Dopo aver affrontato, qualche tempo fa, il celeberrimo testo di Aspettando Godot, ho deciso di approfondire la mia conoscenza di Samuel Beckett attraverso la lettura di questo volumetto: una manciata di pagine che risultano, però, pregne di significati ed essenziali nella comprensione del valore artistico dell'autore, vincitore del Nobel per la letteratura 1969.
Il libricino contiene due opere:
1) L'ultimo nastro di Krapp: opera teatrale in atto unico
2) Ceneri: radiodramma breve in atto unico
In questa sede, mi dedicherò esclusivamente all'analisi del primo testo: un inarrivabile monologo che è allo stesso tempo una tra le più celebri rappresentazioni teatrali di Beckett.
Krapp, il protagonista, descrive le sue giornate in un vecchio registratore, che utilizza a mo' di diario. L'atto unico inizia con l'anziano Krapp intento ad ascoltare una vecchia registrazione risalente a parecchi anni prima, quando era ancora pieno di entusiasmo nei confronti della vita. Ora, invecchiato e vicino alla morte, non può far altro che deridere sé stesso e la propria totale incapacità di dare un senso alla propria fallimentare esistenza di uomo e di scrittore.
"Diciassette copie vendute, di cui undici con lo sconto speciale a biblioteche circolanti nei territori oltremare”
Un vecchio, perseguitato dal proprio dramma interiore, che si stringe ai ricordi e rimpianti. Un anziano bucaniere della vita che riascolta con rabbia frammista a nostalgia alcuni reperti smozzicati. Un uomo sul viale del tramonto che, con lentezza di movimenti e lunghe pause, si libera attraverso un inarrestabile flusso di coscienza. Questi sono gli elementi che emergono dalla lettura di questo testo teatrale dal carattere frammentato e reiterato, ma in cui le cesure al "filo del discorso" seguono un ritmo definito e funzionale alla messa in scena.
Krapp, come i precedenti eroi beckettiani, viene colto nell'esatto momento che precede la fine e che egli cerca inconsciamente di rimandare. Attraverso una rappresentazione tragicomica, adottando una sorprendente economia di parole, Beckett riesce a evidenziare il senso del rapporto tra l'essere umano e il tempo che passa, ma anche il controverso connubio tra l’artista e il fallimento dell’arte stessa.
Certo, a qualche profano le storie di Beckett potrebbero sembrare prive di un senso logico. Sarebbe però un errore madornale perché, in opere come questa, il senso c’è... anche se non riesce ad esplicitarsi compiutamente per un eccesso di "esserci". Il fatto dell' "essere qui", già presente in Godot, costituisce infatti il disvelamento della funzione primaria della rappresentazione teatrale che si realizza attraverso la scrittura di Beckett.
Consigliato a: chi ama i monologhi teatrali incentrati sul rapporto tra il tempo e l'essere umano e a chiunque si senta attratto dal teatro dell'assurdo beckettiano.
Voto: 7/10