nuovo e distruttivo conflitto.


Voto: 7/10


Gio