Ogni tanto può capitare...
Mi era già successo con Cent'anni di solitudine di non apprezzare per niente un libro considerato un capolavoro dai più.
Ma siccome questo è il mio blog - e pertanto posso scriverci ciò che voglio -, che i miei sono commenti del tutto personali e non dotte recensioni e, last but not least, che sarebbe indice di scarsa onestà intellettuale dare un giudizio positivo su un romanzo che ho detestato solamente per il fatto che è piaciuto alla stragrande maggioranza dei lettori...
...orbene...
...mi sento in dovere di dire che, personalmente, ritengo L'urlo e il furore un libro semplicemente ILLEGGIBILE!
Il fatto che il grande Philip Roth l'abbia definito con le parole: "Una storia narrata da un idiota. Illeggibile", mi conforta e mi fa sentire meno solo.
Quest'opera è un groviglio verboso e esageratamente confusionario, costruito su una trama (per gran parte) incomprensibile e strutturato - per circa 300 pagine - su una serie di dialoghi tediosi e inconcludenti.
Un lettore parte con le migliori intenzioni, comincia a leggere e, dopo una manciata di righe, comincia a porsi una serie di quesiti: chi sta parlando? chi è Caddy? chi diavolo sono Luster, Maury, Versh? come mai alcune parti del testo sono evidenziate con la scrittura in corsivo?
Eppure la storia sarebbe, di per sé, interessante. Il testo racconta le vicende di una famiglia americana sul viale del tramonto lungo tre generazioni, utilizzando due diversi stili narrativi: il flusso di coscienza e la cronaca. Però qualcosa non funziona...
La narrazione è stratificata su quattro capitoli ed un’appendice esplicativa (che Faulkner voleva inserire all'inizio del romanzo ma che qualche sventurato editore ha preferito mettere in coda).
Il primo capitolo è un lungo flusso di coscienza di uno dei figli, il ritardato Benjamin; oltre sessanta pagine assolutamente indecifrabili, piene di salti temporali e sprovviste della logica più elementare.
Il secondo capitolo, narrato da Quentin - uno degli altri figli - è il peggiore di tutti: pagine e pagine di farneticazioni senza capo né coda, una scimmiottatura di "scrittura creativa" che in realtà finisce solo con l'indisporre il mal capitato fruitore.
Gli ultimi due capitoli sono di certo più comprensibili anche se producono una noia difficilmente eguagliabile (sicuramente è più divertente leggere l'elenco telefonico).
La scrittura barocca, ampollosa e ridondante, gonfia come un bubbone pronto ad esplodere, di sicuro non aiuta ad appassionarsi alla vicenda.
E il fatto che si parli sempre meno di Faulkner mentre le opere di Steinbeck si dimostrino ancora attuali e efficaci al giorno d'oggi... risponde a un sacco di domande.
Consigliato a: coloro che vogliono far la conoscenza di uno scrittore/sperimentatore e a chiunque ami abbandonarsi al flusso narrativo senza porsi eccessive domande sul significato di ciò che sta leggendo.
Voto: s.v.
Concordo in pieno, ho anche tentato in seguito con il più semplice: "la paga del soldato" ma non sono riuscito nemmeno a finirlo. Se non illeggibile veramente noioso.
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